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Una premessa sul Sistema Informativo Geografico (Geographic Information System), conosciuto con l’acronimo “GIS”, è doverosa per comprendere l’ambiente informatico utilizzato per il trattamento e le analisi di dati geografici effettuate.

I GIS sono sistemi informatici geografici studiati per la gestione del territorio al fine di fornire strumenti adeguati ai processi gestionali e di pianificazione.

Permettono di effettuare analisi e rappresentazioni dello spazio e degli eventi che vi si verificano (Tevisani M., 2003).

I dati geografici, costituiti da una serie di contenuti, ognuno di tipo diverso, utili all’informazione geografica, presentano caratteristiche specifiche rispetto ad altre tipologie poiché l’informazione che contengono è caratterizzata da una specifica posizione nello spazio e, volendo, anche nel tempo.

Il dato geografico è costituito dall’insieme di coordinate geografiche, dal valore numerico del dato stesso, dalla posizione che occupa nel tempo e da una serie altri di valori caratterizzanti che possono essere numerici, alfanumerici, statistici etc.

Tutti i dati che descrivono una qualche caratteristica della terra sono dati geografici: dati demografici, economici, ambientali, normativi, fotografie, etc. Essi vengono rappresentati sulla mappa per mezzo di tecnologie offerte dai GIS, risultando avere potenzialità di utilizzo davvero elevate.

L'informazione costituisce dunque il cuore di un sistema GIS. La creazione del database, che ne rappresenta la base informativa indispensabile, è la parte più consistente del lavoro di organizzazione e sviluppo di un Sistema Informativo Territoriale, o SIT.

Dopo la sua creazione può essere utilizzato per periodi di tempo anche molto lunghi ed è quindi assolutamente necessario prestare la massima cura nella sua realizzazione rimanendo consci del fatto che i database spaziali non sono solamente semplici depositi di dati ma a tutti gli effetti vengono utilizzati per la rappresentazione o modellizzazione del mondo reale, sviluppati ed organizzati in funzione di particolari esigenze da parte degli utilizzatori.

Molto frequentemente i termini GIS e SIT si usano come sinonimi, in realtà con SIT si intende il sistema di analisi e pianificazione, inteso come la possibilità di diffondere, organizzare e comunicare informazioni tra diversi soggetti.

Questi sistemi sarebbero tali a prescindere dal supporto che si decide di utilizzare. Il GIS invece è la componente informatica del sistema informativo che raccoglie fisicamente le informazioni utilizzate per la creazione di mappe tematiche (fig. 30).

Figura 30 - Schema concettuale di un sistema GIS – Burrough (1998), nel suo libro “Principles of Geographical Information System”, propone la seguente definizione: “il GIS è composto da una serie di strumenti software per

acquisire, memorizzare, estrarre, trasformare e visualizzare dati spaziali dal mondo reale”

Questi software sono in grado di gestire moltissime informazioni geo-referenziate, attraverso l’utilizzo di dati che possono essere espressi attraverso cartogrammi o tabelle riferiti a porzioni di territorio più o meno estese secondo le necessità. Proprio per queste peculiarità i GIS sono diversi dagli altri sistemi informatici.

All’interno dei software sono contenute diverse tipologie di informazioni: riferite alla geometria degli oggetti (ad esempio forme, dimensioni e posizionamento geografico), alle loro relazioni e a tutti i dati associabili (Caiaffa E., 2006).

Un GIS localizza nello spazio gli oggetti (entità che definiscono i fenomeni del mondo reale) collegandoli a degli attributi alfanumerici (collocati in una tabella oppure ad un database relazionale) e gestendoli come “strati informativi tematici” (layer).

Le caratteristiche fondamentali dei sistemi informativi territoriali sono: il contenuto, l’attualità e la precisione. In altre parole, è essenziale che ogni dato rappresentato abbia il contenuto adeguato alla scala della visualizzazione, la data di rilevamento più recente possibile e la posizione nello spazio data dalla georeferenziazione del contenuto informativo nel sistema di riferimento predefinito. Una volta appurati tali aspetti si può procedere con le elaborazioni.

Uno dei grandi vantaggi dei software GIS è la possibilità di realizzare mappe su cui effettuare analisi e progettazioni secondo specifici temi.

Ogni simbolo, linea, colore o un intero layer ha un significato (fig. 31) e tutte le informazioni sono raccolte in un insieme di dati, gestibili dall’utente.

La suddivisione degli elementi costitutivi una determinata area, secondo la diversa natura od altro fattore discriminante in base al tipo di dato geografico a disposizione, permette, grazie ad opportune elaborazioni, lo studio e la realizzazione di analisi sempre più approfondite.

Questi sistemi informatici hanno, di conseguenza, reso molto più interattivo l’utilizzo di una rappresentazione cartografica, che può così essere interrogata, letta e analizzata secondo diversi criteri.

Figura 31 - Schema di sintesi che mostra come più livelli (layers), ognuno appartenente ad una categoria di informazioni definita, possono essere ricavati e/o sovrapposti in base al tipo di

elaborazione che si sta eseguendo, al fine di ottenere l'informazione geografica desiderata.

Immagine tratta da “usgs.gov”

La presenza di informazioni diverse, dati geografici e dati alfanumerici, rende necessario dover utilizzare all’interno di un sistema GIS modelli di dati differenti:

carte – immagini – dati digitali – dati testuali – tabelle – GPS

Con queste risorse è possibile allestire un database geografico. Ad ogni modo il mondo reale può essere rappresentato in GIS attraverso due tipi principali di dato: il dato vettoriale ed il dato raster.

I dati vettoriali vengono utilizzati per la descrizione della componente geografica dell’informazione territoriale; le caratteristiche geometriche di un determinato oggetto sono registrate come una successione di coordinate (x, y) dei punti che lo formano.

I dati vettoriali hanno tre proprietà:

• geometria: rappresentazione cartografica degli oggetti attraverso la forma, o primitiva (punto, linea, area) e la posizione

• topologia: relazioni reciproche tra gli oggetti (connessione, adiacenza, inclusione ecc.) • informazioni: dati (numerici, testuali ecc.) associati ad ogni oggetto

La primitiva punto, utilizzata per modellare oggetti che si possono rappresentare geometricamente come punti, è costituita da una coppia di coordinate, che ne descrivono la parte geometrica, e da un insieme di attributi che descrivono la parte non spaziale dell’informazione.

Esistono pochi oggetti che semanticamente possono essere rappresentati come dei veri e propri “punti”, tali cioè da non perdere la loro caratteristica geometrica al cambiare della scala a cui si opera (esempio quota s.l.m.m.), è altresì vero che alcune entità hanno una struttura areale ma possono essere rappresentate come punti per motivi che dipendono dall’uso che si intende fare dei dati o semplicemente rispetto alla scala a cui si opera.

La primitiva linea è costituita da un insieme ordinato di punti connessi tra loro e da un insieme di attributi che descrivono la componente alfanumerica dell’informazione; ogni coppia di punti contigui della sequenza identifica un segmento, il punto iniziale e quello finale vengono denominati estremi mentre i punti intermedi vertici.

Essa viene utilizzata per modellare oggetti che si possono rappresentare come linee, in questo caso però l’approssimazione dal punto di vista geometrico è maggiore rispetto alla primitiva “punto”: una delle prime incognite è infatti la semplificazione in fase di digitalizzazione, ad esempio una linea curva è per natura ricostruibile tramite una spezzata, per cui la fedele rappresentazione è dipendente in parallelo dalla scala di visualizzazione e dal numero di vertici/segmenti riportati (errore di discretizzazione); in secondo luogo gli attributi associati ad una linea sono rappresentativi e validi per tutta la linea, questa condizione è detta omogeneità degli attributi, quindi nel caso in cui sia necessario apportare modifiche ad un tratto di linea è necessario cambiare la geometria dell’oggetto dividendolo in più linee; un'altra approssimazione viene effettuata concettualmente proprio in funzione della scala da utilizzare (problema di modellazione), infatti risulta necessario adottare la rappresentazione di oggetti reali tramite linee se si usa una scala piccola o tramite la primitiva geometrica “area” se si utilizzano scale grandi con una rappresentazione dei dettagli maggiore (esempio aree stradali, fiumi, ecc.).

La primitiva area è costituita da un insieme ordinato di “punti” e da un insieme di attributi che descrivono la componente alfanumerica dell’informazione; come per la “linea” ogni coppia di

punti contigui identifica un segmento ma a differenza il punto iniziale e quello finale coincidono. Quindi l’area descrive quella parte di piano che si trova all’interno dell’insieme dei segmenti formati dalle coppie di punti. Essa modella oggetti che possono essere rappresentati come aree e pertanto non presenta problemi di modellazione. L’errore della discretizzazione è comunque presente in quanto, come per la linea, una curva viene approssimata da una spezzata causando una riduzione del perimetro e quindi variazione della superficie; sempre in analogia con la linea bisogna avere chiari i limiti tra entità al fine di rispettare l’omogeneità degli attributi, per cui il valore di ogni attributo si riferisce ad una singola entità “area”.

Tipici dati memorizzati in formato vettoriale sono quelli che provengono dalla digitalizzazione manuale di mappe, dai rilievi topografici effettuati con strumenti di campagna, dai dati CAD o dai GPS.

Anche i dati raster, come nel caso dei vettoriali, sono utilizzati per la descrizione della componente geografica dell’informazione territoriale; la differenza sta nella rappresentazione delle caratteristiche geometriche di un determinato oggetto, ossia possono essere rappresentate come una griglia (formato grid), dove il raster è una matrice di righe e colonne che generano celle quadrate di identica grandezza alle quali è associato un valore numerico inerente a un attributo geografico (esempio la quota), o come un insieme di pixel (formato image) dove a ciascuno sono associate le informazioni relative a ciò che esso rappresenta sul territorio. La dimensione del pixel esprime la precisione del dato.

Nel modello dei dati di un software GIS i dati vettoriali e raster sono coesistenti ed integrati: i primi sono generalmente usati per dati discreti i secondi per dati continui; è possibile la conversione di dati vettoriali in raster e viceversa attraverso opportuni algoritmi.

4.1.1 – La rasterizzazione

Per poter utilizzare il software ArcMap e procedere alle elaborazioni previste per lo scopo del presente lavoro, la prima operazione eseguita è stata la scansione della “Carta dei principali effetti causati dall’evento meteorologico estremo del 19 giugno 1996 nel bacino del Torrente del Cardoso (LU)”.

Come precedentemente accennato la risorsa adottata passa da uno stato fisico cartaceo ad uno virtuale digitale in formato TIFF.

Con questa azione si fornisce al programma un dato image utilizzato come base per la digitalizzazione delle primitive vettoriali.

Essendo l’immagine composta da una griglia di celle quadrate, ossia pixel, rappresentativi di una parte dell’immagine (non a caso pixel deriva dalla combinazione delle due parole “picture” ed “element”) ne consegue che la proprietà più importante di un’immagine è la risoluzione: il numero di pixel per unità di superficie (fig. 32), più è alta e migliore è la qualità di visualizzazione dell’immagine.

Figura 32 - Esempio di rappresentazione di un oggetto nei corrispettivi formati image a differente risoluzione. Le immagini hanno sempre uguali dimensioni areali ma diverse quantità di dati, dipendenti dalla quantità di pixel.

Questi a loro volta sono legati alle dimensioni che ne determinano risoluzione e la qualità dell’immagine

Da questo ne deriva sia una migliore rappresentazione a video sia una migliore definizione, molto utile per le operazioni di digitalizzazione, potendo osservare lo squadrettamento prodotto dai pixel solo effettuando operazioni di zoom notevoli.

Un’immagine più pixel possiede e più sarà dettagliata e fedele alla realtà ma conterrà anche una quantità di informazioni così consistente da dover utilizzare un elevato spazio di memoria, occupando una grande percentuale di processamento da parte dei software compromettendo la velocità di elaborazione. L’effettiva utilità dell’immagine è quindi un parametro da non sottovalutare, per questo se la risoluzione di un elaborato cartaceo è dipendente dal tratto più sottile di cui esso è composto, la risoluzione spaziale di un’immagine a video (risoluzione

dipendente dal minimo oggetto distinguibile) può non essere in linea con tale discriminante per le ragioni di cui sopra.

È buona regola accettare un compromesso che permetta una veloce riproduzione e/o processamento senza dover rinunciare troppo alla qualità e/o definizione.

Nel caso in esame è stata effettuata una scansione in codifica colori RGB (Red - Green - Blue) della risoluzione di 96 dpi (dots per inch: punti per pollice lineare, un pollice è equivalente a 2,54 cm). Per essere più precisi, trattandosi di risoluzione video bisognerebbe parlare di “ppi” (Pixel Per Inch) in quanto il termine “dpi” è utilizzato nella stampa digitale e può variare in base alla qualità da ottenere nonché dalle dimensioni dell’immagine da riprodurre e dal supporto di stampa scelto. In ogni caso, lontano dai parametri per la riproduzione grafica, i valori dpi e ppi per la sola visualizzazione sono gli stessi.

Secondo le definizioni di cui sopra l’immagine è caratterizzata dalla distribuzione di ben 96 pixel ogni 2,54 cm lineari, il che vuol dire che la qualità risulta consona all’utilizzo grazie ad una ottima leggibilità. Basti pensare che a questa risoluzione ogni pixel (che ha quindi un lato di 0,026 mm circa) copre un’area elementare di lato rappresentativo di 0,318 metri (fig. 33).

Figura 33 - Ingrandimento di una porzione della Carta focalizzata sulla vetta del monte Pania della Croce. Lo squadrettamento dovuto alla maglia di pixel è evidente a zoom molto elevati grazie alla grande risoluzione spaziale

ottenuta. L'area della cella elementare rappresentata da ogni pixel copre un quadrato di lato misurato di 0,318 m.

L’allineamento di celle di queste dimensioni fornisce una risoluzione spaziale elevata con un buon grado di dettaglio ed il facile riconoscimento di tutti gli elementi riportati sulla mappa originale, permettendo di utilizzare un rapporto di scala per l’esecuzione della digitalizzazione variabile da 1:400 a 1:1000, applicando sufficienti vertici da poter ridurre il più possibile l’errore della discretizzazione.

4.1.2 – La georeferenziazione

Il secondo passo effettuato nell’elaborazione per l’informatizzazione del dato, avendo a disposizione sia il contenuto che l’attualità (essendo infatti la Carta la fonte più completa ed aggiornata circa il luogo ed i fatti avvenuti), è stato quello di attribuire una posizione nello spazio, ossia assegnando la precisione del contenuto informativo, secondo un sistema di riferimento cartografico.

Questo viene espresso attraverso delle coordinate (ogni sistema ne ha uno diverso) basate sulla proiezione del nostro pianeta su di un piano. La Terra è rappresentata geometricamente da un ellissoide e per ovvi motivi passare da un sistema tridimensionale ad uno bidimensionale crea deformazioni, per cui risulta difficile trovare una giusta rappresentazione.

Nella storia dell’uomo moderno sono stati presentati diversi modelli che, tutt’ora, in base alle necessità, vengono utilizzati. Non esiste uno esatto e universale. Ogni tipo di proiezione infatti viene privilegiata in base ai pregi che presenta.

Quando si cerca di rendere piana una superficie sferica, o più in generale curva, si producono delle deformazioni, ossia si apportano compressioni ed espansioni ad alcune, se non a tutte, le sue parti. Proiezioni diverse, nella stessa scala e rappresentanti la stessa area, non possono essere sovrapponibili, con effetto tanto più marcato quanto più ci si allontana dal centro di proiezione. Si può allora optare per quali distorsioni introdurre e quali proprietà conservare.

Una proiezione infatti può essere:

• equidistante – se il rapporto tra due distanze sulla carta è uguale al rapporto tra le corrispondenti distanze nella realtà (fig. 34).

La proiezione consiste semplicemente nel considerare le coordinate geografiche della latitudine e della longitudine come delle coordinate cartesiane. La trasformazione effettuata si definisce come una proiezione della superficie di una sfera sulla superficie di un cilindro, il cui asse coincide con l'asse dei poli. I meridiani sono quindi rappresentati da linee rette verticali poste a distanze uguali e i paralleli da linee rette orizzontali disposte a intervalli uguali. Si tratta, perciò, del più semplice fra i possibili reticolati cartografici. Per quanto detto, i poli sono rappresentati con la stessa lunghezza dell'Equatore, perciò la deformazione delle aree polari è massima.

Figura 34 - Schema rapporto modulo deformazione lineare per proiezioni equidistanti

• equivalente – se due superfici sulla carta stanno nello stesso rapporto che intercorre tra le corrispondenti superfici nella realtà (fig. 35).

Questa proiezione cartografica ha la proprietà di conservare le aree, mentre non conserva né le distanze, né gli angoli. Per quanto riguarda questi due ultimi aspetti, la deformazione aumenta progressivamente procedendo dall'equatore, in cui è trascurabile, verso i poli che sono rappresentati da linee rette della stessa lunghezza dell'equatore.

• conforme (o isogoni) - se si conservano gli angoli tra due direzioni qualsiasi, vengono mantenute le forme degli oggetti rappresentati (modulo di deformazione lineare costante e modulo di deformazione angolare nullo; fig. 36).

Ciò avviene quando si riescono a mantenere costanti gli angoli di 90° fra meridiani e paralleli. Le carte conformate servono per impieghi più generali in cui deve essere significativa la somiglianza con le forme terrestri.

Una volta stabilito quale proiezione adoperare si associa un datum, ossia un sistema geodetico di riferimento che consente di definire in termini matematici la posizione di punti sulla superficie della Terra.

Dato che non si fa riferimento ad uno sferoide perfetto si possono pertanto definire diversi datum in funzione delle esigenze. È sempre necessario associare alle coordinate di un punto il suo datum di riferimento, in quanto lo stesso punto, può avere coordinate diverse a seconda del datum utilizzato.

Qui di seguito, senza entrare troppo nel dettaglio, si illustrano le diverse proprietà che possono assumere le proiezioni in base alla modalità di costruzione come la “superficie geometrica di

proiezione”, “orientamento della superficie di proiezione”, “posizione della superficie di proiezione” e “posizione del punto di vista”.

Figura 35 – Schema rapporto modulo deformazione areale per proiezioni equivalenti

Figura 36 - Schema rapporto modulo deformazione angolare per proiezioni conformi

In base alle superfici geometriche di proiezione si distinguono:

proiezioni azimutali – la proiezione viene effettuata su di un piano tangente ad un meridiano di riferimento. È molto adatta per le proiezioni delle zone polari, in quanto i paralleli sono rappresentati come cerchi concentrici ed i meridiani come diametri della circonferenza (fig. 37).

proiezioni cilindriche – i meridiani ed i paralleli vengono proiettati lungo la superficie cilindrica ad angolo retto. I meridiani sono egualmente spaziati, mentre la distanza tra paralleli aumenta avvicinandosi ai poli (fig. 38).

• proiezioni coniche – i meridiani sono proiettati lungo la superficie conica e si intersecano all’apice del cono, mentre i paralleli sono proiettati come anelli.

La distorsione aumenta lungo la latitudine. Utile per le zone a media latitudine (fig.39).

Figura 37 - Rappresentazione di una proiezione azimutale o prospettica

Figura 38 - Rappresentazione di una proiezione cilindrica

In base all’orientamento della superficie di proiezione (fig. 40) si distinguono:

proiezioni dirette o normali: nel caso delle proiezioni piane la superficie ausiliaria è parallela all’Equatore; nel caso delle proiezioni per sviluppo l’asse del solido è parallelo all’asse terrestre;

proiezioni trasverse o inverse: nel caso delle proiezioni piane la superficie ausiliaria è perpendicolare all’Equatore; nel caso delle proiezioni per sviluppo l’asse del solido è perpendicolare all’asse terrestre;

proiezioni oblique: in tutti i casi la superficie ausiliaria non è parallela né all’Equatore né all’asse terrestre.

In base alla posizione della superficie di proiezione (fig. 41) i punti di contatto sono:

• tangenti: se esiste un solo punto di contatto tra la superficie ausiliaria ed il globo;

secanti: se ci sono punti di intersezione tra la superficie di proiezione e quella del pianeta

.

A seconda del punto di vista (fig. 42) che dà origine alla proiezione si parla di:

• Proiezioni centrografiche o gnomoniche: la sorgente luminosa si trova al centro della sfera (ellissoide);

• Proiezioni stereografiche: la sorgente luminosa si trova sulla superficie della sfera nel punto diametralmente opposto alla superficie di proiezione;

• Proiezioni scenografiche: la sorgente luminosa si trova fuori della sfera a distanza finita; • Proiezioni ortografiche: la sorgente luminosa si trova fuori della sfera a distanza infinita

e i raggi visuali possono essere considerati paralleli tra loro.

Figura 41 - Schema della posizione della superficie di proiezione

Figura 42 - Schema della posizione del punto di vista che origina la proiezione

Per il presente lavoro è stato scelto di georeferire la Carta secondo il datum “WGS 84” applicato alla proiezione “UTM”. Di seguito si chiarisce il significato geodetico di tali sigle.

Il sistema UTM (Universal Transverse Mercator) è un sistema cartografico valido per tutta la superficie terrestre. Come suggerisce il nome stesso deriva da una prima proiezione cilindrica modificata effettuata da un cartografo fiammingo del Cinquecento, Gerhard Kremer detto Mercatore (1512-1594).

Possiamo sintetizzare la proiezione di Mercatore immaginando un cilindro avvolto attorno alla