• Non ci sono risultati.

Ambiti dove si sviluppano le diffe- diffe-renze e le disuguaglianze di genere

Nel documento RicercAzione - Volume 2 Numero 2 (pagine 123-129)

Francesca Sartori

2. Ambiti dove si sviluppano le diffe- diffe-renze e le disuguaglianze di genere

È stata già messa in evidenza la trasversalità del concetto di genere e le sue potenzialità nella comprensione dei fenomeni sociali in generale, ora andremo a evidenziare le tematiche relative ai settori che più riguardano le politiche gio-vanili. Partiremo da un campo molto ampio e complesso quale il processo socializzativo per proseguire con i percorsi educativi e formativi, successivamente affronteremo le problematiche relative all’entrata nel mondo del lavoro, tappa molto importante nel percorso giovanile verso l’età adulta. Per ultimo verranno trattate le que-stioni legate alla partecipazione politica e so-ciale, mondo questo ancora fortemente segnato dalle disparità di genere e al contempo lontano dalle giovani generazioni.2

2.1. Il processo socializzativo

Tra gli studiosi della condizione giovanile rimane aperto il dibattito che vede in contrap-posizione la tendenza alla differenziazione ver-sus l’omologazione nelle giovani generazioni (Buzzi, Cavalli, & de Lillo, 2007). Il confronto avviene tra chi ritiene prevalgano le differenze/

2 Certamente anche l’organizzazione del tempo libero, i consumi culturali, la trasgressione e l’uso di alcool e di altre sostanze psicoattive sono tematiche, assieme a molte altre, da osservare attentamente in termini di genere e al contempo ambiti che assumono un’impor-tanza notevole parlando di giovani soprattutto in termini di prevenzione ma sulle quali non ci soffermeremo nel presente lavoro.

disuguaglianze legate alle tradizionali variabili socio-anagrafiche ma anche a quelle legate alle abitudini di vita, alle frequentazioni, ecc. e chi invece sostiene che la globalizzazione induca a modelli di riferimento sempre più simili e massificati, all’uniformità di gusti e interessi, mode e abitudini giovanili. Entrambe le po-sizioni hanno giuste ragioni per affermare la propria validità: nel tempo si sono certamente ridotte le disparità tra uomini e donne ma al contempo rimangono forti disuguaglianze in alcuni ambiti come il lavoro e la politica; esi-stono più possibilità di realizzazione al di là degli schemi e dei modelli stereotipati dei ruoli di genere ma continuano a valere anche regole patriarcali che interpretano come biologici/na-turali alcuni compiti tradizionalmente definiti come femminili.

L’analisi dei modelli educativi trasmessi dalla famiglia, dai media e dal gruppo dei pari risulta fondamentale a tal proposito.

La famiglia innanzitutto è sicuramente respon-sabile della promozione e della trasmissione dei valori, delle norme, e degli schemi comporta-mentali che sono propri della coppia genitoriale e dell’ambiente a cui appartiene; nella famiglia i bambini apprendono i modelli culturali tra i quali in primis quelli legati al genere che strut-turano e definiscono il maschile e il femminile (Saraceno & Naldini, 2007). Le relazioni in-staurate all’interno della coppia e tra genitori e figlie/figli, il linguaggio utilizzato da madre e padre, le risposte da loro fornite in ambito esistenziale ma anche il tipo di abiti acquistati sicuramente incidono sul loro modo d’essere e divenire femmine o maschi e sull’assunzione e sull’interpretazione più o meno tradizionale e stereotipata dei ruoli adulti.

Bisogna porre una particolare attenzione ai giochi proposti e ai giocattoli comperati, alle letture fatte fin dalla prima infanzia dai genitori dato che essi risultano — in sintonia con quanto offre il mercato — ancora oggi differenziate per maschi e femmine (Lin-dsey & Mize, 2001; Baumgartner, 2002); da sottolineare tuttavia che le incursioni negli spazi semantici del genere opposto per quan-to riguarda la dimensione ludica sono meno

stigmatizzanti rispetto al passato.3 Scelte ste-reotipicamente differenziate in campo ludico portano infatti bambini e bambine a struttura-re fin dalla prima infanzia diverse aspettative di genere; condizionamenti basati su modelli tradizionali meno pressanti consentirebbero più agio e opportunità nella costruzione di de-sideri e aspirazioni vicini alle caratteristiche e ai modi di sentire individuali.

Altro aspetto da considerare è lo sport che nell’età infantile e preadolescenziale risulta diffuso tra entrambi i sessi mentre successiva-mente perde interesse da parte delle ragazze (Istat, 2005). I genitori fanno spesso proposte differenziate a figli e figlie in conseguenza alla pratica sportiva e alla simbologia differenziata per genere che continua a permeare tale cam-po.4 Nessuno nega che, soprattutto per il peso e la massa muscolare, gli uomini abbiano perfor-mances superiori in alcuni tipi di discipline ma questo non significa che giocando e gareggian-do separatamente non possano entrambi svol-gere con piacere e successo tali attività. Non si può però dubitare delle forti disuguaglianze di genere che persistono nello sport (Sassatelli, 2003). È noto come in generale la pratica spor-tiva, soprattutto se svolta a livello competiti-vo, venga intesa più come un’attività maschile e che gli sport tipicamente maschili siano più

3 Basta guardare però le vetrine di un qualsiasi negozio di giocattoli, gli scaffali dei supermercati, la pubblicità televisiva o ancora le offerte in rete di materiale ludico per capire che le differenze sono ancora marcate: vide-ogiochi, macchinine, supereroi, armi giocattolo, palloni e le magliette delle squadre di calcio, come pure le figu-rine che rappresentano i calciatori, sono rivolti ai maschi mentre i trucchi, le bambole con i relativi indumenti, gli oggetti di uso quotidiano (per la cucina e la casa in misura mignon), e gli strumenti (come il passeggino, il biberon ecc.) che prefigurano il ruolo materno, sono riservati alle femmine.

4 Pensiamo in primis al calcio, al rugby, al pugilato ma anche alla pallacanestro e al ciclismo discipline esplici-tamente scelte dai maschi per non parlare della formu-la uno mentre ginnastica, danza e pattinaggio artistico sono valutati e praticati maggiormente da bambine e donne. Esistono tuttavia sport esercitati da entrambi i sessi e non fortemente connotati in termini di genere quali ad esempio il nuoto, lo sci e la pallavolo (quest’ul-timo è lo sport di squadra più praticato al femminile). Se ne riscontrano del resto altre nelle quali possono com-petere insieme senza differenti risultati (Istat, 2005).

241

RiceRcaZione dicembre 2010

rilevanti culturalmente ed economicamente ri-spetto a quelli considerati femminili, peraltro assai meno numerosi. Questo può indurre l’al-lontanamento delle ragazze da tali esperienze, utili alla salute e all’equilibrio psico-fisico oltre che possibili fonti di distrazione, piacere e au-torealizzazione.

I media assumono una particolare impor-tanza nel processo socializzativo in quanto sono in grado di incidere significativamente sull’immaginario giovanile e sulla costruzione dell’identità sessuale delle nuove generazioni: in particolare ciò si rileva attraverso la diffusione di rappresentazioni maschili e femminili co-strette all’interno delle aspettative tradizionali di ruolo. Soprattutto la pubblicità le veicola in modo insistente e seducente, rafforzando ste-reotipi che tuttavia non riflettono più il reale, anzi mettono in evidenza una sfasatura tra il messaggio mediatico e la vita quotidiana oltre che il sentire comune. Dalla realtà emergono in particolare figure di donna sempre più presenti e impegnate nel mondo del lavoro e in generale nel sociale che al contempo non rinunciano a svolgere con sensibilità e competenza il pro-prio ruolo familiare, seppur a costo di sacrifici e affanni: gli spot pubblicitari invece le rappre-sentano come le eterne casalinghe intente a pro-vare i migliori prodotti per la pulizia della casa, interessate alla moda e alla propria bellezza, in quanto strumento di conquista e seduzione continua dell’uomo/compagno o in alternativa come delle giovani seduttive e provocatorie che usano in modo aggressivo le armi del corpo per fare conquiste o semplicemente per cercare di vendere un’automobile.

I diritti delle donne vengono dunque in primo luogo negati attraverso immagini femminili de-gradanti e sessiste — che sostanziano modelli miseri e sottomessi oltre che svuotati di ogni forma di intelligenza e competenza — onnipre-senti in particolare in Italia nelle trasmissioni televisive ma anche sui quotidiani e sulle riviste più diffuse (Zanardo, 2010).

Tali trasmissioni condizionano negativamente anche i giovani maschi contribuendo a costru-ire un ideale di donna astratto e irrealistico e una distorta opinione sulle capacità e sul valore

femminili. Vengono così a crearsi modelli inac-cettabili dal punto di vista del rispetto, della dignità reciproca e delle pari opportunità che facilmente creeranno difficoltà nella gestione della stessa coppia. L’istruzione sempre più elevata e la maggior consapevolezza di sé delle ragazze comportano infatti aspirazioni di pa-rità e di autorealizzazione, quindi prevedibili contrapposizioni ai desideri e alle richieste di compagni/mariti con il rischio che continui a serpeggiare l’insicurezza per non essere all’al-tezza del ruolo.5

2.2. Orientamento e percorsi formativi La scuola, importante agenzia che ha il com-pito di educare, istruire e formare i giovani (Schizzerotto & Barone 2006), proprio per la propria funzione socializzativa non può non assumere un ruolo rilevante nella costruzione dell’identità di genere. In essa avviene la tra-smissione di valori, norme e conoscenze tipiche della società a cui appartiene ma non si può pensare possa produrre autonomamente cam-biamenti sostanziali dal punto di vista dei modi di pensare, delle abitudini degli alunni dato che essi vi entrano con un proprio bagaglio deri-vante dalle influenze della famiglia, dei media, del gruppo dei pari e un già avviato processo di strutturazione dell’identità di genere. È ine-vitabile inoltre che la scuola riproduca stereo-tipi rispetto ad atteggiamenti, comportamenti, predisposizioni, capacità e interessi di maschi e femmine attraverso i libri di testo, che non sempre risultano critici rispetto all’approccio

5 Tuttavia come incontriamo molte donne che pretendono di essere riconosciute nella completezza delle proprie potenzialità nei vari ambiti del sociale, così troviamo sempre più uomini che interpretano ruoli sociali e fa-miliari in modo nuovo e che, consapevoli dei retaggi patriarcali di cui la maschilità è il frutto, sono motivati a mettersi in discussione per creare nuove relazioni all’in-terno della coppia (Giddens, 1995; Bellassai & Malate-sta 2000; Bellassai, 2004). Sempre più numerosi sono coloro che intendono riflettere sul significato attribuito al lavoro e alla rilevanza a esso assegnata ma prima di tutto determinati nel rendere attivo, intenso dal punto di vista emotivo, educativo e affettivo il loro rapporto con i figli (Ventimiglia, 1994; Pietropolli Charmet, 1995;

Sellenet, 2006).

socio-umanistici mentre tendono a escludere quelli tecnico-scientifici, per converso privile-giati dai ragazzi.

Quali le cause? Quali i meccanismi sottesi alle decisioni riguardanti l’istruzione così dif-ferenziate per genere? È importante riflettere su come avvengano le scelte per intervenire e riequilibrare la distribuzione per sesso della po-polazione scolastica e universitaria e al contem-po accrescere il numero di diplomati e laureati in materie tecnico-scientifiche (come ingegneri, informatici, statistici, biologi, ecc.) dato che tale formazione risulta inferiore rispetto alle ne-cessità di sviluppo del nostro Paese. È sempre più urgente analizzare il fenomeno secondo il genere (Ajello, 2000; Gallagher & Kaufman, 2005). Non si può non rilevare infatti l’effetto moltiplicatore derivato dalle scelte formative non orientate ad ambiti tecnico-scientifici delle studentesse, data la loro elevata incidenza sulla percentuale di diplomati e laureati.

Si può ipotizzare che almeno una parte di giovani donne si neghi a priori la scelta di per-corsi scolastici e lavorativi ritenuti non adatti al proprio genere. Varie indagini fanno emergere l’ambivalenza delle giovani donne nei confronti di un mondo scientifico e tecnologico che ap-pare intrinsecamente associato al maschile e negato al femminile da una cultura del lavoro che sminuisce, sia in termini sociali che di com-petenze, le loro potenzialità non adeguatamen-te sfruttaadeguatamen-te e riconosciuadeguatamen-te (Erlicher & Mapelli, 1991). Per far ciò è necessario supportare le gio-vani aiutandole ad accrescere la loro autostima e la consapevolezza di potercela fare anche sce-gliendo percorsi non convenzionali. Tra le cause dell’insicurezza femminile rispetto alle proprie capacità c’è il ridotto valore e riconoscimento sociale attribuito alle donne. Un recente studio (Sapienza et al., 2008) ha messo in relazione i risultati dei test di apprendimento della mate-matica (PISA) con il livello del Gap Gender Index8 nei vari paesi dove questi si raccolgono e

8 Il Gap Gender Index (GGI) misura il grado di disugua-glianza tra uomini e donne prendendo in considerazione quattro aeree critiche: salute e aspettativa di vita, op-portunità economica e occupazionale, livello di istru-zione, partecipazione e potere in politica. Tale indice è

di genere, e tramite gli insegnanti che spesso li trasmettono in modo inconsapevole in quanto intrinseci alla propria cultura d’origine (Sartori, 2007; Tamanini, 2007).

La scuola può tuttavia fare molto per aiutare e sostenere le nuove generazioni nel superare steccati e condizionamenti, nel modificare pro-spettive andando oltre convenzioni e tradizioni.

Partiamo dalla forte segregazione formativa che vede ancora le scelte dei percorsi secondari e terziari differenziate in termini di genere. Una delle caratteristiche del sistema educativo ita-liano è infatti la presenza di scuole frequentate in gran parte da ragazze (come ad esempio i licei psico-pedagogici e delle scienze sociali) e altre propriamente maschili come gli istituti tecnici industriali e per geometri (Miur, 2007).

Non possiamo tuttavia non evidenziare come nel tempo sia cresciuta la percentuale di ragazze che si indirizza verso percorsi tradizionalmente scelti dai maschi: in particolare i licei scientifici risultano oggi la scuola più equilibrata rispetto al sesso.6

La differenziazione delle scelte formative ope-ra anche all’interno dell’università: molte aree disciplinari sono preferite dalle studentesse, come quelle legate all’insegnamento, alle lingue e alla psicologia o sono in forte maggioranza maschili quali l’ingegneria.7 Nel complesso a tutt’oggi le ragazze in Italia come nella gran parte dei paesi europei, si concentrano su studi

6 Gli istituti magistrali rimangono negli anni invece co-stantemente femminili, gli istituti d’arte hanno avuto un processo accelerato di femminilizzazione mentre i licei linguistici risultano in controtendenza (sono nati come indirizzi del tutto femminili e hanno accolto una quota sempre maggiore, seppur ancora fortemente minorita-ria, di maschi) (Istat ed elaborazioni Istat su dati Miur, 2007).

7 Se quest’ultima area ha avuto un incremento costante di presenze femminili pur rimanendo una roccaforte maschile, si rileva particolarmente elevata la femmi-nilizzazione del raggruppamento medico: più del 50%

negli ultimi cinquant’anni tanto da risultare donna circa i due terzi dei camici bianchi, ma anche quello giuridico e quello economico-politico. Da aggiungere che l’Indice di Segregazione ha un andamento decrescente nel tempo in misura inferiore in relazione alla scuola secondaria superiore (da 37,7 nel 1950/51 a 24,1 nel 2001/02) rispet-to all’università dove nello stesso periodo si è dimezzata passando dal 60,1 a 30,1 (Sabbadini, 2004).

243

RiceRcaZione dicembre 2010

ha rilevato che i risultati migliori si riscontrano proprio nelle realtà nazionali dove esiste una maggior parità tra uomini e donne.9

2.3. Il mondo del lavoro

Se la scuola di massa ha offerto alle ragazze notevoli opportunità di recuperare il secolare gap rispetto all’istruzione, il mondo del lavoro continua ad essere il luogo dove la discrimi-nazione di genere si manifesta pesantemente a loro svantaggio. Essa si palesa attraverso i se-guenti indicatori:

– tassi di occupazione femminile molto in-feriori a quelli maschili e al contrario tassi di disoccupazione più elevati il fenomeno è particolarmente pesante nelle regioni meri-dionali (Istat, 2009);

– l’accesso al mondo del lavoro presenta note-voli criticità per tutti i giovani (in particola-re al Sud dove le donne rinunciano spesso a

riconosciuto e utilizzato a livello internazionale (World Economic Forum) e ogni anno viene stilata in base ad esso una classifica di 121 paesi nel mondo. L’Italia nel 2007 risulta l’ultima a livello europeo e all’84° posto nella graduatoria generale.

9 Lo svantaggio femminile nel campo scientifico, rilevato trasversalmente nel tempo e nello spazio, si riduce al mi-nimo (in Svezia e Norvegia) fino a diventare addirittura un vantaggio per la componente femminile (in Islanda) all’aumentare delle opportunità delle donne in campo economico e sociale. Dobbiamo precisare che anche i maschi soffrono di condizionamenti nella scelta scolastica di percorsi tipicamente femminili ma la differenza è che questi ultimi portano a lavori scarsamente remunerati e socialmente poco desiderabili oltre che impegnativi da un punto di vista psicologico e relazionale; quelli tecnologico/

scientifici invece si trovano ai livelli superiori della scala di stratificazione sociale. Uno dei problemi scolastici dei giovani maschi oggi è piuttosto legato all’inferiore rendi-mento che, pur non essendo l’unica causa, tende a ridurre la lunghezza dei percorsi formativi — e quindi il livello dei titoli ottenuti — e soprattutto la loro regolarità; a ciò consegue una maggior frequenza di abbandono. Nel com-plesso si palesa pertanto l’aumento della dispersione scola-stica dei maschi, i quali quindi possono essere considerati il sesso debole… quanto meno in ambito formativo (Miur, 2007) . Da tenere comunque presente il fatto che per loro le opportunità lavorative che non necessitano di lunghi anni di studio sono molto numerose e anche remunera-tive; pensiamo ad attività artigianali, del tutto maschili, quali l’elettricista, il falegname, l’idraulico o professioni tecniche di vario tipo che possono essere svolte dopo un breve percorso professionale e un training pratico.

cercare un’occupazione) ma i tempi di entrata sono più lunghi per le giovani che, tuttavia, se laureate, hanno maggiori chance occupa-zionali seppure per lavori non congruenti né coerenti con il titolo conseguito; i percorsi più femminilizzati offrono minori opportuni-tà lavorative alle ragazze mentre, al contrario, risultano vantaggiosi i titoli «maschili» da loro posseduti (Alma Laurea, 2009);

– forte è la segregazione occupazionale, come già anticipato, sia orizzontale — le ragazze accedono infatti a settori caratterizzati da forte concentrazione femminile soprattut-to nel terziario pubblico (sanità, istruzione, commercio e servizi alle imprese e alla per-sona) e nei settori manuali a bassi livelli di qualificazione — sia verticale — il fenome-no del glass ceiling evidenzia la presenza di discriminazioni nascoste, normativamente escluse, che tuttavia formano una barrie-ra, appunto trasparente, che impedisce alle donne di raggiungere le posizioni apicali nel mondo del lavoro e in particolare nel settore industriale (Austin, 2003);

– la presenza femminile più forte tra i lavori atipici (Isfol, 2005) — non confermata pe-raltro a livello europeo (Eurostat, 2006) —, comporta opportunità maggiori di accesso ma anche aumento dell’instabilità occupa-zionale, fenomeno quest’ultimo che coinvolge i giovani di entrambi i sessi. In particolare l’accesso delle giovani donne al mercato del lavoro è caratterizzata da contratti più brevi con impegno inferiore in numero di ore; da rilevare inoltre come per gli uomini il lavoro atipico è una modalità iniziale del lavoro mentre per le donne l’accesso flessi-bile rischia di trasformarsi in una trappola dalla quale è difficile uscire soprattutto per le meno scolarizzate e quelle con carico fa-miliare. Le più giovani e istruite si possono trovare invece di fronte al dilemma se ri-nunciare alla maternità o rimanere fuori dal mercato del lavoro in un tempo lungo che potrebbe pregiudicare il proprio percorso occupazionale;

– una forte prevalenza femminile nel lavoro part-time che è un’opportunità per le donne

alla cittadinanza attiva. I nuovi modelli di aggre-gazione e le diverse forme di azione collettiva giovanili appaiono spesso incomprensibili agli adulti in quanto apparentemente contraddittori e lontani da quelli a loro noti e sperimentati.

Tornando a un’analisi di genere si riscontra che le giovani risultano disinteressate e parti-colarmente restie a prendere parte attiva alla politica (Istat, 2006). La persistenza dell’asim-metria di genere è ascrivibile a un’esperienza antica di marginalità delle donne che ha prodot-to il «silenzio» femminile in ambiprodot-to pubblico ma è anche imputabile alle risorse economiche e sociali non equamente ridistribuite tra i due sessi. Risultano importanti anche le variabili culturali che inducono una visione della politica come «una faccenda da uomini»: riconoscere ed esaltare solo la dimensione emozionale, senti-mentale, irrazionale della donna, la sua inclina-zione alla cura e alle relazioni affettive nel ri-stretto intorno sociale la fa percepire come poco adatta a occuparsene. Tali caratteristiche tutta-via non devono essere rifiutate, anzi le donne in quanto portatrici di valori diversi, modalità relazionali e comunicative atipiche per il mondo della politica potrebbero aiutare a rinnovarlo e svecchiarlo per ridare forza e attrattiva a quella che è la funzione basilare della democrazia.10

10 È fondamentale dunque che le donne acquistino voce per portare avanti le proprie rivendicazioni, per far va-lere il loro punto di vista. Si rende sempre più necessario il superamento concreto delle barriere e con esse degli stereotipi e dei pregiudizi nei confronti della politica interpretata al femminile. La gestione del potere, non solo in politica ma anche nelle associazioni culturali e di volontariato, sembra però non attirarle; si può

10 È fondamentale dunque che le donne acquistino voce per portare avanti le proprie rivendicazioni, per far va-lere il loro punto di vista. Si rende sempre più necessario il superamento concreto delle barriere e con esse degli stereotipi e dei pregiudizi nei confronti della politica interpretata al femminile. La gestione del potere, non solo in politica ma anche nelle associazioni culturali e di volontariato, sembra però non attirarle; si può

Nel documento RicercAzione - Volume 2 Numero 2 (pagine 123-129)