Arianna Bazzanella
7. La (s)fiducia nell’altro e nella socie- socie-tà adulta: la perdita di un’importante
risorsa sociale
Un altro elemento emergente riguarda la ge-nerale crescita di sfiducia sia verso il prossi-mo in generale, sia verso le istituzioni (ergo, la società adulta): non solo il tempo futuro ma anche l’individuo sconosciuto, l’altro è sempre meno percepito come una risorsa, un’occasione di scambio, di crescita, di reciproco supporto e sempre più come una minaccia da cui difen-dersi, da ingannare prima di essere ingannati.
Ciò desta e deve destare preoccupazione se si parte dall’assunto che la fiducia è un fondamen-tale ingrediente di capifondamen-tale sociale e dunque di integrazione (Cartocci, 2000; Diani, 2000; Ba-gnasco et al., 2001; La Valle, 2002; Bazzanella, 2007): a livello macro — intesa appunto come credibilità delle istituzioni e dell’organizzazione sociale — la fiducia costituisce il presupposto perché vi sia un impegno comune e un rispetto condiviso delle regole. È quindi garanzia per la riproduzione e la stabilità del sistema economi-co, politieconomi-co, sociale: la fiducia nelle istituzioni, intesa come reciproca attesa di rispetto di rego-le, ruoli, procedure e come riconoscimento della loro legittimità, è una componente necessaria per il mantenimento della democrazia.
Per questo destano allarme i dati rilevati da recenti e numerose indagini nazionali e inter-nazionali17 che mettono in luce come i cittadi-ni ripongano una fiducia sempre più contenuta proprio in quegli attori e quei gruppi che più di altri dovrebbero rappresentare e governare il bene pubblico (partiti e uomini politici). E questo vale soprattutto per il nostro Paese e in particolare per le nuove generazioni (Buzzi et al., 2002; 2007; Boudon, 2003; Sciolla, 2004).
Il pericolo è che lo scollamento dalle istituzioni, sempre meno credibili, si traduca non solo in una chiusura privatistica verso il proprio immediato intorno affettivo (disfunzionale socialmente e
17 Si segnalano, ancora, le diverse pubblicazioni dell’Istitu-to IARD e i numeri 51, 61, 63 di Eurobarometro, (dispo-nibili sul sito http://europa.eu.int/comm/public_opinion/
index_en.htm).
dispendiosa a livello individuale), ma anche in un’azione interessata limitatamente al piccolo gruppo di riferimento a scapito della partecipa-zione politica in senso lato e dell’impegno per il mantenimento del bene comune.18 In ultima ana-lisi, il cronicizzarsi di questo atteggiamento di distacco e disconoscimento di tutto ciò che è ol-tre la soglia di casa rischia di minare le basi della tenuta stessa della democrazia: infatti, anche se i tassi di partecipazione a movimenti e partiti po-litici sono rimasti costanti dal 1983 al 2004,19 si verifica una presa di distanza dalle manifestazio-ni di piazza, ad esempio, o nella scarsa e sempre più ridotta partecipazione alla vita associativa (Figura 7). Lo scollamento tra pubblico e privato, cioè, ridimensiona il valore della condivisione e del bene comune, inducendo investimenti perso-nali limitati al proprio ambiente circoscritto, con una disaffezione sempre più diffusa e marcata verso tutto ciò che è bene pubblico.
49 48 53
0 1992 1996 2000 2004
non associati/e monoassociati/e multiassociati/e Fig. 7 Livelli di associazionismo (% di giovani italiani
15-29enni per gli anni indicati). Fonte: Buzzi, Cavalli, &
de Lillo (2007), p. 269.
Tuttavia, va anche detto che è stato più volte segnalato come più che a un calo di interesse generale verso la vita pubblica e politica, si as-sista a un calo di interesse verso ciò che è par-titico — e ciò riguarda tutto il contesto europeo (Cavalli, 2002, p. 518).
18 Anche i dati circa l’astensionismo in crescita relativi all’ultima tornata elettorale amministrative dell’aprile 2010 — per quanto non ancora drammatici — vanno nella direzione di confermare questo preoccupante scol-lamento tra pubblico e privato.
19 Si vedano sempre i dati dell’Istituto IARD.
Siamo, dunque, di fronte a giovani che nell’«epoca delle passioni tristi» (Benasayag &
Schmit, 2004) hanno smesso di entusiasmar-si, di partecipare, di credere che sia possibile costruire un futuro fiorente, anche grazie alla condivisione di esperienza e risorse con gli altri sconosciuti? Oppure queste risorse non trovano le giuste vie per emergere?
Alcuni dati locali sembrerebbero indurre a scartare la prima pessimistica ipotesi a favore di nuove letture che ricordino i cambiamenti inter-corsi negli ultimi decenni e con essi l’esaurirsi di alcune modalità di «fare società», soprattutto agli occhi dei giovani.
Innanzitutto, va considerata la perdita di credibi-lità del sistema politico che sembra fuori sincrono rispetto alle esigenze, ai linguaggi, alle aspettative dei giovani. I partiti e i movimenti politici (come più volte ricordato dai media: composti, gestiti e guidati da attori non proprio giovani essi stes-si) non sono in grado di interagire con le nuove generazioni, di motivarle, raccoglierle, formarle, fornire loro punti di riferimento credibili. I movi-menti politici, spesso incalzati al mantenimento dello status quo e dei diritti elargiti in modo di-spendioso alle generazioni precedenti (si pensi alle politiche di protezione sociale), non sono in grado (né spesso interessati a farlo) di ascoltare e racco-gliere le istanze delle nuove generazioni. Si pensi, banalmente, alla manifesta incapacità del nostro Legislatore di portare a termine negli ultimi de-cenni riforme scolastiche che rendano concreto il diritto all’istruzione e alla formazione a fronte di posizionamenti su scale internazionali che vedono il nostro Paese in coda rispetto ai principali Paesi occidentali, come detto più sopra.
In questo si sconta anche l’invecchiamento del nostro Paese che, sempre meno popolato di gio-vani, li rende più deboli sul piano meramente elettorale (Livi Bacci, 2008; Ambrosi & Rosi-na, 2009). A tal proposito sarebbe interessante sperimentare se e come potrebbero cambiare le cose nel caso in cui si abbassasse l’età al voto, includendo nell’elettorato attivo anche i giovani che hanno compiuto i 16 anni20 oppure se si
20 Si vedano: Paolo Balduzzi e Alessandro Rosina, Il voto europeo dei ragazzi del millennio in http://www.lavoce.
desse alle madri un voto di peso maggiore in base al numero dei figli (Livi Bacci, 2008), am-pliando così il potere di questo segmento della popolazione.
Nel quadro attuale i partiti politici sono mol-to spesso percepiti dai giovani come lontani, meschini, portatori e difensori di interessi personali o di gruppo e non come soggetti di-sinteressati, seriamente impegnati per il bene comune. Atteggiamento che essendo coerente con il clima diffuso, come più sopra ricordato, risulta sempre più condiviso e accettato tanto che il 23% dei giovani 15-24enni si dichiara letteralmente disgustato dalla politica e il 35%
pensa di doverla delegare ad altri (Figura 8).
D’altro canto c’è da dire che i giovani sono delusi ma non ancora rassegnati. Ciò che emer-ge dalle medesime indagini, infatti, è che i giovani sanno volare alto, hanno sguardi che vanno oltre confine, oltre gli interessi e i limiti nazionali per mirare a obiettivi ambientali, eti-ci, di superamento delle disuguaglianze sociali:
il problema è che non trovano un rappresen-tante coerente e credibile. Si pensi al successo riscosso dall’attuale presidente degli Stati Uniti Barak Obama e alla credibilità di cui ha goduto soprattutto a inizio mandato21 anche nel nostro Paese e non solo presso i giovani. Oppure al sostegno riscosso da alcune organizzazioni umanitarie come Emergency.
I giovani non necessariamente sono apatici e disinteressati bensì, come la loro fase biografi-ca prevede, sono biografi-capaci di slanci entusiastici, impegno, passioni senza remore: ma per esplo-dere le loro potenzialità necessitano di guide cui affidarsi in modo incondizionato, di nuove rappresentanze, di nuovi modi di partecipare più disinteressati, trasparenti e onesti che per-corrano una relazionalità più sincera e credibile.
Questa lettura trova evidenza in alcuni indi-catori empirici: alcuni dati relativi alla fiducia nelle istituzioni dei giovani italiani e
un’in-info/articoli/pagina1001126-351.html e Alessandro Ro-sina, Sedici anni, l’età per votare in http://www.lavoce.
info/articoli/pagina2826.html/.
21 http://www.harrisinteractive.com/news/FTHarrisPoll/
HI_France24_IHT_HarrisPoll_LeadersBarometer_
April2009.pdf.
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dagine locale realizzata con i giovani della provincia di Milano22 (Bazzanella & Grassi, 2006) che sembra indicare un mutamento se-mantico associato al concetto di «partecipa-zione politica».
Considerando il primo aspetto si osservi la Tabella 2 che presenta la percentuale dei gio-vani italiani che ripongono molta o abbastanza fiducia nei gruppi e negli attori elencati. I dati risultano peraltro coerenti con altre fonti.23
Gli scienziati si confermano come il grup-po di attori più accreditato presso i giovani: è stato più volte evidenziato come questo derivi dall’etichetta generica «scienziati» che evoca un’immagine di purezza, di professionisti in-tenti a migliorare i destini dell’umanità. Nel-la valutazione dei possibili esiti delNel-la ricerca applicata, infatti, i giovani tendono a mostrare una maggiore cautela (La Valle, 2002; Bazza-nella, 2006b). Seguono Polizia, ONU, Unione Europea, magistrati, NATO, militari di carriera, accomunati dall’esprimere la dimensione laten-te della ricerca di sicurezza. Queslaten-te
organizza-22 Si tratta di una ricerca realizzata dall’Istituto IARD all’interno dell’Osservatorio Giovani della Provincia di Milano: http://www.provincia.milano.it/giovani/proget-ti/osservatorio_giovani/index.html.
23 Ancora una volta si rimanda ai dati presentati nel corso di Teenagers 2009 (nota 3).
zioni e questi attori, infatti, sono a vario titolo impegnati nel garantire controllo e protezione.
TABELLA 2
Fiducia nelle istituzioni (% di risposta
«Molta» + «Abbastanza fiducia» di giovani italiani 15-34enni – Base = 3.003)
2004
gli scienziati 86
la polizia 72
l’onu 69
gli insegnanti 69
l’unione europea 66
i magistrati 58
la nato 55
i sacerdoti 52
i militari di carriera 51
gli industriali 49
i giornali 42
la televisione pubblica 36
gli amministratori del comune in cui abito 36
le banche 36
la televisione privata 32
i sindacalisti 30
il governo 25
i partiti 16
gli uomini politici 13
basi minime 3.003
fonte: rielaborazione da buzzi, cavalli, & de lillo (2007), p. 203.
penso che si debba lasciare la politica a persone che hanno più
competenza di me
la politica mi disgusta mi tengo al corrente
della politica, ma senza parteciparvi personalmente
mi considero politicamente impegnato 60
50 40 30 20 10 0
1983 1987 1992 1996 2000 2004
Fig. 8 L’atteggiamento verso la politica (% giovani italiani 15-24 anni – Base minima = 1.242). Fonte: Buzzi, Cavalli, & de Lillo (2007), p. 291.
12 16
20 20 27
23
40 42 36
26 32 35
44 39 39
51
37 38
3 2 3 3 3 4
Sempre in posizioni di credito presso i gio-vani troviamo poi sacerdoti e insegnanti che invece rappresentano quella relazionalità pro-tetta e positiva che, come visto in precedenza, è fortemente apprezzata e valorizzata.
In coda a questa classifica gli attori che pri-ma di tutti dovrebbero godere di credito presso i giovani cittadini proprio perché chiamati a rappresentarli: governo, partiti e uomini poli-tici sono considerati degni di fiducia da meno del 25% degli intervistati.
Passando invece a disaminare i dati emersi all’interno dell’Osservatorio Giovani della Pro-vincia di Milano (Anzivino, 2006; Bazzanella, 2006), possiamo rilevare due ulteriori elementi
di riflessione: in primo luogo (Figura 9), che i giovani hanno un atteggiamento di fiducia so-prattutto verso le associazioni meno «politiciz-zate» e che richiamano principi di solidarietà e sussidiarietà sincera. Questa ricerca, infatti, prevedeva nella lista di attori collettivi anche i gruppi di volontariato e le grandi associa-zioni no profit introducendo un indicatore che
— visto il successo riscosso — va a suffragare ulteriormente quella disponibilità latente dei giovani a mettersi in gioco che può essere pie-namente messa a frutto solo se opportupie-namente raccolta e accolta. In secondo luogo, in questa ricerca è emerso che il concetto di «partecipa-zione politica» non è connesso unicamente ai
le grandi associazioni no profit (wwf, aRci, acli)
gli insegnanti
la provincia di milano
la polizia
i sacerdoti
le banche
la televisione i gruppi di volontariato
l’unione europea
le piccole associazioni locali
la Regione lombardia
i giornali
le grandi aziende
il governo
i partiti politici gli amministratori del comune in cui abito
100
60 90
50
20 40 80
10 30 70
0
molta abbastanza poca per niente non so
Fig. 9 Fiducia nelle istituzioni (% di giovani della provincia di Milano 15-29enni – Base minima = 2.516). Fonte: Bazzanella &
Grassi (2006), p. 37.
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tradizionali canali di adesione partitica (mani-festazioni collettive di contestazione, candida-tura e voto alle elezioni) bensì anche a una più generale partecipazione alla vita comunitaria attraverso l’organizzazione e la realizzazione di eventi culturali e sociali.
Si osservi la Tabella 3: da una parte confer-ma l’importanza riconosciuta al voto sia come atto politico sia come atto politico rilevante per la quasi totalità dei giovani; dall’altra, segna-la segna-la divergenza emergente tra partecipazione politica e militanza istituzionale/partitica, dal
momento in cui sono considerate politiche da un numero maggiore di giovani la partecipa-zione alla vita di comunità attraverso eventi e volontariato prima dell’elettorato passivo e della adesione ad azioni pubbliche organizzate.
Prima del disinteresse tout court da parte dei giovani, sembra dunque avvalorata l’ipotesi di un diverso significato assegnato a «partecipa-zione»: da un’accezione strettamente politica (e partitica) a una più legata alla vita sociale (Anzivino, 2006). E questo riconferma la dispo-nibilità e la sensibilità delle nuove generazioni verso ideali legati a obiettivi di più ampio respi-ro (l’ambiente, la pace nel mondo, la giustizia sociale) riscontrate altrove (Cavalli, 2002) che per rendersi manifeste devono però trovare una seria e credibile rappresentanza.