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Spunti conclusivi

Nel documento RicercAzione - Volume 2 Numero 2 (pagine 118-121)

Daniele Checchi

6. Spunti conclusivi

In quanto precede abbiamo mostrato come le scelte relative all’indirizzo della scuola secon-daria seguano un processo a più stadi. A un pri-mo livello sono gli insegnanti che indirizzano

gli studenti tenendo conto sia dei giudizi scola-stici sia del possesso delle competenze, ma nel formulare i propri giudizi orientativi sembrano condizionati dall’ambiente socio-culturale di provenienza degli alunni, misurato dall’istru-zione dei genitori come anche dall’istrudall’istru-zione media dei genitori a livello di scuola.

A un secondo passaggio le famiglie si di-scostano parzialmente dai consigli ricevuti, sia verso l’alto che verso il basso, a partire sia dall’istruzione dei genitori ma anche dalla loro percezione delle competenze possedute dallo studente. Tuttavia un forte effetto di trascina-mento sembra esercitato dalle scelte espresse dai compagni di classe, che appare essere una

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RiceRcaZione dicembre 2010

variabile interveniente attraverso cui passano molti degli effetti ambientali.

Al terzo passaggio la scelta effettiva della scuola secondaria sembra riflettere principal-mente le competenze possedute e il giudizio scolastico ottenuto all’esame di stato, che a sua volta ha però ulteriormente incorporato l’effet-to del background familiare. L’effetl’effet-to familiare sembra dissiparsi nell’ambiente sociale (istru-zione dei genitori della scuola di provenienza e scelte dei loro figli) e la carriera scolastica di questi ragazzi si avvia a procedere in modo autonomo.

Possiamo quindi parlare di un sistema scola-stico efficace nel selezionare gli individui ver-so le carriere scolastico-lavorative più adeguate alla loro preparazione? O, detto in altri termini, possiamo affermare che il sistema scolastico italiano sia meritocratico nello snodo che ab-biamo potuto fotografare in questo capitolo? La risposta mi sembra sinceramente negativa. Al di là dei risultati scolastici, che abbiamo pre-so come misura indiretta di abilità possedute dall’alunno, abbiamo visto come la scelta di indirizzo degli studenti parta da un’assegna-zione derivante dai consigli orientativi degli insegnanti (correlati non solo alle competenze possedute dai ragazzi ma anche alle loro origini socio-culturali) e venga ulteriormente modifica-ta (in senso di rafforzamento della componente familiare) nelle scelte di preiscrizione dei figli.

A questo si somma l’effetto di trascinamento dato dalle scelte dei propri compagni di clas-se, che riflettono l’ambiente sociale in cui è collocata la scuola. In questo modo il destino scolastico futuro degli alunni viene progressiva-mente segnato dalle origini sociali, delle quali non portano alcuna responsabilità.

Sorge allora spontanea la domanda su quali possano essere le politiche attuabili per ridurre l’iniquità della scuola italiana che emerge da queste analisi: nell’intenzione di differenziare i percorsi per i diversi profili socio-cognitivi di utenza in realtà si rischia di ridurre le opportu-nità di apprendimento, riducendo complessiva-mente i livelli di alfabetizzazione della popo-lazione giovanile, al punto di poter ravvisare un carattere «classista» nel processo di

orien-tamento sottostante. Un primo suggerimento emerge dai risultati della Tabella 8: le modalità di assegnazione dei voti degli insegnanti richie-dono una maggior standardizzazione. L’inclu-sione delle misure rilevate dalle competenze dovrebbe essere la maggior determinante (in senso didattico, e quindi ovviamente anche in senso statistico) dei giudizi assegnati ai ragazzi, sia a fine quadrimestre che a fine anno. Quando anche si voglia tener conto di situazioni locali contingenti (che vengono controllate grazie a un effetto fisso di classe), non si riesce a spiegare come possa essere possibile che il giudizio in italiano sia così fortemente correlato con l’istru-zione dei genitori. Proviamo a immaginare cosa potrebbe accadere se le verifiche fossero corret-te non dall’insegnacorret-te titolare, ma da un collega di altra sezione, o persino di altra scuola, che agisca all’oscuro dell’origine sociale dello stu-dente. Continuerebbe a permanere questo ef-fetto di «ambiente familiare», quando anche un insegnante corregga al buio? La mia aspettativa è che questo effetto tenderebbe ad attenuarsi (se non a sparire), come sarebbe logico attendersi.

Un secondo spunto di riflessione riguarda il ruolo dei consigli di orientamento degli inse-gnanti. Anche in questo caso abbiamo visto che quest’ultimi tendono a incorporare nei loro sug-gerimenti orientativi anche informazioni non direttamente pertinenti la riuscita scolastica degli studenti. Ma se il ruolo di orientamento fosse svolto da un soggetto esterno (per esem-pio agenzie specializzate a livello territoriale), continueremmo a registrare una forte presenza dell’istruzione dei genitori? Poiché è difficile immaginare un controfattuale in questo con-testo (ma si potrebbero fare degli esperimenti controllati al riguardo…), non possiamo che argomentare in via teorica. Nei paesi come la Germania, dove il giudizio orientativo degli in-segnanti è vincolante in buona parte dei Länder, si registra una minor dipendenza delle scelte dall’ambiente familiare, e di conseguenza una maggior mobilità intergenerazionale in termini di livello di istruzione formale raggiunta.

Da ultimo, le diverse fasi di revisione delle decisioni (preiscrizione/iscrizione/passaggio ad altra scuola) suggeriscono che gli stessi genitori

oscillino, probabilmente per via di un’imper-fetta conoscenza delle competenze possedute dai propri figli, ma forse anche per una vaga cognizione dei requisiti formativi richiesti dai vari indirizzi scolastici (per non parlare della miriade di sperimentazioni allora ancora in vigore). Migliorare l’accesso all’informazione (per esempio far conoscere la votazione e/o il livello di competenza medio degli alunni di una scuola per permettere al singolo di potersi valu-tare in riferimento al livello di scuola più vicino al proprio livello; oppure più semplicemente far conoscere i tassi di ritiro e di bocciatura per ciascuna scuola) può contribuire a determinare scelte di iscrizione meno basate sul principio dello status symbol (il genitore laureato vuole il figlio liceale), e più legate alle reali capacità individuali.

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