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Quali ipotesi per nuove politiche

Nel documento RicercAzione - Volume 2 Numero 2 (pagine 192-199)

Giovanni Campagnoli

5. Quali ipotesi per nuove politiche

Questa disattenzione e lo scarso investimento delle istituzioni nei confronti dei giovani ha ge-nerato nel tempo una grossa distanza tra questi due mondi. Pur essendo difficile da valutare, il costo sociale del «non investimento» verso le giovani generazioni è altissimo. I dati di sfidu-cia (Figura 2) da parte dei giovani nei confron-ti del mondo isconfron-tituzionale sono imbarazzanconfron-ti.

Sintetizzato con un punteggio da 1 a 10, il voto relativo alla credibilità delle principali istituzio-ni nazionali, emerge che le orgaistituzio-nizzazioistituzio-ni che godono di maggior fiducia sono quelle in cui si percepisce come meno influente la politica dei partiti. Questi sono infatti indicati all’ultimo posto tra i soggetti che godono di minor credito da parte dei giovani e solo il 16% dei giovani italiani si fida di loro (Istituto Iard Rps, 2007).

La sfiducia verso le capacità dei giovani è ri-pagata con la stessa moneta e produce effetti che non possono lasciare indifferenti coloro che hanno responsabilità politiche e progettuali (Fi-ligrane, 2009).

Oggi, però, una nuova generazione di interven-ti pubblici può fondarsi su una base valoriale diversa e condivisa socialmente: infatti otto cittadini su dieci auspicano l’applicazione dif-fusa del merito nella scuola e sul lavoro (Luiss, 2009).

Allora le politiche pubbliche verso le giovani generazioni devono ripartire con la finalità di rinsaldare legami generazionali (che vuol dire anche tra giovani e istituzioni, visto che queste ultime sono abitate per lo più da adulti/anziani).

Ciò significa riconoscere che i giovani uomini

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e le giovani donne sono già oggi portatori di competenze, punti di vista, desideri e saperi da mettere in gioco per affrontare problemi e sfi-de che attraversano la società. In altri termini i giovani si trovano nella condizione di soggetti attivi, in grado di «dare», e non solo in quella di fruitori passivi che possono soltanto «ricevere»

(Filigrane, 2009).

Promuovere queste capacità di attivazione, azione, decisione dei giovani, significa fare in modo che la comunità locale benefici delle competenze e dei saperi delle giovani genera-zioni, ponendo in essere le condizioni per lo sviluppo locale dei territori.

Il senso di una nuova generazione di inter-venti per i giovani, di matrice più europea, è proprio questo: promuovere dei percorsi di ap-prendimento, al di fuori dell’istruzione e della formazione, attraverso una serie di «esperien-ze» nell’ambito dell’«educazione non formale».

Attraverso questi percorsi si acquisiscono infat-ti competenze specifiche spendibili anche sul mercato del lavoro e utili a contribuire all’uscita dalla crisi(Commissione Europea, 2009).

9 APCom (2009). Rapporto sulla partecipazione dei gio-vani italiani (16-35 anni) alle elezioni politiche euro-pee e alla vita politica italiana». Roma: Ministero della Gioventù (Studio su un campione di 1.000 interviste telefoniche, 23 gennaio 2009).

5.1. Competenze chiave e youthwork

Le istituzioni europee hanno individuato una serie di «competenze chiave» necessarie per la realizzazione personale, la cittadinanza attiva, la coesione sociale e l’occupabilità, che i sistemi nazionali di formazione e istruzione (nel dupli-ce ruolo-sociale ed economico) devono aiutare a raggiungere (Parlamento Europeo, 2006).

Si tratta di otto key competences (Tabella 5) per l’apprendimento permanente, in modo da permettere a ciascun cittadino di adattarsi a un mondo in rapido mutamento e caratterizzato da forte interconnessione.

Il miglioramento delle competenze a tutti i livelli è una condizione essenziale tanto per un rilancio a breve termine dell’economia quanto per uno svi-luppo più a lungo termine e per l’aumento della produttività, della competitività, dell’occupazione, nonché per la garanzia di pari opportunità e per la coesione sociale (Commissione Europea, 2008).

Il sistema di istruzione dovrebbe allora fornire le competenze trasversali chiave che saranno sempre più importanti in futuro: ciò richiederà di trasformare il modo in cui le scuole sono organizzate e attrezzate. Innanzitutto tutte le scuole devono essere dotate di una connessione internet ad alta velocità, ma è necessario cam-biare anche i programmi di studio ed i metodi di insegnamento e i titoli (La Rivista, 2009).

9 8 7 6 5 4 3 2 1 0

volontariatoass. polizia magistratura parlamento

europeo

carabinieri governo parlamento banche partiti

Fig. 2 Giovani e politica, la fiducia nelle istituzioni9 (punteggi da 1 a 10).

Ecco allora il senso dell’investire in percor-si di educazione non formale: la UE finanzia programmi ad hoc (Gioventù per l’Europa10 ed Erasmus11) perché, come già detto, è in questo

10 Con un budget di 885 milioni di Euro da impiegare tra il 2007 e il 2013 (erano 520 milioni nei 7 anni prece-denti. Avviato nel 1989, nei 20 anni successivi, hanno direttamente beneficiato di questo programma più di 1,6 milioni di giovani o giovani lavoratori, che hanno partecipato a scambi, volontariato, formazione. Nel solo 2008, oltre 110.000 giovani e animatori socioeducativi hanno preso parte agli oltre 7.000 progetti, che sono sta-ti 100.000 nel periodo 2000-2006 [Fonte: Commissione Europea, Memo/09/204, Bruxelles, 27/04/2009].

11 Dalla sua creazione si è giunti a mobilitare all’interno della Comunità europea oltre due milioni di studenti e

ambito che si origina circa il 70% dell’appren-dimento di un individuo. Proprio per questo, la UE mira, a integrazione dell’educazione for-male, a sviluppare l’istruzione non formale per i giovani, in modo che contribuisca alla loro formazione permanente.

La UE definisce tutto ciò come youthwork o animazione socio-educativa, cioè una forma di educazione extrascolastica (citata ufficialmente già anche nel Trattato di Maastricht del 7 febbra-io 1992, all’articolo 149, paragrafo 2) organizzata da professionisti e/o volontari nell’ambito di or-ganizzazioni della gioventù, di municipi, di centri della gioventù, di chiese, ecc. e che contribuisce allo sviluppo delle competenze dei giovani. Col sostegno delle famiglie e di altri professionisti, può aiutare a lottare contro la disoccupazione, l’insuccesso scolastico, l’esclusione sociale e ser-vire al tempo stesso come attività per il tempo libero e agevolare la transizione tra l’adolescenza e l’età adulta (Commissione Europea, 2009). Non solo: l’animazione socio-educativa è la priorità della cooperazione europea in materia di gioven-tù per il periodo compreso tra il 1° luglio 2010 ed il 30 dicembre 2010 (Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, 2009).

Lo youthwork riguarda il lavoro negli spazi giovanili, con i gruppi di adolescenti e nell’as-sociazionismo giovanile, al «lavoro in strada»

e nei progetti per sviluppare cittadinanza, in-tegrazione, solidarietà tra i giovani, ecc. Sono quindi attività al di fuori da quanto è già svol-to dalle altre politiche, come quelle relative all’istruzione, all’occupazione, all’integrazione sociale, ma da sviluppare in forte alleanza con queste. Per questo i documenti europei (Parla-mento Europeo, 2000) parlano di «educazione non formale», intesa come un’attività educa-tiva intrapresa al di fuori del sistema formale dell’istruzione e perciò al di fuori della scuola e delle attività curricolari tradizionali (Tabella 6).

per il periodo 2009-2013 il bilancio è stato portato a 950 milioni di Euro ed esteso anche ai dottorati di ricerca.

Dal 2004 è attivo anche Erasmus Mundus, che nel 2009 ha una dotazione di quasi un miliardo di Euro (erano 230 milioni nel 2004) [Fonte: AAVV (2009). Conoscen-ze = Ripresa europea. La Rivista, Commissione Europea DG Istruzione e Cultura (n° 32/09)].

TABELLA 5 Competenze chiave per l’apprendimento permanente:

un quadro di riferimento europeo le competenze sono definite in questa sede alla stregua di una combinazione di conoscenze, abilità e attitudini appropriate al contesto. le competenze chiave sono quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale e l’occupazione.

il quadro di riferimento delinea otto competenze chiave:

1. comunicazione nella madrelingua;

2. comunicazione nelle lingue straniere;

3. competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;

4. competenza digitale;

5. imparare a imparare;

6. competenze sociali e civiche;

7. spirito di iniziativa e imprenditorialità;

8. consapevolezza ed espressione culturale.

le competenze chiave sono considerate ugualmente im-portanti, poiché ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza. molte delle competenze si sovrappongono e sono correlate tra loro:

aspetti essenziali a un ambito favoriscono la competenza in un altro. la competenza nelle abilità fondamentali del linguaggio, della lettura, della scrittura e del calcolo e nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (tic) è una pietra angolare per l’apprendimento, e il fatto di imparare a imparare è utile per tutte le attivi-tà di apprendimento. vi sono diverse tematiche che si applicano nel quadro di riferimento: pensiero critico, creatività, iniziativa, capacità di risolvere i problemi, va-lutazione del rischio, assunzione di decisioni e capacità di gestione costruttiva dei sentimenti svolgono un ruolo importante per tutte e otto le competenze chiave.

da: Raccomandazione del parlamento europeo e del consi-glio relativa a competenze chiave per l’apprendimento per-manente (2006/962/ce).

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TABELLA 6

Raccomandazione del Parlamento europeo n° 1437/2000

l’educazione non formale è parte fondamentale che accompagna l’educazione formale, che, sola, non può rispondere e affrontare il rapido cambiamento sociale, economico e tecnologico della nostra società. inoltre

«l’educazione non formale è una parte integrante del concetto di lifelong learning, che permette ai giovani e agli adulti di acquisire e mantenere capacità, abilità e prospettive necessarie per adattarsi al continuo cam-biamento dell’ambiente. tra le iniziative con le quali gli individui possono prendere parte all’educazione non formale, vi è il ruolo importante svolto dalle organiz-zazioni non governative e si invitano i governi degli stati membri a incentivare la collaborazione tra insegnanti, educatori e ong e a supportare le attività educa-tive non formali attraverso particolari finanziamenti alle ong stesse. così come nella Dichiarazione Finale della V Conferenza dei Ministri Europei responsabili della Gioventù si richiamano i paesi europei a riconoscere le capacità acquisite attraverso l’educazione non formale, riconoscendo l’educazione non formale come parte del processo di formazione continua, rendendo accessibile a tutti l’educazione non formale e monitorando sui risultati ottenuti.

La UE indica l’animazione socio-educativa come un’opzione strategica e punto di forza del-lo sviluppo delle politiche giovanili in Europa, sostenendo e riconoscendone l’apporto econo-mico, sociale e professionalizzante (Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, 2009). Le azioni conseguenti sono quattro e cioè:

– dotare gli animatori socio-educativi di com-petenze professionali e promuovere la loro validazione mediante strumenti europei ade-guati (Europass, EQF, ECVET);

– sostenere l’animazione socio-educativa, tra l’altro attraverso i Fondi strutturali;

– favorire la mobilità degli animatori socio-educativi, conformemente al trattato CE;

– sviluppare servizi, pedagogie e prassi innova-tive in materia di animazione socio-educativa.

Non vi sono dubbi della considerazione e del credito di cui godono questi percorsi di appren-dimento presso le istituzioni europee. Nel nostro Paese, però, il lavoro di tipo animativo-promo-zionale con gli adolescenti e lo sviluppo delle relative professionalità, è stato fino a ora un am-bito di intervento marginale, spesso relegato al

volontariato,12 investendo più su interventi e pro-fessionalità in ambito assistenziale e riparativo.

Lo youthwork, così come definito nei docu-menti ufficiali della Commissione Europea (Li-bro Bianco, 2001), è l’ambito in cui si promuo-vono (da parte delle istituzioni locali e regionali, oltre che europee) dei percorsi di acquisizione di competenze, grazie a delle «esperienze otti-mali» in cui i giovani si sentano protagonisti, quelle in cui le opportunità sono commisurate alle loro abilità che possono mettere in campo, al livello più alto di sfida (Laffi, 2007). Sono queste le condizioni — oltre al fatto di garantire una dimensione di svago e di piacere (Consiglio d’Europa, 2003) — che permettono una serie di apprendimenti di vita, e, secondo i giovani, la possibilità di poter essere coinvolti in questo tipo di «esperienze ottimali è, in generale, molto di più nell’ambito dell’extrascuola. Non solo: que-ste «sfide», sono molto più legate a dimensioni espressive e artistiche, allo sport, al volontariato, alla corporeità e ad aspetti relazionali (quindi nell’educazione non formale) che allo studio.

Unica eccezione sono i giovani stranieri, i quali vivono anche (e ancora) l’istruzione superiore come una grande opportunità di integrazione e di miglioramento delle loro condizioni di vita futura. Inoltre la televisione non dà piacere per-ché non offre l’opportunità di esercitare alcu-na abilità e la differenza col PC e la consolle è netta, anche solo se si gioca. Ascoltare musica può essere rilassante, ma l’emozione di suonare vale molto di più. La morale è semplice: non è il consumo, ma l’esperienza — attiva, creativa, ri-flessiva — a generare benessere soggettivo, me-glio essere attori che spettatori, e la tecnologia dà il meglio di sé quando si allea con l’azione e consente di lasciare traccia (Biffi, Breveglieri

& Laffi, 2007).

Così per un giovane, per fare un «passo avanti» nella propria vita, per cercare un la-voro, è necessario poter dimostrare questa esperienza. La strategia europea sul ricono-scimento dell’apprendimento non formale,

12 Negli Oratori sono presenti 200 mila volontari tra catechisti, educatori, animatori (Forum degli Oratori Italiani-FOI, febbraio 2005).

nell’ambito nel programma Gioventù in azio-ne, prevede già la certificazione delle compe-tenze acquisite in scambi giovanili, progetti giovani, servizio volontario europeo, attività di formazione e il «certificato» è lo youthpass che certifica le competenze acquisite relati-ve alle 8 key competences indicate prima in Tabella 5.

I risultati in termini di competenze acquisite, di soddisfazione personale e di utilità sociale di questo tipo di interventi con le giovani ge-nerazioni, sono generalmente alti (Amistadi, Bazzanella, & Buzzi, 2010). Le indicazioni qualitative e i dati quantitativi che si evincono dai documenti relativi alla valutazione di questi percorsi (Osservatorio Regione Veneto, 2007) sono sempre soddisfacenti (Di Gioia, Giacomel-lo, Inserra & Rotondi, 2009). Lo stesso per quel che riguarda l’utilizzo delle risorse (efficacia), la partecipazione giovanile e il raggiungimento degli obiettivi previsti.

Nonostante ciò e nonostante gli inviti della UE a incentivare lo youthwork, la quantità di risorse destinata a questo tipo di progetti è generalmen-te bassa. Sono pochissimi i dati a disposizione in materia, ma ad esempio in Veneto (territorio molto attivo in questo campo) il costo medio a progetto (la metà dei quali coinvolge fino ad un

massimo di 30 persone) è di 11.000 Euro ed il 40% di questi interventi dispone meno di 5.000 Euro, mentre solo il 17% supera i 20.000 Euro (Osservatorio Regione Veneto, 2007). Nel 2007 in Trentino nell’ambito dei 20 Piani Giovani di Zona attivati, sono stati realizzati 185 progetti, per un valore complessivo di 1.024.618 Euro. La media dei partecipanti è stata di 60 giovani a progetto, per cui la spesa media pro capite per partecipante è stata 92,31 Euro a testa, 19,58 Euro se si considera invece il bacino potenzia-le di 52.000 giovani (Amistadi, Bazzanella, &

Buzzi, 2010).

Calcolando, in Italia, la media di Euro pro capite destinate a ogni giovane (considerando quindi l’intera popolazione), i pochi dati dispo-nibili diventano davvero esigui: 19,8 Euro in provincia di Milano (Grassi, 2009), 19,58 Euro in Trentino (si veda sopra), 50,63 Euro a livello di Fondo nazionale per le politiche giovanili, mentre la media che ogni Comune italiano de-stina a ciascun giovane è di 5 Euro. Risorse davvero scarse se comparate con i costi per studente all’anno nella secondaria di secon-do grasecon-do (7.147 Euro, si veda la Tabella 4), in particolare rispetto al livello di efficacia degli apprendimenti.

5.2. Un new deal di interventi a favore dei giovani

Dopo quanto detto, è chiaro che non si può che ripartire da un sistema di istruzione e formazio-ne migliore (in termini di qualità ed efficacia), riprendendo l’ipotesi che la scuola possa essere uno strumento di «mobilità sociale». Anche se oggi la scuola non è certo efficace a ridurre le differenze di origine dei giovani, ovvero legate alla condizione di status socio-economico della famiglia di origine. In un contesto attuale dove è richiesto dinamismo, flessibilità, imprendi-tività, la scuola sembra pensata più a formare

«dipendenti» che non giovani un po’ intra-prendenti e imprenditivi. A questo scopo, va ricordato invece che l’educazione non formale può contribuire a formare competenze per un lavoro in continua evoluzione (Regione Emilia Romagna, 2004).

TABELLA 7

Nuove competenze per nuovi lavori nel mondo del lavoro e delle professioni, le qualifiche richieste sono in aumento per tutte le categorie profes-sionali, comprese anche quelle relative ai livelli più bas-si. Questa tendenza verso l’innalzamento è influenzata dall’offerta di competenze.

in base a tali previsioni, sul totale di posti di lavoro dispo-nibili nel periodo 2006-2020 quasi il 91% richiederà un livello di istruzione superiore oppure medio. nel corso del prossimo decennio bisognerà modificare l’attuale struttura delle qualifiche della forza lavoro, poiché per un numero sempre crescente dei posti di lavoro dispo-nibili (fino a 55 milioni) saranno richieste qualifiche di livello medio (il che comprende la formazione profes-sionale). saranno meno di 10 milioni i posti di lavoro disponibili per i candidati con un livello di istruzione basso o nullo.

da: comunicazione della commissione al parlamento euro-peo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni (2009). Nuove competenze per nuovi lavori – Prevedere le esigenze del mercato del lavoro e le com-petenze professionali e rispondervi. bruxelles: ue, 4 nov 2009.

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Il sistema di istruzione potrebbe anche adotta-re la prospettiva del lifelong learning,13 unito ad una maggiore propensione alla mobilità geogra-fica, assumendo le sfide relative a innovazione e creatività,14 costruendo alleanze strategiche con i percorsi di educazione non formale per integrarsi nel fornire alle giovani generazioni quelle «competenze chiave» viste prima (Tabel-la 5), per un’Italia che dovrà diventare, da que-sto punto di vista, più «europea». Partendo dalla promozione di un nuovo rapporto con i giovani, bastato sul riconoscimento di valori quali talen-to e meritalen-to e quindi prevedendo meccanismi di selezione più «all’anglosassone», percorsi chiari e trasparenti, in modo che ai giovani meritevoli e di talento vengano concesse quelle possibilità e opportunità che sono la base della «mobilità sociale», garanzia stessa dello sviluppo di un Paese.

Per il nostro Paese, promuovere politiche gio-vanili intese come percorsi di acquisizione di competenze in ambito non formale youthwork e in alleanza con la scuola, può significare

ri-13 La formazione continua in Italia (tra i lavoratori di 25-64 anni) riguarda il 6,8%, mentre la media europea è del 10%, con punte del 27,6% in Danimarca e del 35,8%

in Svezia. Isfol: «Relazione ex lege 845/78 art. 20 sul-lo stato e sulle previsioni delle attività di formazione professionale», novembre 2008.

14 In Italia le professioni e i mestieri ad alto indice creativo riguardano il 14% della popolazione (la media OCSE è del 30%), che vede l’Italia al 34° su 39 nazioni cen-site (Creativy Group Center), organizzazione europea vicina a Richard Florida il teorico delle 3T: Talento, Tecnologia, Tolleranza che ha elaborato uno studio sulla capacità creativa degli Italiani e la sua incidenza negli assetti sociali e nelle dinamiche produttive del Paese, secondo la doppia equazione per cui a molta creativi-tà corrispondono sociecreativi-tà dinamiche e elevato tasso di competitività. Questa «classe creativa» è composta da giovani brillanti e talentuosi: professionisti, scienziati, dirigenti, musicisti, medici, scrittori, stilisti, ricercatori, avvocati, giornalisti, designer, imprenditori e così via.

Negli Stati Uniti rappresentano oltre il 40% dell’intera forza-lavoro, in Olanda sono il 30%, in Finlandia il 29%, in Inghilterra il 27%, in Irlanda il 26%. Non a caso le nazioni europee con il maggior tasso di crescita econo-mica. In Italia la «classe creativa» non supera il 13%

del totale, uno dei tassi più bassi dell’intero continente, esattamente come è uno tra i più bassi il tasso relati-vo alla crescita del PIL. [Fonte: Giovanna Melandri:

«Piano Nazionale Giovani, Resoconto dell’attività del Ministero per le Politiche Giovanili e Attività Sportive», Roma, febbraio 2008].

valutare in particolare quel modo di apprendere tra «la strada e la bottega», che ha fatto grande la nostra nazione. Riscoprire questa dimensione significa ripartire da quelle attitudini di forma-zione dei talenti del Rinascimento (inventori, poeti, scrittori), che oggi sono quegli impren-ditori di eccellenza che esportano il made in Italy, o quei professionisti apprezzati nel mon-do, così come ricercatori e creativi, ecc. Meto-dologicamente, si tratta allora di attualizzare una strategia del fare nel lavoro con i giovani, associandola poi ad una riflessione sulle attività che li vedono coinvolti, in modo che si promuo-vano esperienze motivanti, con finalità orienta-tive, proprio per aiutare ciascuno a ricercare il

«proprio percorso in base al proprio talento».

Gli attori di queste nuove politiche giovanili stanno ai Tavoli dello sviluppo economico, del lavoro, della politica fiscale, della politica urba-nistica. Ciò non significa trascurare le politiche dell’educazione, dell’aggregazione, del tempo libero; ma inserirle nella prospettiva dell’inve-stimento sociale, non più per settori o compar-timenti o specializzazioni, ma in modo interdi-sciplinare. Accanto a un Patto per lo Sviluppo in cui i sistemi locali garantiscano strumenti e

Gli attori di queste nuove politiche giovanili stanno ai Tavoli dello sviluppo economico, del lavoro, della politica fiscale, della politica urba-nistica. Ciò non significa trascurare le politiche dell’educazione, dell’aggregazione, del tempo libero; ma inserirle nella prospettiva dell’inve-stimento sociale, non più per settori o compar-timenti o specializzazioni, ma in modo interdi-sciplinare. Accanto a un Patto per lo Sviluppo in cui i sistemi locali garantiscano strumenti e

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