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LE PRESTAZIONI DI DISOCCUPAZIONE DEI LAVORATORI AUTONOMI IN ITALIA

1. Le misure approvate nel prisma della crisi per i collaboratori coordinati e continuat

1.1. L’ ambito di applicazione

Le prime misure contro la disoccupazione involontaria nell’area delle collaborazioni coordinate e continuative “genuine”, pacificamente ricondotte, sotto il profilo del rapporto di lavoro, all’area del lavoro autonomo, sono state varate a far data dal 2008 (v. supra, Cap. III, § 3). Parallelamente, le numerose modifiche alla normativa in materia di collaborazioni coordinate e continuative hanno reso oltremodo complessa la materia dell’ambito di applicazione delle prestazioni.

Così, la normativa “anticrisi” varata nel 2008 (v. §1.2) si applicava ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003, in possesso di determinati e specifici requisiti. Il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, stabiliva che, salvo talune eccezioni, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’art. 409, n.3, c.p.c. (v. Capitolo III, §3), dovessero “essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso

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determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato”427

(art. 61, comma 1). Tale specificazione del progetto, dalle finalità antifraudolente428, aveva determinato l’insorgere di dubbi interpretativi attorno all’individuazione dei “programmi di lavoro o fasi di esso”429

, locuzione più recentemente eliminata dalla legge 28 giugno 2012, n. 92. Tale ultimo articolato, oltre ad introdurre una nuova prestazione di disoccupazione in favore dei collaboratori coordinati e continuativi di cui al d.lgs. n. 276/2003, aveva invero notevolmente novellato la disciplina in esame.

Ai sensi del comma 23, il quale modificava l’art. 61 del d. lgs n. 276/2003, si specificava che “il progetto deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale e non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, avuto riguardo al coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa”, ed inoltre che “il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”430

. Tali fini erano riscontrabili altresì negli obblighi formali relativi al contratto di lavoro a progetto: la novella apportata dalla legge n. 92/2012 interveniva in tal senso, richiedendo la “descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire”. Al di là delle opinioni

427

Si veda, ampiamente, PEDRAZZOLI, M., “Titolo VII. Tipologie contrattuali a progetto e occasionali”, op. cit., pp. 657-834. Si vedano altresì, per tutti, CASTELVETRI, L. “Il lavoro a progetto: finalità e disciplina”, in TIRABOSCHI, M., (a cura di), La riforma Biagi del mercato del lavoro. Prime

interpretazioni e proposte di lettura del d.lgs 10 settembre 2003, n. 276. Il diritto transitorio e i tempi della riforma, Giuffré, Milano, 2004, pp. 137-171; MEZZACAPO, D., “Art. 61 (Definizione e campo di applicazione)”, in DE LUCA TAMAJO, R., SANTORO-PASSARELLI, G., Il nuovo mercato del lavoro. Commentario al D. Lgs 10 settembre 2003, n. 276, Cedam, Padova, 2007, pp. 804-820.

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Tale finalità della disciplina è specificata da MARTELLONI, F., “Il valore sistematico del contratto a progetto”, in Lavoro e Diritto, n. 2-3, 2006, pp. 353 e ss.; CONTINISIO, R., “I contratti co.co.co. fra riforme e giudici”, in TIRABOSCHI, M., (a cura di), La riforma Biagi del mercato del

lavoro. Prime interpretazioni e proposte di lettura del d.lgs 10 settembre 2003, n. 276. Il diritto transitorio e i tempi della riforma, Giuffré, Milano, 2004, pp. 172-178, spec. p. 174.

429

Si veda, ex plurimis, PROIA, G., “Riflessioni sulla nozione…”, op.cit., pp. 141-162. 430

Su tale punto, si veda FERRARO, G., “Il lavoro autonomo”, in CINELLI, M., FERRARO, G., MAZZOTTA, O. (a cura di), Il nuovo mercato del lavoro. Dalla riforma Fornero alla legge di

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della dottrina, talvolta più incline a considerare la rigidità legata all’individuazione del progetto431, talaltra considerando il “valore sistematico” dello stesso432, una delle disposizioni più significative dell’articolato risultava essere senz’altro l’art. 69. Tale articolo disciplinava il “divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa atipici”: qualora venissero posti in essere rapporti di collaborazione i quali (salvo le esclusioni legali) non prevedessero la specificazione di un progetto, predisposto secondo le modalità di cui all’ art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003 come novellato dalla legge de qua, questi erano da considerare quali rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato ab origine (comma 1)433. E invero, il legislatore aveva ritenuto di dover specificare ancor meglio l’importanza del progetto ai fini della determinazione della natura del rapporto di lavoro, laddove al comma 24 dello stesso art. 1 della legge n. 92/2012, si chiariva che “L’articolo 69, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”434. Un’ultima previsione era disposta infine dall’art. 69-bis del d.lgs. n. 276/2003, introdotto dal comma 26 dell’art. 1 della suddetta legge, in relazione all’utilizzo fraudolento del lavoro autonomo c.d. “a partita IVA”, a voler riportare una locuzione importata dal gergo fiscale e tributario. Tale disposizione introduceva una presunzione di collaborazione coordinata e continuativa con riferimento alle “altre prestazioni rese in regime di lavoro autonomo” rese da titolari di

431

V. VALLEBONA, A., La riforma del lavoro 2012, Giappichelli, Torino, 2012, p. 31. Già prima, ID., “Incostituzionalità del divieto di lavoro parasubordinato senza progetto e tentativi di salvataggio”, in SANTORO PASSARELLI, G., PELLACANI, G. (a cura di), Subordinazione e lavoro a

progetto, UTET, Torino, 2009, pp. 185-192; Cfr. FERRARO, G., “Il lavoro autonomo”…, op. cit., 2013,

p. 129. 432

Il riferimento è a MARTELLONI, F., “Il valore sistematico…”, op. cit., 2006 e, da ultimo, ID., Lavoro coordinato e subordinazione, op. cit.

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La conversione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato avveniva mediante sentenza del giudice, salvo prova contraria a carico del committente (comma 2, come modificato dalla legge n. 92/2012), limitandosi peraltro il giudizio in questione esclusivamente all’accertamento dell’esistenza del progetto.

434

V. BUBOLA, G., PASQUINI, F., VENTURI, D., “Collaborazioni a progetto, partite IVA, associazione in partecipazione, lavoro accessorio”, in MAGNANI, M., TIRABOSCHI, M., La nuova

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partita IVA435 per le quali ricorressero congiuntamente almeno due dei requisiti disposti dalla legge de qua436.

Tale presunzione era stata ampiamente commentata dalla dottrina segnatamente sotto due principali ordini di profili. In primo luogo, si analizzava la possibilità che le collaborazioni c.d. a partita IVA le quali - in virtù della suddetta presunzione - fossero convertibili in collaborazioni coordinate e continuative risultassero, per mezzo di una doppia torsione, trasformabili in prestazioni di lavoro subordinato. Si era parlato in tal senso di una “doppia presunzione”437

. In secondo luogo, la norma era stata commentata in relazione al requisito sub lettera b), vale a dire con riferimento all’introduzione di parametri economico-quantitativi rimandanti al più generale dibattito sull’introduzione di una nozione di dipendenza economica438 nell’ordinamento italiano439.

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Più nello specifico, il citato articolo di legge è da riferire alla “persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.

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a) Durata della collaborazione complessivamente superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare, poi accresciuta ad otto mesi nei due anni consecutivi dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, coordinato con la legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”. b) Corrispettivo derivante dalla collaborazione maggiore dell’80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare, durata portata a due anni solari consecutivi dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, coordinato con la legge di conversione 7 agosto 2012, n. 134, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese” .

c) Postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Per un’analisi di tali requisiti, si veda FERRARO, G.,“Il lavoro autonomo…”, op. cit., pp. 140-141. 437

“Ciò significa, in concreto, che in base ad una doppia presunzione il rapporto di lavoro di un titolare di partita Iva può passare dal lavoro autonomo puro, ossia dal contratto d’opera, al lavoro subordinato attraverso la «stazione fantasma» della collaborazione continuativa e coordinata”, SANTORO PASSARELLI, G., “Lavoro a progetto e partite IVA nella riforma del lavoro 2012”, in Il

Lavoro nella Giurisprudenza, n. 10, 2012, p. 949. V. anche PERSIANI, M., “Considerazioni sulla nuova

disciplina delle collaborazioni non subordinate”, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, n. 4, 2013, pp. 827-845. Cfr., in tal senso, l’opinione di FERRARO, il quale ritiene che, anche sotto il profilo tecnico- giuridico, “una presunzione legale non può comportare l’accreditamento di un fatto diverso da quello che si è presupposto. Nel caso di specie la presunzione riguarda la continuità della collaborazione e non può pertanto estendersi ad ulteriori profili non contemplati, come quello inerente la natura giuridica della prestazione”, FERRARO, G., Il lavoro autonomo”…, op. cit., pp. 143 ss. V. altresì BUBOLA, G., PASQUINI, F., VENTURI, D., “Collaborazioni a progetto…”, op.cit., pp. 178 e ss.

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Già prima della riforma del lavoro del 2012, un’A. sosteneva l’infungibilità della possibile inserzione di parametri quantitativi nella struttura di una fattispecie legale nell’ordinamento italiano, dal momento che “le fattispecie della subordinazione, delle collaborazioni continuative e coordinate e del lavoro a progetto sono costruite sulla base di requisiti di carattere qualitativo o “comportamentale” - l’eterodirezione, la dipendenza, il coordinamento, la continuità, la natura almeno prevalentemente personale della prestazione e, seppure con le ambiguità e incertezze rilevate in dottrina, il progetto- che sono evocazioni, sintesi tipizzate di modi di essere della prestazione e di un certo assetto di poteri e di interessi voluto dalle parti”, RAZZOLINI, O., “Lavoro economicamente dipendente e requisiti

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Ci si sofferma in particolare su tale aspetto poiché, a ben vedere, la possibilità che le collaborazioni coordinate e continuative ammettessero la prevalenza della provenienza del reddito da lavoro da un solo committente, giungendo sino alla monocommittenza, era indirettamente suggellato altresì dalla normativa in materia di prestazioni di disoccupazione disciplinata dalla stessa legge (v. più oltre, §1.2.)440. Dal combinato disposto delle due disposizioni presenti nel medesimo testo di legge, stante la non diretta “sovrapponibilità delle due categorie”441

, risulta agevole affermare che, per mezzo della legge 28 giugno 2012, n. 92, si fosse verificato in modo inedito un certo “sdoganamento” su più livelli della sussistenza di situazioni di dipendenza economica nell’ambito delle collaborazioni coordinate e continuative, il quale si spingeva sino alla possibilità della piena monocommittenza nel caso dell’articolo 2, comma 51.

Più di recente, la summenzionata disciplina è stata ampiamente novellata dai decreti attuativi della legge 10 dicembre 2014, n. 183. In particolare, il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, disciplina, ai sensi dell’articolo 2, le “collaborazioni

quantitativi nei progetti di legge nazionali e nell’ordinamento spagnolo”, in Giornale di Diritto del

Lavoro e di Relazioni Industriali, n. 132, 2010, p. 640. In tal senso l’A. sottolinea come nell’ordinamento

italiano “il giudizio di qualificazione può dirsi fondato, almeno secondo gli orientamenti recenti della Corte di Cassazione, sulla ricerca e apprezzamento della volontà contrattuale delle parti in ordine alla sussistenza degli elementi caratterizzanti la fattispecie: volontà che le parti manifestano, ai sensi dell’art. 1362 c.c., sia nel documento contrattuale, sia nel comportamento e nella realtà concreta del rapporto, tanto più rilevante quanto più il rapporto dura nel tempo”.

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V. in particolare SANTORO PASSARELLI, G., “El trabajo autónomo economicamente dependiente en Italia”, in Documentación Laboral, n. 98, 2012, p. 15; ID., “Dall’art. 409 n. 3 c.p.c. alla riforma del lavoro Monti. Quaranta anni per contrastare il falso lavoro autonomo ma non per tutelare il lavoro autonomo debole ma genuino”, in NOGLER, L. CORAZZA, L., (a cura di) Risistemare il diritto

del lavoro. Liber amicorum Marcello Pedrazzoli, Franco Angeli, Milano, 2012, passim; MARTELLONI,

F., Lavoro coordinato…, op. cit., e PALLINI, M., Il lavoro economicamente dipendente, CEDAM, Padova, 2013. La portata sistematica di tale parametro quantitativo, peraltro, risultava ridimensionata, giacché si escludevano i professionisti iscritti agli albi, ed altresì qualsivoglia prestazione la quale, ai sensi del comma 2, lettera a), fosse “connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività”. Dalla presunzione in questione restavano esclusi altresì i lavoratori i quali, secondo un secondo parametro di tipo quantitativo/reddituale, conseguissero “un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233” (lett. b). Cfr. Circ. INPS 3 febbraio 2012, n. 20.

440

Cfr. MARTELLONI, F. “Disposizioni in tema di lavoro coordinato…”, op. cit., pp. 219 e ss., il quale definisce la prestazione nei termini di un «trattamento di disoccupazione una tantum per il lavoro coordinato “economicamente dipendente”».

441

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organizzate dal committente”, prevedendo l’applicazione della disciplina dei rapporti di lavoro subordinato “ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Tale norma, letta congiuntamente con l’abrogazione agli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003, disposta dall’articolo 52 dello stesso testo di legge, presenta notevoli effetti sul piano delle summenzionate presunzioni: da essa deriva l’abrogazione della disciplina in materia di contratto “a progetto”, la quale continua a trovare applicazione “esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto”, ed altresì della presunzione di cui sopra (art. 69-bis, introdotto dall’art. 1, comma 26, della l. n. 92/2012). Peraltro, l’articolo 52, comma 2, prevede che “resta salvo quanto disposto dall’articolo 409 del codice di procedura civile”.

Pertanto, venuta meno la tipologia del contratto a progetto, cui la previgente disciplina si applicava, le collaborazioni coordinate e continuative di cui alla norma processuale possono in via di principio continuare ad essere stipulate, laddove, parallelamente, si prevede che si applichi la disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni organizzate dal committente, prevalentemente personali e continuative. Il grado di sovrapponibilità tra la presunzione di cui all’articolo 2 del d.lgs. 81/2015 e la perdurante possibilità di stipulare collaborazioni coordinate e continuative442 con le caratteristiche di cui all’articolo 409 c.p.c., sta senz’altro generando dubbi applicativi non secondari. Nella materia che ci interessa, in precedenza, veniva istituita una nuova prestazione contro la disoccupazione involontaria inerente all’area indicata (la DIS- COLL di cui all’art. 15 del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22), concernente i “collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita

442

Per l’analisi della normativa si vedano TIRABOSCHI, M., “Il lavoro etero-organizzato”, in

Diritto delle Relazioni Industriali, n. 4, 2015, pp. 978 – 987; ID. (a cura di), Prima lettura del d.lgs. n. 81/2015 recante la disciplina organica dei contratti di lavoro, Adapt Labour Studies e-book series, n. 45,

2015 pp. 3 e ss.; SANTORO PASSARELLI, G., “I rapporti di collaborazione organizzati dal committente e le collaborazioni continuative e coordinate ex art. 409, n. 3, c.p.c. (art. 2)”, in CARINCI, F., (a cura di),

Commento al d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81: le tipologie contrattuali e lo jus variandi, Adapt Labour Studies e-book series, n. 48, 2015, pp. 9-28.

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IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione”. Venuta dunque meno la disciplina del contratto a progetto, l’attuale campo di applicazione della normativa si riferirebbe ai contratti a progetto già in atto, ed alle collaborazioni coordinate e continuative – tenuta in conto la nuova presunzione ed i numerosi casi di non applicazione443 - definite, nell’ordinamento italiano, dall’art. 409 c.p.c. nonché dalla già richiamata nozione tributaristica (v. supra, Capitolo III, §2.3).

Vale la pena ricordare, in un’ottica comparata444

, che nonostante le recenti novelle legislative abbiano determinato l’abrogazione di entrambi gli articoli che facevano

443

Ai sensi dell’articolo 2 comma 2 la legge non si applica:

a) “alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;

b) alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;

c) alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;

d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.” (G. U. 24 giugno 2015, n. 144, S.O.)

Parimenti, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, ampi poteri sono attribuiti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Queste, su richiesta delle parti, sono abilitate a certificare l’assenza dei requisiti di cui al comma primo: il lavoratore in tal caso può chiedere di essere assistito da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, ovvero da un avvocato o un consulente del lavoro. A far data dal 1° gennaio 2017 è stabilito in ogni caso il divieto di stipulare contratti di collaborazione di cui al comma 1 da parte della pubblica amministrazione. Cfr. SANTORO, C., “La delega "in bianco" alla contrattazione collettiva sulle collaborazioni "etero-organizzate" e prime applicazioni concrete”, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 4, 2015, pp. 1165-1170.

444

Per un approccio comparatistico sul tema della dipendenza economica, v., ex plurimis, PERULLI, A., Study on Economically Dependent Work/Parasubordinate (Quasisubordinate) work European Commission, Brussels, 2002, ec.europa.eu; ID., “Lavori atipici e parasubordinazione tra diritto europeo e situazione italiana”, in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, n. 4, 2006, pp. 731-752; ID., “Lavoro autonomo …”, op. cit., p. 221-270; GUAMÁN HERNÁNDEZ, A., MARTELLONI, F., “La dépendance économique en droit du travail: éclairages en droit français et en droit comparé. 2e partie: les perturbations de la dépendance économique”, Revue de Droit du Travail, n. 3, 2010, pp. 149-154; VETTOR, T., “Tra autonomia e subordinazione. Problemi definitori e tendenze regolative negli ordinamenti giuridici europei, in PALLINI, M., Il «lavoro a progetto…, op. cit., 2006, pp. 163-210; NALIS, G., “Lavoro parasubordinato e lavoro (autonomo) economicamente dipendente nell’esperienza italiana e spagnola”, in Il diritto del Mercato del Lavoro, n. 3, 2011, pp. 527-548.

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riferimento a parametri riconducibili ad una nozione di di dipendenza economica (artt. 69-bis d.lgs. 276/2003 e art. 3 l. n. 92/2012), tale riflessione dottrinale prosegue445.

1.2. La “somma” di cui al decreto legge 29 novembre 2008, n. 185,