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La DIS-COLL, alla luce delle modifiche in materia di collaborazioni coordinate e continuative

LE PRESTAZIONI DI DISOCCUPAZIONE DEI LAVORATORI AUTONOMI IN ITALIA

1. Le misure approvate nel prisma della crisi per i collaboratori coordinati e continuat

1.4. La DIS-COLL, alla luce delle modifiche in materia di collaborazioni coordinate e continuative

Il terzo intervento di riforma organica delle prestazioni di disoccupazione nell’ordinamento italiano ha novellato ulteriormente la materia in commento. Il decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 ha elaborato una nuova prestazione, denominata DIS- COLL, disciplinata dal Titolo II dell’articolato (articolo 15).

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La disciplina viene esplicitamente qualificata come transitoria, “in attesa degli interventi di semplificazione, modifica o superamento delle forme contrattuali previsti dall’articolo 1, comma 7, lettera a), della legge n. 183 del 2014”. E invero, probabilmente in previsione di tale superamento, con rispetto alla previgente disciplina, in questa sede non viene effettuato un esplicito richiamo all’art. 61, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003 in materia di collaborazioni coordinate e continuative “a progetto”. La nuova disciplina concerne, di contro, i “collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto” iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata dell’INPS, non titolari di partita IVA e non pensionati456. La successiva abrogazione degli artt. da 61 a 69-bis del suddetto decreto legislativo, operata dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, art. 52, comma 1, implica un nuovo esame dei soggetti interessati dalla tutela. Mentre la previgente tutela era riferibile alle sole collaborazioni a progetto, la DIS-COLL è conferibile alle collaborazioni “a progetto” già in essere, ed alle collaborazioni coordinate e continuative, le quali presentino determinati requisiti. Viene qui in rilievo la definizione di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409, comma 3, c.p.c., e ancor più quella presente, a fini tributaristici, nel già richiamato art. 50, lettera c-bis, TUIR. In tal senso risultano inquadrabili le esclusioni disposte dalla norma, che concernono coloro i quali abbiano raggiunto l’età pensionabile, nonché i titolari di partita IVA, gli amministratori, i sindaci ed i partecipanti ai collegi e commissioni457. L’iscrizione in forma esclusiva presso la Gestione Separata porta ad escludere dal campo di applicazione della prestazione i lavoratori autonomi iscritti presso le Casse di previdenza e assistenza dei professionisti, i quali svolgano la propria attività in forma di

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“In attesa degli interventi di semplificazione, modifica o superamento delle forme contrattuali previsti all’articolo 1, comma 7, lettera a), della legge n. 183 del 2014, in via sperimentale per il 2015, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015, è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, una indennità di disoccupazione mensile denominata DIS-COLL” (Art. 15, comma 1, d.lgs. 4 marzo 2015, n. 22).

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Con risposta all’Interpello ella CGIL al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, del 22 dicembre 2015, n. 31/2015 –mediante il quale si demandava un parere in merito all’applicabilità dell’art. 15 agli “assegnisti di ricerca, ai dottorandi e ai titolari di borsa di studio che svolgano attività di ricerca presso le Università e negli Enti di ricerca” in virtù dell’assimilabilità ai collaboratori coordinati e continuativi- il Ministero ha sancito la non applicabilità agli stessi della suddetta disposizione.

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collaborazione coordinata e continuativa. L’ambito di applicazione della tutela è stato, per contro, esteso ai collaboratori coordinati e continuativi delle Pubbliche Amministrazioni458.

I requisiti richiesti dalla legislazione ai fini dell’accesso alla prestazione risiedono in primo luogo nello stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo n. 181 del 2000, e successive modificazioni; si richiedono inoltre tre mesi di contribuzione, sebbene non più calcolati con riferimento all’anno precedente, bensì per il periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente l’evento sino all’evento stesso; infine dovrà esser fatto valere, nell’anno in cui l’evento si verifica, almeno un mese di contribuzione, ovvero la titolarità di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa della durata minima di un mese, il quale produca un “reddito almeno pari alla metà dell’importo che dà diritto all’accredito di un mese di contribuzione”: tale requisito risulta peraltro sospeso nell’anno in corso. Con rispetto alla disciplina previgente, vengono meno, conseguentemente, tre requisiti di notevole rilevanza: quello della monocommittenza, quello del reddito annuo, ed infine il periodo minimo di disoccupazione. Il requisito della monocommittenza, il quale rimandava all’idea della dipendenza economica dal committente, è sostituito da quello ascrivibile allo “stato di disoccupazione”, richiesto pertanto altresì nell’ambito del lavoro autonomo, in ossequio al processo di generalizzazione delle politiche per l’occupazione e l’impiegabilità.

La novità più rimarchevole concerne in primo luogo l’entità della prestazione, la quale passa dalla modalità una tantum ad essere erogata con cadenza mensile, essendo parametrata al 75 per cento del reddito medio mensile del collaboratore. Tale reddito medio corrisponde al reddito imponibile ai fini previdenziali risultante dai versamenti contributivi effettuati mensilmente, derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, “anche a progetto”, relativi all’anno in cui si è verificato l’evento di cessazione dal lavoro nonché all’anno solare precedente, da dividere per il numero di mesi di contribuzione, o frazione di essi. A tal riguardo, un indirizzo del Ministero del

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lavoro e delle politiche sociali, reso con nota del 21 aprile 2015, ha disposto che per “mesi di contribuzione o frazioni di essi” si intendono i mesi o le frazioni di mese di durata del rapporto di collaborazione. Pertanto, il reddito imponibile ai fini previdenziali dovrà essere diviso per un numero di mesi, o frazione di essi, corrispondente alla durata dei rapporti di collaborazione presenti nel periodo di riferimento, riferibile a due anni solari: più nel dettaglio, vengono in rilievo l’anno solare in cui si è verificato l’evento di cessazione dal lavoro e anno solare precedente459. L’importo massimo mensile della DIS-COLL è stabilito nella misura di 1.300 euro, mentre per i redditi medi mensili al di sopra dei 1.195 euro la prestazione viene incrementata di una somma pari al 25 per cento della differenza tra il reddito medio mensile e 1.195, entro il limite massimo dei 1.300 euro.

La durata dell’erogazione della prestazione, al pari della NASpI, corrisponde alla metà del periodo di contribuzione, e peraltro l’importo è ridotto secondo un décalage del 3 per cento a partire dal quarto mese di fruizione (commi 5 e 6)460. Due notevoli differenze rispetto al trattamento di disoccupazione dei lavoratori subordinati consistono nell’assenza del riconoscimento dei contributi figurativi durante il periodo di fruizione della prestazione461 e nella durata massima della stessa, la quale non potrà ad ogni modo superare i sei mesi (comma 6). Il periodo di carenza è pari ad otto giorni dalla cessazione del rapporto, mentre la prestazione verrà corrisposta a far data dal giorno successivo alla domanda online ove tale periodo fosse già trascorso. Si decade dalla prestazione nel caso in cui si intraprenda un’attività di lavoro subordinato della durata superiore ai cinque giorni, ovvero un’attività di lavoro autonomo o di impresa individuale la quale produca un reddito superiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione: qualora l’attività di lavoro autonomo ovvero di impresa individuale produca un reddito superiore a tale limite reddituale, il beneficiario della DIS-COLL dovrà comunicare all’INPS entro trenta giorni dall’inizio dell’attività il reddito annuo che prevede di trarne. In tali casi, la DIS-COLL è ridotta di

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Cfr. Circ. INPS n. 83 del 27 aprile 2015. 460

Ibidem. 461

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un importo pari all’80 per cento del reddito previsto comunicato dal beneficiario, “rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attività e la data in cui termina il periodo di fruizione dell’indennità o, se antecedente, la fine dell’anno. La riduzione di cui al periodo precedente è ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi” (comma 12).

Con rispetto al previgente regime delle prestazioni, l’indennità in favore di tale area del lavoro autonomo di cui alla l. n. 92/2012 restava valida per gli eventi di disoccupazione verificatisi nel 2013, mentre sino al dicembre 2015 i soggetti di cui all’articolo 2, commi da 51 a 56, della legge n. 92 del 2012 fruivano esclusivamente della DIS-COLL462. Il tetto dei finanziamenti è fissato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 310463. La limitatezza delle risorse è riscontrabile nel meccanismo per il conferimento della prestazione, in base al quale l’INPS è tenuta a riconoscere il beneficio attenendosi all’ordine cronologico di presentazione delle domande e, parimenti, a non prendere in considerazione ulteriori domande in caso di esaurimento delle risorse, dandone notizia presso il proprio sito internet.

Da ultimo, è bene sottolineare come le misure sanzionatorie connesse al mancato rispetto delle misure di attivazione per il mantenimento della prestazione NASpI e delle prestazioni di mobilità, predisposte dal decreto legislativo 14 settembre

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La continuità con il regime precedente è determinata altresì dalle modalità di finanziamento, cui concorrono le risorse finanziarie “già previste per la tutela del reddito dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e all’articolo 2, commi 51 e 56, della legge 28 giugno 2012, n. 92”. La legge 28 dicembre 2015, n. 208, (articolo 1, comma 310), dispone il riconoscimento della prestazione per l’anno 2016, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2016 e sino al 31 dicembre 2016. Con rispetto a tali eventi, non trova applicazione la disposizione di cui al comma 2, lettera c), dell’articolo in esame. Si chiarisce altresì che “le disposizioni che hanno a riferimento l’anno solare sono da interpretarsi come riferite all’anno civile”.

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E ammonta a 54 milioni di euro per l’anno 2016 ed a 24 milioni di euro per l’anno 2017. Tale limite potrà essere incrementato in misura pari alle risorse residue destinate nell’anno 2016 al finanziamento della DIS-COLL “riconosciuta per eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015 e non utilizzate, come accertate con il procedimento di cui all’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, da concludersi entro il 31 maggio 2016”.

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2015, n. 150 ( v. supra, Cap. II, §3.1.)464, costituiscano un obbligo altresì per i fruitori di DIS-COLL (art. 21, comma 7)465.

Tale disciplina, che compie un passo in avanti nella tutela contro la disoccupazione di una parte dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata dell’INPS, disegnando una tutela non dissimile da quella riservata al lavoro subordinato, è ridimensionata dalla portata del già ricordato decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Come richiamato supra (§1.1.), ai sensi dell’ articolo 52, “Superamento del contratto a progetto”, facendo salvo quanto previsto al comma terzo dell’articolo 409 c.p.c. (comma 2), vengono abrogate le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Ne consegue che dall’entrata in vigore del decreto legislativo non sarà più possibile stipulare collaborazioni con progetto, la cui specificazione era sino ad ora obbligatoria (salvo talune eccezioni) ex art. 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, mentre rimarrà possibile stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, comma 3, c.p.c. Su questo punto, una dottrina commentava recentemente che la tutela contro la disoccupazione involontaria in quest’area costituisca “forse il punto più alto del processo di avvicinamento della fattispecie alla subordinazione, iniziato nel lontano 1973 con l’art. 409, n. 3, c.p.c. ed è singolare che ciò coincida con la decisione assunta dall’attuale Esecutivo di azzerare la riforma del 2003”466.

Per quanto attiene ai risvolti di tale legislazione sulla disciplina previdenziale, ed in particolare -per quanto concerne questo lavoro- sulla disciplina della DIS-COLL, le modifiche legislative risultano di portata sistematica tale che non risulta possibile, al momento, formulare previsioni sulle variazioni nella composizione e nel numero di beneficiari della prestazione nel futuro, posta la sua futura riconferma. Se si considera invero che i beneficiari della prestazione passeranno ad essere i collaboratori coordinati e continuativi, il reale numero dei potenziali fruitori della prestazione sarà determinato

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G. U. del 23 settembre 2015, n. 221. 465

Cfr. Circ. INPS 27 novembre 2015 n. 194. 466

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da numerose variabili, ed in primo luogo dall’autonomia collettiva ed individuale in sede di certificazione.

Avviandoci pertanto a concludere la presente sezione, in questa sede si intendono commentare solo taluni elementi della nuova normativa. In primo luogo, dall’analisi della legislazione sulla NASpI non si può non rilevare l’approssimazione tra prestazioni di disoccupazione dei lavoratori subordinati e DIS-COLL: l’entità, la durata, le caratteristiche per la determinazione dell’importo sono sempre più simili nella determinazione legislativa, sebbene la limitazione della durata massima della prestazione in commento a sei mesi ridimensioni notevolmente tale avvicinamento. D’altro canto, resta da chiarire quale sarà l’ampiezza dell’effettivo campo di applicazione della nuova disciplina della DIS-COLL alla luce delle novelle in materia di collaborazioni coordinate e continuative.

In terzo luogo, si avverte l’esigenza di una maggiore specificazione della ratio che ha guidato l’intervento: se, invero, nel sistema delineato dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 l’indennità in favore dei collaboratori coordinati e continuativi traeva la sua legittimazione dalle caratteristiche della monocommittenza e del limite reddituale annuo, andando a tutelare di fatto una situazioni di debolezza economica, attualmente una prestazione potenzialmente più cospicua quale risulta essere la DIS-COLL potrebbe essere in linea di principio conferita a soggetti disoccupati, già collaboratori coordinati e continuativi pluricommittenti e con alti redditi, e per contro non assegnabile ad altri soggetti iscritti alla Gestione Separata, i quali possano presentare bassi redditi ed un unico o principale committente quali, in primo luogo, i titolari di partita IVA, ma altresì gli altri soggetti esclusi dall’ambito di applicazione della prestazione di cui all’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 22/2015.

Resterebbe da comprendere altresì se i collaboratori coordinati e continuativi i quali, ex articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, richiederanno la certificazione dell’assenza dei requisiti di cui al comma 1 dello stesso articolo di legge, saranno da considerare collaboratori coordinati e continuativi di cui all’art. 409, comma 3, c.p.c., e pertanto rientreranno nell’ambito di applicazione della DIS-COLL, al pari dei lavoratori che presentano i requisiti di cui al comma 1, ma per i

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quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore. Da ultimo, e al di là delle situazioni di debolezza nel mercato degli altri lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata presso l’INPS, vi è da rimarcare la mancanza di una prestazione di tipo assistenziale, al pari di quanto avvenuto nell’ambito del lavoro subordinato mediante l’istituzione dell’AS.DI. (Cfr. supra, Cap. II, §3.1.). Si rimanda un tale ordine di valutazioni alle considerazioni conclusive di questo lavoro, le quali verranno sviluppate con l’apporto dell’esperienza comparata.

2. L’indennizzo per la “cessazione definitiva dell’attività