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La “somma” di cui al decreto legge 29 novembre 2008, n 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, n

LE PRESTAZIONI DI DISOCCUPAZIONE DEI LAVORATORI AUTONOMI IN ITALIA

1. Le misure approvate nel prisma della crisi per i collaboratori coordinati e continuat

1.2. La “somma” di cui al decreto legge 29 novembre 2008, n 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, n

Come annoverato, nell’ambito della Gestione Separata dell’INPS l’evento disoccupazione involontaria era rimasto privo di una tutela previdenziale. Tale situazione è rimasta immutata sino al 2008 quando, in concomitanza con l’esplosione della crisi economica mondiale, è stato varato un complesso di misure per il sostegno alle imprese e ai lavoratori. Nell’ambito di tale disciplina è stata istituita, ineditamente, una prestazione in favore dei c.d. lavoratori “parasubordinati”, id est, dei collaboratori coordinati e continuativi di cui al d.lgs. n. 276/2003, iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata dell’INPS. Il decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge 28 gennaio 2009, n. 2, recante “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale” delinea, in un’ottica emergenziale e pertanto contraddistinta da provvisorietà e sperimentalità, una prima forma di protezione ex articolo 19, “Potenziamento ed estensione degli strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di

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Una dottrina ha recentemente rilanciato l’idea di una nozione di dipendenza economica interna all’area lavoro autonomo, Cfr. PERULLI, A., “Un Jobs Act per il lavoro autonomo: verso una nuova disciplina della dipendenza economica?”, in Diritto delle Relazioni Industriali, n. 1, 2015, pp. 109-139; v. altresì PALLINI, M., Il lavoro economicamente dipendente, op. cit.; CARINCI, M.T., “Il dialogo fra Pino Santoro Passarelli e la dottrina. Dalla parasubordinazione al lavoro economicamente dipendente: la rivincita di un’idea”, in Argomenti di Diritto del Lavoro, n. 4-5, 2007, pp. 906-927; SANTORO PASSARELLI, G., “Falso lavoro autonomo e lavoro autonomo economicamente debole ma genuino: due nozioni a confronto”, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, n. 1, 2013, pp. 103-122; ID.,

Realtà e forma nel diritto del lavoro. Scritti giuridici 1972-2006, Giappichelli, Torino, 2006, pp. 451 ss.

Più in generale, in relazione alla possibilità di uno “Statuto del Lavoro autonomo”; PERULLI, A., “Per uno statuto del lavoro autonomo”, in Diritto delle relazioni industriali, fasc. 3, 2010, pp. 621-646 e, da ultimo, BRONZINI, G., ALLEGRI, G., Libertà e lavoro dopo il Jobs Act. Per un garantismo sociale

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disoccupazione, nonché disciplina per la concessione degli ammortizzatori in deroga”. Ai sensi del comma 2 viene istituita in via sperimentale per il triennio dal 2009 al 2011 una “somma”, da liquidare una tantum, “ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all’articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati all’articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”446

. Tale somma, pari al 10 per cento del reddito percepito durante l’anno precedente, era erogata ai collaboratori coordinati e continuativi i quali attestassero di:

- operare in regime di monocommittenza (lettera a);

- aver conseguito un reddito annuo compreso tra i 5.000 euro ed il minimale di reddito di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233 (b);

- avere accreditate per l’anno precedente un numero di mensilità non inferiore a tre (lettera b);

- avere accreditate per l’anno di riferimento un numero di mensilità non inferiore ad uno;

- svolgere la propria attività “in zone dichiarate in stato di crisi ovvero in settori dichiarati in crisi” nell’anno di riferimento (lettera d, in seguito soppressa);

- non risultare accreditati presso la Gestione Separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità pari a due, e conseguentemente aver cessato la propria attività per non meno di due mesi durante l’anno precedente.

Detto intervento era finanziato, mediante risorse finite, nell’ambito del Fondo per l’Occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legge 20 marzo 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Tale finitezza

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La circolare INPS 09 maggio 2010, n. 36, specifica che “il requisito dell’iscrizione in via esclusiva alla Gestione separata è soddisfatto nel caso in cui non vi sia sovrapposizione tra il rapporto da collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, ed altra attività lavorativa, quale il rapporto di lavoro subordinato”. Laddove durante un dato arco temporale, il lavoratore abbia in essere un rapporto di collaborazione ed un rapporto di lavoro subordinato, il requisito della iscrizione in via esclusiva alla Gestione Separata può dirsi soddisfatto con riferimento al periodo in cui non vi sia sovrapposizione tra i due rapporti.

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delle risorse dedicate all’intervento (integrando il Fondo per l’Occupazione mediante 254 milioni di euro per l’anno 2009, di 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, e 54 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012 per il complesso delle prestazioni previste dall’articolo 19447

) e la dichiarata sperimentalità dello stesso impediscono di poter parlare di una vera e propria prestazione contro la disoccupazione del lavoratore autonomo. È possibile inoltre affermare che si trattasse di una misura “ibrida” o “mista”, alla stregua di quanto affermato altrove (v. supra, Capitolo II), giacché nonostante venisse richiesto un periodo minimo di contribuzione alla Gestione Separata presso l’INPS, tale misura risultava di fatto dalla commistione di elementi previdenziali ed assistenziali. Tale tecnica, al pari di quanto era previsto per il trattamento della disoccupazione nel settore agricolo e, successivamente, per la prestazione contro la disoccupazione involontaria a “requisiti ridotti”, rappresenta una risposta alle esigenze di una parte della popolazione lavorativa esposta a carriere frammentarie e disomogenee; un genere di misure, quelle di tipo “misto” e con eventuali integrazioni delle prestazioni, che una parte della dottrina sembrava, in passato, preferire -in un’ottica di valorizzazione della capacità contributiva di questi lavoratori- a misure puramente “assistenzialistiche”, basate per converso sul requisito del reddito complessivo del disoccupato e sulle politiche attive per l’occupazione448

. Una misura, in altri termini, volta a sostenere il collaboratore coordinato e continuativo in quanto soggetto più “consimile” al lavoro subordinato, seppure genuinamente

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Il quale ricomprendeva altresì l’estensione dell’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali di cui all’articolo 19, comma 1, del regio decreto legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272 e successive modificazioni in favore dei lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali i quali non fossero destinatari di trattamenti di integrazione salariale, subordinandone la fruizione ad un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20 per cento a carico degli enti bilaterali (comma 1, lettera a). Inoltre, si finanziavano per mezzo di quelle stesse risorse l’estensione dell’indennità ordinaria non agricola a requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto legge 21 marzo 1998, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, ai dipendenti di imprese del settore artigianato, ovvero ai dipendenti di agenzie di somministrazione di lavoro in missione presso imprese del settore artigianato e sospesi per crisi aziendali o occupazionali, non beneficiari di interventi di integrazione salariale e non titolari di contratti a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale e verticale. Tali ultime prestazioni erano erogate subordinatamente all’intervento integrativo da parte degli enti bilaterali pari almeno al 20 per cento. Per un’analisi del provvedimento si veda LISO, F., “Gli ammortizzatori sociali…”, op.cit., pp. 34 ss.

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autonomo. Come si analizzerà di seguito, tale materia evolverà di fatto nel senso di un’approssimazione sempre più evidente alle caratteristiche della prestazione di disoccupazione dei lavoratori subordinati.

Più in generale, si tratta, nell’opinione di chi scrive, di una misura senz’altro innovativa, la quale “travalica” ineditamente il confine del lavoro subordinato per estendere la tutela contro la disoccupazione involontaria nell’area del lavoro autonomo449. Parimenti, le caratteristiche di tale misura, e in primis la presenza di un limite reddituale annuo, la avvicinano maggiormente alle misure di “reddito minimo”, già sperimentate in numerose regioni d’Italia nel corso degli anni ‘90 del ‘900 (cfr. supra, Cap. II, §3.1), che a misure ortodossamente basate sul principio contributivo. Peraltro, è bene notare che il legislatore circoscrive, nel contesto della stessa Gestione INPS (la Gestione Separata) il nucleo dei beneficiari ai soli collaboratori coordinati e continuativi, i quali, come analizzato in precedenza, sono stati fatti oggetto, negli anni, dell’estensione di tutele riservate ai lavoratori subordinati, da un punto di vista fiscale e processuale. In tal senso, a differenza della legislazione di diritto del lavoro la quale, mediante tecniche quali la graduale specificazione del progetto, tendeva a circoscrivere con il fine di evidenziare la genuinità di tali prestazioni di lavoro autonomo, tale misura di previdenza sociale, come pure aveva fatto precedentemente la legislazione tributaria e quella processuale, sembrerebbe riaffermare il carattere “parasubordinato” delle collaborazioni coordinate e continuative.

Purtuttavia, omologamente al sistema spagnolo della tutela per la cessazione dell’attività, il quale si sviluppa quale corollario della LETA, quello italiano sembra percorrere in un primo momento la strada dell’individuazione di una prestazione specifica, distinta da quella prevista per i lavoratori subordinati, seppure circoscritta al gruppo di lavoratori autonomi c.d. “parasubordinati”.

Non lo stesso si potrà dire per gli sviluppi futuri della disciplina, la quale virerà verso l’assimilazione alla prestazione di disoccupazione dei lavoratori subordinati (con

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LISO sostiene che “con quest’ultima misura si è realizzata un’apertura estremamente interessante e significativa sul piano sistematico, in quanto si è fuoriusciti dall’area del lavoro subordinato”. Cfr. LISO, F., “Il «nuovo» trattamento…”, op. cit., p. 6.

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le pur vistose differenze che si analizzeranno), accentuando il carattere para-subordinato delle collaborazioni in oggetto. Ciò risulta riscontrabile, a fortiori, se si prende in considerazione il venir meno della fattispecie della collaborazione a progetto nell’attuale assetto normativo, e la parallela mancanza di una prestazione contro la disoccupazione, a beneficio degli altri lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata presso l’INPS.

1.3. La legge n. 92/2012 e l’indennità per i collaboratori coordinati e