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Ammessa quindi la validità della detrazione sia delle spese che delle perdite, esaminiamo le caratteristiche distintive dei due concetti

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3. Ammessa quindi la validità della detrazione sia delle spese che delle perdite, esaminiamo le caratteristiche distintive dei due concetti

e quali siano le perdite e le spese che il legislatore ritiene detraibili dal reddito mobiliare (4).

L ormai pacifico che una spesa per essere ammessa in detrazione deve essere « inerente » alla produzione del reddito.

Dal concetto generico di inerenza si sono fatte derivare alcune ca­ ratteristiche che la spesa deve avere per essere detraibile: effettività, certezza, attualità e necessità. Le prime tre caratteristiche sono comuni

(3) In questo senso fr. Comm. Centi-., 1 marzo 1932 n. 34551, in Giur. imp. dir.. 1932, n. 103; Comm. Centr. Sez. Un., 21 aprile 1939, n. 16660. in Gìur imp. dir., 1940. n. 38.

(4) Per quanto riflette i concetti di «spesa di produzione» e «perdite» cfr. S. Traina-Portanova, Spese e passività deducibili dell'imposta di R.M. cit., Giuffrè, Milano, 1956. Cfr. anche il Montuori cit., Berliri cit., P. Forte. Detrai- bilità di spese per sinistri nell'imposta di R.M. in questa Rivista, 1950, I, 2.

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agli elementi del costo del danaro tinaie vera e propria spesa di produzione del reddito e, pertanto, riconobbe la deducibilità dell’imposta pagata dalla Banca.

L’Ufficio delle imposte propose ricorso alla Commissione provinciale dedu­ cendo che il soggetto passivo dell’imposta di ricchezza mobile di categoria A è il creditore degli interessi e che la Banca, obbligata ad anticipare tale imposta rinunziando a ottenere il rimborso, compie un atto di liberalità, che per la sua natura non può essere considerato come spesa necessaria di produzione del reddito; ma la Commissione rigettò il ricorso.

L’Ufficio, allora, ricorse alla C. Centrale deducendo che il debitore che corrisponde l’imposta dovuta da coloro che percepiscono gli interessi ha il diritto

tanto alle spese die alle perdite. È però l ’ultima di esse che mi pare richieda un breve commento, perchè proprio dal suo esame si evidenzia la distinzione fra i due concetti.

La perdita subita ad esempio da un contribuente per furto di generi del proprio commercio incide direttamente sui ricavi con un atto che non è certamente di erogazione.

La perdita per furto, tuttavia, non è « necessaria » per la produ­ zione del reddito e quindi le manca un requisito fondamentale fra quelli richiesti, perchè essa possa essere considerata « inerente » alla produ­ zione, nel senso in cui questo termine viene comunemente inteso, per la nostra imposta sul reddito.

È chiaro che qui il concetto di necessarietà non è presente; l’impren­ ditore subisce però una diminuzione nel patrimonio (rectius capitale netto).

Significativo al riguardo, in dottrina, è il pensiero del Blumen- stein (5) allorché sottolinea che debbono distinguersi le così dette detra­ zioni « organiche » dalle altre che vengono concesse per determinate con­ siderazioni politico-sociali, economiche e di politica fiscale (C.d. detra­ zioni speciali).

Le prime sono necessarie per conseguire l ’utile di esercizio, le se­ conde sono invece diminuzioni patrimoniali detraibili per i motivi di cui si è fatto cenno.

Il concetto di reddito mobiliare accolto in Italia con la introduzione dell’art. 2 0, ci dà appunto la ragione giuridica per ammettere la detra­ zione delle perdite.

La spesa è sostenuta per produrre il reddito, la perdita incide sul reddito, ma non mai è necessaria per la sua produzione; tuttavia, il «nuovo» concetto di reddito mobiliare giustifica appunto la detrazione delle perdite, perchè si distacca un po’ dal concetto di reddito « prodotto » includendo anche plusvalenze o sopravvenienze attive diverse.

Chiariamo meglio le implicazioni della distinzione fra « spesa » e « perdita », perchè esse sono di importanza fondamentale nella nostra questione.

(5) E. Blumenstein, Sistema di diritto delle Imposte, trad. di F. Forte, Giuffrè, Milano, 1956, p. 185 ss.

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di rivalsa nei confronti dei creditori e elle, se egli rinunzia ad esercitare tale diritto, non può pregiudicare i diritti dell’Erario sottraendo all’imposta di ric­ chezza mobile una somma pari a quella tassata per imposta di ricchezza mo­ bile di categoria A e che la circostanza che il diritto di rivalsa sia difficilmente esperibile e in pratica non sia esercitato dagli istituti bancari è del tutto irri­ levante sotto il profilo giuridico. La Banca controdedusse che il mancato eser­ cizio del diritto di rivalsa costituisce non un atto di liberalità, ma una necessità dettata dal cartello bancario e dagli usi invalsi in materia e chiese il rigetto del ricorso. Con decisione del 12 ottobre 1960 la Commissione centrale delle imposte respinse il ricorso.

La « necessarietà » della spesa rispetto alla produzione del reddito si riconnette al fatto che la « spesa » è un « costo » che il contribuente « volontariamente » sopporta allo scopo di conseguire un ricavo, che egli spera maggiore del costo stesso. La non necessarietà della perdita rispetto alla produzione del reddito si riconnette al fatto che la perdita è una diminuzione patrimoniale che il contribuente « involontariamente » sopporta e che incide sul suo patrimonio, senza che egli riesca ad evitarlo.

La perdita è un fenomeno «involontario» che provoca una diminu­ zione patrimoniale.

La « spesa » è un fenomeno volontario, che il contribuente sopporta per ottenere un qualche cosa d’altro (un ricavo) che è legato con nesso di necessità a tale fenomeno (6).

La Corte di Cassazione avrebbe dovuto puntualizzare questo aspetto della distinzione fra spese e perdite.

Si sarebbe accorta allora che l ’imposta sugli interessi che le banche si accollano, rinunziando alla rivalsa, rientra nel concetto di « spesa » e non in quello di « perdita ».

È il mercato stesso che richiede alle banche di non effettuare la ri­ valsa di cui si discute, al fine di svolgere la raccolta dei depositi, che è la base del ricavo delle imprese bancarie. Il punto d’equilibrio fra la domanda e l’offerta di denaro non può essere determinato astrattamente, ma è la risultanza di diversi fattori economici.

La situazione del mercato spinge appunto gli Istituti di Credito a pagare la R.M. Cat. A senza effettuare la rivalsa, perchè evitando di far incidere sul risparmiatore tale spesa, questi è spinto a convogliare i propri risparmi verso la singola banca.

Anche il datore di lavoro paga per conto del prestatore d’opera l’ag­ gio sulla R.M. Cat. C2, senza effettuare la rivalsa, anche se si tratta di un accessorio dell’imposta; è la domanda e l’offerta di mano d’opera quale risultano dalla prassi di mercato e dai contratti di lavoro, che l’obbligano a compiere tale spesa.

(6) Vi sono delle spese non legate da nesso necessario: genus per esempio ammesso nel sistema fiscale americano. Così la sezione 170 del Internai Re- venue Code del 1954 stabilisce che sono detraibili dal reddito soggetto all’im­ posta qualsiasi spesa di beneficenza nei limiti del 5 % del reddito lordo (cfr. Income Tax Regulations — Commerciai Clearing House — Ine. p. 31551 ss.).

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Ricorre per cassazione l’Amministrazione delle finanze dello Stato dedu­ cendo un motivo. Resiste con controricorso la Banca Popolare di Milano.

Dir it t o. — Con l’unico motivo del ricorso, denunciandosi la violazione degli artt. 15, 60, 30 e 31 del T.U. 24 agosto 1877 n. 4021 e dell’art. 22 1. 8 giugno 1936, n. 1231, si sostiene che, contrariamente a quanto ha ritenuto la Commis­ sione Centrale, la imposta di ricchezza mobile di categoria A pagata dagli isti­ tuti di credito sugli interessi passivi corrisposti ai depositanti e non recuperata, non è d'etraibile dal reddito imponibile come spesa necessaria alla produzione di esso, perché costituisce non una spesa, ma una perdita per il mancato rea­ lizzo di un credito.

La banca si addossa la mancata rivalsa «volontariamente» per lo scopo di accrescere i suoi depositi e quindi i suoi ricavi. La Banca, nel mercato concreto italiano, sa che questa mancata rivalsa è necessaria per accrescere i propri depositi; quindi è «costretta» a non fare la ri­ valsa « se vuole » accrescere i depositi, cioè i ricavi, allo stesso modo come un fabbricante di auto è costretto ad aumentare le sue spese per acciaio « se vuole » accrescere la produzione di automobili. Ovviamente l’impresa di fabbricazione di auto non è obbligata a produrre di più, nè la banca ad accrescere i depositi; volontariamente si addossano una spesa di produzione per accrescere il ricavo; una spesa necesaria, cioè inerente a quel ricavo.