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il socio, anziché riscuotere gli utili nell’anno in cui vengono posti in pagamento, ne rimanda l ’incasso agli anni successivi, tenuto

V) a soggetti domiciliati e residenti all’ estero, oppure ad

2) il socio, anziché riscuotere gli utili nell’anno in cui vengono posti in pagamento, ne rimanda l ’incasso agli anni successivi, tenuto

conto che per l ’art. 2949 del cod. civ. il diritto di credito al dividendo si prescrive entro cinque anni.

La premessa essenziale è che nel sistema tributario italiano sono soggette all’imposta complementare le sole persone tìsiche residenti nello Stato e quelle residenti a ll’ estero per i redditi prodotti nello Stato. Le società semplici e le società commerciali a sola autonomia patrimoniale sono considerate, ai fini della complementare, un in ­ sieme di persone fìsiche e perciò i loro redditi sono attribuiti ai singoli associati in proporzione alle quote di capitale possedute. Le persone giuridiche costituite nello Stato e quelle estere considerate nazionali, ai sensi dell’articolo 2505 del codice civile e dell’ articolo 8 del T .U ., sono, invece, soggette a ll’ imposta sulle società: alla stessa imposta sono soggette le società e le associazioni estere, non tassabili in base al bilancio, che operano in Italia mediante una stabile organiz­ zazione. Infine, le associazioni e le comunioni di beni non elevate al rango di persone giuridiche sono soggette alle imposte reali ma non alle imposte soggettive.

La eterogeneità dei soci delle società di capitale e la diversità dei tributi che ad essi si applicano fanno sì che la nominatività dei titoli, anche se accertata in modo preciso, può non importare alcun vantag­ gio concreto ai fini dell’imposizione personale : il legittimo possessore delle azioni può trovare conveniente, per l ’elevatezza delle aliquote, intestare i titoli a persone giuridiche nazionali, oppure a soggetti ita ­ liani o stranieri domiciliati a ll’ estero o, infine, ad associazioni e co ­ munioni di beni.

Nel primo caso (intestazione a persone giuridiche italiane) una evasione esiste, ma è di difficile valutazione. È vero che i soggetti sfuggono, per lo meno in parte, all’ onere dell’ imposta complementare, ma è altrettanto vero che essi si assoggettano all’ onere dell’ imposta sulle società, la cui aliquota, nei casi normali, oscilla dal 12,85 % al

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15 % circa. A detto accorgimento hanno interesse a ricorrere le sole

persone fisiche che hanno un reddito complessivo tale da soggiacere all’imposta complementare ad un’ aliquota superiore al 15 % . Ciò in linea teorica, prescindendo, cioè, dai trucchi, anche legali, cui si può fare ricorso per minimizzare il patrimonio ed il reddito delle società di comodo, e sempre che motivi psicologici (timore dell’individua­ zione dei possessi azionari in vista di un’imposta sul patrimonio) e gli indubbi vantaggi che ne derivano ai fini delle imposte successorie, non inducano, anche i contribuenti di minore mole, a ricorrere alla costituzione di società di comodo.

Nel secondo caso (intestazione dei titoli a soggetti stranieri, op­ pure ad associazioni e comunioni di beni non soggette all’imposta complementare ed all’ imposta sulle società), il socio, persona fisica, si sottrae completamente all’ incidenza dell’ imposta complementare, frustrando in pieno il precetto costituzionale della progressività della imposizione. L'evasione è completa, non esistendo alcun correttivo atto a paralizzare, anche in parte, la mancata tassazione progressiva, come, al contrario, si verifica nel primo caso.

Conseguenze altrettanto gravi derivano dal fatto che il socio può rimandare la riscossione degli utili al momento che più gli aggrada. Il codice civile dispone che il diritto di credito al dividendo si pre­ scrive nel termine di cinque anni, a partire dal momento in cui l’ utile è posto in pagamento. Ciò, in linea puramente teorica, può indurre il socio a riscuotere l ’ utile in epoca diversa da quella in cui è stato deliberato il pagamento o, comunque, al limite del periodo di prescri­ zione. Ora, ai sensi dell’a lt. 135 del T .U ., gli utili distribuiti dalle so­ cietà di capitale concorrono alla formazione del reddito complessivo del socio nel periodo d ’imposta in cui vengono percepiti, intendendosi per percezione, non la riscossione materiale in danaro o in natura, ma il fatto che il socio ne abbia la libera disponibilità : ciò si verifica nell’anno in cui la società, una volta approvato il bilancio e deliberato la distribuzione dell’ utile, lo pone in pagamento.

V i è quindi una differenza notevole fra l ’acquisizione del diritto al dividendo e la materiale percezione : per il fisco il momento rile­ vante è quello in cui gli utili possono essere riscossi, perchè in tale anno essi concorrono a formare il reddito imponibile, con la conse­ guenza che il contribuente li deve dichiarare entro il 31 marzo del­ l ’ anno successivo. Anche ad avanzare dubbi su detta conclusione, se il contribuente non dichiara gli utili, essendo impossibile stabilire

in quale anno li ha riscossi (10), nei confronti del Fisco, il periodo di imposta è, in ogni caso, quello in cui la società pone gli utili in paga­ mento. D a ll’anno in cui il contribuente deve presentare la dichiara­ zione s’inizia ii periodo di decadenza dell’ azione della finanza per l ’accertamento dei redditi omessi, periodo di decadenza che si verifica col decorrere del 31 dicembre del terzo o del quarto anno successivo a quello in cui il contribuente ha presentato o doveva presentare la dichiarazione. Può quindi verificarsi il caso che il Fisco perda il d i­ ritto di accertare i redditi non dichiarati prima che il contribuente perda il diritto alla percezione degli utili (11), senza dire che se il contribuente riscuote gli utili allo scadere del periodo di prescrizione, di cui all’ articolo 2949 del cod. civ., poiché da tale data decorre per la società l ’obbligo di effettuare la segnalazione allo Schedario gene­ rale e ciò fino al termine massimo del 15 febbraio dell’ anno solare successivo, la eventuale segnalazione dello Schedario all’ Ufficio delle imposte perverrebbe, in ogni caso, solo dopo che sono scaduti i termini fissati dall’art. 32.

Tutto ciò dimostra che non basta rendere efficiente la nominati- vità dei titoli azionari : occorre necessariamente ricorrere ad un mezzo indiretto, che solleciti il contribuente a dichiarare gli utili nel pe­ riodo d’imposta in cui ne acquista la disponibilità e che costituisca, in conseguenza, una remora alle possibili evasioni. V i è, infatti, da rilevare che anche un esatto e preciso funzionamento del sistema di individuazione dei soci non può prescindere dallo spontaneo adempi­ mento del soggetto che è tenuto a dichiarare i redditi conseguiti : la dichiarazione, completa e veritiera, esonera gli Uffici delle imposte da tutte le incombenze connesse al reperimento dei redditi e dei reddi- tuari che, nella fattispecie, non sempre si rivelano facili.

D i qui la necessità di una ritenuta sugli utili distribuiti dalle so cietà di capitale che, a seconda dei casi, assuma la natura di imposta secca (associazioni e comunioni di beni, soggetti domiciliati all’ estero,

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(10) Si ricorda che, prima dell’art. 4 della Legge 29 dicembre 1962, gli utili potevano essere riscossi senza esibire i titoli, con il solo stacco delle cedole. Sulla questione del periodo d’imposta si rimanda al n. 14.

(11) Ad es„ il diritto al dividendo posto in pagamento nel 1963 si pre­ scrive nel 1968 : l’azione della Finanza per l’accertamento dei redditi si pre­ scrive, a seconda dei casi, entro ii 31 dicembre del 1967 od entro il 31 dicem­ bre del 1968. La non inclusione, totale o parziale, degli utili sulle partecipazioni azionarie nella dichiarazione di reddito comporta il risultato indicato nel testo solo nella prima fase di attuazione del sistema delle segnalazioni allo Scheda­ rio. Una volta che il socio riscuote gli utili e la società effettua la segnalazione allo Schedario, quest’ultimo trasmette all’ Ufficio delle imposte gli appositi dati : da tale momento l’accorgimento presenta scarsa utilità pratica.

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ecc.) ; di ritenuta di acconto dell’ imposta complementare (persone fisi die domiciliate o residenti in Italia) ; od, infine, di ritenuta di ac­ conto dell’ imposta sulle società (soggetti tassabili in base al bilancio e società ed associazioni estere operanti in Italia mediante una stabile organizzazione). È la necessità di evitare evasioni legali che impone, in aggiunta ed a perfezionamento del sistema della nominatività oh bligatoria e della individuazione degli azionisti, una ritenuta di ac­ conto, trasformabile, in casi particolari, in imposta secca. È evidente, infatti, che se la ritenuta fosse stata istituita solo a titolo di acconto dell’imposta complementare e, quindi, solo per le persone fisiche do­ miciliate e residenti nello Stato, non solo si sarebbero create ulteriori complicazioni per le società di capitale, le quali, oltre tutto, avrei) bero dovuto distinguere i soci nelle due categorie di soggetti e non soggetti a ritenuta, ma si sarebbe dato una ulteriore spinta all’ eva­ sione legale, attuata con la intestazione dei titoli a soggetti domici­ liati e residenti a ll’estero.

7. La ritenuta del 15 % , istituita dalla Legge 29 dicembre 1962, n. 1745, colpisce gli utili distribuiti dalle società di capitale e precisa- niente dalle società per azioni, in accomandita per azioni, a responsa­ bilità limitata e cooperative a responsabilità limitata (12). Trattasi degli utili distribuii in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denomina­ zione, anche a titolo di acconto. Sono, pertanto, soggette a ritenuta le distribuzioni di utili in danaro, come i dividendi, e le distribuzioni di utili in natura, come le assegnazioni di beni e di azioni, anche se effettuate in sede di liquidazione della società.

In linea normale, la ritenuta ha natura di acconto dell’ imposta complementare o dell’ imposta sulle società dovuta dai singoli perci- pienti. Tale caratteristica conserva non solo nei confronti dei

soci-(12) L’obbligo della ritenuta investe non solo le società di capitale co­ stituite nello Stato, ma anche le società di capitale costituite all’estero, con­ siderate nazionali dalla legge italiana. L’ipotesi, ai sensi dell’art. 2505 del cod. civ. e dell’art. 8 del T.U., si ha nel caso delle società di calatale costituite al­ l’estero che hanno in Italia la sede amministrativa o l’oggetto principale della loro attività : esse sono soggette all’imposta di ricchezza mobile con le norme valevoli per i soggetti tassabili in base al bilancio, proprio perchè sono sotto­ poste a tutte le formalità che il diritto comune prescrive per le società di capi­ tale costituite nello Stato. È evidente, però, che, poiché nella normalità dei casi i soci di queste ultime società sono soggetti domiciliati e residenti all’estero, sia l’imposta sulle società che l’imposta complementare sono da essi dovute solo (piando nei loro confronti si verificano i presupposti fissati dalla legge : in ogni caso, conservano piena efficacia le disposizioni dettate in materia dai trattati internazionali contro le doppie imposizioni.

persone fisiche soggette a ll’imposta complementare e dei soci-per­ sone giuridiche o società ed associazioni estere operanti in Italia me­ diante una stabile organizzazione, soggette a ll’imposta sulle società, ma anche nei confronti dei soci-società semplici, società in nome collettivo, in accomandita semplice e cooperative a responsabilità illi­ mitata, che, ai fini dell’ imposta complementare, sono considerate un insieme di persone fisiche. In taluni casi particolari, la. ritenuta si trasforma in imposta secca. Ciò ai sensi degli artt. 3, 10 e 11, si verifica :

a) per gli utili attribuiti alle azioni al portatore emesse in base alle leggi delle Regioni a statuto speciale : l’ aliquota è ridotta al

l’ 8 per cento;

&) per gli utili spettanti alle organizzazioni di persone e di beni che non sono persone giuridiche, società semplici e società di persone;

c) per gli utili spettanti ai soggetti tassabili in base al bilancio esenti dall’ imposta sulle società (articoli ,151 e 152 del T .U .) ;

d) per gli utili spettanti a soggetti italiani o stranieri domici

liati e residenti a ll’estero non soggetti all’ imposta compii ementare od a 11’ imposta sulle società. Sono, però, salve le contrarie disposizioni dettate dai trattati internazionali contro le doppie imposizioni.

La ritenuta del 15 % colpisce anche i frutti delle azioni emesse da società estere, possedute da soggetti domiciliati in Italia. La Banca d’ Italia e le aziende e gli istituti di credito, presso i quali i titoli debbono essere depositati per il pagamento degli utili, sono oh bligati ad effettuare la ritenuta all’atto del pagamento degli utili agli aventi diritto. Le ritenute debbono essere versate alla Sezione di Te­ soreria provinciale entro il 20 gennaio ed il 20 luglio del semestre suc­ cessivo a quello in cui sono state operate. Anche la ritenuta sugli utili dei titoli esteri funziona da acconto dell’ imposta complementare e dell’ imposta sulle società, oppure da imposta secca, a seconda della natura dei soggetti che percepiscono gli utili.

8. Il soggetto obbligato alla ritenuta ha due obblighi : quello di