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per cento; obbligazioni ai somme e finanziamenti del genere 1,5 per cento; quietanze locazioni e simili contratti 0,50 per cento

Dal quadro presente scaturisce resistenza di una graduatoria su­ scettibile di revisione e perfezionamento.

L ’aumento dell’aliquota dell’imposta di registro per i trasferi­ menti dei diritti immobiliari mira al raggiungimento di una certa perequazione delle aliquote. Le ripercussioni sul mercato dei trasferi­ menti non sono prevedibili con certezza nel loro aspetto quantitativo ma è da ritenere che un’ eventuale contrazione sarebbe di natura mo­ mentanea.

È da ricordare pure che con legge 28 luglio 1961, n. 828, la a li­ quota relativa ai contratti d ’appalto — ridotta a ll’l per cento con legge 4 aprile 1953, n. 2 0 1 — è stata riportata al 2 per cento, con aumento quindi del 1 0 0 per cento.

Il testo del disegno di legge che la Commissione propone alla approvazione dell’Assemblea è uguale a quello approvato dalla Ca­ mera dei deputati. Esso si diversifica dalla proposta governativa per l ’ elevazione dell’aliquota dal 7 al 7,50 per cento correlata alla sop­ pressione dell’ articolo 2 col quale si proponeva l ’ elevazione dal 2,50 per cento (legge 27 maggio 1959, n. 355) al 3,50 per cento di quella relativa all’ edilizia.

L ’aver quindi mantenuto in vigore l ’articolo 2 della richiamata legge 27 maggio 1959 è un elemento di tranquillità per il settore del­ l ’ edilizia popolare che anzi, in senso relativo, trae un notevole vantag­ gio. Tenendo conto dell’ andamento dei dati previsionali e di quelli dei consuntivi, sia pur provvisori, degli ultimi esercizi, considerando che mediamente il gettito relativo al settore trasferimenti immobiliari incide per circa il 50 per cento sul gettito complessivo, considerando ancora che alcuni mesi sono già trascorsi dell’esercizio 1963-64 e che l ’ aumento dell’aliquota può esercitare anche una certa influenza sul- l ’ andamento globale dei trasferimenti immobiliari, si può prevedere il maggior gettito di 60 miliardi conseguente alla nuova misura del­ l ’aliquota proposta.

Il disegno di legge proposto è uno di quei provvedimenti adottati sotto l ’assillo della necessità ed urgenza di mezzi finanziari a coper­ tura di altri provvedimenti (nel nostro caso certamente giusti ed attesi).

È però fuor di dubbio che la materia impositiva dell’ imposta di registro andrebbe meglio riconsiderata e adeguata.

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V i è tutta una sequela- dì esenzioni e facilitazioni che occorre­ rebbe rivedere. La revisione delle aliquote e quella del riordinamento delle agevolazioni e delle sanzioni sono strettamente legate a quella della valutazione degli imponibili.

Accertare un valore sufficientemente aderente alla realtà econo­ mica è impresa ancora più difficile nel caso di tributo di registro per il fatto che la legge, anziché al valore effettivo, fa riferimento al valore venale di comune commercio. Oiò causa spesso sfasature stri­ denti col valore capitale desunto dal reddito e dal tasso d’ interesse di mercato.

Basta considerare ad esempio l ’ubicazione di immobili di pari entità e caratteristiche in zone prospere o depresse. Occorre ancora un necessario coordinamento dell’imposta di registro con altri tributi che colpiscono gli stessi cespiti. È innegabile alle volte la opportunità di unificare la tassazione di un medesimo contratto soggetto all’ I .G .E . e all’imposta di registro.

Indipendentemente dalle prospettive di una generale e organica- riforma del sistema tributario italiano, sembra alla- commissione fi­ nanze e tesoro che debba porsi subito allo studio l ’opportunità di ripristinare un sistema di aliquote adeguato sia al livello attuale economico-finanziario sia alle nuove realtà economiche.

R E C E N S I O N I

Mo n tito r i Lu i g i, La determinazione dei redditi soggetti all’imposta di R.M., Giappichelli, Torino 1963, pagg. 298.

li nuovo volume del Montuori costituisce una rielaborazione ed una esten­ sione dei risultati ottenuti nel suo apprezzato scritto Note sulle tassazioni in base a bilancio, Torino 1960.

Il volume si può sostanzialmente dividere in due parti : nella prima si definisce il reddito fiscale in sè e poi in relazione con la svalutazione monetaria e con i suoi limiti territoriali. Quindi si classificano i redditi in certi e incerti e si esaminano con particolare acutezza i vari problemi connessi con le categorie che si fanno rientrare in tale classificazione. Nella seconda parte, che è anche la più interessante per l’originalità di talune conclusioni, si esamina il reddito mobiliare nei suoi componenti attivi e passivi e si impostano, anche se non sempre si risolvono, i più interessanti problemi avanzati a proposito dei singoli cespiti, affiancando alla dottrina anche le più importanti decisioni della giuri­ sprudenza.

Per quanto riguarda la concezione del reddito mobiliare, l’Autore, pur ci­ tando le teorie del reddito consumato e del reddito-entrata, aderisce, come del resto il legislatore, alla teoria del reddito prodotto e mostra esattamente (p. 6) che la tassabilità delle plusvalenze non speculative conseguite da persone giu­ ridiche non aventi scopo di lucro, introdotta dalla legge 5 gennaio 1956, n. 1, non ha modificato tale principio, introducendo semmai una semplice eccezione ad esso.

Nell’esaminare la fonte del reddito (p. 9 ss.) l’A. cerca di costruire una de­ finizione unitaria del reddito mobiliare comprendendovi sia il reddito vero e proprio, sia le plusvalenze speculative, sia 'quelle non speculative che però sono presunte tali, iuris et de iure, ad opera della legge. Cosi egli dice testualmente (p. 14) : « Il reddito netto risultante da un’attività industriale e commerciale è la somma, e non può essere altrimenti, di tutti i ricavi conseguiti dall'impresa e di tutti i costi sostenuti... Ma il reddito può profluire anche da operazioni isolate svolte da soggetti non imprenditori o da imprenditori ma non nell’eser­ cizio dell’impresa. Sotto questo secondo aspetto il reddito è la conseguenza di un presupposto differente da quello che caratterizza il reddito d'impresa: è la plusvalenza che diventa presupposto d’imposizione se dovuta ad operazioni di carattere speculativo ».

Secondo questa impostazione del problema fondamentale relativo alla defi­ nizione del reddito, si risolvono le singole questioni sui componenti positivi e negativi di esso. Così riguardo alle plusvalenze, dopo essersi diffusamente espo­ ste le condizioni per la loro tassabilità, si considerano i vari casi previsti dal T.U. in cui esse sono imponibili.

Si esaminano quindi le varie ipotesi di realizzo. Riguardo alla distribu­ zione si concorda con l’A. che, nella liquidazione della società con 1 at­ tribuzione dei beni in natura ai soci, i cespiti si considerano realizzati an­

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che se non interviene effettiva monetizzazione. Infine nessuna questione par­ ticolare sorge sulla terza ipotesi della iscrizione in bilancio. Riguardo alle assegnazioni gratuite sorge il problema della doppia imposizione che si avrebbe, concorrendo le azioni gratuite a formare il plusvalore tassabile a nome del­ l’azionista ex art. 103 T.U., ove tali azioni derivino dall’utilizzazione di riserve che abbiano già assolto al tributo. L’Autore, dopo avere analizzato il combinato disposto degli artt. 103 e 7 T.TJ., perviene alla conclusione (p. 149) che la tassazione di azioni gratuite provenienti da utilizzo di riserve di utili della emittente, sia al momento della iscrizione in bilancio al valore nominale, sia in sede di realizzo delle azioni, è in aperto contrasto con i principii generali e con le caratteristiche delle imposte oggettive, talché è stato superato il limite della delega legislativa.

A proposito dell’avviamento l’A. rimane fedele alla sua definizione fonda- mentale del reddito ed osserva (p. 154) che è spesso difficile stabilire quale parte del plusvalore complessivo netto sia da attribuirsi al prezzo di avviamento e quale alle plusvalenze dei singoli cespiti, mentre le riserve occulte normalmente possono essere individuate sulla base dei documenti di acquisto. Osserva che sotto il profilo fiscale, per quanto riguarda gli enti tassabili in base a bilancio, una volta stabilito il maggior valore della azienda rispetto al suo valore con­ tabile, è irrilevante che tale maggior valore sia dovuto a plusvalenze dei singoli cespiti, ad avviamento dell’intero complesso o a riserve occulte: sia le une che l’altro sono tassabili per gli artt. 100, 106 e 107 T.U. Tuttavia l’avviamento diviene rilevante quando, per verificare la congruità del prezzo di cessione ri­ spetto a quello dichiarato, gli uffici delle imposte devono procedere alla valuta­ zione dell’azienda in funzionamento. Nulla vi è da dire a proposito dell’avvia­ mento nei casi di trasformazione e fusione della società. Si rileva invece che l’A. non ha sviluppato sufficientemente la sua concezione del reddito a proposito del realizzo dell’avviamento nel caso di cessione di azioni. Evidentemente nel caso che si possa dimostrare lo scopo speculativo di una cessione di azioni, il plusvalore tassato comprenderà ravviamento e sarà irrilevante pertanto la di­ scussione sul realizzo o meno di questo. Il problema della realizzazione dell’av­ viamento si pone solo nel caso in cui la cessione delle azioni non presenti carattere speculativo e pertanto il maggior valore di esse non possa venire tassato a titolo di plusvalenza. L’A. sembra volere superare (p. 168) la difficile prova dell’intento speculativo, assimilando la cessione di tutte le azioni alla cessione dell’intero complesso sociale con relativo realizzo dell’avviamento. Tale sua tesi si appoggia alla sentenza della Comm. Centi-. Sez. Un. 21 febbraio 1955, n. 68742 secondo la quale nell’ipotesi di realizzazione di tutto il pacchetto azio­ nario è consentito prescindere dal fatto che formalmente titolare dell’azienda rimane sempre la società e riconoscere che effettivamente con l’alienazione delle azioni si è attuata in realtà anche l’alienazione dell'azienda al nuovo unico portatore delle azioni ».

Tale tesi non sembra peraltro da accogliersi per un duplice ordine di considerazioni.

In primo luogo non è superabile, nonostante il richiamo all’art. 2362 C.C., l’impedimento derivante dal fatto che proprietaria dell’azienda è e rimane la società anche in caso di Unico azionista, mentre proprietario del pacchetto azio­ nario è quest’ultimo. E che quindi, senza voler qui entrare nel più ampio

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blema dell'interpretazione del diritto tributario, non è lecito discostarsi da chiari concetti giuridici anche se il significato economico porti a conclusioni diverse (così del resto Napolitano, annotando la sentenza in Dir. prat. trib. 1956, XI, 3).

In secondo luogo poi, se, come afferma la citata sentenza da cui trae spunto l’A., non si considera realizzato ravviamento nel caso di cessione di una parte o anche della quasi totalità del pacchetto azionario, sembrerebbe troppo facile osservare che non può invero ricollegarsi alla differenza di quantità il prodursi di un risultato giuridico. Infatti basterebbe che l’unico azionista ven­ desse tutte le azioni meno una perchè non si ritenesse alienata l’azienda e quindi l’avviamento non fosse imponibile.

Per le società di persone il discorso si pone diversamente. L’Autore, che conclude il capitolo con una interrogazione retorica, ha implicitamente affer­ mato, e in ciò si concorda con lui, che nelle società di persone non rileva la realizzazione nell’azienda poiché l’avviamento è incorporato nelle plusvalenze che sono sempre tassate in quanto la stessa natura giuridica della società le fa ritenere speculative.

Piuttosto l’A. non si è prospettato il fatto che, mentre nelle altre società personali non è ammessa la cessione della quota bensì solo il recesso, nell’ac­ comandita semplice la cessione è ammessa, pur con i limiti previsti dall’art. 2322 C.O., e quindi si pone il problema se essa debba essere trattata alla stregua delle cessioni nelle società di capitali o in quelle di persone.

L’A. cita a proposito della liquidazione della società di persone la sen­ tenza della Comm. Centr. 8 maggio 1961, n. 43503 che ritenne realizzato rav­ viamento nel caso di concentrazione di tutte le quote in una sola persona. A tale riguardo si osserva però che non può ritenersi realizzato l’avviamento all’atto della concentrazione nelle mani dell’unico socio in quanto la società continua ad esistere se la pluralità dei soci, a norma dell’art. 2272, viene rico­ stituita entro sei mesi. Solo in caso di mancata ricostituzione della pluralità allo scadere dei sei mesi si potrà parlare di scioglimento e si dovrà procedere alla liquidazione. Pertanto neppure allo scadere dei sei mesi si potrà parlare di realizzazione del’avviamento ma solo all’atto dell’assegnazione della società al socio quale risultato della liquidazione. Questa conclusione è negata dalla sentenza della Comm. Centr. Sez. III 27 aprile 1962, n. 58299, con l’osserva­ zione che dell’azienda assegnata era già titolare l’assegnatario in quanto unico socio. Il che però non è esatto, poiché non è vero che l’avviamento si realizzi solo in caso di corrispettivo in denaro ; anche nel caso che l’azienda sia assegnata come corrispettivo in natura si ha certo una ralizzazione dell’avvia­ mento e quindi la sua tassabilità in capo alla società in liquidazione.

La considerazione fondamentale che l’A., coerentemente al suo sistema, avrebbe dovuto tenere presente, è che nell’assegnazione dell’azienda all’unico socio superstite l’avviamento viene bensì tassato, ma a un altro titolo. Secondo quanto si è detto in precedenza, afferendo esso ad una società di persone che per definizione persegue scopi speculativi, sarà tassabile in base ai principii generali come plusvalenza speculativa, indipendentemente da ogni altra que­ stione relativa al vero e proprio realizzo dell’avviamento.

Anche le sopravvenienze attive trovano il loro posto nella concezione del reddito mobiliare sostenuta dall’A. La loro natura giuridico-fiscale è diversa da quella economico-aziendale che le accomuna sotto lo stesso nome con le

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svalenze. Per il T.U. le sopravvenienze sono imponibili, a condizione che siano conseguenza dell’attività produttiva del reddito soggetto all’imposta di R.M. N°n sono perciò imponibili le donazioni, le successioni, le liberalità ecc. IVA. esamina alcuni casi di sopravvenienze.

Riguardo alle riserve occulte, che costituiscono l’ultima componente attiva esaminata del reddito mobiliare, si espongono i motivi per cui si sono sottopo­ ste a tassazione al momento dell’affioramento in bilancio, consistenti nell’esi­ genza di evitare che, per le difficoltà di accertamento delle dichiarazioni ana­ litiche, tali riserve sfuggissero a tassazione col prescriversi dell’azione di ret­ tifica.

Non si concorda però con l’A. che cita a suo sostegno il Br u n e t t i, quando (p. 186) ritiene «per lo meno dubbio che il nuovo Codice consenta la forma­ zione di riserve occulte ». Mi sembra che, stabilendo proprio il Codice solo i limiti massimi di valutazione, e dovendosi dare al principio della «chiarezza e precisione» il senso, che gli attribuisce la maggior parte della dottrina, di principio molto elastico, esse siano assolutamente lecite almeno nei limiti del prudente apprezzamento degli amministratori. Cioè ben oltre il limite della ve­ rità purché la riserva occulta sia creata per motivi prudenziali oggettivamente esistenti e non arbitrariamente inventati. Nel quale caso si rientrerebbe sotto il profilo del dolo.

In ossequio al principio fondamentale dell’inerenza della spesa alla produ­ zione del reddito lordo, si esaminano, dopo le componenti attive, quelle passive del reddito.

In primo luogo si esaminano le spese pluriennali esponendosi diffusamente i problemi connessi con l’ammortamento tecnico e l’ammortamento finanziario ; quindi le spese dell’esercizio. Si affronta poi il problema della valutazione delle rimanenze esponendosi i vari metodi di valutazione e in particolare il Li.Fo. continuo e il Li.Fo. a scatti. Infine l’ultimo capitolo tratta delle passività e delle perdite. A differenza della prima parte, nella seconda si affrontano e si ri­ solvono per lo più problemi di tecnica fiscale e di economia d’azienda soprattutto in relazione alla valutazione del monte merci. Pertanto largo spazio è lasciato alla citazione di circolari ministeriali che hanno risolto i punti controversi.

Nel complesso il volume è assai apprezzabile poiché contiene un’ampia ras­ segna di tutti i problemi sia teorici che, soprattutto, pratici, sorti a proposito dei singoli punti trattati. Per quanto riguarda la prima parte (quella della determinazione del reddito in generale e dei suoi componenti attivi) non manca una visione unitaria della trattazione che riconduce i singoli argomenti al concetto fondamentale di reddito, accolto dall’A. Il libro è frutto evidente­ mente di una meditata esperienza concreta, sorretta da una preparazione non comune nel campo del diritto tributario, nella sua pratica esplicazione.

Il volume è scritto in modo chiaro e scorrevole e consente al lettore attento di trovarvi le risposte a numerosi quesiti tecnici, illuminate da chiare indica­ zioni sulle posizioni della dottrina e della giurisprudenza.

Augusto Fantozzi