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La legge (primo e terzo comma dell’ art. 3) stabilisce che la compensazione deve essere operata per il periodo d'imposta (anno so

V) a soggetti domiciliati e residenti all’ estero, oppure ad

10. La legge (primo e terzo comma dell’ art. 3) stabilisce che la compensazione deve essere operata per il periodo d'imposta (anno so

lare od esercizio sociale), nel quale il contribuente acquisisce il diritto agli utili, ossia nel periodo d’ imposta in cui l ’ utile diventa riscuoti- bile, avendolo la società- posto in pagamento. In ossequio ai principi fondamentali che regolano l ’ imposizione diretta, la disposizione san­ cisce, autenticamente, che la percezione degli utili si ha per avve­ nuta nel periodo d’ imposta in cui il contribuente acquista il credito al dividendo : il fatto che egli non riscuota gli utili o li riscuota in altri periodi d’imposta è irrilevante, posto che essi non possono con correre a formare il reddito imponibile in periodi d’imposta di­ versi (19).

11 punto di partenza della questione sta negli artt. 135 e 148 del T .U . che dettano le norme per la determinazione del reddito comples­ sivo ai fini dell’imposta complementare e dell’imposta sulle società. Entrambi gli articoli statuiscono che gli utili provenienti da parteci­ pazioni in società di capitale concorrono a formare il reddito com­ plessivo nel periodo d ’imposta in cui vengono percepiti dal contri buente. Di qui il problema di stabilire, ai fini delle imposte soggettive, che cosa debba intendersi per percezione del reddito.

Non sembra fuor di luogo prendere le mosse dalla imposta di ric­ chezza mobile, posto che i principi che la disciplinano si trasferiscono automaticamente all"imposta sulle società che è applicata sulle risul­ tanze del bilancio annuale. 11 reddito è la ricchezza nuova che affluisce ad un dato soggetto in un determinato periodo di tempo, in conse­ guenza dello svolgimento di una attività economica o di un impiego di capitale : esso si realizza nel momento in cui la nuova ricchezza si distacca dalla fonte produttiva, assumendo autonomia economica e, in taluni casi, contabile. Ma tale distacco deve intendersi avvenuto nel momento in cui il soggetto riscuote materialmente la ricchezza, in

(19) Contrai C.M. 2 aprile 1963, n. 110: «Trattasi eli una limitazione evidentemente preordinata a scoraggiare il ricorso all’espediente di procrastinare la riscossione degli utili al fine di rinviare l’acquisizione degli utili stessi alla tassazione •».

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danaro o in natura, o non piuttosto nel momento in cui essa diventa giuridicamente di sua spettanza?

I dubbi insorgevano specialmente per i redditi di solo capitale e per i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’ esercizio delle arti e delle professioni, e ciò perchè il T .U . 24 agosto 1877, n. 4021, affer­ mava che « l ’imposta sarà applicata ai contribuenti a norma dei red­ diti certi o presunti che essi percepiscono ogni anno ». Pur discu­ tendosi animatamente sui requisiti attraverso i quali si manifesta la produzione del reddito e quindi, la percezione, l ’interpretazione do­ minante esclude che occorra la monetizzazione delia nuova ricchezza : basta che essa entri nella sfera patrimoniale del produttore, in modo che quest’ ultimo ne possa disporre, direttamente o indirettamente. Comunque il T .U . 28 gennaio 1958 elimina l ’ equivoca formulazione della legge fondamentale e pone a presupposto dell’ imposta di ric­ chezza mobile la produzione di un reddito netto, in denaro o in na­ tura, continuativo od occasionale.

II nuovo assetto della materia elimina ogni dubbio : il reddito si realizza nel periodo d’imposta in cui il produttore ne acquista la d i­ sponibilità, ossia nell’ anno o nell’ esercizio sociale in cui maturano i ricavi ed i costi : la monetizzazione dei componenti del reddito è un momento successivo che influisce autonomamente sulla produzione del reddito (20). La precisazione ha un’ importanza fondamentale per­ chè nel campo fiscale vige il principio dell’autonomia dell’ obbligazione tributaria: in ciascun periodo d'imposta il reddito si determina con­ trapponendo ai ricavi attuali (maturati nel periodo d’imposta oggetto di tassazione) i costi attuali sostenuti per la produzione del reddito : come non sono tassabili in un dato periodo d ’ imposta i ricavi di per­ tinenza di altri periodi, così non sono deducibili i costi relativi a.i ricavi realizzati in eserecizi precedenti e successivi.

Di qui il conseguente assioma della definitività delle tassazioni annuali : gli utili sfuggiti a tassazione nel periodo d’ imposta in cui sono prodotti non possono esere perseguiti nei periodi d’ imposta suc­ cessivi, salvo, per i soggetti tassabili in base al bilancio o che optano per tale sistema di tassazione e per le società indicate dall’ art. 2200 del cod. civ., l ’ eccezione sancita daU’art. 107 del T .U . Gli utili pro­ dotti in ciascun periodo d’imposta sfuggono sovente a tassazione, ma giuridicamente il fenomeno si concretizza non al momento della defi­ nizione del reddito mobiliare dell’esercizio in cui sono prodotti, ma

(20) Montuori, La determinazione dei redditi soggetti all'imposta di B.M., Torino, 1963, pag. 16.

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solo dopo che si è prescritta l ’azione della finanza per l’ accertamento dei redditi. Ciò se i redditi sono stati detiniti nei modi previsti dalla, legge; se essi, al contrario, sono in contestazione presso la Commis­ sione distrettuale, il decorrere della prescrizione non ha più impor­ tanza : se durante la istruttoria, per la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, la Commissione appura la esistenza di utili sfuggiti a tassazione, sospende la pronuncia e rinvia gli atti all’ Ufficio, fis­ sandogli il termine per il nuovo accertamento.

In definitiva, fino a quando non sia intervenuta la decadenza del­ l ’azione della finanza o la decisione di merito della Commissione di­ strettuale, gli utili sfuggiti a tassazione possono essere accertati per il periodo d ’imposta in cui sono stati prodotti : in seguito, ma esclusi­ vamente per i soggetti indicati dall’art. 107, sono tassabili per il pe­ riodo d’imposta in cui emergono sotto qualsiasi forma in bilancio.

Tutto ciò comporta che non è consentito ai contribuenti dichiarare i redditi nel periodo d’ imposta che loro più aggrada, nè è ad essi con­ sentito di fare distinzione fra acquisizione giuridica del reddito (di­ sponibilità, ossia insorgere del credito) e monetizzazione dello stesso, che può conseguire a distanza di molti anni : i redditi, o meglio i ri­ cavi, debbono essere dichiarati per il periodo d’ imposta in cui sono maturati, posto che in tale anno concorrono alla formazione del red­ dito imponibile.

I l principio finora illustrato, nei confronti dei soggetti tassabili in base al bilancio, viene denominato principio deU’autonomia dei bi­ lanci ed esso vale non solo per l ’ imposta di ricchezza mobile ma anche per l ’ imposta sulle società, che alle risultanze del bilancio è diretta- mente o indirettamente collegata, per lo meno sotto il profilo che ad essa si trasferiscono automaticamente i redditi assoggettati a ll’im ­ posta di ricchezza mobile e gli altri redditi (ad esclusione di quelli dei terreni e dei fabbricati, accertati col sistema catastale) vanno de­ terminati sulla base del bilancio e per il periodo d’ imposta in cui debbono essere contabilizzati in bilancio. È vero che ai fini dell’im ­ posta di ricchezza mobile può anche non avere importanza il fatto che i dividendi vengano contabilizzati nell’ esercizio sociale in cui l ’azio­ nista li riscuote, dato che l ’art. 83 del T .U . in ossequio al divieto della doppia imposizione, dichiara proventi non soggetti ad imposta .« le somme p ercep ite a titolo di distribuzione o ripartizione degli utili di società ed associazioni di ogni tipo » ; ma per l’ imposta sulle società

il rispetto del principio di autonomia dei bilanci non ammette de­ roghe per le conseguenze dannose che ne potrebbero derivare.

Il principio di autonomia dell’obbligazione tributaria e della definitività delle tassazioni annuali vale nei confronti di tutte le im ­ poste dirette e quindi anche per l ’imposta complementare, con la d if­ ferenza che per quest’ ultima si ha riguardo al reddito complessivo netto goduto da ciascun soggetto. Anche per essa, la realizzazione del reddito non vuol dire monetizzazione, ma libera disponibilità. Ciò risulta in modo chiaro dagli stessi artt. 130, 131 e 133, i quali parlano di « possesso », di « libera disponibilità o amministrazione senza l ’obbligo della resa dei conti » e di « redditi prodotti e goduti ». Gli elementi attivi che compongono il reddito complessivo sono i red­ diti di cui il contribuente acquista la libera disponibilità nel periodo d ’imposta, oggetto di tassazione. L ’art. 136, lettera d) ammette spe­

cificatamente in detrazione le spese, le perdite e le passività, inerenti alla produzione dei redditi, che per loro natura non siano state de­ tratte in sede di determinazione dei redditi netti ai fini dell’impo­ sizione reale. Gli oneri che possono defalcare il reddito complessivo sono detraibili in quanto effettivamente verificatisi nel periodo di imposta, oggetto di tassazione. Infine, l ’ imposta complementare è tecnicamente costruita come un’imposta di coacervo sui redditi as­ soggettabili alle imposte reali. Perciò, ai suoi fini, i redditi non sono passibili di valutazione autonoma e, quando una valutazione si rende necessaria, per non essere i redditi assoggettati alle imposte reali, i criteri di valutazione sono quelli propri di dette imposte : è quindi naturale che essa non abbia un concetto proprio o diverso di reddito prodotto, reddito percetto e reddito realizzato.

Assume, però, rilevanza la distinzione fra reddito prodotto e red­ dito distribuito che, al contrario, non è influente ai fini delle imposte reali, perchè, per queste ultime, uno stesso reddito non può essere assoggettato due volte alla, stessa imposta, neppure nei confronti di soggetti diversi ; e ciò perchè il soggetto che produce il reddito può essere diverso dal soggetto che ne gode, come il reddito prodotto da un soggetto può essere distribuito a soggetti diversi : esempio tipico, i redditi prodotti dalle società semplici, dalle società di persone, dalle associazioni agrarie, ed infine, dalle associazioni in partecipazione.

Il reddito prodotto da un soggetto collettivo diventa elemento patrimoniale dei singoli associati, nella misura che ad essi compete, soltanto nel momento in cui viene distribuito, ossia si distacca dalia sfera economica del produttore per entrare nella sfera economica del socio od associato. Ciò se può dare origine a qualche perplessità nei confronti dei redditi prodotti da quei soggetti collettivi che, ai fini

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dell’imposta complementare, sono considerati un insieme di persone fisiche, non importa alcuna difficoltà nei confronti dei produttori che sono persone giuridiche, almeno di norma (21) ; per questi ultimi sog­ getti, la distribuzione degli utili richiede una delibera assembleare o degli organi rappresentativi, per cui il distacco della ricchezza dal loro patrimonio si verifica nel momento stesso in cui l ’utile viene posto in pagamento : in tale momento insorge nel socio il credito al dividendo e l ’ utile entra nella sua sfera patrimoniale, potendone egli disporre come e quando crede.

In conclusione, anche per l ’imposta complementare, perchè si ab­ bia reddito non occorre necessariamente la monetizzazione della nuova ricchezza : basta che essa entri nella sfera di libera disponibilità dei contribuente. Per ciò che concerne gli utili provenienti da partecipa­ zioni azionarie, animate discussioni insorgono sulla misura e sui li miti in cui gli utili prodotti dalle società di capitale possono presu mersi distribuiti ai soci, discussioni cbe hanno portato alla precisa­ zione legislativa, dettata dalla lettera d) dell’ art. 135 (22) ; ma non sembra che discussioni ci siano state sul momento in cui il reddito deve considerarsi realizzato : gli utili derivanti dalle partecipazioni in società di capitale si intendono percepiti nel periodo d ’imposta in cui la società emittente li pone in pagamento.

Di qui l ’ obbligo del contribuente di dichiarare i redditi in o g ­ getto non per il periodo d ’ imposta in cui li riscuote, ma pel periodo d ’imposta in cui ne acquista la disponibilità giuridica ed il diritto-do­ vere dell’Amministrazione finanziaria di includere i detti utili fra gli elementi attivi del reddito complessivo del periodo d ’imposta in cui il contribuente acquisisce il credito al dividendo, dato che il prin­ cipio dell’autonomia dell’ obbligazione tributaria, come inibisce al soggetto di spostare intenzionalmente ricavi e costi da un periodo d ’imposta a ll’ altro, così inibisce aH’Amministrazione finanziaria di imputare gli elementi attivi e passivi a periodi d’imposta diversi da

(21) Per le società familiari, di comodo ed a ristretta base azionaria, per giurisprudenza ormai consolidata, 1’uiTicio delle imposte, entro determinati li­ miti, può presumere la distribuzione, di un utile maggiore di quello deliberato dall’assemblea. In tal caso, ma soltanto nei confronti dei maggiori utili, si di­ scute se, per il presunto perciplente, il periodo d’imposta è costituito dall’anno solare in cui la società produce il reddito, oppure dall’anno solare successivo : in quest’ultimo senso Comm. Centr., Sez. I l i, 17 aprile 1961, n. 41735.

(22) A. Be k l ir i, Il Testo Unico, Milano 1960, pag. 359 ; Me r l in o, L’Impo­ sta complementare, Roma 1960, pag. 106 e segg. ; Borni, L'imposta, complemen­ tare, Torino, 1956, pagg. 53 e segg.

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quelli in cui si verificano, pena decadenza : l ’eccezione d’intervenuta prescrizione equivale all’ eccezione d’intervenuta tassazione.

11. La compensazione delle ritenute con le imposte definitiva­