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I l sistema tributario indicato dal comma 2 dell’art. 119 è posto in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad

adempiere le loro funzioni normali.

Anche l ’ espressione funzioni normali è il frutto di un emenda­

mento ; prima si parlava di funzioni essenziali. Poi l ’ espressione sem- 50

(50) Cassese, op. cit., pag. 339.

. . (6 0 ), 11 controllo avviene mediante richiesta di riesame. È un controllo rnlntÌn 1 autonomia dell’organo o soggetto controllato ed è perfettamente - ' T ‘ Stat0 a struttura democratica. Benvenuti, II controllo mediante richiesta di riesame, in Riv. trim. dir. pubbl., 1954 m e 3 9 4- Atto-

rio, A uovi compiti, cit., pag. 1132.

n n o n fr i ,.C as™ s ®> °P\ cit- Pag- 342 ! abbiamo già visto le critiche del Mortati

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brò troppo stretta, «tro p p o a ll’o sso » (Ruini), posta lì « in veste usuraria » (Zotta). Il termine <li normalità non va inteso in senso statico, di mera conservazione e manutenzione, ma in senso dinamico, di sviluppo : f unzione normale è f unzione autonoma intesa alla sod ­ disfazione dei bisogni propri della R egion e che essa scopre e risolve, di volta in volta , secondo proprie valutazioni polìtiche.

Certamente tutto questo deve avvenire nei limiti delle risorse finanziarie. Ma c’è da intendersi su questo limite : non si può fissare una volta per tutte fini e strumenti in modo arbitrario e continuare a parlare di funzioni normali e di autonomia. Il limite deve esserci, ma dopo aver dato alla Regione una certa capacità di invenzione di strumenti, una elasticità di movimento.

I l difetto centrale della progettata legge finanziaria è proprio quello di aver fissato il costo delle Regioni in una cifra globale (qual­

cosa come 220 miliardi) che è inadeguata, già da un punto di vista statico, rispetto alle spese delle Regioni. E ancor più inadeguata di­ venta se si pensa die vi sono delle spese die da un esercizio all altro presentano una tendenza all’aumento molto rilevante. I preventivi globali di spesa vanno basati sulle p rospettive riguardanti le singole

materie e non sul dato di fatto dello stanziamento effettuato per quelle voci nel bilancio statale del 1958 (62).

Non può nascere una finanza regionale impostata sui trasferi­ m ento di spese e tributi dal bilancio dello Stato a quello delle Regioni ;

oltre tutto non bisogna dimenticare che un tale trasferimento non può avvenire senza spostare gli equilibri esistenli.

Tutto questo ci fa pensare che, qualùnque possa essere la bontà tecnica della legge die possa scaturire da quel progetto, essa è decisa­ mente lontana dal consentire alle Regioni dì esercitare le proprie funzioni normali, lontana perciò dallo spirito dell art. 119 della Co­ stituzione repubblicana.

18. Il comma 3 dell’art. 119 prevede l ’assegnazione alle Regioni da parte dello Stato di contributi speciali al fine di provvedere a scopi determinati e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole. Si noti la diversa dizione : nel comma 2 la legge dice « alle Regioni sono attribuite ecc. », mentre nel comma 3 è detto « lo Stato as- segna ».

(62) Finanza locale e Regioni a statuto normale, in Riv. prov., 1962, pag. 441.

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Di questo punto quello che occorre chiarire è il significato di scopo determ inato : contrapposto a f unzione norm ale, scopo determ inato è

ogni evenienza di particolare importanza- (63). 11 legislatore sembra aver esemplificato col riferimento alla situazione delle Isole e del Mezzogiorno (61). Qui allora c’è da distinguere fra la considerazione del dislivello economico fra le Regioni in generale, ragion per cui è stato creato lo strumento perequativo della partecipazione alle quote di tributi erariali in ragione ai bisogni e la considerazione particolare della situazione del Mezzogiorno e delle Isole, per cui il legislatore Im­ pensato a provvedimenti contingenti anche se nella forma della legge.

I orse i due strumenti possono essere adoperati congiuntamente, come è predisposto nel progetto di legge che a ll’art. 9 ultimo comma prevede che una certa quota di tributo sarà impiegata in aggiunta ai contributi speciali per determinati obbiettivi.

19. Alcune precisazioni infine sulla legge statale di coordina­ mento. "Va ricordato un particolare importante dei lavori preparatori :

nel progetto di Costituzione la- legge statale di cui oggi si parla nel- l'art. 119 era nientemeno che legge costituzionale. Il che lascia ca-

pire quali garanzie si volessero dare alla autonomia finanziaria, l ’oi 1 idea fu scartata, ina soltanto perchè si disse che il sistema sarebbe stato troppo complicato e Fon. Preti fece rilevare che non c’ erano precedenti del genere nelle altre legislazioni.

II contenuto della legge statale deve essere dunque di limite alla autonomia ; essa cioè non può pretendere di disciplinare interamente un settore di attività finanziaria definito autonomo dalla Costituzione.

Il suo oggetto principale è il coordinam ento della finanza reg io ­ nale con quella dello S tato e degli en ti m inori, Comune e Provincia.

Anzi si può dire che una tale legge deve segnare l ’inizio di una seria revisione dell’ intero ordinamento tributario.

A ltro oggetto fondamentale di tale legge è la perequazione fra

le diverse Regioni. Già si è detto della esigenza di armonizzare tutto il sistema tributario. L ’armonizzazione è relativa- a valutazioni di opportunità, a- valutazioni di politica e di politica economica- che rientrano nella discrezionalità del legislatore, nel rispetto, ovviamente delle altre nonne costituzionali, come l ’a-rt. 53 della Costituzione.

Il coordinamento deve avvenire, come abbiamo già detto, anche con la finanza locale. E a questo punto occorre fare alcune

precisa-(63) Miele, op. eit., pag. 136. (64) Abena, op. cit., pag. 82.

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zioni. Non si può mettere mano alle leggi regionali senza aver con­ dotto in porto una riforma della legge comunale e porvinciale e senza aver seriamente provveduto ad una revisione organica della finanza locale (65).

Si pensi soltanto, per capire l ' urgenza di una nuova legge comu­ nale e provinciale, ai principali collegamenti previsti dalla Costitu­ zione fra Regioni ed enti locali : il controllo sugli enti locali spetta alla Regione (art. 130) ; l'organo di giustizia amministrativa in primo grado è un organo regionale; la legislazione regionale è competente in materia di circoscrizioni comunali (art. 117) ; gli enti locali sono circoscrizioni di decentramento regionale ; gli enti locali hanno l’in i­ ziativa. nel procedimento di formazione di nuove Regioni ; le funzioni amministrative di interesse locale, se di competenza regionale, sono attribuite ai Comuni.

La Regione dunque è collegata alla vita degli enti locali in modo stretto e funzionale. Gli enti locali trovano, a loro volta, nella strut­ tura delle Regioni, l ’ occasione per un perfezionamento della loro azione amministrativa, vale a dire l ’ambiente geograficamente ed eco­ nomicamente omogeneo, per un’ azione comune o coordinata, trovano in un certo modo l ’ente rappresentativo politico di dimensione ade­ guata per garantire e potenziare la propria autonomia.

L ’obbiettivo più utile da assegnare alle Regioni a statuto ordi­ nario è la razionalizzazione della attività degli enti locali.

Orbene non si potrà parlare di finanza locale se non ci sarà una revisione dell’attuale ordinamento comunale e provinciale; e fino a quando non sarà riordinata la. finanza locale è inutile parlare di fi­ nanza regionale, giacché il riordinamento della prima è il presupposto della seconda.

E si badi che tutto questo attiene non solo ad un problema di razionalizzazione per così dire tecnica, ma risponde ad una precisa esigenza, giuridica, che è stata sottolineata. dall’ Unione delle P ro­ vince italiane, in un documento alla cui redazione hanno collaborato, fra gli altri, eminenti studiosi di diritto e di finanza (66) : « Occorre che le Regioni, dice quel documento, nascano nel quadro di una orga­ nica. e chiara attuazione dei principi della autonomia locale e della articolazione pluralistica di tale autonomia, statuiti dalla

Costitu-(65) Benvenuti, Per una nuova legge, cit., passim.

(66) Vedi lo scritto citato a nota 62, al quale hanno collaborato, fra gli altri, i professori Forte, Grosso e Steve.

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zione. Questa riconosce autonomia sia alle Regioni, come alle Pro­ vince, come ai Comuni. L ’autonomia locale voluta dalla Costituzione è dunque una autonomia pluralistica, articolata a livelli diversi e ciascun ordine di enti autonomi da essa previsti è indispensabile per questa struttura ».

Ora un progetto di legge sulla finanza regionale, come quello pro­ posto, che prescinde da una corretta riforma delia finanza locale (67), non è certamente nello spirito della Costituzione come non lo è ogni attività legislativa che continui, ad ignorare i rapporti costituzionali fra Regione ed enti locali.

La Costituzione non è il Corano : o la si attua o la si cambia (68).

(67) Si e fatto riferimento alla finanza locale solo nel senso che si è pensato di riservare aliai tassazione propria delle Regioni una parte del settore di imposizione degli enti locali esistenti. V. Relazione al progetto di legge ci- bdTo et nota T.

(68) Nella citata Relazione al progetto di legge si dice di voler attuare la__ norma costituzionale contenuta nell’art. 119 e di voler definire il contenuto elettivo della autonomia finanziaria regionale. E per attuare la Costituzione sono stati assunti i criteri generali forniti dalla Commissione Tupini (v

Re-mon? ,jrafie.? ÌL' imgg- 10. 11. 12). Il ragionamento della Commissione

f. st‘ to Press apoeo il seguente: le Regioni verranno a costare circa 220 mi- liardi ; il problema della finanza regionale si risolve quindi attribuendo ai nuovi enti tributi e compartecipazioni che diano presumibilmente un gettito di quella cifra. Da che cosa risulta la cifra di 220 miliardi? Dal trasferimento in sede a9 a SOStenuta oggi «»Ho Stato per le materie elencate nel-„Qir 1 1 im m Costituzione. De spese trasferite ammonterebbero, secondo un calcolo dell ISCO a circa 163 miliardi.

, , l ' a Commissione Tupmi non ignora però che il costo così calcolato non e tutto, perche vi e qualcosa di più che le Regioni verranno a spendere, <guel . pm ,.che yerra a «Pendersi inevitabilmente per iL fatto stesso della istitu­ zione di nuovi enti, sia pure estremamente contenuti sul piano burocratico nonché per la espansione naturale del fabbisogno che si determinerà a causa della ravvicinata considerazione di problemi in materie finora assoggettate ad una valutazione esclusivamente centralizzata ». « È evidente, per la Commissione la necessità che le Regioni facciano di più, sopratutto sul piano di una poli­ tica generale di sviluppo, regionalmente sensibilizzata ed articolata ».

Malgrado questi bei ragionamenti, quel di più, « la spesa effettivamente conseguente alla istituzione delle Regioni », è rappresentato da 57 miliardi cosi calcolati : nel bilancio delle Regioni a statuto speciale si è constatata una incidenza media del 34 % sull’ammontare complessivo della spesa, della voce «ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione». Applicando tale percentuale alla spesa presunta delle Regioni a statuto nor­ male risulta un costo aggiuntivo di 57 miliardi, che sommati ai 163 sopra detti danno un totale di 220 miliardi.

Orbene è inutile andare ad indagare se la scelta ilei tributi e delle com­ partecipazioni previsti dal progetto dì legge sia la più opportuna.

Il difetto, come si dice, è nel manico. È neU’aver ridotto a priori alle Regioni la possibilità di una valutazione autonomo dei problemi relativi alle materie di propria competenza. Dal momento che il problema è stato impostato in termini di trasferimento di spese si sono ridotte le funzioni costituzionali delle Regioni ad una serie di compiti predeterminati, mentre le funzioni re­ gionali sono date dalla competenza legislativa e dalla competenza

amministra-— 518 amministra-—

E se si decide di cambiarla, allora, si capisce, il discorso diventa tutto un altro.

En r ic o de. Mit a

A ssisten te nella U niversità Cattolica del S. Cuore

ti va rispetto a certe materie, vale a dire dalla capacità di assegnarsi e di perseguire, in base ad una valutazione propria, finalità proprie', in questo ri­ siede l’autonomia, secondo lo spirito della Costituzione.

Per una critica al progetto di legge, sia pure in un contesto diverso, si veda Pica, La finanza delle Regioni a statuto ordinario, Nord e Sud. 1963, n. 47 pagg. 33-34, là dove afferma che col sistema proposto si annullerebbe quasi del tutto l’autonomia delle Regioni di rintracciare entrate sufficienti a coprire gli incrementi di spesa che avessero a decidere : 1 autonomia finan­ ziaria verrebbe ad essere compressa entro limiti strettissimi.

SU L PR O B LEM A D E L L A C O S T IT U Z IO N A L IT À D E L L E L E G G I T R IB U T A R IE R E T R O A T T IV E (*)

¡sommario : 1. Sulla retroattività della legge in generale. Assenza di una espressa norma costituzionale di irretroattività per le leggi extrapenali. — 2. L’il­ legittimità delle leggi tributarie retroattive come possibile conseguenza del- Tincompatibilità con altre norme di diritto costituzionale. Impostazione del problema. -— 3. Irrilevanza di un richiamo all’art. 25 Cost. — 4. Irrilevanza di un richiamo all’art. 23 Cost. — 5. Irrilevanza di un richiamo1 all’art. 81 Cosi. 6. L’art. 53 Cost. e il principio di capacità contributiva. Precisa­ zioni preliminari. — 7. Segue: La capacità contributiva come capacità «attuale». —- 8. Segue: Se la capacità contributiva «a ttu a le» possa de­ sumersi da situazioni passate. Critica alla tesi affermativa. — 9. Segue : Insufficienza del riferimento ad una semplice « presunzione » di capacità contributiva attuale. — 10. Necessaria incompatibilità tra retroattività e principio di capacità contributiva. Consequenziale violazione del principio di uguaglianza e del principio della certezza del diritto. — 11. Valore giu­ ridico vincolante dell’art. 53, 1° comma, Cost.

N ell’ordinamento italiano anteriore alla promulgazione della Co­ stituzione, il principio d irretroattività della legge aveva trovato espressione, per quanto riguarda la materia penale, nelle disposi­ zioni di cui all’art. 2 dei codici penali del 1889 e del 1930 (« nessuno può essere punito per un l'atto che, secondo la legge del tempo in cui tu commesso, non costituiva reato »), e, in materia extrapenale, ne­ gli articoli 2 e 11 delle disposizioni sulla legge in generale, rispetti­ vamente del codice civile del 186o e del 1912 (<( la legge non dispone che per l ’ avvenire : essa non ha effetto retroattivo »).

Senza soffermarci sulle varie tesi avanzate dalla dottrina circa 1 effettiva portata e contenuto delle disposizioni in questione, è suffi­ ciente porre qui in rilievo il loro carattere di norme di grado ordina­ rio, come tali, quindi, suscettibili di deroga da parte della legge ordinaria. Peraltro, mentre in campo penale superiori esigenze in­ dussero il legislatore ad un pivi attento ed ossequioso rispetto del principio d’irretroattività (ad eccezione, naturalmente, del caso __

(*) II presente scritto riproduce, con gli opportuni aggiornamenti, un la­ voro pubblicato nel 1962, a circolazione ristretta, dal Laboratorio di Economia Politica dell’ Università di Torino, nel quadro delle attività del Seminario di Fi- nanza Pubblica di detto Istituto.

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espressamente contemplato dai citati articoli del codice penale — di legge più favorevole al reo), non si può dire elle uguale sensibilità legislativa si sia manifestata in campo extrapenale, ancorché dot­ trina e giurisprudenza ponessero in guardia il legislatore dal ricorso a provvedimenti retroattivi che potevano mettere in pericolo la stessa « certezza del diritto », cui non a caso tale problema soleva e suole essere riallacciato.

La concessione della Costituzione e l ’ elaborazione della stessa da parte dell’Assemblea costituente, in un periodo particolarmente fer­ vido di programmi e di spunti politici e sociali, riaccesero vivo il dibattito sui discusso tema. Comunque, il legislatore costituzionale ritenne di accogliere il principio della irretroattività della legge, qua­ le espresso principio costituzionale, solo per le leggi penali, espri­ mendone il testo all’art. 25, 2° comma, della Costituzione: « Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso » (e facendosi ovviamente eccezione per le norme penali più favorevoli al reo).

Rimase quindi ferma, in campo extrapenale, soltanto la regola di cui all’ art. 11 delle preleggi. Norma alla quale — come s’ è detto, e come oggi generalmente ammesso — non può assolutamente attri­ buirsi rilevanza costi! azionale, per la mancanza di un qualsiasi col- legamento con tale ordinamento, nè valore di un principio superiore vincolante il legislatore ordinario (1). Se, come vedremo, è possibile sostenere l ’ illegittimità di determinate leggi retroattive, ciò avverrà per effetto di altre norme, di diritto costituzionale, e non già in virtù del citato art. 11 delle preleggi.

Che la soluzione accolta dal legislatore costituzionale, in merito al problema della irretroattività della legge, risponda o meno a giu­ stificate concrete esigenze ; che tale soluzione, in altre parole, rap­ presenti o no l’ optimum realizzabile, è questione che riguarda il cam­

po della politica legislativa costituzionale, non il diritto come espres­ sione concreta e positiva di tale politica. Si tratta di considerazioni che potranno avere il loro peso in sede di eventuali emendamenti e 1

(1) Si vedano: Corte Cost.. 8 luglio 1957. u. 118, in Gitir. Cosi.. 1957, 1067 ; Id., SO dicembre 1958, n. 81, ivi, 1958, 1000 ; Io., 9 marzo 1959, n. 9, ivi, 1959, 237. Benché il prevalente indirizzo dottrinale e giurisprudenziale appaia in tal senso concorde, non sono tuttavia mancati tentativi di elevare la norma di cui al citato art. 11 delle preleggi alla funzione di un principio di grado su­ periore. Cfr., fra gli altri: Baklle P., in Note e pareri sull’irretroattività delle norme tributarie, in Dir. dell’Economia, 1957, 41. Per una critica al Bakile, v. Allorio, Breve trittico sulla retroattività delle norme tributarie, in Dir. Prat. Tnb,, 1957, I, 333,

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modifiche alla carta costituzionale, ma che, de iure (cosi.) co n d ito ,

non possono interessare l ’interprete : al quale non resta che prendere atto di tale soluzione e della inesistenza, nella vigente Costituzione, di una norma che sancisca un generale principio di irretroattività delle leggi extrapenali, tributarie o non tributarie. (2)

2. Se l ’attuale ordinamento costituzionale ha accolto il principio