• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 3 LA CORPORATE GOVERNANCE

3.3 La corporate governance nelle aziende familiari

3.3.2 L’Amministratore Indipendente

Nelle aziende familiari l’incremento della complessità della struttura proprietaria, derivante dall’ampliamento del numero dei familiari coinvolti o dall’apertura a soci non familiari, fa sì che anche il rapporto famiglia-impresa tenda a diventare più articolato e, con esso, il sistema di governance che ne è una espressione diretta. L’articolazione dei sistemi di governance delle aziende familiari non riflette solo le caratteristiche della struttura proprietaria, ma anche la dimensione dell’impresa e la sua complessità. E’ inevitabile che i sistemi di governo diventino oggetto di

86 C. SACCANI, Corporate Governance e competitività delle PMI, in Sistemi & Impresa, vol. 3, pp.

40 e ss.

87 N. LATTANZI, L. DAL MASO, A. MORELLI, Azienda Familiare e Scenari Competitivi.

Percorsi strategici, governo e misurazione del valore economico, op. cit., p. 95

70

un’adeguata progettazione – soprattutto all’aumentare della complessità della gestione dell’azienda in caso di deriva generazionale o raffreddamento dei soci – con possibili benefici anche a livello di performance aziendale.

Da qui si crea una distinzione tra socio attivo e socio non attivo, socio gestore e socio esclusivamente proprietario. Diverse possono essere le situazioni che si possono presentare, a seconda delle differenti combinazioni tra soci e amministratori che si riscontrano nei casi concreti.89

1. I soci coincidono con gli amministratori.

In questo caso il CdA è interamente composto da soci, per cui vi è una totale sovrapposizione fra assemblea dei soci e organo amministrativo; pertanto non solo l’assemblea, ma anche il CdA sarà legato al suo interno da vincoli di parentela. L’effetto più evidente sarà una complessiva chiusura all’esterno dell’azienda e del capitale. Non è infrequente che il CdA sia solo un organo formale che si riunisce unicamente per l’approvazione del bilancio di esercizio, da sottoporre all’assemblea dei soci.

Manca, inoltre, un sistema di deleghe e una struttura organizzativa. Fra i difetti si può riscontare un eccesso di democrazia familiare: sia le decisioni che la gestione si basano nell’interesse primario della famiglia. In questo caso si assiste a una logica del family first che soppianta totalmente la logica del business first.

Tuttavia è possibile riscontrare anche degli aspetti positivi come l’annullarsi dell’asimmetria informativa – essendovi una totale sovrapposizione della proprietà e controllo - e il fatto di essere proprietari e amministratori favorisce la realizzazione di programmi nel medio-lungo termine.90

2. I soci amministratori sono in numero maggiore rispetto agli amministratori non soci.

In questo caso il CdA è costituito sia da soci che da non soci, seppur in minoranza. La società per tanto si apre ad una capacità decisionale esterna, il che implica un

89 N. LATTANZI, L. DAL MASO, A. MORELLI, Azienda Familiare e Scenari Competitivi.

Percorsi strategici, governo e misurazione del valore economico, op. cit., p. 97

71

miglior funzionamento del CdA che deve orientarsi verso delibere e maggiore formalizzazione.

3. I soci amministratori sono in numero inferiore rispetto agli amministratori non soci.

Nel terzo caso si ha un’apertura ancora maggiore e all’interno della famiglia non si riesce a identificare un soggetto che sia un punto di riferimento. Di frequente in un contesto simile la logica prevalente è Business First, caratterizzata spesso dall’esclusione dal processo decisionale di alcuni membri della famiglia, in quanto non idonei, o più semplicemente in minoranza rispetto agli amministratori esterni.

4. Nessun socio amministratore.

L’assenza dei soci amministratori difficilmente si riscontra nella realtà delle aziende familiari. In tale situazione, la famiglia rimane in azienda ma si svincola completamente dalla gestione.

Nel complesso possiamo affermare che tanto più è rilevante il ruolo della famiglia fondatrice, tanto meno incisivo è il ruolo dell’amministratore non socio.

Tuttavia, indipendentemente dalla configurazione del rapporto tra assemblea ed organo di governo, è fondamentale che quest’ultimo sia un organo funzionante ed esplichi compiutamente i propri poteri. Questo si verifica attraverso la definizione di adeguate regole di corporate governance. La parola chiave è formalizzazione e comunicazione delle decisioni. Definiti gli obiettivi, il funzionamento del CdA passa attraverso la definizione delle responsabilità ed eventualmente, laddove le dimensioni aziendali lo richiedano, l’attribuzione di deleghe per lo svolgimento di funzioni concrete.

Affinché il CdA possa realmente esplicitare la funzione di governo societario strategico, è importante che le decisioni assunte siano valutate dai suoi componenti nell’ottica di ciò che è bene per l’azienda, e non anche di ciò che è bene per la famiglia.

Ci si chiede a questo punto se sia necessario formare un organo di governo a cui prendano parte, oltre ai soci appartenenti alla famiglia, anche amministratori

72

indipendenti, scelti fra professionisti di varie discipline91 e che vadano a ricoprire

nel CdA ruoli coerenti con quelle che sono le loro capacità e competenze.

Il ruolo dei membri esterni può essere quello di integrare con una prospettiva manageriale esterna la visione della famiglia proprietaria e del management. In linea di principio il ruolo di questi soggetti potrebbe essere significativo in qualità di arbitri tra famiglia e impresa, ma anche in sede di ricambio generazionale.92 Il CdA rappresenta il più importante organo di governo e di controllo dell’operato del management all’interno delle imprese. Due sono le tipologie di amministratori che possiamo trovarvi:

 amministratori esecutivi;  amministratori non esecutivi.

Gli amministratori esecutivi svolgono un ruolo attivo nel governo della Società, spesso ricoprono anche incarichi direttivi (Presidente del CdA e Amministratore Delegato), e possono essere soci o avere legami di altra natura con l’impresa. Gli amministratori non esecutivi invece non detengono funzioni direttive all’interno dell’impresa; anche questi possono essere soci o intrattenere rapporti di altra durata con la proprietà. La loro funzione è, in particolare, quella di portare all’interno della società competenze tecniche e professionali maturate all’esterno, in grado di arricchire le discussioni consiliari e contribuire a raggiungere decisioni meditate e consapevoli.

Va anche aggiunto che la capacità di autodeterminazione è una prerogativa di tutti gli amministratori, siano essi esecutivi, non esecutivi o indipendenti, in quanto chiunque ricopra la carica di amministratore deve possederla. E’ chiaro che i requisiti di indipendenza rafforzano l’autonomia con cui egli agisce, ma questo non deve comunque portare ad una confusione tra i due aspetti.

91 N. LATTANZI, L. DAL MASO, A. MORELLI, Azienda Familiare e Scenari Competitivi.

Percorsi strategici, governo e misurazione del valore economico, op. cit., pp. 97-100

92 N. LATTANZI, L. DAL MASO, A. MORELLI, Azienda Familiare e Scenari Competitivi.

73

Inoltre tutti gli amministratori hanno un competenza generale di governo della società, poiché costituiscono l’organo a cui sono affidati i compiti di gestione,93

direzione e controllo interno.

Spesso in letteratura si è affermato che il CdA dovrebbe essere composto con una maggioranza di amministratori indipendenti per separare le funzioni di gestione e di controllo.94 Il loro principale compito dovrebbe essere quello di vigilare sul comportamento degli amministratori esecutivi, al fine di evitare possibili deviazioni dall’interesse sociale e il conseguimento di obiettivi personali di arricchimento. I requisiti di indipendenza sostanziale dovrebbero realmente assicurare che gli amministratori che ne sono in possesso non abbiano alcun interesse in conflitto con il perseguimento del fine ultimo dell’impresa.

L’amministratore indipendente di per sé non garantisce l’efficienza degli organi di governo dell’impresa, ma la presenza di un adeguato numero di indipendenti può prevenire la realizzazione di comportamenti opportunistici, divenendo strumento a garanzia del corretto svolgimento delle attività aziendali.

La diffusione della figura dell’amministratore indipendente è legata all’introduzione del Codice di Autodisciplina – introdotto nel 1999 – nel quale si afferma che gli amministratori indipendenti rappresentano un sottoinsieme degli amministratori non esecutivi, in possesso di alcuni requisiti che ne assicurano l’indipendenza dall’azionista di controllo, di cui se ne raccomanda la presenza in un numero adeguato.95

Il ruolo di tali amministratori nelle aziende italiane non si limita solo al monitoraggio della gestione, dei controlli interni e dell’informazione finanziaria, il che li paragonerebbe esclusivamente a dei sindaci interni al CdA.

Gli indipendenti, in qualità di amministratoti, infatti, partecipano anche alla formulazione delle strategie aziendali e non si limitano alla ratifica di piani

93 L. ZINGALES, Interessi d’azienda e poltrone di comando, in Il Sole 24 ore, 14 novembre 2006 94 E. FAMA, M. JENSEN, Separation of ownership and control, in Journal of Law and Economics,

op. cit., pp. 301-325

95 Comitato per la Corporate Governance, Borsa Italiana S.p.A., Codice di autodisciplina delle

74

prestabiliti e, soprattutto, non dovrebbero approvarli senza un’adeguata analisi e discussione.

In un sistema come quello italiano caratterizzato dal ruolo rilevante degli azionisti di controllo, la presenza degli amministratori indipendenti ha assunto due connotazioni specifiche: la prevenzione dei conflitti di interesse tra socio di controllo e azionisti di minoranza, invece che tra management e azionariato, e il rapporto con l’attività di controllo tradizionalmente svolta dal collegio sindacale.96

La letteratura di governance, con riguardo ad ogni tipo di impresa, qualificabile o meno come impresa familiare, indica tra i principi fondamentale di buon governo l’inserimento di amministratori terzi, ossia di consiglieri che non appartengono né alla proprietà né al management.97 Il ruolo degli amministratori indipendenti si identifica in un contributo fornito nell’interesse dell’impresa nel suo complesso e non in funzione di interessi di parte, siano interessi della famiglia o dei manager.98 In generale agli amministratori indipendenti sono attribuibili tre tipologie di contributi all’interno delle aziende familiari:

i. in primo luogo, in termini di controllo, essi possono contribuire a stimolare il senso di autodisciplina e di responsabilità del capo azienda e del management, a monitorare il management, a favorire l’introduzione di strumenti di reporting più sofisticati, rigorosi e collegati alle performance manageriali, a vigilare sui conflitti di interesse e a proteggere gli interessi delle minoranze; ii. in secondo luogo, dal punto di vista strategico, il loro contributo può

consistere nell’apporto di esperienze e competenze a integrazione del patrimonio di conoscenze dell’impresa, grazie alle diversità di culture ed esperienze e alla maggior libertà nel sostenere le proprie idee, ma possono altresì fungere da interlocutori sfidanti nella fase di formulazione di obiettivi

96 S. MICOSSI, Il punto sugli amministratori indipendenti, Assemblea Annuale Nedcommunity,

Milano, Aprile 2010

97 P. MAZZOLA, D. MONTEMERLO, Gli amministratori indipendenti nelle imprese familiari,

Nedcommunity, pp. 33 e ss.

98 M.A. SCHWARTZ, L.B. BARNES, Outside Boards and Family Businesses: Another Look, in

75

e strategie e imparziali nella valutazione dei risultati; possono favorire un miglioramento della qualità dei processi decisionali, nonché delle relazioni con altri portatori di interesse nei confronti dell’impresa;

iii. il loro ruolo nelle aziende familiari, si apprezza in particolare nella gestione dei rapporti famiglia-impresa. In quanto possono favorire una corretta impostazione dei rapporti, una pianificazione tempestiva e professionale dei processi di avvicendamento generazionale nella proprietà, nel governo e nella direzione dell’impresa, la formazione dei successori, una gestione non tanto improntata all’emotività, quanto piuttosto alla “professionalità”, soprattutto laddove emergono delle tensioni tra i familiari soci, gestori o non gestori, di una stessa generazione o di generazioni diverse.99

Il rischio di conflitti infatti è una caratteristica propria dell’azienda familiare dal momento che, oltre a dover gestire tutte le problematiche che sono proprie di una qualsiasi attività di business, occorre aggiungere tutte quelle divergenze personali che nascono dal fatto di essere di famiglia.

Di seguito si riporta un estratto dal Codice di Autodisciplina 2011, circa l’indipendenza degli amministratori.

Il consiglio di amministrazione valuta l’indipendenza dei propri componenti non esecutivi avendo riguardo più alla sostanza che alla forma e tenendo presente che un amministratore non appare, di norma, indipendente nelle seguenti ipotesi, da considerarsi come non tassative:

a) se, direttamente o indirettamente, anche attraverso società controllate, fiduciari o interposta persona, controlla l’emittente o è in grado di esercitare su di esso un’influenza notevole, o partecipa a un patto parasociale attraverso il quale uno o più soggetti possono esercitare il controllo o un’influenza notevole sull’emittente;

b) se è, o è stato nei precedenti tre esercizi, un esponente di rilievo

99 P. MAZZOLA, D. MONTEMERLO, Gli amministratori indipendenti nelle imprese familiari,

76

dell’emittente, di una sua controllata avente rilevanza strategica o di una società sottoposta a comune controllo con l’emittente, ovvero di una società o di un ente che, anche insieme con altri attraverso un patto parasociale, controlla l’emittente o è in grado di esercitare sullo stesso un’influenza notevole;

c) se, direttamente o indirettamente (ad esempio attraverso società controllate o delle quali sia esponente di rilievo, ovvero in qualità di partner di uno studio professionale o di una società di consulenza), ha, o ha avuto nell’esercizio precedente, una significativa relazione commerciale, finanziaria o professionale:

- con l’emittente, una sua controllata, o con alcuno dei relativi esponenti di rilievo;

- con un soggetto che, anche insieme con altri attraverso un patto parasociale, controlla l’emittente, ovvero – trattandosi di società o ente – con i relativi esponenti di rilievo;

ovvero è, o è stato nei precedenti tre esercizi, lavoratore dipendente di uno dei predetti soggetti;

d) se riceve, o ha ricevuto nei precedenti tre esercizi, dall’emittente o da una società controllata o controllante una significativa remunerazione aggiuntiva (rispetto all’emolumento “fisso” di amministratore non esecutivo dell’emittente e al compenso per la partecipazione ai comitati raccomandati dal presente Codice) anche sotto forma di partecipazione a piani di incentivazione legati alla performance aziendale, anche a base azionaria; e) se è stato amministratore dell’emittente per più di nove anni negli ultimi

dodici anni;

f) se riveste la carica di amministratore esecutivo in un’altra società nella quale un amministratore esecutivo dell’emittente abbia un incarico di amministratore;

g) se è socio o amministratore di una società o di un’entità appartenente alla rete della società incaricata della revisione legale dell’emittente;

77

h) se è uno stretto familiare di una persona che si trovi in una delle situazioni di cui ai precedenti punti.100