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Il manager esterno: perché professionalizzare

CAPITOLO 3 LA CORPORATE GOVERNANCE

3.3 La corporate governance nelle aziende familiari

3.3.3 Il manager esterno: perché professionalizzare

In un’accezione semplice, professionalizzare significa assumere persone non appartenenti alla famiglia con particolari deleghe al management.101

Sui motivi che possono spingere un’azienda a professionalizzare il proprio management, Dyer ha individuato tre ragioni principali:

a) la mancanza di risorse e di capacità manageriali interne alla famiglia;

b) il cambiamento delle norme e dei valori che regolano le operazioni aziendali; c) l’acquisizione o lo sviluppo di un management esperto in grado di preparare

la successione.102

La crescita dell’azienda determina, di solito, un incremento delle sue dimensioni e della sua complessità gestionale. Ciò può determinare l’impossibilità per l’imprenditore, o per il gruppo imprenditoriale, di poter continuare ad occuparsi personalmente di tutto ciò che la gestione richiede. Questo avviene per due ordini di motivi:

 uno prettamente quantitativo, nel senso che l’entità del lavoro da svolgere non risulta più sostenibile da una o poche persone;

 l’altro di tipo qualitativo, legato al fatto che i membri della compagine imprenditoriale potrebbero non essere in possesso delle competenze necessarie.

100 Comitato per la Corporate Governance, Borsa Italiana S.p.A., Codice di autodisciplina delle

società quotate

101 A. STEWART, M.A. HITT, Why can’t a family business be more like a non family business?

Modes of professionalization in family firms., in Family Business Review, 25, 201, p. 60

102 W.G. DYER, Integrating professional management into a family owned business, in Family

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La professionalizzazione ha come finalità ultima quella di migliorare le condizioni di operatività delle aziende e quindi le loro performance, ed impone quindi l’adozione di strumenti e meccanismi di controllo sia a livello complessivo che dei professionisti impiegati.

Sarà necessario attribuire le funzioni di direzione a coloro che possiedono adeguate competenze in termini manageriali.

Nelle imprese familiari che intraprendono un percorso di professionalizzazione, si devono affrontare sostanzialmente due macro tipologie di problematiche, riferibili da un lato alla delega di compiti e funzioni verso persone non appartenenti alla famiglia, dall’altro all’integrazione tra manager familiari ed esterni.

Con riferimento al primo punto, la letteratura ritiene difficoltoso il processo di delega nelle aziende di piccola dimensione a causa della volontà dell’imprenditore di mantenere il controllo diretto sulla gestione; deve inoltre essere considerata la difficoltà di inserimento dei manager nella rete di rapporti fiduciari basati su relazioni affettive, intessuti all’interno della compagine familiare.

In secondo luogo, si pone il problema dell’integrazione tra manager esterni e membri della famiglia che ricoprono i ruoli proprietario e manageriale.103

Con l’inserimento di manager esterni si assiste a quel fenomeno che è molto diffuso nei paesi anglosassoni ed è chiamato “separazione tra proprietà e controllo”. Per spiegare le dinamiche che si vengono a creare tra azionisti e manager si fa riferimento alla teoria dell’agenzia. L’idea di base è che fra i due gruppi si viene a creare una relazione che è assimilabile a quello tra il principale e l’agente sulla base di un contratto di agenzia.

Gli azionisti – che si identificano con il principale – delegano al management – agente – la gestione dell’azienda. Il rischio maggiore insito in questo rapporto è che non sempre l’agente finirà per conseguire il maggior interesse per il principale.

103 L. DEL BENE, Processi di professionalizzazione delle imprese famigliari. Alcune evidenze

empiriche, in G. Fraquelli, C. Devecchi, Dinamiche di sviluppo e internazionalizzazione del family business, Il Mulino, 2008

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Vi è il rischio sia di divergenza di interessi che di un differente atteggiamento nei confronti del rischio. Inoltre l’agente detiene una mole di informazioni maggiore del suo principale. Da qui i rischi elaborati dalla teoria dell’agenzia:

 la difficoltà da parte del principale del controllo esaustivo delle attività dell’agente;

 l’esistenza di un incentivo dell’agente ad offrire una rappresentazione della realtà difforme da quella effettiva.

In base a questi due presupposti, la teoria prevede la generazione di due ordini di criticità: la selezione avversa e l’azzardo morale.

La selezione avversa può essere definita come il comportamento scorretto attuato da un soggetto nella fase di stipulazione delle relazioni contrattuali. In presenza di asimmetria informativa, egli fornirà informazioni inesatte o incomplete sulle proprie caratteristiche pur di ottenere l’incarico.

L’azzardo morale consiste nel comportamento scorretto attuato dall’agente nell’esecuzione delle proprie obbligazioni contrattuali, in presenza di asimmetria informativa che non consente al principale di verificare efficacemente se le prestazioni contrattuali siano state eseguite.

Tutto ciò determina l’insorgere dei cosiddetti costi di agenzia, costituiti principalmente da:

 i costi di controllo, derivanti dall’attività svolta dal principale per monitorare i comportamenti dell’agente;

 i costi di rassicurazione, relativi all’attività dell’agente volta a convincere il principale della bontà del suo comportamento;

 i costi residuali, rappresentati dal costo opportunità misurato dalla differenza tra il comportamento effettivo dell’agente e quello che tecnicamente avrebbe portato alla massimizzazione dell’utilità del principale.104

104 F. DI DONATO, Gli amministratori indipendenti. Corporate governance, earnings

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Naturalmente esistono dei modi per allineare gli interessi del management a quelli degli azionisti, come i premi di produzione o i piani di stock option.

Fra le altre teorie elaborate per descrivere il rapporto fra azionisti e management importante è anche la stewarship theory.105

In questo caso l’individuo è motivato dal bisogno di raggiungere una soddisfazione personale attraverso lo svolgimento di compiti sfidanti, l’ottenimento di successi, l’esercizio di responsabilità ed autorità ed ottenendone riconoscimento dai colleghi e dai superiori. In questo caso si viene a creare omogeneità di interessi tra i manager e l’organizzazione, o quanto meno che essi non siano divergenti.

Più a lungo il manager rimane nell’azienda, più finirà con l’identificarsi ad essa e a perseguirne gli interessi.

Il problema maggiore di quando si professionalizza è che non si può sapere quale dei due modelli prevarrà sull’altro, per tanto la soluzione migliore è quella di creare piani di incentivazione per il management, meccanismi di controllo e sistemi di governante.106

Fra i benefici derivanti dalla professionalizzazione si possono annoverare un ampliamento delle conoscenze e delle competenze a disposizione, la capacità di identificare e sfruttare nuovi business, la possibilità di separare maggiormente l’azienda dalla famiglia e apportare maggiore razionalità di giudizio in relazione ai fini dell’azienda.107

Per fare un esempio con la realtà industriale del nostro paese, Andrea Guerra, A.D. dal 2004 al settembre 2014 di Luxottica Group, può esserne considerato l’artefice del successo e della crescita internazionale.

105 J. DAVIS, R. SCHOORMAN, L. DONALDSON, Towards a stewarship theory of management,

in Academy Management Review, n. 22 , 1997

106 J. VAANANEN, Corporate Governance: mechanism to align interests of owners and manager,

PAPER PRESENTED TO Seminar in Business Strategy and International Business, University of Technology, Helsinki, February 2005, p. 4

107 J.H. BLOCK, How to pay non family managers in Large Family Firms: A principal-agent

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Nei 10 anni in cui ha ricoperto la carica di A.D., il fatturato del Gruppo è triplicato passando dai 2,8 miliardi del 2003, agli oltre 7 del 2013, e il valore del titolo Luxottica è cresciuto dai 14 Euro del 2003 ai 40 Euro del 2014. Da impresa italiana è stata trasformata in una azienda multinazionale.