Giovanna Ligugnana
SOMMARIO: 1. Il costo della giustizia e il concetto di Proportionate Dispute Resolution nel contesto della administrative justice inglese. - 2. La risoluzione delle controversie ad opera degli ombudsmen. Una soluzione ‘proporzionata’? - 3. La proporzionalità all’interno della giurisdizione: il caso Cart. - 4. Con- clusioni.
1. Il costo della giustizia e il concetto di Proportionate Dispute Resolu-
tion nel contesto della administrative justice inglese
Nell’ultimo ventennio il tema della giustizia e dei suoi costi per la società e per i singoli ha occupato uno spazio crescente nel dibattito politico e scientifico inglese.
L’esigenza di semplificazione e di riduzione dei costi della giustizia civile e, al contempo, l’emersione di una dimensione sociale ed eguali- taria della giustizia – intesa essenzialmente come tendenziale parità nelle possibilità di accesso a quest’ultima anche per le fasce sociali più deboli – ha condotto ad un’estesa attività normativa volta al migliora- mento delle condizioni di accesso alla giustizia civile in generale.
Così, accanto all’ampia riforma della procedura civile, avvenuta sul- la base dei lavori di Lord Woolf, allora al vertice del sistema giudiziario in veste di Lord Chief Justice, l’Access to Justice Act 1999 disponeva anche una serie di interventi volti a favorire e a migliorare l’attività di consulenza legale gratuita attraverso l’istituzione, a livello locale, di una rete di centri a finanziamento pubblico, prevalentemente rivolti ai
vulnerable groups e tendenzialmente specializzati nel settore dei servizi
di ricorso al Legal Aid, fondo pubblico istituito nel dopoguerra e desti- nato alla copertura delle spese legali dei soggetti a basso reddito.
Al contempo, sembrava maturare l’idea della giustizia stessa come servizio alla società (oltre che come diritto del singolo), ciò che, da un lato, ne incentivava l’utilizzazione da parte del numero più ampio pos- sibile di cittadini, dall’altro imponeva di effettuare alcune considerazio- ni in merito ai costi che tale servizio avrebbe potuto comportare per la collettività intera e non solo per il singolo “utente”. Il tutto si inseriva nella più ampia problematica del costo di accesso alla giurisdizione che, nel Regno Unito, è stato sempre molto elevato per il ricorrente, ciò che era stato espressamente riconosciuto dallo stesso Lord Woolf1.
La riforma della giustizia civile aveva peraltro toccato solo in parte la giustizia amministrativa, e cioè solo nelle (pur consistenti) aree in cui essa si sovrappone, dal punto di vista processuale, alla prima2.
Cinque anni dopo l’emanazione dell’Access to Justice Act 1999, il Governo britannico pubblicava un White Paper dal titolo Transforming
Public Services: Complaints, Redress and Tribunals3, in cui prospetta-
va – anche sulla scorta della proposta di riforma dei Tribunals sviluppa- ta da Sir Andrew Leggatt qualche anno prima4 – una revisione della
giustizia amministrativa non solo in senso meramente efficientistico, ma anche mutandone la prospettiva concettuale.
Administrative justice, in sostanza, non doveva significare solo la ri-
soluzione delle controversie con l’amministrazione: essa doveva invece estendersi alle stesse decisioni di quest’ultima. La giustizia comincia, insomma, dall’avere un provvedimento corretto e legittimo e laddove ciò non accada, e il cittadino abbia attivato un qualunque meccanismo
1 Cfr. L
ORD WOOLF, Access To Justice. Final Report, London, 1996. Detto report
seguiva un Interim Report, pubblicato l’anno precedente in cui si ritrovano già gran parte delle soluzioni contenute nel report finale.
2 Occorre qui ricordare che la giustizia amministrativa è stata per lungo tempo (e tuttora rimane) considerata come una “disciplina speciale” della giustizia civile.
3 Transforming Public Services: Complaints, Redress and Tribunals, London, 2004. Il White Paper era stato pubblicato a cura dell’allora esistente Department for Constitu- tional Affairs; oggi è reperibile in webarchive.nationalarchives.gov.uk.
4 Cfr. S
IR A.LEGGATT, Tribunals for Users. One System One Service, March 2001,
www.tribunals-review.org.uk, da cui è derivata la riforma contenuta nel Tribunals, Courts and Enforcement Act 2007.
di controllo (giustiziale o giurisdizionale) del provvedimento, l’ammi- nistrazione dovrebbe utilizzare tali meccanismi come una sorta di feed-
back sulla propria attività, correggendo gli eventuali malfunzionamenti: We are all entitled to receive correct decisions on our personal circum- stances; where a mistake occurs we are entitled to complain and to have the mistake put right with the minimum of difficulty; where there is un- certainty we are entitled to expect quick resolution of the issue; and we are entitled to expect that where things have gone wrong the system will learn from the problem and will do better in the future5.
Emerge, dal Libro Bianco, l’idea che un eventuale rapporto conflit- tuale con l’amministrazione debba essere gestito in modo semplice e (relativamente) poco dispendioso per il cittadino: tale concezione viene riassunta nel concetto di Proportionate Dispute Resolution (PDR), che indica, in breve, un sistema in cui non solo le controversie siano risolte rapidamente, ma anche che esse trovino una modalità di risoluzione compatibile con la loro complessità, valore e con l’importanza degli interessi in gioco.
Tutta la costruzione tendeva, in realtà, a tenere la giurisdizione (in- tesa come l’insieme delle Courts e dei Tribunals) indenne da quel cari- co di ricorsi che, per la relativa semplicità della questione controversa, avrebbero potuto essere risolti da altri soggetti e con diverse e più spe- dite modalità. Il riferimento è, in particolare, a quel complesso di “riso- lutori indipendenti” che caratterizzano da anni il panorama giustiziale inglese, a partire dai più noti Ombudsman fino al variegato e multifor- me universo degli Independent Complaints Handlers6.
L’intento che stava alla base della riforma della giustizia ammini- strativa, il cui frutto più rilevante è stato, nel 2007, la ristrutturazione dei Tribunals7, era quello di migliorare l’efficienza della gestione del
5 Transforming Public Services, cit., p. 3. 6 Sia in proposito consentito il rinvio a G.L
IGUGNANA, L’altra giustizia ammini-
strativa. Modelli ed esperienze d’oltremanica, Torino, 2010, p. 153 ss.
7 Sulla riforma ed i suoi effetti, cfr. M. M
ACCHIA; La riforma degli administrative
tribunals nel Regno Unito, in Riv. Trim. Dir. Pubb., 2009, p. 209 ss.; G. LIGUGNANA, Le
contenzioso e, al contempo (forse ancor più), quello di evitare il coin- volgimento del sistema giurisdizionale (e, in particolare, delle Corti superiori), ritenuto particolarmente costoso, laddove ciò non fosse ne- cessario. La giurisdizione, in altri termini, è vista come un servizio il cui costo, per il ricorrente e per la società, appare accettabile solo in presenza di controversie che richiedano, per la loro importanza, l’attiva- zione della relativa macchina8.
Tale concezione era stata ulteriormente sviluppata, alcuni anni dopo, dalla Law Commission, in relazione al settore degli alloggi9.
L’idea di una risoluzione proporzionata delle controversie non era peraltro una novità: lo stesso Lord Woolf, nella sua proposta di riforma della giustizia civile, vi era ricorso.
Quella riforma conteneva, in effetti, una divisione delle cause civili in diverse “classi” prevalentemente sulla base del valore di queste, ed associava ad ogni classe di causa una procedura più o meno semplifica- ta, quanto a tempi ed adempimenti processuali. La decisione circa l’in- clusione di una causa in una particolare classe spettava al giudice e non alle parti, secondo un approccio definito, per tale motivo, top-down10.
Nel suo Interim Report11, inoltre, Lord Woolf asseriva che, laddove
fossero esistite forme di risoluzione alternativa delle controversie, le
Proc. Amm., 2009, p. 432 ss.; G.LIGUGNANA, L’altra giustizia amministrativa, cit., p.
85 ss.
8 Cfr. Transforming public services, cit., p. 13: «Judicial review proceedings are complex and demanding and invariably require help and representation by solicitors and counsel. This is inevitably costly».
9 T
HE LAW COMMISSION, Housing: Proportionate Dispute Resolution, Cm 7377,
London, 2008, in www.lawcom.gov.uk.
10 La proposta (poi trasfusa nell’Access to Justice Act 1999) conteneva una triparti- zione delle cause civili a seconda del valore di queste, ma con potere del giudice di integrare tale criterio con quello della complessità e della rilevanza della stessa; a cia- scuna “classe di causa” era associata una data procedura: si ipotizzava così una small
claims jurisdiction per le controversie con un valore fino a £ 3.000 (poi elevate dalla
legge a 5.000); una fast track procedure, per le controversie sopra le £ 3.000 e fino a £ 10.000 (divenute poi £ 15.000), con procedura semplificata, costo fisso per le parti e termini prestabiliti per l’emanazione della sentenza, e una multi-track procedure per le liti di valore superiore, a procedura ordinaria e con ampi poteri di case management del giudice.
parti avrebbero dovuto essere incoraggiate a servirsi di queste ultime prima di iniziare l’iter processuale dinanzi alla corte.
Nel caso delle controversie con l’amministrazione, tuttavia, il con- cetto di PDR viene in qualche modo trasformato nella sua costruzione, anche se, nel White Paper governativo poco sopra citato, non risulta mai chiaramente definito. Poiché però la riforma della giustizia ammi- nistrativa (come sopra intesa) ha al suo centro le esigenze del cittadino, dovrebbe essere quest’ultimo a scegliere il mezzo giustiziale più conso- no a risolvere la controversia, secondo un percorso che, idealmente, va dal basso verso l’alto (approccio c.d. bottom-up).
I primi commenti dottrinali seguiti alla pubblicazione del White Pa-
per avevano subito rilevato i potenziali problemi connessi a tale conce-
zione: il cittadino che decida di contestare la decisione sfavorevole del- l’amministrazione, spesso non è consapevole né del “se” vi sia stata il- legittimità – e, in caso affermativo, quale sia il vizio –, né del risultato che egli può ottenere con il rimedio giustiziale da scegliere12.
Del resto, l’utilizzo di una metodologia di tipo top-down, come nella giustizia civile non avrebbe probabilmente potuto trovare applicazione nelle controversie amministrative, dove è assai più arduo stabilire il valore della causa e le parti in lite si trovano in posizione di parità spes- so solo formale e non sostanziale.
Come poco sopra accennato, il tema della PDR è stato successiva- mente sviluppato e precisato dalla Law Commission nel 2008, attraver- so la pubblicazione di un Issues Paper dedicato alla risoluzione delle controversie nel settore housing13.
In tale sede si proponeva una nuova via per la gestione delle situa- zioni conflittuali, che andava sotto il nome di triage plus. Il concetto di
triage presupponeva (al pari di ciò che avviene in campo medico da cui
il termine è tratto) la presenza di un soggetto dotato della necessaria competenza (triage provider) che indirizzi il privato verso la modalità di risoluzione della controversia più efficiente sia in termini di risultato sia di costi. Il termine plus indicava l’ulteriore funzione dello strumento
12 Cfr. M. A
DLER, Tribunal Reform: Proportionate Dispute Resolution and the Pur-
suit of Administrative Justice, in Modern Law Review, 2006, p. 958 ss.
13 Supra, nt. 9. Cfr., in proposito, M.A
DLER, The Idea of Proportionality in Dispute
e cioè la sua attitudine al miglioramento generale delle decisioni ammi- nistrative attraverso un meccanismo di feedback proveniente dalla riso- luzione della controversia e del problema su cui essa si basava14.
Come è possibile notare, il perno di tale sistema è in realtà il triage
provider, cioè il soggetto che, valutata la natura della controversia ed il
suo possibile esito, decide quale sia la strada più opportuna da percorre- re per risolverla. Tale ruolo era stato individuato dalla stessa Law Com- mission in capo ai vari Community Legal Advice Centres (CLACs) e Community Legal Advice Networks (CLANs). Si tratta di organizza- zioni finanziate da fondi pubblici centrali o locali che si affiancano alle varie organizzazioni private non profit (charities)15, con lo scopo di of-
frire consulenza legale a soggetti a basso reddito (che, dunque, non avrebbero potuto avere accesso alle normali consulenze legali profes- sionali) soprattutto nel campo del c.d. social welfare, comprensivo di tutta l’area dei sussidi, degli alloggi, dei rapporti debitori, dei rapporti di lavoro e di famiglia16.
Sul fatto che tali soggetti avrebbero potuto svolgere efficacemente la funzione di triage plus – comprensiva cioè di quel supporto alla qualità delle decisioni future dell’amministrazione e della giurisdizione che avrebbe dovuto discendere dalla gestione del contenzioso – parte della dottrina aveva espresso seri dubbi, dal momento che il numero di casi
14 Il meccanismo di triage plus, infatti, si componeva delle seguenti fasi: signpost-
ing, cioè la “diagnosi iniziale” della situazione conflittuale e la valutazione delle relati-
ve opzioni risolutive; intelligence-gathering and oversight, cioè l’individuazione di eventuali problematiche generali o di sistema a partire dal caso concreto; feedback, ovvero l’utilizzo delle informazioni non solo per migliorare le future decisioni dell’am- ministrazione ma, più in generale, per costituire una serie di soluzioni utilizzabili da tutto il circuito del contenzioso, comprese le Corti, i Tribunals e gli Ombudsmen.
15 Occorre precisare che il termine charities in senso stretto identifica solamente una parte del più ampio settore non profit. Le charities infatti (perlomeno quelle con sede in Inghilterra e Galles) sono soggette alla vigilanza della Charities Commission e godono di particolari vantaggi fiscali, ciò che comporta il possesso di determinati requi- siti previsti dalla legge (Charities Act 2011), requisiti la cui sussistenza impone anche l’inserimento negli elenchi tenuti dalla stessa Commission.
16 Il primo CLAC è stato istituito nel 2007. Nell’anno successivo sono divenuti ope- rativi altri cinque centri (rispettivamente a Gateshead, Leicester, Derby, Portsmouth e Hull). A fine 2010 operavano in totale otto CLACs e due CLANs.
trattati dai Centres sarebbe stato comunque limitato, anche volendo estendere l’attività di questi al di fuori del settore housing17: l’attività
dai centri, al pari, del resto, di quella offerta dalle charities che operano nello stesso campo, non pare essersi mai spinta al di là della normale consulenza alle parti interessate, come appare anche dai più recenti stu- di circa l’efficacia del loro operato18.
Sull’attività dei centri, inoltre, ha inciso fortemente il problema del finanziamento: essi, infatti, traggono le proprie risorse da fondi pubblici statali, locali e, nel caso delle charities, anche dalle erogazioni liberali di privati. I recenti e consistenti tagli alle spese che fanno capo al Min- istry of Justice, tagli imposti dal Governo nel quadro della complessiva riduzione della spesa pubblica, hanno, infatti, indotto a prevedere non solo una drastica riduzione delle attività dei centri di consulenza ma, più in generale, l’estromissione di parte dei cittadini dall’accesso alla giustizia19.
Del resto, è lo stesso Ministero ad ammettere che il taglio delle ri- sorse destinate al Legal Aid, cioè al fondo pubblico destinato (prevalen- temente) al rimborso delle spese legali dei soggetti a basso reddito, si inserisce nel più ampio obiettivo di riduzione dei costi della “litigiosità” (intesa come risoluzione in via contenziosa delle controversie) che sa- rebbe in qualche modo incentivata dalla disponibilità di accesso alle
17 Cfr. M. A
DLER, The Idea of Proportionality, cit., p. 318.
18 Il recente taglio dei fondi pubblici destinati al Legal Aid e ai centri di consulenza ha costituito l’occasione per la pubblicazione di numerosi studi sul funzionamento e sul ruolo di tali centri e sull’impatto che i mancati finanziamenti avranno sulla risoluzione delle controversie nelle fasce più deboli della società. Cfr., ad esempio, D. MORRIS, W. BARR,
The impact of cuts in legal aid funding on charities, in Journal of Social Welfare & Family Law, 2013, p. 79 ss.; A. BUCK, M. SMITH, Back for the future: a client centred
analysis of social welfare and family law provision, in Journal of Social Welfare & Family Law, 2013, p. 95 ss.; H. SOMMERLAD, P. SANDERSON, Social justice on the mar-
gins: the future of the non for profit sector as providers of legal advice in England and Wales, in Journal of Social Welfare & Family Law, 2013, p. 305 ss.
19 Senza potersi troppo addentrare nella complessa tematica dei tagli recentemente imposti al Legal Aid, basti qui osservare che il Legal Aid, Sentencing and Punishment of Offenders (LASPO) Act 2012, entrato in vigore l’anno successivo, ha previsto consi- stenti restrizioni sia nei criteri di accesso degli individui al fondo per il rimborso delle spese legali, sia nelle aree in cui la consulenza legale può essere rimborsata a carico del fondo.
risorse pubbliche (almeno per quella parte di popolazione avente i re- quisiti di accessibilità)20.
Ma, al di là di ciò, e nonostante che la riduzione complessiva delle risorse pubbliche (centrali e locali) da destinare alla consulenza legale comporti presumibilmente una serie di ricadute sul panorama giustizia- le inglese, l’impatto delle quali appare ancora incerto, è comunque da rilevare che l’attività svolta dai vari centri di consulenza non ha mai veramente trovato corrispondenza con il disegno di una giustizia ammi- nistrativa proporzionata tracciato dieci anni orsono dal governo.
I centri di consulenza legale, infatti, proprio per la loro intrinseca destinazione alle categorie sociali più deboli, si sono ritrovati a gestire settori limitati di controversie che sono, tra l’altro, per una buona parte di natura privatistica (tipico il caso dei conflitti familiari) o mista21.
Se non pare possibile ad oggi affermare la realizzazione di quella “teoria proporzionalistica” della giustizia amministrativa, non significa però che l’ordinamento britannico non si sia mosso (e si stia tuttora muovendo), di fatto, verso quell’obiettivo. Il panorama giustiziale in- glese già da tempo presenta, in effetti, alcune forme di proporzionalità che emergono fuori e (di recente, anche) dentro lo stesso sistema giuri- sdizionale.
Da un lato, infatti, si possono distinguere le controversie affidate al- la risoluzione degli ombudsmen, perché fondate su ipotesi di malad-
ministration, da quelle che consentono il ricorso alle Courts, presentan-
do veri e propri grounds for judicial review, e dai casi (previsti dalla legge) in cui è possibile il ricorso ai Tribunals.
20 M
INISTRY OF JUSTICE, Proposal for the reform of legal aid in England and Wales,
consultation paper CP12/10, London, 2010, reperibile in www.justice.gov.uk.
21 In realtà gran parte delle problematiche giuridiche gestite dai centri di consulenza si rivelano “complesse” poiché la controversia nata come “privatistica”, come ad esem- pio le cause di famiglia o di estinzione di rapporti obbligatori può recare con sé una controversia pubblicistica ad esempio, in relazione all’assegnazione di alloggi o all’ac- cesso ai sussidi o ad altri servizi sociali.
Dall’altro, il criterio della proporzionalità è recentemente emerso al- l’interno della giurisdizione amministrativa ed è riferito, come si vedrà, al rapporto tra Tribunals (in particolare l’Upper Tribunal) e le Courts22.
Nell’uno e nell’altro caso, l’ordinamento è alla ricerca della soluzio- ne più efficiente, che conduca al risparmio della risorsa giurisdizionale più scarsa e dispendiosa, cioè l’intervento delle Corti.
2. La risoluzione delle controversie ad opera degli ombudsmen. Una soluzione ‘proporzionata’?
Come poco sopra accennato, la visione della giustizia amministrati- va recentemente accolta dal sistema britannico è ampia e tendente alla creazione di una sorta di circuito virtuoso dal conflitto all’azione, un circuito in cui la risoluzione della controversia tra privato e ammini- strazione costituisca l’occasione, per quest’ultima, di migliorare la “qualità” delle proprie decisioni future. Ciò, a sua volta, dovrebbe con- sentire una graduale e generale riduzione della conflittualità e dei rela- tivi costi.
In tale contesto si inserisce pienamente il concetto di PDR: quanto più, infatti, la risoluzione delle controversie può essere effettuata al di fuori della giurisdizione, tanto più alto sarà il risparmio in termini di costi per il privato e per la società.
Naturalmente, ciò comporta la presenza di diversi attori nel campo della risoluzione delle controversie con l’amministrazione: una posizio- ne speciale, tra questi, è assunta dagli ombudsmen, la cui capacità “per- suasiva” nei confronti delle amministrazioni assume una particolare incisività sui comportamenti e, più in generale, sull’azione di queste, consentendo quel ritorno in termini di qualità dei provvedimenti di cui sopra si diceva. Inoltre, nella misura in cui l’attività risolutiva dell’om- budsman soddisfi le esigenze giustiziali del cittadino, esso si inserisce a pieno titolo nel sistema della PDR.
22 Su cui cfr. R. C
ARANTA, Administrative Tribunals e Courts in Inghilterra (e Gal-
les) e M.P. CHITI, La giustizia nell’amministrazione. Il curioso caso degli Administra-
Nel panorama della giustizia amministrativa inglese odierna, gli