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I RICORSI DINANZI ALLE AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENT

Marcello Clarich

Il tema che ci è stato affidato nell’ultima sessione si ricollega alle precedenti, anche se ha una sua specificità, soprattutto rispetto alle rela- zioni che hanno avuto a oggetto i ricorsi amministrativi. Qui il settore è strutturalmente diverso: quando si parla di ricorsi amministrativi, siamo di fronte ad una relazione di tipo verticale tra autorità amministrativa e destinatario di un provvedimento, che ha poi i suoi mezzi di tutela nei confronti della stessa amministrazione. Quando ci spostiamo nel settore delle procedure paragiurisdizionali – chiamiamole convenzionalmente così – davanti alle autorità indipendenti, in realtà gran parte delle situa- zioni sono quelle in cui l’autorità indipendente svolge la funzione arbi- trale tra soggetti privati che vantano rispettive pretese. In un certo sen- so, qui le parti propugnano le proprie tesi in contraddittorio, in una di- mensione un po’ diversa e più semplice, che ne spiega forse il successo, caratterizzata dal fatto che l’amministrazione non è chiamata a ripensa- re i propri provvedimenti.

Avvicinandoci al tema, bisogna osservare che questo fenomeno è in amplissima espansione e ha una base comunitaria ormai estremamente rilevante. Tutte le direttive di settore (comunicazione, energia elettrica e così via) prevedono organi paragiurisdizionali o di mediazione, o simili, chiamati in vari modi, concepiti come strumenti ulteriori di tutela del- l’utente, del consumatore, del cliente. Rientra perciò in quella logica, in espansione degli ultimi anni, di tutela del consumatore, che sappiamo essere un ambito in cui l’Unione europea è intervenuta massicciamente per rafforzare la tutela di questi soggetti nei confronti delle imprese nei diversi ambiti (dalla finanza ai servizi pubblici nazionali, e così via).

Se guardiamo ai settori principali solo descrittivamente, abbiamo si- stemi ormai consolidati nel settore finanziario (Banca d’Italia, ISVAP, COVI); nei grandi servizi pubblici i settori più consolidati sono quelli

dell’Autorità per il gas e l’energia elettrica, dell’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni; ci sono anche degli altri settori (si pensi all’Auto- rità per i trasporti) in cui una disciplina in tal senso si sta profilando. Inoltre, aggiungerei, in tale contesto, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (ora sostituita dall’Autorità anticorruzione) che, forzando un po’ la norma del codice, interpreta il potere di esprimere pareri sulle procedure in corso come una attività paragiurisdizionale in contraddit- torio tra la stazione appaltante e l’impresa. Perciò siamo di fronte ad un ventaglio molto ampio di regolazione che copre sia settori come quello finanziario, sia settori pubblici, in cui i fallimenti di mercato sono più marcati.

Le considerazioni trasversali sui vari settori che si possono fare sono varie.

Questa funzione si inserisce bene nelle attività delle autorità indi- pendenti, che tagliano in orizzontale il principio della separazione dei poteri: esercitano funzione di regolazione generale e astratta (atti am- ministrativi e regolamenti), la applicano ai casi concreti e svolgono at- tività paragiurisdizionali. Il modello delle autorità indipendenti è forse quello che è più propenso a sperimentare con successo questi meccani- smi. Sappiamo che la stessa natura delle attività indipendenti è stata oggetto di discussione; la tesi della paragiurisdizionalità è stata un po’ ridotta ma resta indubbio che si tratta di amministrazioni che hanno caratteristiche che le avvicinano di per sé a organi se non giurisdiziona- li, certamente diversi dal modello di amministrazione burocratica tradi- zionale.

Le procedure più particolari, come abbiamo già detto, hanno la loro fonte in norme di vario rango: abbiamo le fonti comunitarie, che obbli- gano gli Stati ad inserire negli specifici settori regolati le direttive di settore (come quella del 2009 in materia di energia elettrica e gas); a valle delle direttive europee in gran parte dei casi abbiamo almeno un fondamento legislativo interno di rango primario. Nel caso della Banca d’Italia, per esempio, l’arbitro finanziario trova un riferimento preciso nel Testo Unico per le leggi bancarie e creditizie come strumento di adesione obbligatoria, cui gli istituti di credito devono aderire obbliga- toriamente, onde evitare di incorrere in sanzioni amministrative o in altri provvedimenti di vigilanza. Gran parte però della disciplina minuta

è contenuta in delibere delle stesse autorità; nella gran parte dei casi, come per la Banca d’Italia, la copertura normativa è rappresentata dalla disciplina degli istituti del credito e del risparmio. Predominano però quantitativamente le fonti sub-legislative. Questo è stato ritenuto rile- vante in una sentenza della Corte costituzionale, la 2011/218, nella qua- le l’arbitro finanziario aveva provato ad autoqualificarsi organo giuri- sdizionale allo scopo di poter sollevare la questione di legittimità costi- tuzionale. La Corte, sulla base di vari indizi, ha deciso la questione os- servando, tra gli argomenti importanti, che queste procedure non trova- no la propria disciplina in fonti di rango primario, come accade invece per le procedure giurisdizionali. Questo elemento, come sappiamo, è dunque considerato fondamentale per stabilire la natura giurisdizionale o meno di un’attività, così che la Corte giunge ad argomentare le pro- prie conclusioni mediante un procedimento indiziario.

Altro punto trasversale è che le procedure si trovano in una posizio- ne intermedia tra altri modelli di tutela dei consumatori, degli utenti del servizio. Da un lato c’è la forma classica delle tutele giurisdizionali: qui c’è tutto il tema delle attività paragiurisdizionali come condizione o meno di procedibilità in sede giurisdizionale. Abbiamo alcuni casi, co- me il CORECOM, dove il sistema paragiurisdizionale è in linea con la mediazione in ambito civile, per cui è condizione di procedibilità alme- no il tentativo della proposizione della domanda giudiziaria. Da un lato quindi abbiamo la tutela giurisdizionale che deve essere comunque sempre garantita, perché anche i provvedimenti delle autorità nell’eser- cizio della funzione paragiurisdizionale sono normalmente impugnabili, secondo le regole generali, davanti al giudice amministrativo. Dall’altro si hanno queste forme di tutela dei consumatori e dei clienti previste presso gli stessi operatori, sotto forma di reclami, che molto spesso di- ventano addirittura propedeutiche, costituiscono cioè un presupposto necessario per agire poi di fronte alla autorità paragiurisdizionale. Ciò accade anche per le banche o le assicurazioni, perché si ritiene che deb- bano essere inserite delle forme di tutela efficace per il consumatore soprattutto nel caso di piccole disfunzioni. Nel caso della Banca d’Ita- lia, per esempio, è previsto addirittura che gli istituti di credito abbiano un servizio interno per esaminare i reclami e un personale aggiornato sugli orientamenti” giurisprudenziali” degli arbitri finanziari presso le

aziende. Si stabilisce così un raccordo tra tutela presso le aziende e presso le autorità di regolazione. E poi vi è l’altro raccordo, e qui vi è una variazione tra i singoli settori, con procedure di tipo di accordo conciliativo-alternativo (ad esempio presso le camere di commercio per il CORECOM) oppure arbitrali, previste nei contratti tra gli operatori. Ad esempio è importante il modello per l’Autorità per l’energia elettri- ca e il gas dove si è definito un meccanismo di negoziazione paritetica volontaria, che vede i grandi gestori dei servizi che si mettono d’accor- do con le associazioni dei consumatori per risolvere tra di loro le con- troversie in modo paritetico: qui la controversia non è tanto risolta da un collegio composto di arbitri, ma da due soggetti uno nominato dal- l’impresa e uno dall’associazione dei consumatori. Ciò lo distingue dal- l’altra tipologia di conciliazione, dove interviene lo stesso organo e vi è una composizione diversa del collegio. C’è quindi varietà e forse disor- dine nella composizione tra i modelli di tutela non giurisdizionale.

Un altro punto importante riguarda il modo in cui la funzione arbi- trale si può raccordare con le altre funzioni delle regolazioni del settore. Per esempio l’Autorità per la garanzia nelle comunicazioni stabilisce, in una norma del codice per le discipline elettroniche relativa alle attività paragiurisdizionali per le liti tra gli operatori che, nel risolvere le con- troversie, l’autorità persegue i fini della regolazione. Come si concilia tale affermazione? Se l’autorità decide una controversia tra gli operatori per l’accesso alla rete, deve fare giustizia oppure può piegare la giusti- zia in ordine alle finalità della regolazione? Noi sappiamo che le autho- rities del modello anglosassone esercitano due funzioni fondamentali: l’attività normativa e quella di adjudication caso per caso. Però c’è qualcosa che rimane di difficile composizione: quando un’impresa si rivolge all’autorità desidera che la sua situazione di diritto venga tutela- ta in quanto tale, e non piegata ad esigenze più generali. È un punto perciò di difficile composizione. Queste attività si collegano poi neces- sariamente alle funzioni generali delle autorità. Per esempio, nel caso delle assicurazioni, c’è un obbligo di registrare tutti i reclami, anche quelli interni alla singola compagnia di assicurazione, con una reporti- stica all’attività di vigilanza che ovviamente tiene conto dei comporta- menti seriali nei rapporti con la clientela ai fini dell’esercizio dei poteri di vigilanza, inclusi in alcuni casi anche quelli sanzionatori. Il reclamo

può perciò essere anche un meccanismo che favorisce la conoscibilità di comportamenti suscettibili di essere valutati poi al di fuori della pro- cedura per l’assunzione di provvedimenti di vigilanza.

Ulteriore punto è la distinzione fondamentale tra due tipologie di liti delle quali si occupano le autorità, che hanno logiche profondamente diverse. Il primo è il settore principale che è quello della tutela dei con- sumatori-utenti; l’altro è il modello della regolazione delle liti tra gli operatori delle imprese del settore, come nel caso di contratti di inter- connessione in materia di comunicazione elettronica o nel settore del- l’energia elettrica e del gas per l’accesso dei produttori alla rete di di- stribuzione (dove si è fuori dall’ambito dei rapporti con il consumatore, e si è nel modello di regolazione pro-concorrenziale, in cui le regole e i contratti devono comporre un sistema in cui possa operare la concor- renza, dato che qui la mancata concessione dell’accesso alla rete al pic- colo operatore gli impedisce di esercitare le sue attività).

Queste procedure che riguardano gli operatori assomigliano molto di più, anche come disciplina positiva delle autorità, a procedure di tipo giurisdizionale: il contraddittorio è particolarmente garantito, anche nella forma orale, le decisioni sono vincolanti e sono previsti anche provvedimenti cautelari, in presenza di urgenti motivi che mettano in crisi l’attività d’impresa. Nel caso invece dei consumatori, la logica è diversa: si hanno procedure molto più snelle, talvolta, come nel settore del gas, gestite anche elettronicamente.

Quindi abbiamo due tipologie di risoluzione delle controversie strut- turalmente e proceduralmente diversificate.

Altro punto è il fatto che non tutte le procedure sono uguali: dalla semplice raccolta di esposti che instaurano un meccanismo di richiesta al gestore del servizio di chiarimenti, a procedure conciliative in senso proprio, a procedure che hanno esito in decisioni vincolanti, a modalità ulteriori. Per esempio nella CONSOB la camera di conciliazione arbi- trale di servizio contempla procedure conciliative e arbitrali gestite da arbitri nominati dalle parti; nel caso dei contratti con il settore pubblico abbiamo invece il diverso istituto della camera arbitrale presso la came- ra di vigilanza.

Altro punto, ancora, è l’obbligatorietà o meno dell’adesione. Come detto prima, nel settore bancario gli istituti di credito devono prevedere

lo strumento conciliativo dell’arbitro finanziario o bancario. Altri tipi di procedure non sono invece obbligatorie, come quelle davanti all’autori- tà di vigilanza dei contratti con il settore pubblico (ora ANAC) che con- clude con un parere autorevole (dunque un atto non vincolante) cui la stazione appaltante non è obbligata ad aderire (però se aderisce deve anche vincolarsi a non aggiudicare prima della conclusione della proce- dura, cercando così di recuperare l’effettività della decisione su base volontaria). Ovviamente si cerca di incentivare l’adesione tramite pro- tocolli d’intesa e altri strumenti che assicurino di dare maggiore svilup- po a queste attività. Per esempio l’Autorità dell’energia e del gas deve impiegare una quota delle somme che riceve a titolo di sanzioni ammi- nistrative per incentivare queste tipologie di conciliazioni alternative alla giurisdizione.

Il contraddittorio è generalmente molto più semplificato rispetto a quello previsto in altre procedure; è generalmente scritto e solo in pochi casi è possibile la forma orale. Per esempio, davanti all’Autorità di vigi- lanza dei contratti pubblici si prevede un procedimento anche orale si- mile a quello che può aversi dinanzi ad un giudice amministrativo. Le decisioni possono essere vincolanti o con un grado di persuasività va- riabile. Nel caso dell’arbitro finanziario bancario non c’è un obbligo di conformazione, ma se la banca non si conforma tale dato diventa di dominio pubblico attraverso la pubblicazione nel sito e nelle due testate nazionali maggiori. Perciò diviene un fatto reputazionale, nel famoso

name, come modello rivelatorio informale. Gli esiti possono perciò es-

sere i più vari. Anche le decisioni vincolanti, in ogni caso, sono deci- sioni amministrative e quindi suscettibili di essere impugnate di regola davanti al giudice amministrativo.

Ultimo punto è la questione delle situazioni giuridiche soggettive. Queste tipologie di procedure non costituiscono deroghe inammissibili alla giurisdizione, perché si tratta di diritti disponibili e di obblighi, per- ciò di posizioni paritarie-privatistiche Solo nel caso dell’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (ora ANAC) siamo al cospetto di situa- zioni che noi identificheremo di interesse legittimo. A ciò si collega il tema, che forse andrebbe ristudiato, dell’indisponibilità o meno delle situazioni giuridiche di diritto pubblico, che qui non ha un rilievo cen- trale, ma che diverrebbe fondamentale laddove si intendesse ripensare

complessivamente il sistema delle ADR in funzione deflattiva del con- tenzioso del giudice amministrativo.

Quella che abbiamo tratteggiato è un’esperienza molto variegata e in piena espansione; sarebbe opportuno un intervento riformatore che ra- zionalizzasse le singole procedure, nate in modo disparato, così da in- dividuare modelli comuni da sottoporre a regole più armonizzate. So di parlare di un libro dei sogni di un razionalista-illuminista: anche nei punti del programma di Renzi ciò è stato auspicato, ma è lecito ritenere che un’effettiva armonizzazione di queste procedure pare difficile da realizzare.