• Non ci sono risultati.

Ampiezza, durata e limiti del brevetto in funzione della concorrenza per

Capitolo II: Law and Economics nei Reverse Payment Settlements

2.3 La proprietà industriale: ‘inventare per concorrenza’ o ‘copiare la

2.3.1 Ampiezza, durata e limiti del brevetto in funzione della concorrenza per

Abbiamo visto che fisiologicamente la concorrenza per l’innovazione determina l’imposizione nel mercato di un innovatore-monopolista per un dato e limitato periodo di tempo51, in funzione del quale si concretizza l’entità dell’incentivo ad innovare (riferendosi alla figura 6: surplus dell’area B moltiplicato per un periodo di tempo T). Ciononostante, è altrettanto fisiologico che l’innovatore vedrà ar-rivare nel mercato una serie di prodotti sostituti del proprio: ciò è giu-sto, poiché altrimenti la privativa finirebbe per perdere quel connota-to di positività concorrenziale che gli abbiamo attribuiconnota-to. Nel periodo

sottovaluti, nelle intuizioni filosofiche della proprietà intellettuale di matrice più antica, come il giusnaturalismo Lockiano ed il personalismo Hegeliano.

50 Si rileggano con attenzione le parole del grande economista di scuola austriaca

FRITZ MACHLUP, An economic review of the patent system, 1958, che, chiamato ad

esprimersi sulla bontà del sistema brevettuale statunitense da parte del governo, concluse che “If we did not have a patent system, it would be irresponsible, on the basis of our present knowledge of its economic consequences, to recommend instituting one. But since we have had a patent system for a long time, it would be irresponsible, on the basis of our present knowledge, to recommend abolishing it”.

51 Negli Stati Uniti pari a 20 anni. La scelta, sia pur comune con quella di altri Pae-si, è sovente messa in discussione: molta dottrina economica sottolinea come sa-rebbe più opportuno che la durata del brevetto fosse parametrata alla curva di domanda di ogni specifica invenzione; solo in tal modo infatti sarebbe possibile ottenere il minor sacrificio di surplus possibile, pur mantenendo l’incentivo effi-ciente. Questa teoria, di certo convincente ed affascinante, può però peccare di concretezza: la strutturazione di molte invenzioni moderne richiede una enorme pluralità di parti singolarmente brevettabili, e se è, ad esempio, (relativamente) fa-cile conoscere la curva di domanda di una console per videogiochi, non lo è co-noscere quella di un singolo chip che la compone.

140

di monopolio garantito, però, un sano funzionamento della concor-renza per l’innovazione nel suo concretizzarsi come competition by sub-stitution richiede che vi sia anche un’effettiva tutela dell’innovazione fornita, che sanzioni appunto non i prodotti sostituti ma quelli viola-tori: è qui che si concretizza quella sostanziale e differenza fra copiare e rubare.

Mentre però un bene dotato di fisicità è caratterizzato da un’esteriorità che rende semplice vederne la violazione da parte di terzi – si pensi ad un terreno circondato da una staccionata – della stessa virtù non sono dotate fictiones iuris come i brevetti: valutare l’esistenza di una violazione per il mezzo di strumentazioni giuridiche determina l’articolazione e la comprensione della loro ampiezza. Quest’ultima è una variabile che si declina concretamente nella forza escludente del brevetto – ius excludendi alios – quel quid che determina il regime quasi-proprietario delle privativa e che potremmo quasi pen-sare come una staccionata delle idee. L’ampiezza è un concetto relati-vo, che delimita in concreto “lo spettro delle innovazioni simili a quella brevettata il cui sfruttamento comporterebbe una lesione del diritto di esclusiva”52 del patent holder. A tal proposito, bisogna valuta-re i prodotti e le innovazioni in un mercato secondo due variabili per-cepibili:

- differenziazione verticale: include le variazioni e le caratteristi-che del prodotto oggetto di brevetto caratteristi-che inducono la sua do-minanza rispetto ai concorrenti (quel qualcosa che lo rende percepito come ‘migliore’ e dunque preferibile, anche a prezzo più alto);

52 Per le definizioni sull’argomento di specie ci si rifà, salvo diversa indicazione, alle categorizzazioni di L.A.FRANZONI,D.MARCHESI,op. cit.

Ius excludendi alios e ampiezza del brevetto

Differenziazione verticale e orizzontale fra prodotti

141

- differenziazione orizzontale: include le variazioni e le caratteri-stiche del prodotto oggetto di brevetto che non producono la sua dominanza rispetto ai concorrenti (a parità di prezzo, i prodotti sono quasi perfetti sostituti)53.

In una sintesi grafica:

Figura 7: ampiezza del brevetto, prodotti violatori e sostituti [immagine rielaborata da L.A.FRANZONI,D.MARCHESI,op. cit.]

La figura 7 esplicita chiaramente la dimensione relazionale del concet-to di ampiezza del brevetconcet-to: questa può venire tracciata come un’area intorno al punto-prodotto innovativo brevettato P, la cui circonfe-renza vedrà il proprio raggio determinato dalla valutazione

53 Un esempio può far capire meglio i concetti. Si pensi al mercato dei telefonini nel 2007, quando i pochi cellulari dotati di touchscreen adottavano una tecnologia di tipo resistivo; l’arrivo dell’iPhone® di Apple, Inc., dotato di schermo tattile di ti-po capacitivo e determinazione euristica dei comandi (Brevetto US 7479949 B2) cambiò radicalmente lo stato delle cose. Si può ragionevolmente pensare che il

multi-touchscreen del melafonino fu per i consumatori un elemento di

differenzia-zione verticale, mentre per altri elementi la differenziadifferenzia-zione rimaneva di tipo oriz-zontale.

L’ampiezza del brevetto: un’ actio finum regundorum fra innovazioni

142

dell’ordinamento riguardo altre innovazioni potenzialmente sostitute o violatrici. Così il punto-prodotto sostituto S sarà stato creato da un concorrente – nel tentativo concorrenziale di prendere potere di mer-cato sottraendolo al produttore-monopolista – secondo le regole giu-ridiche ed economiche della concorrenza per l’innovazione; mentre il punto-prodotto violatore V, invece, risulterà troppo simile e, oltre-passando la staccionata, verrà a posizionarsi in quell’area di esclusione che l’ordinamento garantisce all’innovatore – indicata in grigio dall’area B –. Tutto questo viene dunque ad essere il metodo per premiare coerentemente di più le invenzioni che hanno maggiore va-lore per i consociati, e di meno quelle con minor tasso di innovazio-ne. In ogni caso, poiché sono le norme sulla proprietà intellettuale di ogni ordinamento a determinare l’ampiezza concreta delle singole privative54, la dottrina giuseconomica ha tentato di relazionare la du-rata e l’ampiezza del brevetto, alla ricerca della soluzione ottimale che meglio garantisse la concorrenza per l’innovazione.

Nel 1990 videro la luce due fondamentali articoli al riguardo: uno di Paul Klemperer55; l’altro di Carl Shapiro e Richard Gilbert56. Il concetto di ‘ampiezza’ è diverso: se il primo lo utilizza, declinandolo come scope of the patent, i secondo considerano l’ampiezza come il flus-so di profitti a vantaggio del monopolista durante la durata della pri-vativa. È interessante notare come ambedue i contributi giungono alla conclusione che ad essere ottimali sono brevetti dall’ampiezza mini-ma, ma dalla durata infinita. Questo perché la singola perdita di be-nessere dei consociati negli affari, dovuta al dover scegliere un

54 Si pensi alle regole del literal infringement e della doctrine of equivalents, proprie degli Stati Uniti.

55 PAUL KLEMPERER, «How broad should the scope of patent protection be?», The

RAND journal of economics, vol. 21, fasc. 1, 1990, p. 113.

56 RICHARD GILBERT,CARL SHAPIRO, «Optimal patent length and breadth», The

RAND journal of economics, vol. 21, fasc. 1, 1990, p. 106.

La ricerca della combinazione ottimale fra ampiezza e durata: la soluzione di Klemperer, Gilbert e Shapiro

143

dotto sostituto (comunque meno intimamente desiderato), è minore rispetto a quella che si avrebbe con un brevetto più ampio, che spo-sterebbe la scelta verso un prodotto non sostituto (punto-prodotto NS in Figura 7) di classe diversa. Di conseguenza una combinazione ampiezza-durata come quella suggerita dagli autori permetterebbe alla concorrenza per l’innovazione di sanzionare le vere e proprie copie, favorendo l’introduzione nel mercato di una moltitudine di prodotti quasi perfetti sostituti di quello innovatore, la cui scelta d’acquisto co-sta complessivamente meno alla società in virtù della maggior simili-tudine tollerata dall’ordinamento. Allo stesso tempo però sarà la dura-ta tendenzialmente infinidura-ta della privativa a bilanciare il minor guada-gno-incentivo – determinato dal fatto che l’innovatore non potrà por-re ppor-rezzi di monopolio troppo alti (si dovrà riavvicinapor-re al ppor-rezzo concorrenziale), pena un maggior spostamento dei consumatori verso prodotti sostituti – e a ridare così corpo al meccanismo incentivante della proprietà industriale.

144

Figura 8: brevetto stretto, variazione dell'allocazione monopolistica del benessere

In figura 8 si vede infatti che per mezzo di brevetti stretti, i consuma-tori si riapproprieranno di parte di quel surplus perduto con il mono-polio (area B in Figura 6) che era andato in parte al produttore (area α) e parte in perdita netta (area β); l’incentivo all’innovazione sarà corrispondente all’area γ, moltiplicata per il numero di anni della pri-vativa, e la perdita netta residua sarà pari alle sole aree δ e ε.

V’è da dire però, per completezza, che la conclusione così peren-toria è solo di Gilbert e Shapiro. Nel lavoro di Klemperer, infatti, l’assunzione di un concetto di ampiezza declinato come scope of patent, porta sì alla dimostrazione che nella maggior parte delle domande di mercato – in cui si hanno transport costs minimi ed uguali per tutti i con-sociati – un brevetto stretto e lungo è ottimale; ma allo stesso tempo porta anche a dimostrare che ci sono anche dei casi – laddove il prez-zo massimo che i consumatori sono disposti a pagare (reservation price) per un bene innovativo è in media abbastanza elevato – in cui la

per-145

dita netta di welfare minore la si avrà con una combinazione ampiezza-durata di tipo opposto, cioè con brevetti il più ampi possibili (mono-poli fortemente escludenti) ma estremamente brevi. Nel modello di Gilbert e Shapiro, con la definizione di ampiezza parametrata al flus-so di guadagni del monopolista, tale risultato non si può ottenere poi-ché un aumento di ampiezza implica necessariamente un aumento del costo sociale.

146

3 RPS: una combinazione difficile