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Nozioni preliminari di diritto della concorrenza: ‘Per se’ rule of illegality e

Capitolo I: fenomenologia e storia dei Reverse Payment Settlements

3.2 Nozioni preliminari di diritto della concorrenza: ‘Per se’ rule of illegality e

‘Per se’ rule of illegality e Rule of Reason

In questa sede non ci si riferisce alla legislazione antitrust82, bensì al diritto vivente della competition law – un susseguirsi di senten-ze, cartina al tornasole dell’evoluzione giuridico-ideologico-economica in ambito concorrenziale – e alla sua principale creazione, la dicotomia fra la‘Per se illegality’ rule e la Rule of Reason, parametri di valutazione normativa che calano nel reale le sections 1 e 2 dello Sher-man Antitrust Act. Dall’entrata in vigore di tali norme, sul finire del

81 Una analisi completa sarebbe ben al di là degli scopi postisi in questa sede. Per un breve ma efficace approfondimento v. HOWARD LANGER, Competition Law of the

United States, Croydon, Kluwer Law International, 2012; E.THOMAS SULLIVAN,

JEFFREY L. HARRISON, Understanding Antitrust and its economic implications, San

Franscisco, LexisNexis, 2009; DOUGLAS F.BRODER, A guide to US Antitrust Law, Julian Maitland-Walker (a cura di) , London, Sweet & Maxwell, 2005

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XIX secolo, i giudici hanno dovuto fronteggiare realtà problematiche – agreements fra imprese e situazioni di potere economico molto com-plesse – andando a giudicare quali di queste andassero sussunte nelle previsioni dello Sherman Act e quali no, decidendone il diritto a so-pravvivere.

Ma se, come abbiamo visto, il diritto antitrust nacque da una vi-sione Jeffersoniana-populista della competition law come normativa a tutela dei concorrenti (ai tempi per lo più agricoltori, piccoli nego-zianti ed artigiani), del libero accesso al mercato e della sana società politica americana83, si deve pur sempre considerare che nel tempo presero piede le economie di scala, le produzioni di massa e le multi-nazionali a distribuzione depersonalizzata: è dunque ovvio che in tale situazione economico-sociale fosse l’efficienza economico-produttiva a divenire il valore dominante84. Tutto questo si riflesse nella giuri-sprudenza in materia, passando così nel tempo dalla tutela dei competi-tors alla tutela della competition e della economic efficiency.

Non si deve però pensare che ciò sia avvenuto in maniera pu-ramente diacronica: questa contraddizione ideologica intrinseca al di-ritto della concorrenza Statunitense è tutt’oggi viva più che mai. Stu-diare l’Antitrust Law vuol dire proprio viaggiare con la mente e le sen-tenze fra i due opposti, scoprendo le mille sfumature che i giudici

83 Come espresso in Northern Pacific v. USA, 356 U.S 1, 4 (1958):

“[…]The Sherman Act was designed to be a comprehensive charter of economic liberty aimed at preserving free and unfettered competition as the rule of trade […] at same time providing environment conducive to preservation of democratic political and social institutions”.

La paura che le concentrazioni di potere economico potessero colpire la democrazia nasce dalla loro incredibile influenza politica.

84 Per un ulteriore approfondimento v. FINBARR MURPHY,D.J.GIJLSTRA, «United States of America: Commentary», D.J. Gijlstra (a cura di) , Competition Law in

Western Europe and the USA, Kluwer Law And Taxation Publishers, 1979

Parametri normati-vi di matrice storico- ideologica Antitrust Law: una materia ideologicamente determinata

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hanno dipinto nel risolvere i casi, ed i due parametri normativi di cui stiamo trattando incarnano proprio gli estremi di queste sfumature.

La ‘Per se’ rule of illegality altro non è che una presunzione assoluta di illegalità. In sostanza la giurisprudenza ha nel tempo categorizzato delle fattispecie di accordi e pratiche commerciali85 che “a causa del loro effetto pernicioso sulla concorrenza e della loro mancanza di qualsiasi virtù salvifica (redeeming virtue), si presume siano definitiva-mente irragionevoli e dunque illegali senza alcuna elaborata indagine sull’esatto danno che hanno causato o sulla giustificazione affaristica per il loro uso”86. Il vantaggio di un parametro come questo è dato dalle basi di certezza che pone in essere: una sorta di principio di lega-lità di matrice giurisprudenziale che permette agli agenti economici di sapere quali pratiche li porrebbero in una situazione di incontroverti-bile colpevolezza in ambito antitrust e la cui inevitaincontroverti-bile arbitrarietà viene inoltre bilanciata dai risparmi che determina nei costi di giudi-zio, evitando lunghe ed approfondite indagini sull’efficienza econo-mica87. È semplice intuire come tale parametro di analisi nasca pro-prio come tipica espressione dell’idea Jeffersoniana di concorrenza: ciò si dimostra analizzando gli approcci proto-giurisprudenziali in ma-teria concorrenziale, dove l’uso della ‘per se’ rule of illegality è molto

85 Specificatamente le condotte sottoposte a questo regime presuntivo sono: (1) il

price-fixing; (2) le horizontal market divisions; (3) i boycotts; (4) i tying.

Ognuna di queste pratiche ha avuto una sua personale evoluzione giurispruden-ziale, per una completa ed esauriente rassegna ordinata si consiglia la lettura di E.

THOMAS SULLIVAN, HERBERT HOVENKAMP, HOWARD A. SHELANSKI, Antitrust

Law, Policy and Procedure: cases, materials, problems, San Franscisco, LexisNexis, 2009

86 Northern Pacific v. USA, 356 U.S 1, 5 (1958)

87 Cfr. U.S. v. Container Corp. of America, 393 U.S. 333, 341 (1969).

Per approfondire ulteriormente gli studi sull’efficienza e gli utilizzi della Per Se rule

v. DONDALD J.BOUDREAUX, «Per se rules», The New Palgrave Dictionary of Economics

and the Law, MacMillan Reference Ltd., 1998, pp. 31–33.

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terale88; con il tempo si assisterà comunque ad analisi più econometri-che nell’utilizzo della regola89.

Allo stesso modo però già da fine ‘800 si ritrova un approccio meno radicale agli accordi fra imprese. Ritenendosi impossibile che lo Sherman Act parlando di “every agreement” si riferisse davvero ad ogni accordo90 (interpretazione questa, che con una reductio ad absurdum avrebbe travolto qualsiasi contratto esistente), altra giurisprudenza iniziò subito ad interpretare lo Statuto come vietante solo “every un-reasonable agreement in restraint of trade”91 (accordi irragionevolmente restrittivi della concorrenza), gettando le basi di quel principio che abbiamo chiamato Rule of Reason (ROR). Se capire cosa essa sia non è difficile, poiché si sostanzia in un principio di ragionevolezza che si ricava in negativo dalla ‘per se’ rule – è infatti il test utilizzato per de-terminare la legalità di un accordo o di una pratica restrittiva della concorrenza che non sia ‘per se’ illegal – ben altra cosa è capire a pieno come tale scopo sia raggiunto, poiché la Rule of Reason si è nel tempo declinata in test diversi, a volte sovrapposti fra loro. È sufficiente in questa sede enuclearne i due principali92:

• Open-ended consequential analysis • Functional Approach

Iniziando dal primo e volendo esplicarlo in una formula di estre-ma sintesi possiamo dire che secondo questa sua particolare declina-zione la Rule of Reason è il parametro valutativo consistente nel

88 Cfr. ad es. U.S. v. Trans-Missouri Freight Ass’n, 166 U.S. 290 (1897)

89 Cfr. ad es. Palmer et al. v. BRG of Georgia, Inc., 498 U.S. 46, 48-49 (1990)

90 Come appunto accade nel caso Trans-Missouri

91 Per citare solo due casi storicamente centrali: U.S. v. Addyston Pipe & Steel Co.,

175 U.S. 211 (1899) e Standard Oil Co. v. U.S., 221 U.S. 1 (1911)

92 Per un’approfondimento v. PETER C. CARSTENSEN, «Rule of reason in antitrust», The New Palgrave Dictionary of Economics and the Law, MacMillan Reference Ltd., 1998, pp. 381–385.

Rule of Reason: un’etichetta multiforme

Open-ended conse-quential analysis: alla ricerca del Net Competitive Effect

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sare gli aspetti pro-concorrenziali (P/C effects) e anti-concorrenziali (A/C effects) di un accordo o di una pratica commerciale alla ricerca dell’ “effetto concorrenziale netto” (Net Competitive Effect): nel caso in cui i primi siano più rilevanti dei secondi la corte giudicherà legale l’accordo o la pratica in discussione; nel caso contrario la corte si pronuncerà per l’invalidità e dunque per la violazione dello Sherman Act. Volendo ricorrere ad un’immagine, il parametro in esame po-trebbe essere figurato come una bilancia sui cui piatti il giudice pone gli elementi probatori forniti dalle parti, valutandone la pro e l’anti-competitività; e prendendo attentamente in considerazione “le carat-teristiche peculiari all’area di mercato su cui l’accordo ha effetto, la storia dello stesso, i mali che si ritiene porti con sé, le ragione per cui tale rimedio è stato adottato e lo scopo o il fine che tenta di ottenere” sentenzierà a misurazione ultimata93

Il secondo test in cui si è concretizzata la Rule of Reason è quello funzionale. Di origine antica94, questo test prende anche il nome di Doctrine of Ancillary Restraints e infatti secondo tale parametro “la legali-tà [di un accordo o di una pratica restrittiva] è possibile solo nel caso in cui ci sia un altro accordo primario legale e produttivo (ad esempio che abbia la sua funzione economica nella distribuzione di beni o ser-vizi) fra le parti. Quando questo esiste, l’accordo restrittivo deve

93 Il primo storico caso da cui si può ricavare la teoria della ricerca dell’effetto concorrenziale netto è senza dubbio Chicago Board of Trade v. U.S., 246 U.S. 231 (1918), in cui la Corte Suprema, tramite la penna del Giudice Brandeis statuisce: “The true test of legality is whether the restraint imposed is such as merely regula-tes and perhaps thereby promoregula-tes competition or whether it is such as may sup-press or even destroy competition. To determine that question the court must ordinarily consider the facts peculiar to the business to which the restraint is ap-plied; its condition before and after the restraint was imposed; the nature of the restraint and its effect, actual or probable. The history of the restraint, the evil be-lieved to exist, the reason for adopting the particular remedy, the purpose or end sought to be attained, are all relevant facts.”

94 Dal caso Inglese Mitchell v. Reynolds (1711), ma soprattutto il già citato U.S. v.

Addyston Pipe & Steel Co. (1899)

Functional Approach: the Ancillary Re-straints Doctrine

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re ad esso funzionale, e risultare essenziale (1) per la definizione del contratto primario, ad esempio per il prezzo; (2) per evitare il rischio di comportamenti opportunistici, come ad esempio un venditore free rider che si avvantaggi degli sforzi degli altri venditori. Tale restrizione può essere giudicata ‘ragionevole’ solo se non ci sono altre alternative meno restrittive per poter definire il contratto primario o evitare il comportamento opportunistico”95. Dunque l’accordo restrittivo della concorrenza che non si accompagni ad una convenzione valida è un naked restraint obbligatoriamente sottoposto alla ‘per se’ rule of illegality, e anche laddove il contratto primario sia presente la restrizione si potrà dichiarare valida solo se ad esso funzionale e se è l’alternativa meno restrittiva possibile (least restrictive alternative - LRA).

Come è semplice intuire, la Rule of Reason lascia un forte alone di incertezza e un notevole incremento dei costi di indagine, d’altra parte però questo parametro permette alle società di osare, di tentare nuove forme giuridiche di accordo: si assume che non ogni condotta restrit-tiva sia anti-concorrenziale, dunque fintantoché non sarà analizzata e non ne sarà dichiarata la netta anti-concorrenzialità l’ordinamento non la condannerà.

In sintesi abbiamo visto che “ci sono dunque due categorie com-plementari di analisi Antitrust. Nella prima ci sono gli accordi la cui natura ed i cui effetti sono talmente anti-concorrenziali da non neces-sitare nessun elaborato studio dell’industria per stabilire la loro illega-lità, sono 'per se' illegal. Nella seconda categoria ci sono gli accordi i cui effetti possono essere valutati solo analizzando i fatti peculiari alla

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tegoria di business, la storia della restrizione e le ragioni per cui è stata imposta”96.

Bisogna però fare un passo ulteriore: tutti i parametri normativi elencati non sono elementi di puro diritto sostanziale, anzi essi trova-no la loro più accurata definizione e comprensione solo in ottica cessuale, e specificatamente nella distribuzione dell’onere della pro-va97.

Nel caso della ‘per se’ rule, come anticipato, avremo infatti una pre-sunzione juris et de jure di irragionevolezza: tutta quella serie di condot-te che la giurisprudenza ha stabilito essere ‘per se’ illegal non potranno in alcun caso essere dichiarate valide in quanto considerate Inherently Net Anti-Competitive; in sostanza è come se l’analisi di ragionevolezza fosse stata fatta a priori e avesse già dato risultato negativo. In un contenzioso reale con società accusate p.e. di price fixing non si ve-dranno le convenute provare la ragionevolezza di ciò di cui le si accu-sa, ma piuttosto tentare di dimostrare che ciò che loro hanno fatto non fosse affatto price-fixing98.

Nel caso della Rule of Reason invece, avremo una presunzione sem-plice di legalità: un processo su una nuova condotta potenzialmente anticoncorrenziale o su una pratica di cui già si è pronunciata la sot-toposizione alla Rule of Reason vedrà in primo luogo la parte attrice mettere tutti gli Anti-Competitive Effects su un piatto della bilancia, e

96 Efficace sinossi scritta dal Giudice della Corte Suprema J.P. Stevens in National

Soc. of Professional Engineers v. U. S., 435 U.S. 679, (1978)

97 ANDREW IGAVIL, «Burden of proof in U.S. Antitrust Law», Issues in Competition

Law and Policy, vol. 1, 2008,

http://www.masonlec.org/site/files/2011/09/Gavil-Issues-in-Competition-Burden-of-Proof-Chapter-2008.pdf, pp. 125–157.

98 Ragionando su questa caratteristica processuale, il Prof. Krattenmaker ha argo-mentato in maniera interessante come la ‘per se’ rule non sia un parametro di legali-tà, bensì una norma sull’ammissibilità delle prove e delle difese nei processi. V.

DONDALD J. BOUDREAUX, op.cit.; THOMAS G. KRATTENMAKER, “Per Se

Violations in Antitrust Law: Confusing Offenses with Defenses,” Georgetown Law

Journal, vol. 77, 1988, pp. 165–180.

La centralità dell’onus probandi

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lo successivamente il convenuto fare il contrario con i Pro-Competitive Effects (oppure dimostrare l’ancillarità funzionale dell’accordo e il suo essere l’alternativa meno restrittiva).

Non è difficile capire quale tra i due casi dell’alternativa sia più favo-revole ad un’ottica econo-centrica e liberista.

Possiamo immaginare l’insieme dei parametri di giudizio utilizzati in ambito antitrust come uno spettro, ai cui estremi si trovano la ‘Per se’ rule of illegality e la Rule of Reason e al cui interno si collocano una se-rie di norme valutative intermedie, che si differenziano proprio per la distribuzione dell’onere della prova (si veda a tal proposito la Tabella 1)

Di queste è opportuno ricordarne una: la Quick Look Rule of Rea-son. Tale parametro viene utilizzato per quegli accordi e per quelle pratiche commerciali che hanno maggiori probabilità di essere dichia-rate invalide per il diritto Antitrust99, e per questo inverte l’onere della prova della Rule of Reason, creando in sostanza una praesumptio juris tan-tum di illegalità: non sarà dunque l’attore a dover per primo dimostra-re l’anti-concordimostra-renzialità degli effetti della condotta, ma il convenuto, il quale dovrà per primo mostrarne gli effetti positivi.

99 v. California Dental Ass’n v. F.T.C. (1999): “cases, which have formed the basis for what has come to be called abbreviated or “quick-look” analysis under the ru-le of reason, an observer with even a rudimentary understanding of economics could conclude that the arrangements in question would have an anticompetitive effect on customers and markets […] As in such cases, quick-look analysis carries the day when the great likelihood of anticompetitive effects can easily be ascertai-ned”

Quick Look Rule of Reason

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