Capitolo II: Law and Economics nei Reverse Payment Settlements
1.3 Why do parties settle?
La giurisdizione non è però conchiusa al solo processo.
Rileggendo l’insegnamento del Maestro Francesco Carnelutti e la sua limpida definizione di giurisdizione come attività di composi-zione delle liti10, si fa più nitida la visione degli ulteriori poteri di scel-ta dei consociati: l’ottica funzionale e finalistica dello ‘smettere di liti-gare’ arriva a declinarsi naturalmente anche al di fuori del giudizio del giudice, financo a ricomprendere gli strumenti autonomi di risoluzio-ne delle controversie.
Se infatti la lite è il “conflitto di interessi [nei confronti di un bene della vita] qualificato dalla pretesa di uno degli interessati e dalla resistenza dell’altro”11, tanto sarà garantito che un soggetto terzo ed imparziale possa deciderne, quanto sarà giusto permettere che siano gli stessi litiganti protagonisti a disporne. Una disposizione che, se
8 Si definisce infatti avverso al rischio il soggetto per il quale non è indifferente accettare una scommessa equa, che considera l’incertezza come non desiderabile; riprendendo l’esempio, la persona avversa al rischio preferisce ricevere 8.000 dol-lari con certezza, perché non considera equivalente a questo la probabilità dell’80% di vincerne 10.000.J.J.PERLOFF,op.cit. p. 614.
9 Cioè il soggetto che rischia volentieri, il quale è disposto ad accettare scommesse non eque a suo sfavore.J.J.PERLOFF,op.cit. p. 614.
10 “…il processo medesimo è un dispositivo [che] serve alla composizione di quei conflitti, che assumono la forma della lite.” FRANCESCO CARNELUTTI, Sistema del
diritto processuale civile, I, Padova, CEDAM, 1936.
11 FRANCESCO CARNELUTTI,op.cit. per il quale la lite si compone di due elementi,
uno materiale – il conflitto di interessi – ed uno formale – il conflitto di volontà –.
Giurisdizione come ‘composizione delle liti’: da un antico insegnamento…
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bera e spontanea, non può che portare al bilanciamento degli interessi contrapposti e ad una allocazione delle risorse efficiente, valutabile e predicibile con gli strumenti dell’analisi economica12. Con quest’ottica di completezza, la L&E della procedura civile ha attentamente analiz-zato il mondo della risoluzione alternativa delle controversie (alternati-ve dispute resolution, ADR), la branca dell’attività giurisdizionale che (alternati- ve-de la composizione ve-della lite anche (e soprattutto) al di là di una sen-tenza.
Ecco che la ramificazione decisionale dei consociati viene dun-que a strutturarsi in maniera più complessa di un semplice citare/non citare in giudizio, come ben si evince dall'esplicativa illustrazione (Fi-gura 4) prospettata da Steven Shavell nei suoi studi, centrali per sia per la L&E sia per l’ADR13:
12 Volendo leggere la realtà con occhi meno cinici ed utilitaristici, e cercando delle giuste ed interessanti critiche al modello di composizione autonoma delle liti, il pensiero di PAOLO BIAVATI, «Conciliazione strutturata e politiche della giustizia»,
Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, vol. I, fasc. 3, 2004, p. 785. può risultare
illuminante. Pur non escludendo l’utilità e la ragionevolezza di questa peculiare declinazione giurisdizionale, l’A. nota che con essa “la ragione e il torto si dissol-vono, per sciogliersi nella ponderazione dell'interesse”, facendo così sfumare sia l’etica della legalità sia l’innato senso di giustizia della persona – elementi che pos-sono trovare soddisfazione solo nella decisione autoritativa – a vantaggio (solo?) di furbeschi guadagni.
13STEVEN SHAVELL, op. cit.; STEVEN SHAVELL, «Alternative Dispute Resolution: an
economic analysis», Journal of Legal Studies, vol. 24, 1995, p. 1.
…ad una prospettiva giuseconomica
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Figura 4: la sequenza decisionale dei protagonisti del processo [Immagine tratta da: STEVEN SHAVELL, op.cit.]
Si evince, chiaramente, che questa visione più completa della funzio-ne giurisdizionale e degli istituti ad essa sottesi, ponga in rilievo due elementi in più:
1) il convenuto, con la propria percezione del processo e la sua influenza nel ‘procedere’;
2) la possibilità di risolvere la controversia con mezzi transattivi, prima o dopo l’esercizio dell’azione da parte dell’attore.
Per economia del presente scritto, è più opportuno soprassedere sulla composizione autonoma delle controversie antecedente al giudizio14 – che in materia di RPS, come visto, non può porsi in essere dato il pe-culiare sostrato legislativo della questione – e focalizzarsi dunque solo sugli “Ex post alternative dispute resolution agreements”.
14 Per il mezzo di quelli che Steven Shavell chiama “Ex ante alternative dispute
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Si cominci dal primo elemento aggiunto al panorama giurisdizio-nale – vale a dire l’altro protagonista della lite – e ci si ponga dunque nei panni del convenuto Δ: dopo la notifica dell’atto di citazione que-sti, operatore razionale e neutrale rispetto al rischio, inizierà a valutare il proprio agire. Utilizzando lo stesso schema di stime già utilizzato per l’attore, ma prendendo in considerazione il fatto che il convenuto non ha razionalmente deciso di essere citato e che dunque la sua sarà una valutazione di solo costo atteso, parametrata alle percepite possi-bilità di vittoria dell’attore, ne risulterà che:
!"∆! = !∆! + !∆ (2)
in cui:
- !"∆! indica l’Expected Cost (costo atteso) del giudizio T per il convenuto Δ;
- !! indica le probabilità, percepite dal convenuto Δ, che l’attore Π vinca (dunque le sue probabilità di perdere)
- ! indica il quantum oggetto della controversia, cioè il valore in gioco;
- !∆ indica le spese legali per il convenuto Δ
Di nuovo un esempio numerico può risultare chiarificatore: assunto sempre un petitum dal valore di 10.000 dollari, una percezione del convenuto della vittoria dell’attore pari al 65%, e spese legali ammon-tanti a 2.000 dollari, secondo l’equazione (2) il costo atteso del pro-cesso per Δ sarà di 6.500 dollari (10.000 x 65%) sommato a 2.000, per un totale di 8.500 dollari15.
15 Fermo restando che anche in tal caso l’equazione può strutturarsi in maniera più completa, ma allo stesso tempo più complessa, includendo una varietà pluri-ma di entità di giudizi: !"∆! = ! !!!"# ! +!∆ , V. STEVEN SHAVELL, op. cit., in appendice.
Il ruolo e la percezione del convenuto
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Una volta effettuate le valutazioni espresse dalle equazioni (1) e (2) attore e convenuto si trovano su un altro punto della ramificazio-ne decisionale illustrata in Figura 4: quello rappresentante il momento di scegliere se proseguire nel giudizio andando a concludere il proces-so, ovvero se sfruttare un mezzo autonomo di composizione della propria lite. Si rammenti che la scelta in esame non è, a differenza di quelle analizzate in precedenza, pienamente indipendente.
La composizione autonoma della lite, infatti, “si caratterizza per essere un percorso che, alimentato dal consenso delle parti, fa della comunicazione e dello scambio dialogico lo strumento essenziale per arrivare alla soluzione condivisa del conflitto”16. Quest’ultima è rea-lizzata per mezzo di un contratto con cui esse individuano in modo vincolante i loro comportamenti leciti e doverosi in relazione al bene della vita in discussione, sulla base di una valutazione di convenienza
16 Queste le nitide parole di MARIA FRANCESCA GHIRGA, «Strumenti alternativi di risoluzione della lite: fuga dal processo o dal diritto?», Rivista di diritto processuale, vol. 1, fasc. 2, 2009, p. 357., che rileva con accortezza che tale percorso è stato da ultimo intrapreso – nonostante le antiche radici, sia continentali-romanistiche sia d’oltremanica, che l’A. non omette di sottolineare – anche e soprattutto in rispo-sta alla crisi post-moderna del diritto globale, in cui la norma astratta non sempre appare “convincente criterio di risoluzione se applicata al caso specifico”. Un punto, questo, che soprattutto nel pensiero meno risalente di NATALINO IRTI, «L’essenza tecnica del diritto (terzo dialogo con Emanuele Severino)», Nichilismo
giuridico, Roma-Bari, Laterza, 2005, viene visto come inevitabile conseguenza
dell’atopia del capitalismo, che alla ricerca dell’assenza di diritto, dà vita ad una ve-ra e propria a-nomia.
Questa rassegnata visione pessimistica dell’illustre civilista Abruzzese pe-rò, prova a mio avviso troppo: non v’è chi non veda come regolamentazioni giu-ridiche quali l’ADR e la contrattualistica internazionale siano squisitamente diritto, sia pur non statale. In tal senso viene nuovamente in nostro soccorso la meravi-gliosa osservazione dell’appena citata MARIA FRANCESCA GHIRGA op. cit., che
os-serva come il rilievo primario dell’interesse delle parti non determini una fuga dal diritto, perché “se così fosse il fenomeno non verrebbe preso in considerazione dallo stesso […] inoltre […] al diritto poi ess[o] comunque torna, in quanto la so-luzione del conflitto prende forma in un accordo negoziale concordato dalle parti […].
Transigere o non transigere: una scelta relazionale…
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fondata sugli interessi sottostanti la pretesa giuridica, cui solo loro hanno accesso17.
Quali sono le prospettive in cui tale percorso può essere intrapre-so? Dove e quando possono incontrarsi le reciproche valutazioni di convenienza delle parti? Queste le domande a cui la L&E ha tentato di rispondere, dimostrando che la decisione transattiva in sede endo-processuale non è solo una mera scelta di sistematica giurisdizionale, ma piuttosto un quid relazionale delle variabili percettivo-probabilistiche delle parti: una connessa valutazione razionale del da farsi. Le valutazioni del convenuto espresse nell’equazione (2), infatti, vengono in rilievo in rapporto a quelle dell’attore, e risultano essen-ziali proprio per delineare i confini dello spazio di trattativa.
Si considerino, infatti, gli stessi protagonisti degli esempi numerici già esposti: l’attore Π ed il convenuto Δ. Come abbiamo visto, il valo-re della loro lite fra è pari a 10.000 dollari. In quanto operatori razio-nali si può prevedere che essi arriveranno a transigere solo nel caso in cui ciò sia per ambedue reciprocamente preferibile al processo. Que-sta essenziale condizione viene soddisfatta solo fino a quando la cifra minima che l’attore accetterebbe (c.d. ‘ammontare di riserva’ dell’attore, che coincide con il suo valore atteso, cioè su quanto egli si aspetta di vincere) è minore della cifra massima che il convenuto sa-rebbe disposto a pagare (c.d. ‘ammontare di riserva’ del convenuto,
17 Si è parafrasata, in questa sede, l’acuta osservazione di FRANCESCO PAOLO
LUISO, «Giustizia alternativa o alternativa alla giustizia?», Il giusto processo civile, vol. I, fasc. 2, 2011, p. 325., il quale sottolinea il fatto che mentre la sentenza – deci-sione prescrittiva d’imperium fondata su un fatto del passato valutato da un terzo – si muove alla ricerca della giustizia, la transazione – species del genus contrattuale causalmente orientato alla composizione della lite – è necessariamente improntata alla ricerca della convenienza; slegata dal passato, la forma contrattuale permette alle parti di “realizzare un accertamento prescrittivo del futuro (del dover essere, del sollen) che prescinde da un accertamento descrittivo del passato (dell’essere, del
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che coincide con il suo costo atteso, quanto egli si aspetta di perde-re)18.
Se il valore atteso del giudizio per Π è di 6.000 dollari e quello at-teso di Δ è di 8.500 dollari, si crea uno spazio di contrattazione di 2.500 dollari, all’interno del quale le parti, in virtù della propria capaci-tà e forza di negoziazione, possono trovare un accordo mutualmente più efficiente del processo19: l’attore infatti, convinto di poter guada-gnare 6.000 dollari dall’azione processuale, preferirà ottenere qualsiasi cifra pari o maggiore a tale somma, ed il convenuto sarà disposto a dargliela fino ad un massimo di 8.500 dollari, che rappresenta l’ammontare che è convinto di perdere. Si rileva, dunque, che i prin-cipali elementi dirimenti sono da un lato i quantum attesi ponderati alle percezioni delle parti, e dall’altro i costi che le stesse si trovano a so-stenere.
Ponendo in relazione algebrica quanto detto si ottiene che, affin-ché vi sia spazio per una transazione, il valore atteso dell’attore deve essere minore o uguale al costo atteso del convenuto, come chiarisce la seguente equazione:
!!! ≤ !"∆! (3)
Questa, per l’appunto, mette in relazione i due ‘ammontare di riserva’ delle parti e, una volta estesa
18 STEVEN SHAVELL, Analisi economica del diritto, Alberto Baccini, Andrea Fineschi
(a cura di) , Torino, Giappichelli Editore, 2007. Traduzione italiana a cura di Al-berto Baccini, Alessandro Palmieri e Donatella Porrini.
19 Oltre all’efficienza oggetto di dimostrazione economica vengono qui in rilievo le ulteriori valutazioni della dottrina processualistica che vedono nell’ADR uno strumento deflattivo del contenzioso, che allevia il carico del lavoro dei giudici. Si vedano ex multis, a tal proposito FRANCESCO PAOLO LUISO, «La conciliazione nel quadro della tutela dei diritti», Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, vol. II, fasc. 4, 2004, p. 1201., ma anche i già citati MARIA FRANCESCA GHIRGA op. cit.,
PAOLO BIAVATI op. cit., e l’abbondante dottrina richiamata in CRISANTO
MANDRIOLI,ANTONIO CARRATTA op. cit., in nota (21).
…parametrata alla percezione delle parti e ai costi del processo.
125 !!! − !! ≤ !∆! + !∆ (4) e riordinata !!! − !∆! ≤ !! + !∆
→
(!! − !∆)! ≤ !! + !∆ (5)ci porta alla conclusione che vi sarà un accordo transattivo fra le parti se, e solo se, la differenza fra la stima attesa dell’attore e quella del convenuto è minore o uguale dei costi totali del giudizio20.
In un mondo di persone assolutamente razionali, capaci di agi-re sempagi-re in maniera economicamente efficiente, ogniqualvolta si soddisfano le condizioni dell’equazione (5) si dovrebbe avere un ac-cordo transattivo. È così? Se da un lato i dati statistici statunitensi confermano una notevole propensione per la conclusione autonoma delle controversie, i dati e le interpretazioni degli stessi non sono sempre uniformi21. Quel che è certo è che le percezioni delle probabi-lità di vittoria dell’attore reggono il gioco valutativo delle parti,
20 Con formula più generale, comprensiva di più situazioni processuali per il con-venuto e per l’attore: ! !!!"# ! − ! !!!"# ! ≤ !!+ !∆ , v. STEVEN
SHAVELL, op. cit., in appendice.
21 Segnalavano, in un articolo di qualche anno fa, JOHN BARKAI, ELIZABETH
KENT,PAMELA MARTIN, «A Profile of Settlement», Court Review, vol. 42, fasc. 3–4,
2006, p. 34., come nonostante sia vero che “most cases settle”, percentuali spesso espresse in letteratura, come quella del 98%, non sono del tutto veritiere, o per-lomeno, leggono in modo incompleto la realtà. In prima battuta infatti, gli autori rilevano che non tutti i casi che non si concludono in un processo vengono tran-satti: molte controversie infatti fuoriescono dall’ambito giurisdizionale per motivi di inammissibilità o comunque elementi squisitamente processuali (il 14% delle cause per responsabilità da fatto illecito, il 53% delle vertenze contrattuali, il 78% dei pignoramenti, e il 47% delle cause di altra specie). In seconda battuta sottoli-neano il ruolo della tipologia di causa nel processo decisionale conciliativo: ripor-tano che si concludono con transazioni l’84% delle cause per responsabilità da fatto illecito, il 45% delle vertenze contrattuali, il 20% dei pignoramenti, e il 51% delle cause di altra specie. In nessun caso si supera il 90%. Puntualizzazioni come queste devono essere prese in considerazione nel valutare l’effettiva incidenza dell’ADR nei contenziosi statunitensi.
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pliando più o meno la forbice degli accordi possibili. Tali percezioni, però, sono connesse alle informazioni a disposizione delle parti22: ec-co che dunque sono proprio le asimmetrie informative a divenire quell’elemento di realtà distorsivo del modello, che proprio in quanto tale, modello rimane23.
22 Per approfondire riguardo il ruolo dell’asimmetria informativa nel procedimen-to decisionale delle parti, v. ex multis: STEVEN SHAVELL, «Sharing of information prior to settlement or litigation», The RAND journal of economics, vol. 20, fasc. 2, 1989, p. 183.; WILLIAM SAMUELSON, «A Game-Theoretic Approach to Legal Settlements», Kalyan Chatterjee, William Samuelson (a cura di) , Game Theory and
Business Applications, Springer US, 2014,
http://dx.doi.org/10.1007/978-1-4614-7095-3_8 .
23 Può essere interessante un richiamo, in chiave critica, al recente e profondo pensiero di DANIEL KAHNEMAN, Thinking, fast and slow, New York, Farrar, Straus and Giroux, 2011.
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