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Per una ragionevole diffidenza

Capitolo I: fenomenologia e storia dei Reverse Payment Settlements

5.3 Per una ragionevole diffidenza

Non tutti gli studiosi condivisero la perentorietà imperiosa delle opinioni di Balto e Shapiro: altra parte della dottrina si è mostrata più ponderata nella propria giustificata diffidenza.

Due fra i più raffinati esempi di tale posizione si ritrovano nel volume di Giugno 2003 della Minnesota Law Review, che raccoglie i ri-sultati finali di un copioso simposio accademico sull’argomento – “The interface between Intellectual Property Law and Antitrust Law” – svolto-si poco tempo prima nella stessa universvolto-sità.

Il primo di questi è un corale scritto di Herbert Hovenkamp170, Mark Janis171 e Mark A. Lemley172, intitolato “Anticompetitive settlement of intellectual property disputes”173.

Lo scopo dei tre autori è quello di fornire alle corti una griglia interpretativa da utilizzare nell’analisi delle frequentissime transazioni che, in materia brevettuale, sorgono prima della fine del processo; per farlo in maniera efficace dividono idealmente l’articolo in una parte generale, in cui declinano astrattamente un test per le corti, ed una parte speciale, dove lo applicano a dei casi problematici.

Tutto questo viene fatto in primo luogo perché tali accordi tran-sattivi, in quanto spesso raggiunti fra concorrenti diretti (sono dunque tecnicamente definibili come horizontal agreements in restraint of trade174),

170 Professore di diritto antitrust presso la University of Iowa, College of Law.

171 Ai tempi dello scritto professore di diritto brevettuale e proprietà intellettuale presso la University of Iowa, College of Law; ad oggi titolare delle stesse cattedre nell’Indiana University, Maurer School of Law.

172 Ai tempi dello scritto professore di proprietà intellettuale e di antitrust nella University of California – Berkley, Boalt Hall School of Law; oggi titolare della cattedra di diritto industriale presso la Stanford University, Law School.

173 HERBERT HOVENKAMP, MARK A LEMLEY, MARK JANIS, «Anticompetitive

settlement of Intellectual Property disputes», Minnesota Law Review, vol. 87, 2003, p. 1719.

174 Può essere utile ricordare che in teoria generale del diritto antitrust gli accordi restrittivi della concorrenza si classificano in due generi:

Herbert Hovenkamp, Mark Janis, Mark A. Lemley: “Anticompetitive settlement of intellectual property disputes”

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possono risultare lesivi della concorrenza intra-brand; in secondo luo-go poiché il fatto che possano essere valutati sia mediante il diritto antitrust sia secondo i canoni del diritto di proprietà intellettuale, spesso crea delle inefficienti sovrapposizioni di concetti.

Per ovviare a tale problema gli autori espongono, nella parte ge-nerale, il presupposto essenziale delle loro linee guida: non sempre le corti devono analizzare gli accordi utilizzando le lenti di entrambi i corpi normativi, poiché poche sono le volte in cui ciò risulta necessa-rio: “in molti casi che riguardano il rilievo antitrust delle transazioni industrialistiche, la presenza o l’assenza del diritto di proprietà intel-lettuale è per lo più irrilevante”175. Di conseguenza la griglia situazio-nale viene a porsi in essere come segue:

I. La transazione in esame è chiaramente non anti-competitiva: dunque le istanze che fanno leva sull’antitrust devono essere rigettate senza preoccuparsi dei profili di proprietà intellettuale;

II. La transazione in esame pone restrizioni anti-concorrenziali così nette da risultare ingiustificate anche laddove il diritto di proprietà intellettuale sia pienamen-te valido e giustiziabile: di conseguenza tali restrizioni devono essere dichiarate ‘per se’ illegal indipendentemen-te dal merito della causa industrialistica sotindipendentemen-tesa.

si definiscono ‘orizzontali’ (horizontal agreements in restraint of trade) quelli che si pongono in essere fra concorrenti che si trovano allo stesso livello di distribu-zione (come, ad es., un accordo fra due o più produttori ovvero uno fra due o più distributori);

si definiscono ‘verticali’ (vertical agreements in restraint of trade) quelli che si pongono in essere fra agenti economici che si trovano a livelli diversi di distribu-zione (come, ad es., un accordo fra un produttore ed un distributore).

BRIAN A. GARNER, «Restraint of trade», Black’s Law Dictionary, WEST:

Thomson Reuters, 2009

175 HERBERT HOVENKAMP,MARK ALEMLEY,MARK JANIS, op. cit.

Generally speaking: la scelta efficiente dello statuto normativo applicabile: tre situazioni possibili

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III. La transazione in esame appare come una violazione antitrust, ma la presenza di un diritto di proprietà indu-striale potrebbe fisiologicamente scriminarla.

Se le eventualità estreme non possono risultare problematiche, è ov-viamente nel grigio delle fattispecie mediane che si pone il problema centrale della valutazione: la soluzione data dal citato trio di studiosi è quella della validità e dello scopo del brevetto, infatti “questi casi do-vrebbero essere decisi ai sensi del diritto di proprietà intellettuale, perché gli accordi di questa categoria di mezzo sono pro-concorrenziali se, e solo se, il brevetto è valido e violato” 176. Il diritto della concorrenza viene escluso in quanto la rule of reason propria dell’antitrust non può risultare d’aiuto in una disputa essenzialmente di proprietà industriale177.

Questa griglia valutativa generale si sostanzia così in un test sus-suntivo per i giudici, i quali non dovranno fare altro che andare in primo luogo a valutare se l’accordo transattivo che gli si chiede di giudicare ricada sub I o sub II ai sensi del diritto antitrust; laddove ciò non sia, la presenza del diritto di proprietà industriale li porrà imme-diatamente nel caso sub III, imponendogli un – in tal caso efficiente poiché necessario – giudizio incidentale pieno sulla validità del bre-vetto.

Con riguardo a quest’ultimo, gli autori sottolineano però l’essenzialità pregiudiziale di una valutazione complessiva del settore industriale di riferimento, poiché “il sistema brevettuale ha effetti

176 HERBERT HOVENKAMP,MARK ALEMLEY,MARK JANIS, op. cit.

177 “The purpose of the rule of reason is to determine whether, on balance, a practice is reasonably likely to be anticompetitive or competitively harmless – that is, whether it yields lower or higher market-wide output. By contrast, patent poli-cy encompasses a set of judgments about the proper tradeoff between competi-tion and the incentive to innovate over the long run.” - HERBERT HOVENKAMP,

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molto differenti nelle diverse industrie” e da ciò risulta una incredibile variazione degli scopi brevettuali stessi. L’osservazione merita un sia pur marginale approfondimento.

A livello teorico si assume infatti che la relazione brevetto-prodotto sia una corrispondenza biunivoca. Questa verità si sostanzia nei fatti più in un’eccezione che in una regola: la derivatività e la complessità delle invenzioni moderne impediscono quasi in toto una corrispondenza di tal genere. Volendo riprendere gli esempi degli au-tori: nessuno oggi potrebbe brevettare un’automobile in quanto tale; oppure, con riferimento all’industria dei semiconduttori, dove un nuovo prodotto incorpora centinaia di invenzioni singolarmente bre-vettate: in tali casi contratti, transattivi o meno, che trattino i brevetti sono essenziali alla prassi e allo sviluppo del settore industriale di rife-rimento. Laddove però ci si trovi davanti ad una corrispondenza biu-nivoca brevetto-prodotto, le convenzioni avranno una maggior appa-renza di anti-concorrenzialità178.

Quid iuris dunque, con riguardo ai Reverse Payment Settlements? Come già Shapiro, anche qui, nella parte speciale dell’articolo, gli au-tori utilizzano la questione come terreno di coltura per il loro test, tentando di dare una soluzione.

Risulta evidente che, applicando la griglia tripartita esposta so-pra, i RPS che includono la dazione di danaro o di altra utilità non ri-cadono né sub I, né sub II179: non resta dunque che annoverarli fra quei problematici casi mediani sub III.

178 HERBERT HOVENKAMP,MARK A LEMLEY,MARK JANIS, op. cit., ma v. anche

DAN L BURK, MARK A LEMLEY, «Is patent law technology-specific?», Berkley

Technology Law Journal, vol. 17, 2002, p. 1155.

179 Valutazione ovviamente diversa per tutti quegli accordi transattivi fra società farmaceutiche in cui si è negoziato esclusivamente sulla data di ingresso nel mer-cato, che in tal modo hanno semplicemente determinato una ragionevole previ-sione del probabile risultato che comunque si sarebbe ottenuto in giudizio.

RPS: cavie perfette o fattispecie sui generis?

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Detto questo, l’analisi del ruolo del brevetto nell’industria di ri-ferimento non può che mostrare come nel mercato farmaceutico ci si trovi davanti proprio ad uno di quei rari casi di corrispondenza biuni-voca (nel caso di specie sostanziabile nella relazione molecola brevet-tata-farmaco in vendita) che implica una probabile anti-concorrenzialità della transazione esaminanda.

Coerentemente con la parte generale, gli autori rifiutano un uti-lizzo della Rule of Reason, che sarebbe, oltre che fuori luogo, eccessi-vamente premiale nei confronti di un accordo che, già di per sé, non appare puramente ‘pulito’. Poiché però anche un puro scope of patent test non sarebbe sufficiente – in quanto già il pagamento escludente determina il ragionevole sospetto che l’accordo sia ontologicamente all’esterno dello scopo della privativa – gli autori ritengono che sia una particolare quick look rule of reason180 a dover parametrare la validità o meno degli RPS.

Ecco perché si può parlare di una ragionevole diffidenza: pur a non voler condannare sic et simpliciter queste transazioni infatti, il loro connotarsi come doppiamente sospette – sia sotto il profilo concor-renziale, sia sotto quello di proprietà industriale – non può che porta-re alla declinazione di una pporta-resunzione porta-relativa di illegalità in cui “[si sposta] l’onere della prova in capo all’attore dell’azione di violazione brevettuale, [il quale dovrà dimostrare] allo stesso tempo (1) che ave-va una significatiave-va probabilità ex ante di vittoria del contenzioso bre-vettuale e (2) che l’ammontare del pagamento181 non è superiore al valore atteso del contenzioso e alle spese legali”182.

180 v. supra, par. 3.2 .

181 Ed a questo punto non è inopportuno sottolineare che l’elemento del payment è declinato come dazione sia di danaro sia di altra utilità: questo infatti estende il ca-talogo di elementi che il giudice deve prendere in considerazione nella propria analisi valutativa, in quanto non solo il totale liquido traferito può figurare come

Una peculiare Quick Look Rule of Reason

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L’assolvimento di tale bipartito onere della prova dovrebbe infatti se-dare ogni sospetto: dimostrando il primo punto infatti si ricolloca l’accordo nel fuoco della concessione della privativa; dimostrando il secondo invece si soddisfano – riprendendo Shapiro – i dubbi con-cernenti l’anti-concorrenzialità del pagamento.

Una quick look rule of reason dunque, coniugata diversamente, in virtù di una necessaria coerenza interna con la parte generale dell’articolo, rispetto a quella più classica ed essenzialmente di matri-ce concorrenzialista che in materia vedrà lumatri-ce in In Re K-DUR Anti-trust Litigation183.

Un’ulteriore declinazione di questa regola probatoria la si ri-trova nella replica, agli autori di cui si è appena trattato, di Thomas F. Cotter184: specificamente nell’articolo intitolato “Refining the “presumpti-ve illegality” approach to settlements of patent disputes involving re“presumpti-verse payments: a commentary on Hovenkamp, Janis and Lemley”185, secondo esempio della dottrina ‘mediana’ di cui si sta discorrendo.

Se Cotter premette di condividere in linea generale l’iter argo-mentativo esposto dai tre autori con cui si confronta, così come il lo-ro test tripartito, non può però fare a meno di notare come, trattan-do dei RPS, ci sia la necessità di maggior precisione “perché, come spesso accade, il diavolo si nasconde nei dettagli”186.

oggetto dell’accordo implicante l’anti-concorrenzialità per il superamento della soglia delle spese legali.

182 HERBERT HOVENKAMP,MARK ALEMLEY,MARK JANIS, op. cit.

183 v. supra par. 4.4 .

184 Ai tempi dello scritto professore di proprietà intellettuale presso la University of Florida, Fredric G. Levin College of Law; oggi titolare della medesima cattedra nella University of Minnesota Law School.

185 THOMAS F. COTTER, «Refining the “presumptive illegality” approach to

settlements of patent disputes involving reverse payments: a commentary on Hovenkamp, Janis and Lemley», Minnesota Law Review, vol. 87, 2003, p. 1789.

186 THOMAS F.COTTER,op. cit.

Thomas F. Cotter, “Refining the “presumptive illegality” approach to settlements of patent disputes involving reverse payments: a commentary on Hovenkamp, Janis and Lemley”

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Specificatamente Cotter rileva due criticità basilari della quick look rule of reason così come forgiata da Hovenkamp, Janis e Lemley.

La prima riguarda il limite positivo dei costi di contezioso co-me salvifico onere della prova per l’innovatore, restrizione a suo avvi-so eccessiva: andando così non avvi-solo in contrasto con la tesi del trio, ma anche (e soprattutto?) con quella di Shapiro, l’autore ritiene che ci siano dei casi in cui un innovatore possa voler pagare di più delle spe-se legali al genericista per tenerlo fuori dal mercato187 senza, per ciò solo, dimostrare l’anti-concorrenzialità della transazione e, a fortiori, senza fuoriuscire in tal modo dal perimetro monopolistico concesso dalla privativa.

Diretta conseguenza di questa criticità è il secondo rilievo di Cotter: il limite delle spese legali infatti causerebbe una serie di un corto circuiti logici-probatori nella soddisfazione del primo onere del-la prova deldel-la quick look rule of reason di Hovenkamp, Lemley e Janis. Oltre al fatto che verrebbe da chiedersi che senso avrebbe dimostrare l’esistenza di una elevata probabilità di vittoria della causa, se comun-que la transazione verrebbe giudicata illegittima in quanto superante il limite delle spese, a questo punto le alternative per soddisfare quell’onere sarebbero tre.

1. Un ‘processo-nel-processo’188: vale a dire quella piena analisi sulla validità e sullo scopo del brevetto propria dei casi mediani suggerita dal trio nella parte generale del loro articolo. Viene però da chiedersi, allora, cosa rimarrebbe di quick ad una quick look rule of reason che per sua incoerenza interna porterebbe di

187 Casi dipendenti dalla propensione al rischio dell’innovatore, e dalla sua perce-pita probabilità di vittoria in giudizio.

188 Dizione ripresa dall’autore, che parla di “trial-within-a-trial”: THOMAS F.

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nuovo al test più complesso della parte generale…solo l’etichetta?

2. Un’istruttoria sommaria sulla validità del brevetto: di certo qui la velocità non mancherebbe, ma il rischio che questa “permet-terebbe a troppe transazioni anti-concorrenziali di rimanere in vita, esenti da scrutinio antitrust”189, è concreto, dal momento che le istruttorie concretizzano alcune delle questioni più complesse del diritto.

3. Una specie di procedimento a cognizione sommaria: caso in-termedio in cui l’indagine brevettuale, sia pur basata su pre-sunzioni, si fa più approfondita ma non al punto da ricadere nel primo caso.

In ogni caso non v’è dubbio che per l’autore tutto il problema derivi da quel limite delle spese legali come indice presuntivo assolu-to: se è vero che l’ordinamento sceglie le regole presuntive per il ri-sparmio di tempo e costi che determinano nella risoluzione dei pro-blemi190, per Cotter in tal caso il gioco (cioè l’impedire il potenziale salvataggio di RPS pro-concorrenziali) non vale la candela191.

Allora, quale è la soluzione? Di nuovo la quick look rule of reason in capo all’attore, stavolta però maggiormente dettagliata ed intreccia-ta: i due elementi probatori infatti vengono ad essere l’uno funzionale – cave, non preliminare – all’altro.

189 THOMAS F. COTTER, op. cit., ma v. anche ROGER D. BLAIR, THOMAS F.

COTTER, «Are settlements of patent disputes llegal per se?», The Antitrust Bulletin,

vol. 47, 2002, p. 491.

190 v. supra par. 3.1, specificamente il rinvio a DONDALD J.BOUDREAUX, op. cit.

191 È proprio qui che ravvisa distanza dal pensieri di Hovenkamp Janis e Lemley: se per loro, nell’ottica di benessere tolto alla società, la perdita di questi RPS po-trebbe non essere rilevante, in quanto altri accordi più concorrenziali – come le licenze brevettuali – prenderebbero il loro posto, per Cotter non è così. Infatti, se davvero le licenze fossero accordi perfettamente fungibili ai RPS, verrebbero scel-te in ogni caso in virtù della minor presenza di rischio di scrutinio antitrust; i fatti però provano il contrario. (THOMAS F.COTTER,op. cit.)

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L’ammontare del pagamento viene non più ad indicare la con-correnzialità dell’accordo, ma ad essere specchio implicito della forza del brevetto: il limite delle spese viene ampliato, fino a rendere indici di probabile validità (con conseguente violazione) della privativa an-che tutti quei pagamenti “superiori ai costi di contezioso ma minori della potenziale perdita che il convenuto avrebbe se venisse sconfitto in processo”192. E così, in maniera inversamente proporzionale ai co-sti – giova ripeterlo, entro il limite positivo appena esposto – vi sarà una diversa intensità dell’onere di provare la probabile vittoria nella causa brevettuale sottesa.

Gli esempi riportati di questa posizione mediana mostrano pe-rò come, anche all’interno dello stesso approccio, le risposte siano state tutt’altro che univoche. Pur nelle sue plurime coniugazioni però, neanche tale dottrina, come d’altronde nessuna in materia, arrivò ad imporsi.