• Non ci sono risultati.

Analisi di alcune definizioni proposte

1. Alla ricerca di una definizione di giustizia riparativa

1.1. Analisi di alcune definizioni proposte

Il compito non è semplice perché la dottrina mostra una certa dif-

formità di vedute: il dibattito internazionale sulla nozione stessa di re-

storative justice è acceso e caratterizzato da forti contrapposizioni.

Anche se da prospettive divergenti, molti sostenitori della giustizia

riparativa si propongono di individuare una definizione il più precisa

possibile, per evitare ogni sorta di contaminazione con pratiche ad essa

estranee

1

.

1 F. P

ARISI, La restorative justice alla ricerca di identità e legittimazione. Conside-

razioni a partire dai risultati intermedi di un progetto di ricerca europeo sulla prote- zione della vittima (2014), in http://www.penalecontemporaneo.it, 3, sottolinea come

una scelta definitoria precisa avrebbe il pregio di includere nel concetto di giustizia riparativa una serie di attività riparative dell’autore che rientrano in realtà nell’orbita della giustizia tradizionale, la quale, da sempre, attribuisce valore alle condotte volte ad attenuare o ad eliminare le conseguenze del reato. Come rileva G. JOHNSTONE, Intro-

duction: Restorative Approaches to Criminal Justice, in ID. (ed. by), A Restorative Jus-

tice Reader. Texts, Sources, Context, Cullompton, Willan, 2003, 1 s., secondo alcuni

sostenitori della giustizia riparativa, molte pratiche rappresentate come “riparative”, non sono affatto dei buoni esempi di restorative justice.

Quest’operazione nasconde tuttavia un rischio: tende a chiudere in

categorie rigide le istanze sempre nuove alle quali l’operatore cerca

concretamente di rispondere e di ostacolare, forse, più che promuovere,

l’evoluzione del modello.

Tra le moltissime definizioni elaborate dalla dottrina

2

, vorrei ripro-

porre quelle maggiormente condivise.

2 G. M

ANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 46 ss., ad esempio, ha cercato di di-

stinguere, in base ai destinatari, quelle orientate sulla vittima del reato da quelle orienta- te sulla comunità, concetto ambiguo, utilizzato spesso in modo sfuggente, e con molte- plici funzioni, nelle argomentazioni dei sostenitori della giustizia riparativa. Pone l’attenzione, in particolare, sulla tutela delle vittime M. WRIGHT, Justice for Victims

and Offenders, Ballmoor, Buckingham, Open University Press, 1991, passim e ID.,

Quanto è riparatrice la giustizia riparatrice?, cit., passim.

Per una riflessione sul ruolo della comunità, cfr. invece, P. MCCOLD, The Recent

History of Restorative Justice: Mediation, Circles, and Conferencing, in C. HOYLE

(ed. by), Restorative Justice. Critical Concepts in Criminology, cit., 136 ss., nonché L. WALGRAVE, La justice restaurative: à la recherche d’une théorie et d’un program-

me, in Criminologie, 1999, vol. 32, n. 1, 14, che precisa come le definizioni di comunità

siano “vaghe o addirittura contraddittorie”; A. CERETTI, Mediazione: una ricognizione

filosofica, in L. PICOTTI (a cura di), La mediazione nel sistema penale minorile, cit., 47,

che parla di termine “ampio, vago e con più significati”, nonché l’approfondita analisi di F. REGGIO, Giustizia dialogica, cit., 90 ss., il quale elenca molteplici ruoli della

community: vittima del reato, soggetto cointeressato alla risposta al reato, fonte di indi-

viduazione dei comportamenti che il diritto è chiamato a sanzionare, vero titolare del conflitto sociale, tessuto di relazioni sociali. Nel pensiero di Braithwaite, essa sarebbe addirittura uno strumento di pressione psicologica e di controllo del reo (pag. 147). Cfr. quindi, nella sterminata produzione bibliografica, P. BLUME LEONARD, An Intro-

duction to Restorative Justice, in E. BECK, N.P. KROPF, P. BLUME LEONARD (ed. by),

Social Work and Restorative Justice, Oxford, Oxford University Press, 2011, pp. 31,

nonché D.W. VAN NESS, K. HEETDERKS STRONG, Restoring Justice. An introduction to

Restorative Justice, V ed., Waltham, Anderson Publishing Co., 2014, 23 ss., per una

breve ricostruzione della storia della restorative justice, termine utilizzato, secondo gli autori, per la prima volta nel 1958 da Albert Eglash, per distinguere questa forma di giustizia (basata sulla creative restitution) dalla retributive (basata sulla pena) e dalla

distributive justice (basata sul trattamento terapeutico). Sul punto cfr. approfonditamen-

te anche G. MANNOZZI, Traduzione e interpretazione giuridica nel multilinguismo eu-

ropeo, cit., 141 ss., la quale individua tuttavia delle fonti europee della più moderna

idea di giustizia riparativa, citando il pensiero teologico tedesco (per merito di Schrey e Wanz) ed il pensiero del filosofo italiano Giorgio Del Vecchio, la cui opera La Giusti-

Marshall si riferisce efficacemente alla restorative justice come ad

un “approccio problem-solving” rispetto al reato, o, più precisamente,

ad un processo in cui tutte le parti interessate da un particolare reato si

incontrano per decidere insieme come affrontare le conseguenze del-

l’offesa e le sue ripercussioni nel futuro

3

.

Questa definizione, però, è stata oggetto di critiche perché troppo ri-

stretta: essa dimentica, ad esempio, di includere tutte le forme di giusti-

zia riparativa che prescindono da una partecipazione diretta (incontro)

di vittima ed offensore

4

.

Alcuni autori hanno così preferito individuare lo scopo fondamenta-

le di questo modello di giustizia nel momento riparativo dell’offesa

causata dal reato

5

e concentrare la loro attenzione su questo profilo.

Johnstone e Van Ness ritengono che la riparazione costituisca un

elemento fondante solo della reparative conception, che deve essere

distinta dalla encounter conception, che si incentra sull’incontro tra la

vittima e l’offensore, e dalla transformative conception, che valorizza

lo studio e la rimozione delle cause che precedono il reato e possono

porsi alla base di esso

6

.

zia e numerosi articoli pubblicati in lingua inglese circolavano ampiamente nella lette-

ratura anglosassone di metà Novecento.

3 T.F. M

ARSHALL, Restorative Justice. An Overview, cit., 5, dove è riprodotta come

comunemente accettata la definizione, liberamente tradotta nel testo, che si riproduce testualmente: “Restorative justice is a process whereby parties with a stake in a specific offence collectively resolve how to deal with the aftermath of the offense and its impli- cation for the future”. Tale definizione è richiamata, tra gli altri, anche da R. CARIO,

Justice restaurative, cit., 52 e da D. CERTOSINO, Mediazione e giustizia penale, cit., 36.

4 R. L

ONDON, Crime, Punishment, and Restorative Justice, cit., 23.

5 R. L

ONDON, Crime, Punishment, and Restorative Justice, cit., 315; P. WALLIS,

B. TUDOR, The Pocket Guide to Restorative Justice, London and Philadelphia, Jessica

Kingsley Publishers, 2008, 13: “Restorative justice is about repairing the harm caused by crime”. La più citata definizione, in questa prospettiva, è “every action that is pri- marily oriented towards doing justice by repairing the harm that is caused by crime”: G. BAZEMORE, L. WALGRAVE, Restorative Juvenile Justice: in Search of Fundamentals

and an Outline for Systemic Reform, in ID. (ed. by), Restorative Juvenile Justice: Re-

pairing the Arm of Youth Crime, Monsey, Criminal Justice Press, 1999, 48.

6 G. J

OHNSTONE, D.W. VAN NESS, The Meaning of Restorative Justice, in

ID. (ed. by), Handbook of Restorative Justice, Cullompton, Willan Publishing, 2007,

Tutte e tre le concezioni prendono in considerazione questi elementi,

ma attribuendo loro una diversa rilevanza.

La concezione orientata all’incontro (encounter conception) tende

ad identificare la restorative justice con alcune pratiche “democrati-

che”, quali la mediazione, poiché richiede irrinunciabilmente che alle

parti sia data la possibilità di incontrarsi fuori dal sistema formale di

giustizia e di decidere insieme come rispondere al crimine: gli eventuali

professionisti rimangono in questo contesto sullo sfondo. Gli effetti

fecondi del semplice incontro – considerato come fine autonomo della

pratica riparativa – hanno portato Umbreit, ad esempio, ad affermare

che esso deve essere considerato positivamente anche in ipotesi di as-

senza di accordo riparatorio (che ha un ruolo secondario), quando, gra-

zie al ricorso ad un modello “umanistico” di mediazione, la vittima sia

riuscita ad esprimere cosa il reato abbia comportato per la sua vita ed a

ricevere delle risposte dal reo, mentre quest’ultimo abbia compreso il

reale impatto umano del suo comportamento

7

. La reparation senza un

preventivo incontro non può essere naturalmente considerata coerente

con tale modello

8

.

La concezione orientata alla riparazione (reparative conception) ri-

tiene, invece, imprescindibile una risposta riparatoria alla lesione, che il

reato ha arrecato. L’importanza della dimensione partecipativa è rico-

nosciuta, innanzitutto, per ripristinare il dialogo che è stato interrotto

9

,

ma si può rimanere nell’ambito della restorative justice anche quando

dialogica, cit., 99 ss. G. MANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 72 ss., distingue

invece tra modelli che valorizzano la riparazione e modelli che valorizzano l’aspetto comunicativo-relazionale del conflitto. M. ZERNOVA, M. WRIGHT, Alternative Visions

of Restorative Justice, in G. JOHNSTONE, D.W. VAN NESS (ed. by), Handbook of Resto-

rative Justice, cit., 93, utilizzano una diversa terminologia per le prime due ipotesi con-

siderate, contrapponendo un modello basato sulla procedura (process-focused) ad uno basato sull’esito (outcome-focused).

7 M.S. U

MBREIT, The Handbook of Victim Offender Mediation, San Francisco,

Jossey-Bass, 2001, XXXVIII ss.

8 J. B

RAITHWAITE, Principles of Restorative Justice, in AA.VV., Restorative Justice

and Criminal Justice. Competing or Reconcilable Paradigms?, Oxford, Portland, Hart,

2003, 7 ss., si sofferma criticamente sui valori che dovrebbero caratterizzare ogni pro- cesso riparativo, per essere correttamente considerato tale.

9 H. Z

l’incontro non sia desiderato dalla vittima, sia inopportuno o sia sem-

plicemente impossibile

10

.

Gli obiettivi più ambiziosi, infine, sono quelli della concezione

orientata alla trasformazione (transformative conception), che individua

come fine della giustizia riparativa quello di “trasformare il modo in cui

ciascuno di noi comprende se stesso e si relaziona con gli altri nella vita

quotidiana”

11

. Una risposta adeguata al crimine deve infatti spingersi

fino ad indagare il contesto sociale e culturale in cui il reato si è mani-

festato, approntando i rimedi necessari.

Se, nelle opere dei diversi autori, l’approccio “riparatorio” sembra a

prima vista prevalere, entro quadri teorici sempre più elaborati, anche

per la sua capacità di prestare maggior attenzione alla differenza so-

stanziale che caratterizza normalmente le posizioni della vittima e del-

l’offensore, non è comunque facile cogliere delle espressioni “pure” di

queste diverse concezioni, che vengono frequentemente integrate e ri-

lette.

Nell’ambito della dottrina italiana, ad esempio, c’è chi valorizza la

dimensione riparativa, ma afferma che la riparazione dovrebbe essere

sempre preceduta da un percorso che aiuti il reo a riflettere sul conflitto

e sulle cause che l’hanno originato nonché a ri-conoscere le proprie

10 L’incontro tra vittima ed offensore, ad esempio, viene considerato da F. R

EGGIO,

Giustizia dialogica, cit., 164, inopportuno, in caso di violenza su minori. Sulla proble-

maticità del concetto di riparazione ci soffermeremo nel prossimo paragrafo.

11 G. J

OHNSTONE, D.W. VAN NESS, The Meaning of Restorative Justice, cit., 15: “to

transform the way in which we understand ourselves and relate to others in our every- day lives”. Cfr. G. JOHNSTONE, The Agendas of the Restorative Justice Movement, in

H.V. MILLER (ed. by), Restorative Justice: from Theory to Practice, Bingley, Emerald

JAI, 2008, 59 ss. Tra gli autori che hanno condiviso questa concezione vengono citati D. SULLIVAN, L. TIFFT, Restorative Justice: Healing the Foundations of our Everyday

Lives, New York, Willow Tree Press, 2001. Si può leggere in questa prospettiva anche

l’affermazione di J. BRAITHWAITE, Principles of Restorative Justice, cit., 1: “RJ is not

simply a way of reforming the criminal justice system, it is a way of transforming the entire legal system, our family lives, our conduct in the workplace, our practice of poli- tics. Its vision is of a holistic change in the way we do justice in the world”. Più di re- cente cfr. il lavoro di K. CLAMP, C. PATERSON, Restorative Policing. Concepts, theory

responsabilità e la “globalità” del danno arrecato

12

. La stessa mediazio-

ne, infatti, può rappresentare una forma di riparazione morale nei con-

fronti della vittima

13

.

Altri collocano invece la restorative justice

sulle orme di una giustizia dialogica, la quale interviene perché la di-

mensione del dialogo intersoggettivo è stata violata, si pone l’obiettivo

di ripristinarla, ed assume tale dialogo come strumento operativo e co-

me condizione di validità

14

.

Proprio la ricostituzione di un confronto dialogico è considerata una

componente fondamentale della riparazione.

Nella dottrina anglosassone la giustizia riparativa è stata recente-

mente letta in stretta connessione con la dimensione della fiducia, che

deve essere adeguatamente considerata per comprenderne il significato.

Il reato fa perdere alla vittima ogni fiducia: nell’offensore, innanzitutto,

ma anche nella società, che non è riuscita ad assicurarle una garanzia di

sicurezza. Attraverso questo modello di giustizia, ed in particolare at-

traverso la riparazione, si mira a consentire al reo ed alla società di ri-

guadagnare la fiducia della persona offesa

15

.

Zehr e Mika, infine, individuano una serie di principi fondamentali

della giustizia riparativa, tra i quali spiccano la promozione del dialogo

“diretto od indiretto”, a seconda dei casi, tra le vittime e gli autori del

reato ed il rispetto di tutte le parti, ma soprattutto la valorizzazione delle

conseguenze dannose del reato più che la messa in evidenza della vio-

lazione delle norme e quindi lo sforzo verso la riparazione a favore del-

la vittima

16

.

12 A. C

ERETTI, Percorsi del riconoscimento: i rei, cit., 79. Così anche G. MANNOZ- ZI, La giustizia senza spada, cit., 100 s.

13 G. F

IANDACA, La giustizia minorile come laboratorio sperimentale di innovazio-

ni estensibili al diritto penale comune, cit., 151.

14 F. R

EGGIO, Giustizia dialogica, cit., 208.

15 R. L

ONDON, Crime, Punishment, and Restorative Justice, cit., 25 ss.

16 H. Z

EHR, H. MIKA, Fundamental Concepts of Restorative Justice, in C. HOYLE

Un’altra contrapposizione teorica, parzialmente sovrapponibile a

quella già descritta anche se da una diversa prospettiva, si coglie tra

un’opzione “purista” ed una “massimalista” di restorative justice

17

.

Nella concezione “purista” sostenuta da McCold, ad esempio, tale

nuovo modello di giustizia, incentrato sul processo riparativo, deve es-

sere integralmente alternativo ed estraneo a quello tradizionale, evitan-

do di mutuarne metodi, prassi e concetti, rifiutando ogni forma di coa-

zione e valorizzando il consenso, la volontarietà e l’informalità

18

. Come

vedremo, in altri lavori l’autore offre un quadro completo e composito

delle diverse pratiche anche parzialmente riparative, tenendo conto dei

destinatari delle stesse, ma non ammette contaminazioni teoriche della

restorative justice, come ideale che deve rimanere “puro” per poter

giungere a permeare di sé completamente, nel futuro, il sistema tradi-

zionale della giustizia penale

19

.

Da altra prospettiva, Walgrave condivide una concezione “massima-

lista” di restorative justice, integralmente applicabile alla giustizia pe-

nale, e la definisce come “un’opzione nel fare giustizia, a seguito della

commissione di un reato, che è primariamente orientata alla riparazione

del danno individuale, relazionale e sociale causato da quel fatto crimi-

noso”

20

. In linea con i sostenitori della concezione orientata alla ripara-

zione (reparative conception), l’Autore afferma di preferire percorsi e

soluzioni consensuali (mediazione, restorative conferencing, sentencing

17 Cfr. l’analisi di F. R

EGGIO, Giustizia dialogica, cit., 109 ss. e di F. PARISI, La re-

storative justice alla ricerca di identità e legittimazione, cit., 3 ss. T. FOLEY, Develop-

ing Restorative Justice Jurisprudence. Rethinking Responses to Criminal Wrongdoing,

Oxfordshire, New York, Routledge, 2016, 199, parla, in una diversa accezione, di mo- dello minimalista, in cui la giustizia penale tradizionale deve essere preferita, se è ne- cessario procedere giudizialmente ad accertare la colpevolezza, a quella riparativa, che, al contrario, deve imporsi di fronte ad istanze di riparazione sul piano relazionale.

18 P. M

CCOLD, Toward a Holistic Vision of Restorative Juvenile Justice: A Reply to

the Maximalist Model, in Contemporary Justice Review, 2000, 357 ss.

19 Cfr. l’analisi di M. Z

ERNOVA, Restorative justice, Aldershot, Ashgate, 2007, 53.

20 L. W

ALGRAVE, Restorative Justice, Self-interest and Responsible Citizenship,

Cullompton (Devon), Portland (Oregon), Willan Publishing, 2008, 21, dove, integrando la definizione di Bazemore e Walgrave, già citata, si legge: “an option for doing justice after the occurrence of an offence that is primarily oriented towards repairing the indi- vidual, relational and social harm, caused by that offence”.

circles), che tuttavia non vengono ritenuti esaustivi. Il ricorso alla san-

zione penale, o, addirittura, a forme di imposizione della riparazione,

non viene infatti escluso, laddove necessario

21

. Viene piuttosto ritenuto

irrinunciabile che il diritto assicuri il rispetto di alcuni principi (quali il

giusto processo o la proporzionalità), anche nell’ambito dei procedi-

menti informali, previa una loro eventuale riformulazione per garantir-

ne la compatibilità con il modello

22

.

Infine, in termini molto espliciti, Walgrave sottolinea la necessità di

tenere distinta, nell’approccio al reato, una prospettiva pubblicistica da

una privatistica: di fronte ad un’offesa penalmente rilevante, che ha un

significato sovraindividuale, è pur sempre necessario l’intervento della

pubblica autorità che esprima disapprovazione e risponda alla domanda

di sicurezza valorizzando gli atti diretti alla riparazione

23

.

Questa lettura è interessante. L’assoluta autonomia della giustizia

riparativa è impensabile, visto che essa si avvale di definizioni e con-

cetti, ma anche di istituti, della giustizia penale tradizionale; l’esistenza

di un sistema penale e processuale è presupposta (più che esclusa) da

gran parte dei sostenitori della restorative justice

24

.

21 Cfr. L. W

ALGRAVE, Restorative Justice: An Alternative for Responding to

Crime?, cit., 621.

22 L. W

ALGRAVE, Restorative Justice and the Law. Socio-ethical and Juridical

Foundations for a Systemic Approach, in ID. (ed. by), Restorative Justice and the Law,

Cullompton, Willan, 2002, 216. Sull’importanza di non soffermarsi unicamente sul risultato, ma anche sulle singole fasi del percorso che porta alla riparazione, il quale deve svolgersi nel rispetto dei diritti umani, si sofferma M. WRIGHT, Justice for Victims

and Offenders, cit., 112 (tale profilo è sottolineato da G. MANNOZZI, La giustizia senza

spada, cit., 61).

23 L. W

ALGRAVE, Restorative Justice, Self-interest and Responsible Citizenship, cit.,

26 s. Per una diversa lettura, più marcatamente purista, cfr., nella dottrina italiana, F. PA- RISI, La restorative justice alla ricerca di identità e legittimazione, cit., 5 ss. Al contra-

rio, parla di giustizia riparativa con valenza di carattere “integrativo” M. COLAMUSSI,

Adulti messi alla prova seguendo il paradigma della giustizia riparativa, in Processo penale e Giustizia, 2012, n. 6, 123 ss., non diversamente dalla dottrina già citata nel

primo capitolo.

24 G.C. P

AVLICH, Governing Paradoxes of Restorative Justice, London, Glasshouse

Pr., 2005, 14; P. GALAIN PALERMO, La reparación del daño a la víctima del delito, cit.,

Se si pensa alla mediazione penale nel quadro di un ordinamento

positivo si devono considerare come imprescindibili almeno due legami

con il sistema penale: la qualificazione penalistica del conflitto, a mon-

te, e la disciplina degli effetti della mediazione sulla definizione del

procedimento, a valle

25

.

Addirittura, vi è chi afferma che la giustizia riparativa può essere

stata ostacolata nella sua diffusione dalla dottrina che l’ha considerata

un modello rigidamente alternativo a quello istituzionale

26

. In senso

analogo, alcuni “miti” della giustizia riparativa sono stati messi in di-

scussione partendo dalla condivisibile constatazione per cui tale model-

lo non può disinteressarsi della dimensione punitiva o pensare di pre-

scinderne interamente, visto che essa rimane la principale attività di

risposta al crimine messa in campo da parte dello Stato. Non si può

pensare che il paradigma riparativo sia contrapposto a quello retributi-

vo, ma si deve piuttosto auspicare che le due prospettive si integrino,

anche per evitare di essere pessimisti di fronte alle molte difficoltà che

il nuovo modello incontra (non sempre vittima ed offensore trovano un

terreno comune di incontro; non sempre il reo è disposto a chiedere

scusa e non sempre la vittima è disposta ad accettare le scuse)

27

.

Richiamando infine le fonti normative sovranazionali, nell’ambito

della Risoluzione del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni

Unite, concernente “i principi base nell’uso dei programmi di giustizia

riparativa in materia penale” (ECOSOC Resolution 2002/12), appare

estremamente significativa a scopo definitorio la distinzione che è stata

operata tra “processo riparativo” ed “esito riparativo”.

Il “programma riparativo”, definito nel suo complesso, deve avva-

lersi di “processi riparativi” e proporsi di raggiungere “esiti riparativi”.

Più specificamente, nei “processi riparativi” sono compresi quei percor-

si in cui:

25 G. M

ANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 401.

26 R. L

ONDON, Crime, Punishment, and Restorative Justice, cit., 11.

27 K. D

ALY, Restorative Justice. The Real Story, cit., 197 ss. Come evidenzia

D. ROCHE, Dimensions of Restorative Justice, in Journal of Social Issues, 2006, vol. 62,

n. 2, 235, in molte occasioni la restorative justice ha operato in modo più efficace pro- prio perché sullo sfondo si apriva la possibilità di un procedimento penale, in ipotesi di mancata cooperazione da parte dell’indagato.

la vittima, il reo e, dove è opportuno, ogni altro individuo o membro

della comunità che abbia subito le conseguenze di un reato partecipano

insieme attivamente alla risoluzione delle questioni sorte, con l’illecito

penale, generalmente con l’aiuto di un facilitatore.

Tra gli “esiti riparativi”, consensualmente raggiunti, sono invece in-

dicati:

risposte e programmi quali la riparazione, le restituzioni, le attività so-

cialmente utili aventi lo scopo di corrispondere ai bisogni individuali e

collettivi e alle responsabilità delle parti e di realizzare la reintegrazione