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Contributo della giustizia riparativa all’efficienza proces-

3. Il rapporto efficiente tra la giustizia riparativa ed il sistema

3.2. Contributo della giustizia riparativa all’efficienza proces-

Sebbene gli strumenti come la mediazione non siano da valorizzare

unicamente sul piano della loro presunta capacità deflattiva

255

, la giusti-

zia riparativa va considerata anche perché può contribuire all’efficienza

processuale

256

.

Riconoscere che il ricorso alla restorative justice non è stato priori-

tariamente sollecitato da esigenze di economia processuale e che essa

può addirittura costituire una sorta di “mito contemporaneo”

257

, impli-

cando una riflessione sul significato stesso della giustizia, non significa

negarne le potenzialità per un funzionamento efficace del sistema pena-

le, secondo una tendenza comune a tutti i settori del diritto

258

.

Nel contesto della giustizia riparativa si incontrano diversi interessi

concorrenti: quello della vittima; quello dell’autore di reato; in qualche

misura quello della comunità, nonché auspicabilmente (perché sottova-

lutarlo?) proprio quello dell’amministrazione della giustizia che, anche

nell’interesse delle parti, mira ad accelerare i procedimenti penali

259

.

Quando si parla di restorative justice e deflazione con riferimento al

sistema penale italiano, si impone tuttavia una delicata indagine sup-

plementare volta a ricercare un dialogo proficuo con la disciplina pro-

255 G. C

OSI, Introduzione, in M.A. FODDAI (a cura di), La scelta della mediazione:

itinerari ed esperienze a confronto, cit., VIII.

256 F. G

IUNTA, Oltre la logica della punizione, cit., 345, individua proprio una linea

di sviluppo delle condotte riparatorie per il perseguimento dell’istanza di deflazione processuale.

257 F. R

EGGIO, Giustizia dialogica, cit., 211.

258 Vedi, per l’affermazione, G. M

ANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 24.

Cfr. A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e riparativa all’efficienza dei

modelli di giurisdizione, cit., 244.

259 P. G

ALAIN PALERMO, La reparación del daño a la víctima del delito, cit., 89-90,

nonché, con riferimento alla specifica esperienza dell’ordinamento tedesco, 267 s. Co- me ricorda D. CERTOSINO, Mediazione e giustizia penale, cit., 18 s., l’Italia in questi

ultimi anni è stata destinataria di innumerevoli condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, inflitte proprio per violazione delle prescrizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in materia di ragionevole durata del processo, principio costituzionalizzato nell’art. 111 della Costituzione.

cessuale. Non è dubbio, infatti, come anche questa materia, dalle radici

lontane, risenta profondamente dei problemi legati all’esportabilità de-

gli istituti stranieri, laddove essi debbano essere integrati in sistemi giu-

ridici in cui vigono principi, anche costituzionali, molto diversi da quel-

li tipici dei paesi di common law, dove la giustizia riparativa ha iniziato

ad affermarsi in un contesto di discrezionalità dell’azione penale

260

, o

da quelli di paesi come la Francia, dove comunque è possibile abban-

donare l’azione penale per ragioni di mera opportunità o – addirittura –

come la Germania, dove, pur considerandosi la legalità dell’azione pe-

nale un valore primario da perseguire come regola, al pubblico ministe-

ro sono riconosciuti alcuni strumenti di “deprocessualizzazione”, pro-

prio in ipotesi di composizione non autoritativa del conflitto, con rife-

rimento alla criminalità medio-piccola

261

.

A differenza di altri ordinamenti pur ancorati al principio di legalità,

in Italia, a garanzia di un’applicazione uguale per tutti della legge pena-

le e di altri principi basilari del sistema costituzionale

262

, l’art. 112 della

260 L. P

ICOTTI, La mediazione nel sistema penale minorile: spunti per una sintesi,

cit., 285. Come rileva A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e riparati-

va all’efficienza dei modelli di giurisdizione, cit., 64, si può escludere che la discrezio-

nalità dell’azione penale sia una caratteristica essenziale del sistema accusatorio.

261 In questi termini, anche se criticamente, F. B

RICOLA, Intervento sul tema: “L’azio-

ne per la repressione dell’illecito tra obbligatorietà e discrezionalità”, cit., 31 ss. Cfr.,

invece, da una diversa prospettiva F. RUGGIERI, Obbligatorietà dell’azione penale e

soluzioni alternative nel processo penale minorile, in L. PICOTTI (a cura di), La media-

zione nel sistema penale minorile, cit., 203; C.E. PALIERO, “Minima non curat prae-

tor”, cit., 469 ss.; M. CHIAVARIO, L’obbligatorietà dell’azione penale: il principio e la

realtà, cit., 2670. Riserveremo tuttavia al prossimo capitolo del presente lavoro un’ana-

lisi più approfondita dei profili comparatistici.

262 Come ha messo in luce la Corte cost., 28 gennaio-15 febbraio 1991, n. 88, in

Cass. pen., 1991, 207, il principio è in realtà il punto di convergenza di altri principi

basilari del sistema costituzionale: di legalità dei delitti e delle pene, di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e di indipendenza del p.m. In questa sentenza, che richia- meremo anche in seguito, la Corte ha sostenuto che il principio di obbligatorietà impor- rebbe di limitare l’archiviazione ai soli casi di oggettiva “superfluità” del processo. F. BRICOLA, Intervento sul tema: “L’azione per la repressione dell’illecito tra obbliga-

torietà e discrezionalità”, cit., 31 ss., coglieva una relazione strettissima tra il principio

di obbligatorietà dell’azione penale ed il principio di legalità e tassatività di cui al- l’art. 25 Cost. In realtà, egli riteneva che il costituente volesse innanzitutto la selezione

Costituzione ha stabilito drasticamente il principio di obbligatorietà del-

l’azione penale

263

. Se interpretato rigidamente, esso rappresenta un

ostacolo all’introduzione di istituti di flessibilizzazione: allorché sussi-

stano i presupposti per l’esercizio dell’azione penale, il processo deve

iniziarsi e concludersi, “sia che vittima e reo si siano riconciliati, sia

che siano rimasti estranei l’una all’altro”

264

.

Come altri paesi europei caratterizzati sul piano processuale dalla

doverosità dell’azione penale

265

, anche l’Italia, lasciata da parte una

“finalità cieca di retribuzione obbligatoria” ed una “mitica obbligatorie-

tà indifferenziata”, guarda tuttavia sempre con maggior apertura a solu-

zioni trasparenti, ma più flessibili, con una “disciplina di raccordo fra il

diritto penale ed il processo”

266

, che segni “il passaggio dall’extrema

ratio sostanziale… all’extrema ratio processuale”

267

.

dei fatti, nell’ambito dell’armonica costruzione che va dal principio di legalità a quello di obbligatorietà dell’azione penale.

263 M. C

HIAVARIO, L’obbligatorietà dell’azione penale: il principio e la realtà, cit.,

2658 ss., definisce questa disposizione “una delle più laconiche della Carta fondamen- tale della Repubblica” ed illustra come in nessuna delle Costituzioni straniere con cui potrebbe essere utile operare un confronto si trovi una clausola che suoni allo stesso modo dell’art. 112 Cost.

264 F. R

UGGIERI, Obbligatorietà dell’azione penale e soluzioni alternative nel pro-

cesso penale minorile, cit., 193. M. ROMANO, Commentario sistematico del codice

penale, cit., vol. 1, 32 s., ritiene che proprio questa norma, che esula dal principio di

legalità ma scaturisce da una diffusa idea di uguaglianza e di giustizia, imponga di per- seguire ogni reato (o il maggior numero possibile). Cfr. U. GATTI, M.I. MARUGO, La

vittima e la giustizia riparativa, cit., 100 e A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia

consensuale e riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizione, cit., 42.

265 L. L

UPARIA, Obbligatorietà e discrezionalità dell’azione penale nel quadro

comparativo europeo, in Giur. it., 2002, 1751 s. afferma che i paesi che prevedono una

doverosità dell’azione penale dimostrano un’apertura sempre maggiore verso ambiti di discrezionalità, mentre gli altri vanno continuamente temperando gli spazi discrezionali concessi all’agire del P.M.

266 M. D

ONINI, Il volto attuale dell’illecito penale, cit., 259. G. FIANDACA, La lega-

lità penale negli equilibri del sistema politico-costituzionale, in Foro it., 2000, V, 142,

parla di “concezione realistica – e non mitica o ipocrita” dell’obbligatorietà dell’azione penale.

267 O. D

I GIOVINE, La particolare tenuità del fatto e la “ragionevole tutela” del di-

ritto ad una morte degna di aragoste, granchi, fors’anche mitili, cit., 819, parlando del-

La dottrina italiana, infatti, ha preso atto della pesante frattura che

separa l’essere dal dover essere del sistema penale nazionale, in cui esi-

stono moltissime norme ma mancano le strutture adeguate, le risorse e

le forze necessarie per farle rispettare e, di conseguenza, il sistema è

costretto a tollerare prassi certamente lesive del principio di obbligato-

rietà

268

e comunque processi dalla durata “irragionevole”

269

.

In un sistema ad azione penale obbligatoria, ma con un eccesso di

incriminazioni, è inevitabile allora che si pensi a meccanismi, sostan-

ziali e processuali, “di correzione, di aggiramento ed elusione del-

l’obbligatorietà”

270

.

Se si rimane convinti, tuttavia, che in uno Stato di diritto l’obbliga-

torietà dell’azione penale deve rimanere un principio fondamentale, nel

268 F. C

APRIOLI, L’archiviazione, Napoli, Jovene, 1994, 591 ss. (“Permane un rap-

porto di grave squilibrio tra le risorse operative di cui dispongono gli uffici di procura e il numero delle notizie di reato che pervengono quotidianamente a tali uffici”). Vedi anche M. SBRICCOLI, Giustizia criminale (2002), cit., 40 ss.; C.E. PALIERO, “Minima

non curat praetor”, cit., 187 e 331 s.; M. CHIAVARIO, L’obbligatorietà dell’azione pe-

nale: il principio e la realtà, cit., 2673 s.; F. RUGGIERI, Obbligatorietà dell’azione pe-

nale e soluzioni alternative nel processo penale minorile, cit., 204. È bene ricordare che

anche F. BRICOLA, Intervento sul tema: “L’azione per la repressione dell’illecito tra

obbligatorietà e discrezionalità”, cit., 31 ss., insisteva sulla necessità di sfoltire gli

illeciti penali per evitare che il principio di obbligatorietà non fosse un mito.

269 M.G. A

IMONETTO, L’archiviazione “semplice” e la “nuova” archiviazione “con-

dizionata” nell’ordinamento francese, cit., 99 ss. L’Autrice si sofferma anche sui costi

del processo per l’accusato, la vittima e tutte le persone coinvolte. A. CIAVOLA, Il con-

tributo della giustizia consensuale e riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizio- ne, cit., 2 ss. (e 228 ss.) ricorda come l’Italia continui ad essere chiamata a rispondere di

violazioni alle prescrizioni della C.E.D.U., per l’eccessiva durata dei procedimenti pe- nali. In particolare, l’art. 6 par. 1 contempla il diritto di ogni persona ad essere giudicata “entro un termine ragionevole”. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha istituito un meccanismo specifico di monitoraggio per risolvere il problema della durata strutturale dei processi in Italia, la quale conduce alla protezione inefficace di un’ampia gamma di altri diritti sostanziali. Il Commissario dei diritti umani, nel Rapporto presen- tato in seguito alla sua visita nel 2005, ha in particolare rilevato una difficoltà oggettiva nel dare una risposta al fenomeno dell’inefficienza del sistema giudiziario, legata al principio di obbligatorietà, ma ha anche riconosciuto che si tratta di un tema delicato, strettamente legato ai principi costituzionali. Cfr. altresì F. TULKENS, Una giustizia

negoziata?, cit., 647.

270 M. D

senso che la scelta tra il processo e la richiesta di archiviazione non può

dipendere da una mera valutazione di opportunità politica

271

o da esi-

genze interne al processo – che accentuerebbero nell’opinione pubblica

il senso di aleatorietà della giustizia

272

– è necessario evitare interpreta-

zioni eccessivamente rigide o “fondamentaliste” del principio, poten-

ziando istituti esistenti

273

o individuando nuove soluzioni che, di solito

basate sul consenso delle parti

274

, permettano di ovviare ragionevol-

mente alle conseguenze negative che esso può provocare nella pratica,

almeno in una peculiare contingenza storica

275

.

271 Come sottolinea M. C

HIAVARIO, Processo penale e alternative: spunti di rifles-

sione su un “nuovo” dalle molte facce (non sempre inedite), in Riv. Dir. Proc., 2006,

411, il principio, purtroppo, è stato oggetto di attacchi strumentali volti a riportare la politica dell’azione penale interamente nelle mani del potere politico. Come reazione a questa errata prospettiva, esso è stato da altri addirittura mitizzato, come l’unico coeren- te con uno Stato di diritto, sorvolando sul fatto che “nei termini rigidi in cui lo leggiamo nell’art. 112 Cost., il principio non trova corrispondenti in nessun’altra parte d’Europa e forse del mondo”.

272 M. C

HIAVARIO, L’obbligatorietà dell’azione penale: il principio e la realtà, cit.,

2666. Cfr. altresì le recenti riflessioni critiche di E. DOLCINI, Esercizio dell’azione pe-

nale, divisione dei poteri e prevenzione generale dei reati, in Riv. it. dir. proc. pen.,

2011, 1369 ss.; R. APRATI, Le regole processuali della dichiarazione di “particolare te-

nuità del fatto”, in Cass. pen., 2015, 1317 ss. e di M. CERESA-GASTALDO, Dall’obbliga-

torietà dell’azione penale alla selezione politica dei processi, in Riv. it. dir. proc. pen.,

2011, 1415 ss., con riferimento ad una possibile riforma dell’art. 112 Cost., da riformu- larsi nel senso: “L’ufficio del pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge” (contenuta nel d.d.l. costituzionale presen- tato alla Camera dei Deputati il 7 aprile 2011 – AC n. 4275, Berlusconi-Alfano, intito- lato Riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione). Strumenti di deprocessua- lizzazione dovrebbero essere introdotti, secondo gli autori, sulla scorta di alcune espe- rienze straniere, senza dar vita una riforma costituzionale.

273 Come chiarisce A. C

IAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e riparati-

va all’efficienza dei modelli di giurisdizione, cit., 96, il primo limite all’art. 112 Cost. è

costituito dalle condizioni di procedibilità. Anche F. GIUNTA, Interessi privati e defla-

zione penale nell’uso della querela, cit., 108 ss. si sofferma sul rapporto tra querela ed

art. 112 Cost.

274 A. C

IAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e riparativa all’efficienza

dei modelli di giurisdizione, cit., 79.

275 Come rileva F. C

APRIOLI, L’archiviazione, cit., 593, “non stupisce, dunque, che

la dottrina processualistica continui a interrogarsi sulla effettiva irrinunciabilità del principio di cui all’art. 112 Cost.”. Cfr. G. QUINTERO OLIVARES, La cosiddetta privatiz-

Attraverso un temperamento dell’obbligatorietà – legislativamente

fondato su presupposti sufficientemente determinati

276

, ma comunque

coraggioso – si può evitare che il magistrato si trovi a selezionare i reati

da perseguire con poteri quasi arbitrari (mentre i fatti non scelti vanno

incontro alla prescrizione)

277

e che il sistema risponda in termini ecces-

sivamente rigidi alla criminalità minore disperdendo le forze e le risorse

da destinare alle forme di delinquenza più gravi

278

. Attraverso una

maggior flessibilità si può contribuire a dare “linfa vitale all’agoniz-

zante principio di ragionevole durata dei processi”

279

, evitando il rischio

zazione del diritto penale, cit., 130. F. GIUNTA, Interessi privati e deflazione penale nel-

l’uso della querela, cit., 174, ritiene che il mantenimento della regola della legalità

processuale solleciti indirettamente un potenziamento dei meccanismi deflattivi.

276 R. B

ARTOLI, L’irrilevanza penale del fatto tra logiche deflattive e meritevolezza

di pena, cit., 104. A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e riparativa al-

l’efficienza dei modelli di giurisdizione, cit., 254, sottolinea l’importanza che si tratti di

indici al cui verificarsi il p.m. ed il giudice abbiano il dovere di dichiarare la conclusio- ne del procedimento. Come rileva tuttavia M. ROMANO, Commentario sistematico del

codice penale, cit., vol. 1, 32, la difficoltà consiste nell’individuare i criteri, i quali non

devono essere così generici da consentire arbitrii, ma neppure così puntuali da precosti- tuire aree di impunità identificabili come tali a priori dagli autori del reato. F. RUGGIE- RI, Obbligatorietà dell’azione penale e soluzioni alternative nel processo penale mino-

rile, cit., 203 s., ritiene che non costituirebbe una violazione del principio sancito dal-

l’art. 112 Cost. (e del suo presupposto, il principio di uguaglianza) il riconoscimento di mediazioni esperite con successo, in un provvedimento di archiviazione.

277 F. C

APRIOLI, L’archiviazione, cit., 592; C. CESARI, L’inflazione delle notizie di

reato e i filtri selettivi ai fini del processo, in AA.VV., Tempi irragionevoli della giusti-

zia penale, Milano, Giuffrè, 2013, 16. Cfr. C.E. PALIERO, “Minima non curat praetor”,

cit., 330 ss., parlando di “impossibile dogma dell’obbligatorietà”.

278 G. F

IANDACA, La giustizia minorile come laboratorio sperimentale di innova-

zioni estensibili al diritto penale comune, cit., 147 s.; A. CIAVOLA, Il contributo della

giustizia consensuale e riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizione, cit., 57;

M. CHIAVARIO, L’obbligatorietà dell’azione penale: il principio e la realtà, cit., 2673.

279 L. L

UPARIA, Obbligatorietà e discrezionalità dell’azione penale nel quadro

comparativo europeo, cit., 1757. Egli ritiene che si possa ragionare estensivamente sul

concetto di superfluità del processo, delineato dalla Corte costituzionale (Corte cost., 28 gennaio-15 febbraio 1991, n. 81, già citata), come limite implicito all’obbligatorietà dell’azione penale. Cfr., altresì, A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e

che la sanzione penale non possa più assolvere al suo scopo e l’ordina-

mento favorisca l’impunità

280

.

Per quanto riguarda così il nostro principale oggetto di riflessione,

ed in particolare la mediazione, posta in relazione con il sistema penale

tradizionale, è indispensabile pensare ad una disciplina attenta alle in-

terfacce tra il procedimento giudiziario e la pratica mediativa

281

.

Con riferimento alla prima interfaccia (dall’autorità giudiziaria al

processo riparativo), la mediazione penale può avere collocazioni pro-

cedurali diversificate, che fanno sorgere problematiche diverse. Nono-

stante si assista, nelle riforme più recenti, all’inserimento di tale proces-

so riparativo in istituti, come la messa alla prova, che trovano una più

frequente applicazione in sede di udienza preliminare o in fase predi-

battimentale, la dottrina dominante ritiene preferibile un tentativo di

mediazione nella fase delle indagini, là dove i ruoli sono meno stigma-

tizzati dalle vicende processuali e un esito positivo della procedura me-

diativa potrebbe evitare integralmente il processo

282

, fermo restando il

rispetto di principi irrinunciabili, come quello di non colpevolezza.

Con riferimento all’interfaccia “a valle”, tra agenzia di mediazione

ed autorità giudiziaria

283

, è opportuno operare invece una distinzione

fondamentale tra i profili procedurali della mediazione penale e la valo-

rizzazione dei contenuti sostanziali della giustizia riparativa, che trova-

280 M. C

HIAVARIO, Processo penale e alternative: spunti di riflessione su un “nuo-

vo” dalle molte facce (non sempre inedite), cit., 412 ss.

281 G. D

I CHIARA, Scenari processuali per l’intervento di mediazione: una panora-

mica sulle fonti, in Riv. it. dir. proc. pen., 2004, 500 ss.

282 F. R

UGGIERI, Obbligatorietà dell’azione penale e soluzioni alternative nel pro-

cesso penale minorile, cit., 201; A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia consensuale e

riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizione, cit., 249 e 292; G. MOSCONI, La

mediazione. Questioni teoriche e diritto penale, cit., 18; M. WRIGHT, Quanto è ripara-

trice la giustizia riparatrice?, in http://www.restorativejustice.org/10fulltext/wright- martin.-quanto-e-riparatrice-la giustiziariparatrice/view, 10, con riferimento, in gene-

rale, alla giustizia riparativa.

283 Tale espressione è utilizzata da G. D

I CHIARA, Scenari processuali per l’inter-

no la loro prima espressione nelle condotte riparatorie quale causa di

estinzione del reato o comunque di esclusione della punibilità

284

.

Nell’ambito dell’ordinamento italiano, che ha mosso solo alcuni

passi verso un riconoscimento effettivo della restorative justice, anche

in conseguenza dei principi costituzionali di non colpevolezza e di ob-

bligatorietà dell’azione penale, in ipotesi di composizione del conflitto,

con rinuncia da parte del privato alla pretesa giuridica, l’effetto diversi-

vo del procedimento penale si ottiene de jure condito – per quanto ri-

guarda il diritto penale degli adulti e salve ipotesi particolari ed isolate

– solo in caso di remissione della querela oppure, anche se con declina-

zioni particolari, nel microsistema del giudice di pace e nel sistema ge-

nerale, con la riparazione, qualora sussistano tutti i requisiti richiesti

dalle norme che disciplinano specifiche cause estintive. Qualche consi-

derazione ulteriore, anche se di diverso tenore, potrà essere sviluppata

con riferimento agli istituti della messa alla prova e della particolare

tenuità del fatto, nell’ambito del sistema generale.

Sarà opportuno riflettere, in ogni caso, sulle potenzialità espansive

degli strumenti riparativamente orientati, soprattutto nella fase delle

indagini preliminari, partendo proprio dall’analisi del microsistema di

pace e dei recenti sviluppi del sistema penale codicistico.

284 Anche D. P

ULITANÒ, Sulla pena. Fra teoria, principi e politica, cit., 663, distin-

gue tra l’aspetto procedurale della mediazione ed i contenuti sostanziali dell’idea di giustizia ristorativa, nell’ambito della teoria delle risposte al reato.

CAPITOLO SECONDO

LA GIUSTIZIA RIPARATIVA:

DEFINIZIONI E PRATICHE