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1. Alla ricerca di una definizione di giustizia riparativa

1.2. La centralità del momento riparativo nella definizione d

1.2.2. La riparazione e la pena

Affrontando il tema della riparazione nel diritto penale può essere

utile un’ulteriore incursione nelle riflessioni di una certa dottrina pena-

listica, soprattutto tedesca, che anche per ragioni storiche non può esse-

re ricondotta pienamente nel dibattito internazionale sulla restorative

justice, ma che presenta, nei risultati raggiunti, alcuni profili di affinità

con le espressioni meno estreme di tale approccio. Secondo alcuni auto-

ri, infatti, alla riparazione non è estraneo “il carattere di sanzione”. Non

intaccando in generale la pretesa punitiva dello Stato, la riparazione può

fungere senza ostacoli insuperabili da equivalente funzionale alla pena,

dalla quale si può in concreto prescindere

86

, quando ne vengano assicu-

rate le medesime finalità sul piano della prevenzione generale e di quel-

la speciale oppure laddove si riconosca la riparazione tra le finalità del-

la sanzione penale stessa

87

.

In una lettura non distante, la riparazione del danno, ritenuta idonea

ad esprimere “un legame tra la componente reintegrativa del bene pre-

giudicato dall’azione criminosa e le finalità specialpreventive della san-

zione penale”, è stata valorizzata in alcuni ordinamenti come causa di

non punibilità nel segno di un diritto penale che non sia solo ritorsivo

88

.

Una parte significativa della dottrina tedesca è giunta, nel corso del-

la seconda metà del secolo scorso, ad enfatizzare il significato della

riparazione nell’ambito del sistema penale, fino a concepirla, in pro-

spettiva di riforma, come un peculiare “terzo binario” sanzionatorio

(dritte Spur) accanto alla pena ed alla misura di sicurezza

89

. E ciò, come

86 C. R

OXIN, Risarcimento del danno e fini della pena, cit., 21. H.J. HIRSCH, Il ri-

sarcimento del danno nell’ambito del diritto penale sostanziale, cit., 283 ss., analizza

criticamente tale prospettiva.

87 Critico, sul punto, C. R

OXIN, Risarcimento del danno e fini della pena, cit., 14.

G. FIANDACA, La giustizia minorile come laboratorio sperimentale di innovazioni

estensibili al diritto penale comune, cit., 152, afferma tuttavia ancora che non è del tutto

chiaro come la riparazione si atteggi in rapporto agli scopi tradizionali della pena in senso stretto.

88 A. M

ANNA, La vittima del reato, cit., 988 s.

89 W. H

ASSEMER, Perché punire è necessario. Difesa del diritto penale, cit., 229, ri-

tiene che parlare di “terzo binario” sia esagerato e precipitoso, perché esso non può operare dove non vi è una vittima in senso stretto e comunque non si può prevedere se

detto, senza dover ripensare alle funzioni della pena, visto che la ripara-

zione può perseguire sia scopi generalpreventivi in senso positivo, sia

scopi rieducativi. Sotto il primo profilo, la condotta riparatoria ed il

superamento del conflitto tra reo e vittima contribuiscono all’integra-

zione sociale ed al ripristino della fiducia nell’ordinamento, appagando

contestualmente il desiderio di giustizia della collettività

90

; sotto il se-

condo, invece, le condotte riparatorie pongono l’autore del reato a con-

tatto diretto con le conseguenze del fatto e con le sofferenze della vitti-

ma, superando i limiti intrinseci all’ideologia del trattamento

91

.

Un gruppo di professori di lingua tedesca

92

nel 1992 elaborò un si-

gnificativo progetto di riforma in materia di riparazione del danno (Al-

ternativ-Entwurf Wiedergutmachung, in breve, AE-WGM)

93

, caratteriz-

in futuro l’istituto della riparazione si affermerà davvero in modo durevole. Condivisi- bilmente, D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 328, 435 ss.,

precisa che se la Wiedergutmachung è prospettata teoricamente come terzo binario, in realtà – contraddittoriamente – essa realizza una forma di absehen von Strafe (cfr. infra AE-WGM) e ricorda come la maggior parte della critica tedesca alla Wiedergutma-

chung come terzo binario ne neghi l’autonomia nel contesto sanzionatorio.

90 Come rileva T. P

ADOVANI, Il traffico delle indulgenze, cit., 408, pur fuori da que-

sta proposta teorica, sul piano dell’orientamento culturale, è forse più significativa la reintegrazione dell’offesa, alla quale segua una non punibilità, rispetto alla condanna, in quanto la legge prende atto che la minaccia edittale ha, seppur tardivamente, raggiunto il proprio scopo originario, rendendo inutile la sanzione.

91 Molto chiaramente, sul punto, C. R

OXIN, Risarcimento del danno e fini della pe-

na, cit., 15 ss.; ID., La posizione della vittima nel sistema penale, cit., 10 ss.; cfr. altresì

D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 371 ss. M. DONINI, Le logi-

che del pentimento e del perdono nel sistema penale vigente, cit., 894, parla a riguardo

di una “speranza dei tempi moderni”.

92 Provenienti dalla Germania, dall’Austria e dalla Svizzera. 93 Cfr., ampiamente: A

A.VV., Alternativ-Entwurf Wiedergutmachung (AE-WGM),

cit., 1 ss. (il § 1 definisce la Wiedergutmachung come “compensazione delle conse- guenze del fatto attraverso volontarie prestazioni da parte dell’autore, finalizzate al ri- pristino della pace giuridica”; il § 2, in particolare, elenca le prestazioni che anche con- giuntamente possono integrare la riparazione e consistono nel risarcimento per equiva- lente (a beneficio della vittima o di terzi che vantano un credito nei confronti di que- st’ultima) o in prestazioni simboliche come elargizioni a favore di istituzioni di pubbli- ca utilità, doni al Verletzter, scuse, dialogo in un percorso di ricomposizione del conflit- to, prestazioni di lavoro, in particolar modo di pubblica utilità. La riparazione intesa come equivalente monetario del pregiudizio è solo una delle vie percorribili; qualora

zato dal fatto che la condotta riparatoria, valorizzata come strumento di

restaurazione della “pace giuridica” e nel suo significato rieducativo in

quanto frutto di autodeterminazione libera e spontanea, venne inquadra-

ta anche come causa di esclusione della pena (Absehen von Strafe, § 4

AE-WGM), oltre che di mera attenuazione (§ 5 AE-WGM), in ipotesi di

reati non tassativamente elencati, ma la cui pena detentiva da irrogare

in concreto non fosse superiore all’anno

94

, sempre che non sussistessero

esigenze specialpreventive e generalpreventive contrarie (“sempre che

la pena non sia necessaria per il suo effetto sull’autore o sulla collettivi-

tà”)

95

. Tale proposta, come vedremo, venne recepita solo parzialmente

dal legislatore tedesco, con la riforma del 1994, ma suscitò un dibattito

scientifico molto vivace che superò i confini di quell’ordinamento

96

.

È necessario effettuare una precisazione. Nella prospettiva già deli-

neata di una valorizzazione degli strumenti della giustizia riparativa che

essa sia parziale, viene comunque considerata sufficiente (anche per una rinuncia alla pena) se accompagnata da prestazioni supplementari, nei casi di particolari condizioni economiche e personali e di colpevolezza di lieve entità: § 3). Si deve evidenziare che la possibilità di cumulare le prestazioni mira ad assicurare l’uguaglianza sostanziale dei cittadini davanti alla legge, anche minando le sicurezze dell’autore economicamente agiato che si illuda di compensare le conseguenze del fatto attraverso la mera corre- sponsione di somme di denaro.

94 Come rileva D. F

ONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 360,

l’istituto è considerato suscettibile di applicazione anche a fronte di delitti che offendo- no la collettività, quando, nei casi concreti, si instaura una relazione tra autore e vittima (diversa dalla persona offesa), che legittima l’istituto. A pag. 383, l’Autrice rileva che con oltre il 97% delle condanne si infliggono pene detentive di durata non superiore ad un anno.

95 Come rilevava C. R

OXIN, Risarcimento del danno e fini della pena, cit., 23, non è

ancora possibile, per i reati più gravi, ristabilire la pace giuridica con la sola riparazio- ne. D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 11 (e 281 ss.), afferma

che il concetto di “danno sociale” (da lei collegato alla “pace giuridica”) parrebbe esse- re evocato nelle pagine che accompagnano la presentazione del progetto e proprio at- traverso di esso si tenta di risolvere il problema della identificazione del bene giuridico protetto dalla norma violata e della differenziazione tra offesa e danno. Cfr. P. GALAIN

PALERMO, La reparación del daño a la víctima del delito, cit., 147 ss.; come precisa

l’Autore, la riparazione veniva valorizzata nel progetto per sostituire la pena, per so- spenderla, per attenuarla e come presupposto per la liberazione condizionale.

96 D. F

ONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 279 ss.; A. MANNA,

consentano di favorire o suggellino la definizione alternativa dei con-

flitti penali, la nozione di riparazione considerata non è una “sanzione

civile”

97

, ma ha i caratteri di una condotta positiva, una prestazione vo-

lontaria, che ha il significato di un’assunzione di responsabilità (anche

se non dichiaratamente penale) da parte dell’offensore con riferimento

alle molteplici conseguenze negative del proprio comportamento, e si

colloca in una fase antecedente alla condanna

98

.

Pur nel diverso quadro teorico delineato, lo stesso vale per la dottri-

na tedesca, e per il Progetto elaborato (§ 1 AE-WGM, Freiwilligkeit-

prinzip), con una particolare accentuazione del profilo relativo alla re-

sponsabilità, che viene volontariamente ed autonomamente assunta

99

.

La condotta deve avere un carattere “spontaneo”, proprio perché

esprime il riavvicinamento del reo alla vittima, anche se tale spontanei-

tà deve essere letta in termini di pura volontarietà (“quando il soggetto

si determina indipendentemente dalla esistenza di circostanze particola-

ri”)

100

, che tecnicamente “non implica l’apprezzamento del processo

motivazionale che ha deciso l’atteggiamento del colpevole”

101

. Tale

97 Per questo, quindi, non si può condividere l’affermazione di H.J. H

IRSCH, Il ri-

sarcimento del danno nell’ambito del diritto penale sostanziale, cit., 286, per cui ciò

che si deve sanzionare solo civilmente non ha più nulla a che vedere con il diritto pena- le e processuale penale.

98 D. F

ONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 334 s., spiega così la

proposta (§ 12 AE-WGM) di abrogazione del § 153a, c. 1, parte 1, nn. 1 e 3 StPO, se- condo cui, ai fini della rinuncia all’esercizio dell’azione penale, si prende in considera- zione l’imposizione della riparazione dei danni conseguenti al fatto. Qui, infatti, l’appli- cazione della riparazione discende da una decisione unilaterale della Procura e non da una volontaria assunzione di responsabilità.

99 P. G

ALAIN PALERMO, La reparación del daño a la víctima del delito, cit., 149,

231 s.; A. MANNA, Risarcimento del danno fra diritto civile e diritto penale, cit., 597.

100 D. F

ONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 336; T. PADOVANI,

Il traffico delle indulgenze, 409.

101 F. B

RICOLA, Diritto premiale e sistema penale (1983), cit., 1469. M. DONINI, Le

logiche del pentimento e del perdono nel sistema penale vigente, cit., 919: l’ordinamen-

to va a sindacare “le vere motivazioni solo nei limiti in cui la condotta appaia troppo condizionata da fattori esterni che la rendano quasi inevitabile”. M. ROMANO, Commen-

tario sistematico del codice penale, cit., vol. 1, 610 s., parlando di desistenza e recesso,

afferma che non vi è volontarietà ove siano presenti condizioni esterne che costringono il soggetto a desistere o recedere (impossibilità di ragionevole prosecuzione).

comportamento positivo successivo alla consumazione del reato – an-

che se il danno o il pericolo in cui si è concretata l’offesa non è sempre

materialmente eliminabile – può presentare alcune affinità con la figura

della desistenza volontaria o del pentimento operoso, almeno sul piano

delle finalità della pena, in prospettiva funzionale alla tutela dei beni

giuridici. La contro-azione incoraggiata si inserisce coerentemente in

una prospettiva di tutela, sia pur tardiva, dei beni e merita un trattamen-

to favorevole, in adesione alla teoria del “ponte d’oro”

102

.

Più di recente, infine, nella dottrina italiana è stata avanzata una

proposta molto interessante la quale, anche recuperando dialetticamente

alcune considerazioni svolte nell’ambito del dibattito tedesco sulla

Wiedergutmachung, ha valorizzato al massimo la relazione esistente tra

riparazione e pena, giungendo addirittura ad evidenziare come, se la

pena “subita” è l’ultima ratio del sistema sanzionatorio, la teoria gene-

rale ed il modello di risposta al reato dovrebbero essere ripensati, po-

nendo al centro della riflessione l’obiettivo della riparazione dell’offe-

sa.

La riparazione (comprensiva del risarcimento), in questa ambiziosa

prospettiva, non sarebbe “un terzo binario del sistema sanzionatorio”,

ma dovrebbe inserirsi a pieno titolo “alla base della risposta penale” – a

differenza della mediazione, che, invece, non atterrebbe “al sistema

delle sanzioni”

103

– e dovrebbe comportare una complessa ridefinizione

delle cornici edittali che tenga conto ab origine del fatto che siano av-

venuti o meno la riparazione ed il risarcimento e si basi su di una scala

discendente “che prende le misure del sistema sanzionatorio dai delitti

più irrimediabili ed irreparabili”

104

.

102 F. B

RICOLA, Diritto premiale e sistema penale (1983), cit., 1459 ss.; D. PULITA- NÒ, Diritto penale, cit., 468. Abbiamo già rilevato, sulla scorta delle riflessioni condotte

da alcuni Autori, i problemi di coordinamento con la disciplina attuale del tentativo, che può porre il riconoscimento della non punibilità in ipotesi di riparazione. Come eviden- zia M. DONINI, Il delitto riparato, cit., 17, peraltro, “tutti i principali progetti di riforma

optano per la non punibilità del recesso, equiparandolo alla desistenza”.

103 M. D

ONINI, Per una concezione post-riparatoria della pena, cit., 1207 s.

104 M. D

ONINI, Il delitto riparato, cit., 11 ss. L’Autore partendo dalla considerazio-

ne per la quale la pena criminale comincia ad avere un senso o, nella maggior parte dei casi, possiede un senso completamente diverso a seconda che vi sia stata o sia possibile, oppure no, la soluzione del conflitto con la vittima o con il piano degli interessi o dei

L’idea di introdurre il “delitto riparato” come figura autonoma di

reato, con autonoma cornice edittale, per rispondere almeno in parte a

questa esigenza, è concettualmente molto significativa, soprattutto per

lo sforzo di razionalizzazione della logica riparativa che essa sottende.

L’avvicinamento della figura del “delitto riparato” a quella del delitto

tentato, dal quale si differenzia anche perché non avrebbe la funzione di

ridefinire, estendendola, l’area del penalmente rilevante delineata dalle

singole fattispecie, rischia tuttavia di lasciare scoperta “la storia dell’of-

fesa realizzata”

105

, che può essere più gravida di effetti negativi rispetto

alla storia di un’offesa non riuscita. La proposta, infine, allo stato ha un

campo applicativo non chiaramente definito e non affronta la questione

beni protetti, propone che si giunga, fin dalla costruzione delle cornici edittali, a consi- derare la riparazione ed il risarcimento. Due sono gli strumenti: una nuova regola di parte generale, il delitto riparato, titolo autonomo da collocare vicino al delitto tentato e da mettere in relazione con esso, con una cornice edittale fortemente ridotta rispetto a quella attuale (se c’è stato anche il risarcimento la riduzione può essere ulteriormente accresciuta, anche oltre il livello sanzionatorio del tentativo); la ridefinizione delle cor- nici edittali di parte speciale secondo una logica volta a rafforzare la motivazione per risolvere il conflitto, attraverso una nuova e diversa proporzione – rispetto a quella della gravità corrispondente al disvalore del bene protetto – con due poli estremi che vedono da un lato i casi in cui il conflitto non può risolversi e dall’altro i casi in cui il conflitto è estinto.

105 D. P

ULITANÒ, Sulla pena. Fra teoria, principi e politica, cit., 667. L’Autore ha

mosso poi un’obiezione sul piano concettuale alla proposta di Donini (p. 654): “l’idea del delitto riparato come titolo autonomo spezza o nasconde l’unità del precetto, la regola di giustizia che fonda la tutela, della cui violazione si tratta”. La proposta di Do- nini appare veramente interessante, anche se presenta delle criticità. Forse il principale problema si coglie nella difficoltà di rendere tassativo il concetto di riparazione. È pur vero che anche la nozione di atti idonei ed univoci non è ben determinata, ma il pro- blema che si apre in questo contesto è ben diverso. Vista la relazione che si vuole in- staurare con l’istituto del tentativo, non si può non riscontrare una profonda differenza, sul piano naturalistico, tra un reato che non è stato consumato ed un reato che è stato consumato, ma poi è stato “riparato”, attraverso il ricorso a condotte che raramente consentono, come abbiamo visto, il ripristino dello status quo ante (è difficile afferma- re, in molti casi, che in presenza di risarcimento e “riparazione” residui soltanto il di- svalore di azione, soggettivamente inferiore al disvalore del delitto tentato e mai ripara- to), ma sono spesso rilevanti solo su di un piano simbolico o relazionale e finiscono per imporre al giudicante, di fronte alla molteplicità dei reati che si possono configurare, delle ampie scelte di valore.

al centro del presente studio: quella della rilevanza delle condotte ripa-

ratorie nella prospettiva della non punibilità

106

.