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La progressiva riscoperta della vittima

2. La giustizia riparativa tra istanze di tutela della vittima e teo-

2.1. Oblio e riscoperta della vittima nel sistema penale

2.1.2. La progressiva riscoperta della vittima

Il tema della tutela della vittima del reato, nell’ambito della dottrina

penalistica sia sostanziale che processuale, è stato oggetto di una rivalu-

tazione solo relativamente recente.

L’affermarsi di una visione marcatamente pubblicistica del diritto

criminale e del monopolio da parte dei governi del sistema penale e

della reazione al reato, a partire dal tardo medioevo ed in misura sem-

86 Nella sentenza della Corte di giustizia UE (Seconda Sezione) del 21 ottobre

2010, relativa alla Causa C-205/09, procedimento penale a carico di Emil Eredics e Má- ria Vassné Sápi (Domanda di pronuncia pregiudiziale: Szombathelyi Városi Bíróság - Ungheria), vertente sull’interpretazione degli artt. 1, lett. a), e 10, n. 1, della Decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vitti- ma nel procedimento penale, si è affermato che tali articoli devono essere interpretati nel senso che, ai fini della promozione della mediazione nei procedimenti penali previ- sta dal citato art. 10, n. 1, la nozione di “vittima” non include le persone giuridiche. Più in generale, nella sentenza della Terza Sezione del 28 giugno 2007, relativa alla Causa C-467/05, procedimento penale a carico di Giovanni Dell’Orto (avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, con ordinanza 6 otto- bre 2005, pervenuta in cancelleria il 27 dicembre 2005) la Corte aveva già statuito che, tenuto conto del testo e dell’impianto sistematico della Decisione quadro, la nozione di “vittima”, come definita all’art. 1 di quest’ultima, riguarda esclusivamente le persone fisiche. Una parte della dottrina rileva, in ogni caso, come permanga l’assenza di una definizione condivisa di “vittima”, a livello europeo, perché nella Direttiva 2004/80/CE, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato, ci si riferisce a “qual- siasi altra persona offesa dal reato”, indirettamente offrendo quindi una definizione più ampia di quella contenuta nella Decisione quadro e nella Direttiva del 2012: S. ALLE- GREZZA, Il ruolo della vittima nella Direttiva 2012/29/UE, in L. LUPARIA (a cura di), Lo

statuto europeo delle vittime di reato. Modelli di tutela tra diritto dell’Unione e buone pratiche nazionali, Milano, Wolters Kluwer, 2015, 7.

87 Cfr., sul punto, G. M

ANNOZZI, G.A. LODIGIANI, La giustizia riparativa. Formanti,

pre più netta nei secoli successivi, non si è riflessa negativamente, come

descritto, soltanto su una concezione conciliativa della giustizia, ma

anche, più in generale, sul ruolo della vittima, che è stato progressiva-

mente neutralizzato. Nel diritto penale moderno lo Stato si è assunto

monopolisticamente il compito di tutelare gli interessi di chi ha subito il

reato, marginalizzando la vittima

88

.

Alcuni autori hanno evidenziato come lo Stato liberale abbia sostan-

zialmente estromesso la figura della vittima privata soprattutto in con-

comitanza alla valorizzazione della tutela dei beni giuridici, di matrice

pubblicistica e non invece a titolarità individuale

89

, quale punto di rife-

rimento della politica criminale e fondamento del diritto penale

90

.

88 G. F

ORTI, L’immane concretezza, cit., 254. Cfr. altresì W. HASSEMER, Einführung

in die Grundlagen des Strafrechts, München, Verlag C.H. Beck, 1981, 67 ss.; ID., Per-

ché punire è necessario. Difesa del diritto penale, cit., 216 ss.; M. SIMONATO, Deposi-

zione della vittima e giustizia penale, cit., 9; W. HASSEMER, F. MUÑOS CONDE, Intro-

ducción a la criminología y al Derecho Penal, Valencia, Ed. Tirant lo Blanch, 1989,

29; F. GIUNTA, Oltre la logica della punizione, cit., 345; S. VEZZADINI, La vittima di

reato tra negazione e riconoscimento, cit., 16 s.

89 Cfr. A. M

ANNA, La vittima del reato, cit., 959. P. GALAIN PALERMO, La repara-

ción del daño a la víctima del delito, cit., 34, 44. Per una rilettura molto interessante

della lesione del bene giuridico come “lesione del diritto umano sul bene” nella risco- perta di un diritto penale della vittima del reato cfr. il lavoro di D. FALCINELLI, Il diritto

penale della vittima del reato, cit., passim.

90 Secondo A. E

SER, Bene giuridico e vittima del reato: prevalenza dell’uno sull’al-

tra?, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, 1063 ss., però, non sarebbero prive di significato

nella prospettiva della marginalizzazione della persona offesa anche le riflessioni svi- luppate in precedenza da alcuni importanti pensatori. Secondo Locke, ad esempio, la ragione, quale legge naturale, dominerebbe lo stato di natura così da vicino che i conso- ciati sarebbero obbligati a non attentare alla vita, alla salute, alla libertà ed alla proprietà degli altri. Chi viola la legge naturale, alla quale si conforma il diritto positivo, com- mette, così, un delitto contro l’umanità e lo ius puniendi, di origine divina, viene legit- timamente esercitato prima dai consociati e poi dalla società civile (cfr. J. LOCKE, Trat-

tato sul governo, trad. ad opera di L. Formigari, Roma, Ed. Riuniti, 2002, 6 ss.). A pare-

re di Eser, il ruolo della persona offesa dal reato, si prepara a divenire secondario, poi- ché il reato offende la comunità prima di una persona in particolare e non vi sarebbe quindi una differenza estrema tra tale prospettiva giusnaturalistica e quelle fondate sul contratto sociale in chiave marcatamente secolare (Rousseau e Beccaria) nella spiega- zione delle ragioni della perdita di centralità della persona offesa nel diritto penale. Il pensiero di Hegel, che influenzò profondamente la riflessione dei penalisti, in particolar

Il reato è stato concepito come “entità oggettiva ed astratta”

91

, men-

tre la vittima reale è stata emarginata quale interlocutrice perché lo Sta-

to ha assunto il ruolo di “vittima simbolica”

92

e si è sostituito alla pri-

ma, rivendicando il monopolio della coercizione nel compito di proteg-

gere quei beni che, nel momento in cui “assurgono a tutela penale”,

sono pubblicizzati

93

. A questo proposito si parla efficacemente di tutela

di “istituzioni della vita comunitaria”

94

.

modo tedeschi, del secolo XIX, contribuì al consolidarsi di una concezione del reato come ribellione consapevole alla volontà generale e di un diritto penale posto a presidio di un determinato ordine giuridico-sociale, piuttosto che di diritti soggettivi, secondo l’insegnamento di Feuerbach e, prima ancora, di Kant (su Feuerbach si sofferma anche T. PADOVANI, La problematica del bene giuridico e la scelta delle sanzioni, in Dei de-

litti e delle pene, 1984, 114 s., rilevando che egli individua il referente materiale del

reato nel diritto soggettivo). Con l’affermarsi della concezione del reato come offesa ai beni giuridici, non necessariamente soggettivi, e l’interpretazione del bene giuridico stesso come figura istituzionalizzata, avulsa dal soggetto leso, in particolare a partire da Binding, si è quindi compiuto il processo di definitiva perdita di centralità della vittima nel diritto penale. Eser coglie nella concezione di Binding (a partire dalla prima edizio- ne dell’opera di K. BINDING, Die Normen und ihre Übertretung, Leipzig, Verlag von

Wilhelm Engelmann, 1872, I, 187 ss.) un punto di partenza marcatamente non-indivi- dualista, in quanto quest’ultimo ritiene che i beni si trasformano in beni giuridici – che agli occhi del legislatore rilevano come condizione di vita della comunità giuridica – solo in quanto hanno valore sociale e nella misura in cui sono “sempre beni di tutela della collettività”. Franz von Liszt (F. V. LISZT, Lehrbuch des Deutschen Strafrechts, III

ed., Berlin, Verlag von F. Guttentag, 1888, 18 ss.), che ha fatto del bene giuridico – quale interesse preesistente alla valutazione del legislatore – il concetto centrale della sua teoria del reato, ha poi sviluppato un’ulteriore astrazione del concetto di bene giuri- dico attraverso la sua distinzione dall’oggetto naturalistico o materiale dell’aggressione. Secondo G. ROSSI, La riparazione nell’ordinamento penale italiano, in C. BRUTTI,

R. BRUTTI (a cura di), Mediazione, conciliazione e riparazione, Torino, Giappichelli,

1999, 33 s., nel pensiero di Binding si cristallizza una rigida separazione tra diritto pe- nale e civile; il conflitto è mediato dallo Stato. Così anche C. ROXIN, Risarcimento del

danno e fini della pena, cit., 6.

91 M. V

ENTUROLI, La vittima nel sistema penale. Dall’oblio al protagonismo?, cit.,

135.

92 L. C

ORNACCHIA, Vittime e giustizia criminale, cit., 1785.

93 M. D

ONINI, Il volto attuale dell’illecito penale. La democrazia penale tra diffe-

renziazione e sussidiarietà, Milano, Giuffrè, 2004, 80. D. KRAUSS, La vittima del reato

Sfogliando le pagine del codice penale Zanardelli, del resto, un co-

dice che rappresenta la principale espressione legislativa del pensiero

della Scuola Classica italiana, emerge chiaramente la marginalità del

soggetto passivo del reato e l’idea di una tutela penale “spersonalizza-

ta”. Sono infatti pochissime le fattispecie in cui le caratteristiche perso-

nali del soggetto passivo o le relazioni tra autore e vittima sono consi-

derate elementi costitutivi del reato o circostanze aggravanti.

Tale marginalità è in gran parte confermata nel codice Rocco, anche

se con più frequenti eccezioni, introdotte per accordare una tutela pre-

ventiva più intensa a persone vulnerabili, in ragione della loro età, del

loro sesso e della loro debolezza psicofisica

95

.

Sebbene spesso in modo autonomo rispetto alla discussione più ge-

nerale che ha investito la nozione di bene giuridico e la sua preesistenza

alle scelte del legislatore, nonché soprattutto la sua capacità di delimita-

zione dell’intervento penale

96

, a partire dalla metà del secolo scorso e

reato, ma di violare l’ordine sociale e lo Stato esercitava l’azione penale a causa dell’in- teresse pubblico al ristabilimento dell’ordine giuridico.

94 F. M

ANTOVANI, Diritto penale, cit., 226. Come rilevaS. VEZZADINI, La vittima di

reato tra negazione e riconoscimento, cit., 5, Scuola Classica e Scuola Positiva, in am-

bito nazionale, hanno manifestato solo superficialmente un atteggiamento tra loro di- verso nei confronti della vittima, che è stata oggetto di maggior attenzione, nella secon- da, solo strumentalmente alla lotta al delitto. Anche M. VENTUROLI, La vittima nel si-

stema penale. Dall’oblio al protagonismo?, cit., 13, sottolinea come l’attenzione verso

le vittime, nella Scuola Positiva, sia mossa da istanze socialdifensive, dirette ad indivi- duare mezzi preventivi del crimine.

95 M. V

ENTUROLI, La vittima nel sistema penale. Dall’oblio al protagonismo?, cit.,

137 s.

96 Cfr. sul punto, il quadro offerto da G. F

ORTI, Per una discussione sui limiti mora-

li del diritto penale, tra visioni “liberali” e paternalismi giuridici, in E. DOLCINI,

C.E. PALIERO (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, cit., I vol., 290 ss. e, per

una prospettiva più ampia, il contributo di W. HASSEMER, Il bene giuridico nel rapporto

di tensione tra Costituzione e diritto naturale, in Dei delitti e delle pene, 1984, 104 ss.,

nell’ambito di una riconsiderazione del “concetto critico del bene giuridico”. Nel recen- te volume W. HASSEMER, Perché punire è necessario. Difesa del diritto penale, cit.,

144 ss., egli afferma però, pur difendendola come “stella polare”, che “oggi l’idea di bene giuridico non è più una misura fissa per nessuno”: la concezione del bene giuridi- co avrebbe vissuto i suoi giorni migliori solo fino al momento in cui era diffusa l’im- pressione che il diritto penale dovesse essere tenuto a bada. Oggi “esso è piuttosto di- ventato un alleato nella lotta al crimine e ai rischi imprevedibili della modernità” e la

con maggior intensità negli anni Settanta, per quanto riguarda gli USA,

ed Ottanta, per quanto riguarda l’Europa, si è assistito tuttavia ad un

ritorno di attenzione per la vittima.

Si è cominciato ad avvertire che la sua rimozione dal diritto penale

sostanziale e processuale, giustificata entro certi limiti per ragioni ga-

rantistiche e comunque per garantire il monopolio da parte dello Stato

nell’amministrazione della giustizia

97

, si era spinta troppo oltre, con

conseguenze negative anche sul fronte della fiducia delle persone offese

nelle istituzioni giudiziarie e quindi della loro disponibilità a collabora-

re con il sistema giustizia, ad ogni livello

98

. Come è stato efficacemente

affermato, “la vittima è “la grande dimenticata” nel problema penale”

99

,

sia nell’ottica tradizionale della deterrenza che in quella, di più recente

emersione, della rieducazione/risocializzazione

100

.

concezione del bene giuridico ha indossato le vesti della “pretesa di intervento preventi- vo-repressivo”. Come evidenziato, poi, lucidamente, per quanto riguarda il contesto nazionale, da M. DONINI, Il volto attuale dell’illecito penale, cit., 70, con riferimento

più specifico al modello costituzionale di illecito penale: “Proprio le promesse di una

capacità selettiva di tipo sostanziale, di un vincolo costituzionale sulla politica dei beni

giuridici, oltre che sulle tecniche di tutela, non essendo state adempiute in modo per- suasivo dall’approccio costituzionalistico, sono state all’origine dell’attuale crisi in cui versano le concezioni costituzionali dell’illecito penale: perché nessuna definizione

sostanziale del reato davvero persuasiva e ad un tempo cogente è possibile, atteso che

la tutela di beni è formula generica e predicabile quasi di tutto, mentre la tutela di beni costituzionali è altrettanto ampia e generica, se vi si comprendono i beni di rilevanza costituzionale implicita, mentre è troppo ristretta, se riferita ai beni di rilevanza costitu- zionale espressa”. Cfr. anche G. DE FRANCESCO, “Interpersonalità” dell’illecito pena-

le: un ‘cuore antico’ per le moderne prospettive della tutela, in Cass. pen., 2015,

854 ss.

97 W. H

ASSEMER, Perché punire è necessario. Difesa del diritto penale, cit., 233.

98 M.

DEL TUFO, Profili critici della vittimo-dommatica. Comportamento della vit-

tima e delitto di truffa, Napoli, Jovene, 1990, 2 ss.; C. ROXIN, Risarcimento del danno e

fini della pena, cit., 9; G. MANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 51; A. ESER, Bene

giuridico e vittima del reato: prevalenza dell’uno sull’altra?, cit., 1081; D. KRAUSS, La

vittima del reato nel processo penale, cit., 287; F. MANTOVANI, Diritto penale, cit.,

228; H.J. HIRSCH, Il risarcimento del danno nell’ambito del diritto penale sostanziale,

in AA.VV., Studi in memoria di Pietro Nuvolone, Milano, Giuffrè, 1991, vol. I, 277.

99 G. Q

UINTERO OLIVARES, La cosiddetta privatizzazione del diritto penale, in Cri-

tica dir., 2001, 136.

100 G. M

Nel quadro di questa rinnovata attenzione per la vittima, da una par-

te si è riflettuto sull’offesa di un’oggettività giuridica intesa sempre

meno in termini pubblicistici come mera “violazione dell’ordine assio-

logico espresso dall’ordinamento giuridico”

101

e sempre più, almeno

parzialmente, in chiave individualistica e a misura d’uomo

102

; dall’altra

si è riscoperta progressivamente la necessità di riconoscere, all’interno

del sistema penale, un ruolo importante all’interesse concreto della vit-

tima, laddove esso esistesse, con ripercussioni significative sul piano

della pena, che non deve essere solo un atto di autoaffermazione dello

Stato, e, prima ancora, del processo

103

. Se non si poteva prescindere dal

riconoscimento al diritto penale, come fondamento e limite, di una fun-

zione di tutela dei beni giuridici, non si potevano nemmeno disconosce-

re le necessità delle vittime concrete, in carne ed ossa, portatrici di

un’esperienza tragica ed individuale: le due esigenze potevano e dove-

vano coesistere

104

.

101 A. M

ANNA, La vittima del reato, cit., 979.

102 A. E

SER, Bene giuridico e vittima del reato: prevalenza dell’uno sull’altra?, cit.,

1082-1083.

103 Come afferma C.E. P

ALIERO, Metodologie de lege ferenda per una riforma non

improbabile del sistema sanzionatorio, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, 542, occupando-

si della riforma del sistema sanzionatorio: “Di questi bisogni di tutela delle vittime (reali e potenziali) della criminalità, per quanto (anche) irrazionali possano essere un legislatore razionale non può non farsi carico”. Cfr. altresì A. ESER, Giustizia penale “a

misura d’uomo”, cit., 1063 ss.; W. HASSEMER, Perché punire è necessario. Difesa del

diritto penale, cit., 238; A. MANNA, La vittima del reato, cit., 968; J.P. BONAFÉ-

SCHMITT, Una, tante mediazioni dei conflitti, cit., 25. M. DONINI, Il volto attuale dell’il-

lecito penale, cit., 81, nt. 15, precisa come, a suo dire, la vittima dovrebbe comunque

rimanere esclusa dalle teorie della pena di tipo classico, quelle autoritative e non dialo- giche, ma andrebbe valorizzata come parte processuale oppure, “sul terreno sanzionato- rio, nelle prassi della mediazione, che sono forme dialogiche di alternativa alla giustizia autoritaria del pensiero retributivo”. M. DEL TUFO, Vittima del reato, cit., 996 descrive

un triplice ordine di effetti prodotti dalla nuova sensibilità nei confronti della vittima: interventi statali a sua diretta salvaguardia e rafforzamento dei suoi poteri processuali, tentativo di modificare la prospettiva da cui viene tradizionalmente operata l’interpreta- zione della fattispecie e valorizzazione dello strumento risarcitorio nell’ambito del dirit- to penale. Per un approfondimento sul tema cfr. L. PARLATO, Il contributo della vittima

tra azione e prova, cit., passim.

104 Cfr. P. G

ALAIN PALERMO, La reparación del daño a la víctima del delito, cit.,

Questo ripensamento può essere effettivamente stato favorito, alme-

no sul piano politico, da un generale mutamento di paradigma nella

percezione sociale del rischio di vittimizzazione, nell’ambito dello Sta-

to contemporaneo, dovuto allo sviluppo tecnologico ed alla moltiplica-

zione delle fonti di pericolo

105

. Un ruolo fondamentale è stato svolto

tuttavia soprattutto dalla vittimologia

106

, fin dalle riflessioni di quello

che viene considerato uno dei suoi fondatori

107

, Hans v. Hentig, il qua-

137; L. CORNACCHIA, Vittime e giustizia criminale, cit., 1764. Per il reato come offesa

ad un bene giuridico, avendo riguardo alla giustificazione del diritto penale, vedi anche D. PULITANÒ, Diritto penale, cit., 14 ss. G. QUINTERO OLIVARES, La cosiddetta priva-

tizzazione del diritto penale, cit., 129 ha precisato che non è corretto confondere la

natura pubblica del diritto penale con la natura pubblica dei beni giuridici tutelati. Al- cuni di questi, ad esempio, possono avere una natura privatistica o almeno prevalente- mente privatistica, ma essere tutelati penalmente da alcuni attacchi poiché ciò è impor- tante per la convivenza, in quanto attiene “a regole essenziali per la fiducia in un mo- dello di funzionamento sociale”. Estremamente chiara è sul punto la distinzione operata da F. GIUNTA, Interessi privati e deflazione penale nell'uso della querela, cit., 195 ss.,

che, pur riflettendo sull’istituto della querela, delimita l’area dei delitti offensivi di inte- ressi privati sulla scorta di un parametro desunto dall’ordinamento positivo: la disponi- bilità del bene tutelato che il legislatore riconosce al privato nel momento in cui attri- buisce al suo consenso un’efficacia scriminante.

105 A. M

ANNA, La vittima del reato, cit., 961 ss., dove si sofferma sulla problemati-

cità di una sovraesposizione politica della vittima. M. SIMONATO, Deposizione della

vittima e giustizia penale, cit., 12 s., invece, ricorda l’opinione di chi ravvisa un fonda-

mentale fattore di ripensamento nella vittimizzazione di massa, verificatasi nel corso dei due conflitti mondiali.

106 Il termine “vittimologia” è stato utilizzato per la prima volta da F. W

ERTHAM,

The Show of Violence, New York, Greenwood Press, Publishers, 1948, 259; “The mur-

der victim is the forgotten man. What with sensational discussions on the abnormal psychology of the murderer, we have failed to emphasize the unprotectedness of the victim and the complacency of the authorities. One cannot understand the psychology of the murderer if one does not understand the sociology of his victim. What we need is a science of victimology”. Cfr. S. VEZZADINI, La vittima di reato tra negazione e rico-

noscimento, cit., 32 ss. Cfr., altresì, per l’influenza della vittimologia sulla scienza pe-

nale, con riferimento, ad esempio, al tema del risarcimento del danno: A. MANNA, Ri-

sarcimento del danno, offensività ed irrilevanza penale del fatto: rapporti ed interse- zioni, in Critica dir., 2001, 382.

107 Sui contributi di Wertham, von Hentig e Mendelsohn alla nascita della vittimo-

logia cfr. M. VENTUROLI, La vittima nel sistema penale. Dall’oblio al protagonismo?,

le, criticando l’unilaterale concentrazione degli studi criminologici sulla

figura del reo, ha colto nella vittima un attore essenziale della situazio-

ne penalmente rilevante e si è soffermato sul suo ruolo nella genesi,

nella dinamica del reato e nella “ricostruzione del fenomeno crimino-

so”

108

e sulle relazioni tra i soggetti coinvolti, in funzione dichiarata-

mente preventiva, a tutela di coloro che hanno una maggior probabilità

di subire i reati

109

.

Le ricerche empiriche sulla vittima si sono moltiplicate, tratteggian-

do le prime tipologie vittimologiche, ma gli stessi vittimologi hanno

sentito presto la necessità di chiarire come gli intenti della loro discipli-

na non fossero quelli di criminalizzare la vittima “ma piuttosto quelli di

migliorare le prognosi vittimologiche per ripensare in termini di politica

criminale – e nell’ottica della vittima – la prevenzione della criminali-

tà”

110

. Di fronte alla rilevazione della stretta interdipendenza esistente

tra il rischio di vittimizzazione e la qualità o condotta dei soggetti offesi

e tra il realizzarsi del reato ed il rapporto tra agente e vittima, si poteva