2. Forme e pratiche della giustizia riparativa
2.1. Un quadro generale dei principali processi riparativi
Nonostante l’International Scientific and Professional Advisory
Council (ISPAC) delle Nazioni Unite abbia elaborato un’indagine ap-
profondita dei programmi di giustizia riparativa in seno ai lavori prepa-
ratori del Decimo Congresso in tema di “Prevenzione dei reati e tratta-
mento dei rei” svoltosi a Vienna, nell’aprile del 2000, giungendo ad
elencare ben 13 diversi strumenti (tra i quali rientrano, ad essere precisi,
anche alcuni semplici esiti, come le “scuse formali”)
122, nell’economia
del presente studio possiamo limitarci a ricordare i tre principali pro-
cessi, indicati dalla Risoluzione delle Nazioni Unite del 2002 e dalla
Direttiva 2012/29/UE
123, nonché qualificati costantemente come ripara-
tivi dalla dottrina sostanzialmente unanime: la mediazione, il confer-
encing ed i circles
124.
121 F. R
EGGIO, Giustizia dialogica, cit., 138.
122 Tale ricognizione è consultabile all’indirizzo: http://www.restorativejustice.org.
uk/resource/unitednations_basic_principles_on_the_use_of_restorative_justice_in_penal_ matters/. Per una riflessione sul punto cfr. S. VEZZADINI, La vittima di reato tra nega-
zione e riconoscimento, cit., 147 ss. e G. MANNOZZI, La giustizia senza spada, cit.,
127 ss.
123 46° Considerando della Direttiva, dove vengono richiamati a titolo esemplifica-
tivo.
124 Cfr. A
A.VV., Rebuilding community connections – mediation and restorative
justice in Europe (European Forum for Victim-Offender Mediation and Restorative Justice), Strasbourg, Council of Europe Publishing, 2004, 26 ss.; F. PARISI, La restora-
tive justice alla ricerca di identità e legittimazione, cit., 7; G. TRAMONTANO, Percorsi
di giustizia, cit., 59 ss.; T. GAVRIELIDES, Restorative Justice Theory and Practice, Hel-
sinki, European Inst. for Crime Prevention and Control, 2007, 29 ss.; R. CARIO, Justice
In verità, McCold e Wachtel – che propongono una singolare classi-
ficazione degli strumenti riparativi, fondata sui loro destinatari – riten-
gono che solo il conferencing ed i circles, a differenza della mediazio-
ne, potrebbero considerarsi “completamente riparativi”, perché inclu-
dono anche la comunità tra i destinatari dell’intervento, insieme al reo
ed alla vittima
125.
Nonostante questa peculiare lettura, la mediazione penale, che può
essere ricondotta alla categoria dei “programmi di riconciliazione auto-
re-vittima”
126ed è normalmente caratterizzata dall’incontro tra le due
parti, rappresenta senza dubbio lo strumento più conosciuto e diffuso
anche per la sua estrema duttilità e possibilità di essere attivato in di-
verse fasi procedimentali. Ad esso verrà dedicato uno specifico appro-
fondimento, per la maggior importanza che riveste nelle riflessioni che
avremo modo di svolgere.
Il conferencing ed il circle, invece, sono molto meno familiari al
giurista europeo, essendo sperimentati soprattutto oltreoceano.
1 ss.; F. REGGIO, Giustizia dialogica, cit., 30 ss.; G. MANNOZZI, La giustizia senza spa-
da, cit., 134 ss.; A. WOOLFORD, The Politics of Restorative Justice. A Critical Introduc-
tion, cit., 58 ss.; M. LIEBMANN, Restorative Justice, London and Philadelphia, Jessica
Kingsley Publishers, 2007, 73 ss.; L. KURKI, Evaluating Restorative Justice Practices,
in AA.VV., Restorative Justice and Criminal Justice. Competing or Reconcilable Para-
digms?, cit., 293 ss. M.M. WILLIAMS-HAYES, The Effectiveness of Victim-Offender
Mediation and Family Group Conferencing, Ann Arbor, Mich., Univ. Microfilms In-
tern., 2002, 9 ss., si sofferma solo su mediazione e conferencing. È bene precisare fin d’ora che la Risoluzione cita anche la semplice “conciliazione”, come possibile proces- so riparativo, nei casi in cui essa presupponga però un coinvolgimento attivo delle parti (un tanto è imposto dalla definizione generale). Su di essa, quindi, dalla fisionomia meno definita, non ci soffermiamo in questa sede, visto che le condizioni richieste non sempre sussistono nella pratica, e che la dottrina normalmente la esclude dalle procedu- re strettamente riparative. Torneremo tuttavia sulla questione parlando della disciplina italiana del giudice di pace, che presenta una pur problematica forma di conciliazione riconducibile, in qualche misura, al modello.
125 P. M
CCOLD, T. WACHTEL, In Pursuit of Paradigm: A Theory of Restorative Jus-
tice (2003), in http://www.realjustice.org/articles.html?articleId=424: la mediazione
costituirebbe un approccio solo “principalmente riparativo”.
126 R. C
Il conferencing o, più precisamente, Community o Family Group
Conferencing (“dialogo esteso ai gruppi parentali”)
127è una sorta di
mediazione allargata, in cui non solo il reo e la vittima, con i rispettivi
avvocati, ma soprattutto i familiari e gli amici delle parti
128e, in alcuni
casi, rappresentanti istituzionali delle comunità di appartenenza (inse-
gnanti o membri di un’associazione alla quale essi appartengono) o, a
volte, agenti di polizia – quando tale strumento viene da loro utilizzato
come alternativa all’arresto
129– decidono collettivamente come gestire
la soluzione del conflitto. La presenza di questi soggetti è spesso fun-
zionale a dare un supporto al reo, affinché acquisisca consapevolezza
del proprio comportamento
130, mentre la presenza di un terzo (facilita-
tor) facilita lo svolgimento degli incontri, essendo egli chiamato a pre-
parare le parti all’incontro, a stabilire l’ordine dei colloqui ed a dirigere
la discussione sul fatto di reato e sulle modalità di riparazione. L’accor-
do riparatorio, per assumere validità, deve ricevere il consenso di tutti i
partecipanti ed il facilitatore è chiamato ad un ruolo attivo, nella ricerca
creativa di soluzioni che possano comporre le diverse posizioni di tutti i
soggetti coinvolti.
L’ammissione di colpevolezza da parte del reo – almeno di regola –
costituisce un presupposto fondamentale per l’attivazione, anche perché
vittima e reo vengono trattati in modo molto diverso nel corso della
procedura
131. In alcune ipotesi la vittima può essere addirittura assente
e, in tal caso, il procedimento riparativo ha come obiettivo la responsa-
bilizzazione del reo, più che la riparazione
132.
127 S. V
EZZADINI, La vittima di reato tra negazione e riconoscimento, cit., 148;
D. CERTOSINO, Mediazione e giustizia penale, cit., 73. I nomi utilizzati sono comunque
molti: M. LIEBMANN, Restorative Justice, cit., 80.
128 F. P
ARISI, La restorative justice alla ricerca di identità e legittimazione, cit., 12.
129 T. G
AVRIELIDES, Restorative Justice Theory and Practice, cit., 34.
130 D. C
ERTOSINO, Mediazione e giustizia penale, cit., 73.
131 M. L
IEBMANN, Restorative Justice, cit., 83; C. PERRIER, Criminels et victimes:
Quelle place pour la réconciliation?, Charmey, Les Éditions de l’Hèbe, 2011, 51;
T. GAVRIELIDES, Restorative Justice Theory and Practice, cit., 33. La descrizione dei
caratteri fondamentali dei diversi processi è tratta principalmente, ma non soltanto, dal- la già citata ricognizione che è stata operata dall’ISPAC.
132 D. C
Questo modello è nato in Nuova Zelanda ed è oggi utilizzato, in
questo contesto, soprattutto nell’ambito della giustizia minorile, con
effetti molto positivi sui tassi di recidiva
133. Le ragioni di tale radica-
mento si possono cogliere nell’influenza esercitata dalla cultura delle
comunità Maori, per le quali la famiglia e la comunità, “che non sovra-
sta il singolo – come avviene nel rapporto istituzioni-individui – bensì
enfatizza l’importanza delle relazioni tra soggetti nella costruzione del-
le personalità individuali”
134, rivestono un ruolo di singolare importan-
za, capace di favorire la maturazione psicologica dell’offensore
135. Si
stanno comunque diffondendo nuove esperienze anche per i reati com-
messi dagli adulti, sempre con la possibilità di condurre il conferencing
in assenza della vittima o in presenza di una vittima “virtuale”, che ab-
bia magari subito un reato simile o appartenga alla medesima comunità,
al fine primario di promuovere la responsabilizzazione del reo con il
supporto della sua famiglia
136.
133 G. T
RAMONTANO, Percorsi di giustizia, cit., 60; D.J.O. OMALE, Restorative Jus-
tice and Victimology – Euro-Africa Perspectives, AH Oisterwijk, Wolf Legal Publish-
ers, 2012, 60. In AA.VV., Rebuilding community connections – mediation and restora-
tive justice in Europe, cit., 28, e M. LIEBMANN, Restorative Justice, cit., 80, si fa cenno
anche ad alcune esperienze in Gran Bretagna, in R. CARIO, Justice restaurative, cit., 78,
ad esperienze in Belgio, mentre il medesimo autore, A. WOOLFORD, The Politics of
Restorative Justice. A Critical Introduction, cit., 62 e L. KURKI, Evaluating Restorative
Justice Practices, cit., 297, citano esempi australiani, come quello della città di Wagga
Wagga. I. AERTSEN, J. WILLEMSENS, The European Forum for Victim-Offender Media-
tion and Restorative Justice, in European Journal on Criminal Policy and Research,
2001, n. 9, 292, infine, citano gli esempi australiani, canadesi, statunitensi nonché della Gran Bretagna. Per un’analisi approfondita delle esperienze neozelandesi ed australiane cfr. B. SPRICIGO, La giustizia riparativa nel sistema penale e penitenziario in Nuova
Zelanda e Australia: ipotesi di complementarità, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015,
1924 ss.
134 B. S
PRICIGO, La giustizia riparativa nel sistema penale e penitenziario in Nuova
Zelanda e Australia, cit., 1941, parlando delle non-state societies.
135 R. C
ARIO, Justice restaurative, cit., 78; D.J.O. OMALE, Restorative Justice and
Victimology – Euro-Africa Perspectives, cit., 58; F. REGGIO, Giustizia dialogica, cit.,
34 ss. Cfr. anche T. GAVRIELIDES, Restorative Justice Theory and Practice, cit., 33.
136 A
A.VV., Rebuilding community connections – mediation and restorative justice
Il circle, invece, o, ancora una volta per maggior precisione, Sen-
tencing/Peacemaking Circle (“consigli commisurativi”)
137, diffuso in
Nord America ma sostanzialmente sconosciuto in Europa, è caratteriz-
zato da una forma di partnership tra la comunità di appartenenza ed il
sistema di giustizia formale, di norma, per la determinazione della san-
zione a contenuto riparativo da infliggere al reo (sentenza concordata),
tenendo conto delle necessità di tutte le parti
138. Tale processo è pensato
soprattutto per i casi più gravi, già accertati o confessati, e si svolge in
forma pubblica, con la presenza di molte persone: il reo, la vittima, i
legali, le famiglie, tutti gli interessati della comunità, ma anche i giudi-
ci, il pubblico ministero, i funzionari dei servizi sociali
139. Intorno ad un
“cerchio”, che può ripetersi in fasi successive, ciascuno può esprimere
le proprie opinioni ed esigenze nella ricerca condivisa di una piena
comprensione del fatto e del contesto in cui esso è maturato, per indivi-
duare collettivamente sia un programma riparativo che abbia come be-
neficiarie tutte le parti interessate sia il modo per prevenire futuri reati.
Tale strumento assume quindi un significato molto ampio, promuoven-
do una maggior integrazione tra sistema legale, istituzioni civili e co-
munità
140.
Il cerchio rappresenta un elemento simbolico importante: i punti del-
la circonferenza sono equidistanti rispetto al centro. Ciò vale a sottoli-
137 S. V
EZZADINI, La vittima di reato tra negazione e riconoscimento, cit., 148.
Cfr. E.G.M. WEITEKAMP (ed. by), Developing Peacemaking Circles in a European
Context, Tübingen, Institut für Kriminologie der Universität Tübingen, 2015.
138 T. G
AVRIELIDES, Restorative Justice Theory and Practice, cit., 34 s.; R. CARIO,
Justice restaurative, cit., 79. D. STENDARDI, Per una proposta legislativa in tema di
giustizia riparativa, cit., 1911, ricorda che ai Native American Sentencing Circles delle
popolazioni indigene in Minnesota è stata riconosciuta rilevanza giuridica sin dalla fine degli anni Ottanta.
139 La presenza del giudice e del pubblico ministero rappresenterebbe la differenza
più significativa rispetto ai modelli citati sopra: AA.VV., Rebuilding community connec-
tions – mediation and restorative justice in Europe, cit., 19; D. CERTOSINO, Mediazione
e giustizia penale, cit., 75.
140 Cfr. A
A.VV., Rebuilding community connections – mediation and restorative
justice in Europe, cit., 29; L. KURKI, Evaluating Restorative Justice Practices, cit., 303;
G. TRAMONTANO, Percorsi di giustizia, cit., 60 s. Cfr. anche D.J.O. OMALE, Restorative