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Risarcimento del danno e punizione

1. Alla ricerca di una definizione di giustizia riparativa

1.2. La centralità del momento riparativo nella definizione d

1.2.3. Risarcimento del danno e punizione

In una prospettiva ancora più ampia, dischiusa inevitabilmente da ta-

li riflessioni, nel panorama di una certa dottrina penalistica e più in pro-

fondità di quella civilistica, non si possono che trovare conferme – sep-

pur per lunghissimo tempo in chiave critica, per quanto riguarda l’espe-

rienza italiana, sulla scorta di una giurisprudenza consolidata in tema di

responsabilità civile, che solo con fatica è stata rimessa in discussio-

ne

107

– circa la possibile valenza punitiva, anche del solo istituto del

risarcimento del danno non patrimoniale

108

.

106 Il rischio insito nella proposta ripercorsa è quello di introdurre una norma con

grandi ambizioni, ma destinata ad essere applicata in un numero limitato di casi o, al- l’opposto, capace di determinare degli effetti incontrollabili, vista la sua incisività in punto pena. M. DONINI, Il delitto riparato, cit., p. 13, nt. 20, prende atto che il vero

problema, irrisolto, è quello dei reati senza vittima, dei delitti del tutto irreparabili e della disuguaglianza di chi non può risarcire. Il delitto riparato, titolo autonomo di reato che si andrebbe a costruire, poi, inciderebbe in senso marcatamente favorevole sulla quantità di pena, assolvendo ad una funzione che può essere ben svolta dalle circostan- ze, anche se con effetti ridotti, ed in particolare dalla circostanza di cui all’art. 62 n. 6 c.p., che potrebbe essere eventualmente riformata anche in chiave più favorevole. Più efficace e di immediata praticabilità appare allora, almeno a breve termine e in un con- testo circoscritto, come avremo modo di vedere, delineare delle nuove ipotesi di esen- zione da pena, in presenza di condotte riparatorie: esse – come l’Autore efficacemente rileva, peraltro con riferimento a quelle già esistenti – mettono in luce che la politica criminale è sempre più orientata a ripensare la riparazione ed il risarcimento in chiave costitutiva del rapporto punitivo, e non solo attenuante.

107 Basti considerare la sentenza della Cassazione, 19 gennaio 2007, n. 1183, in

Dir. economia assicur., 2008, 2-3, 471, che ha affermato come nell’ordinamento italia-

no alla responsabilità civile sia assegnato “il compito precipuo di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, anche mediante l’attribuzione al danneggiato di una somma di denaro che tenda a eliminare le conseguenze del danno subito mentre rimane estranea al sistema l’idea della punizione e della sanzione del responsabile civile ed è indifferente la valutazione a tal fine della sua condotta”. Ha quindi escluso la possibilità di pervenire alla liquidazione dei danni in base alla consi- derazione dello stato di bisogno del danneggiato o della capacità patrimoniale dell’ob- bligato e ritenuto del tutto incompatibile con il nostro ordinamento l’istituto dei danni

punitivi (nella specie, era stata impugnata per cassazione la pronuncia di rigetto del- l’istanza di delibazione di una sentenza statunitense che aveva condannato il produttore di un casco protettivo utilizzato dalla vittima di un incidente stradale; la sentenza aveva accertato il difetto di progettazione e costruzione della fibbia di chiusura del casco ed aveva liquidato i danni secondo criteri che il giudice della delibazione aveva ritenuto propri dell’istituto dei danni punitivi (punitive damages) e, come tali, incompatibili con il nostro ordine pubblico). Più recentemente, nello stesso senso, cfr. Cass., 8 febbraio 2012, n. 1781, in Corr. giur., 2012, 1068 ss. Cfr. però, in termini decisamente più inno- vativi, Cass., 16 maggio 2016, n. 9978 (ordinanza interlocutoria), in Giur. it., 2016, 1854 ss., con cui la Corte ha rimesso gli atti al primo Presidente per l’eventuale asse- gnazione alle Sezioni Unite in ordine al tema della riconoscibilità delle sentenze stra- niere comminatorie di danni punitivi. Ciò in considerazione dell’evoluzione del concet- to di “ordine pubblico”, del fatto che la funzione del rimedio risarcitorio, attualmente considerato in termini esclusivamente compensativi, non assurge a valore costituzionale essenziale e imprescindibile del nostro ordinamento e della presenza di molte norme, nel nostro ordinamento, che prevedono rimedi risarcitori con funzione non riparatoria ma sanzionatoria (viene citato anche il recente d.lgs. 7/2016, sul quale ci soffermeremo nel quarto capitolo). Le Sezioni Unite si sono pronunciate con la sentenza Cass., SS.UU., 7 febbraio-5 luglio 2017, n. 16601, affermando che la funzione sanzionatoria del risarcimento del danno non può considerarsi incompatibile con i principi generali del nostro ordinamento, visto che sono state introdotte diverse disposizioni volte a dare un connotato lato sensu sanzionatorio al risarcimento del danno. Per i danni punitivi è fondamentale che vi sia un’adeguata copertura normativa (e quindi i giudici italiani non possono imprimere “soggettive accentuazioni ai risarcimenti che vengono liquidati”, ma ciò vale anche per gli ordinamenti stranieri se si tratta di riconoscere una sentenza straniera), con precisa perimetrazione della fattispecie e puntualizzazione dei limiti quantitativi delle condanne irrogabili (nel rispetto del principio di proporzionalità), ma non vi è dubbio che l’istituto della responsabilità civile ha percorso una traiettoria parti- colare e, accanto alla sua primaria funzione riparativo compensatoria, è emersa una natura polifunzionale “che si proietta verso più aree, tra cui sicuramente principali sono quella preventiva (o deterrente o dissuasiva) e quella sanzionatorio-punitiva”. Alla re- sponsabilità civile, quindi, “non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patri- moniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile”. Vedi su questi temi, anche E. NAVARRETTA, Funzioni del risarcimento e quantificazione dei danni non patrimo-

niali, in Resp. civ. e prev., 2008, 03, 500 ss., la quale, ad esempio, riconosciuta invece

una prevalente funzione solidaristico-satisfattiva del danno non patrimoniale nell’ordi- namento italiano, si sofferma sugli spazi di una funzione più prettamente punitiva, che abbia riflessi solo sul quantum, valorizzando la gravità soggettiva dell’illecito o addirit- tura le condizioni economiche del danneggiante – quando quest’ultimo, consapevole delle proprie possibilità economiche abbia agito senza alcuna remora nei confronti della

Questo non può essere realmente commisurato ad un pregiudizio

economico e determinato con agilità in termini monetari

109

, ma viene

spesso più o meno dichiaratamente liquidato sulla base di criteri che,

pur tenendo conto delle sofferenze subite dal soggetto leso, ricompren-

dono anche profili tipicamente penalistici, quali la gravità dell’offesa

110

ed il grado di colpevolezza dell’autore

111

.

vittima e si possa inferire una maggiore rabbia e sofferenza da parte del danneggiato – ma escludendo del tutto fattori che fuoriescono dal danno oggetto di stima, come la capacità della condotta illecita di produrre un profitto che non viene neutralizzato dal risarcimento. Per un panorama della recente giurisprudenza italiana sulla funzione del risarcimento del danno non patrimoniale cfr. G. MIOTTO, La funzione del risarcimento

dei danni non patrimoniali nel sistema della responsabilità civile, in Resp. civ. e prev.,

2008, 188 ss. e D. FONDAROLI, Vicende della punibilità e risarcimento e/o riparazione,

cit., 30 ss. Cfr. altresì le riflessioni di M. ROMANO, Risarcimento del danno da reato.

Diritto civile e diritto penale, cit., 866 ss.; G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale.

Parte generale, cit., 897 ss.; A. DI MAJO, Riparazione e punizione nella responsabilità

civile, in Giur. it., 2016, 1856 ss. nonché, approfonditamente, G. BONILINI, Il danno

non patrimoniale, Milano, Giuffrè, 272 ss., che parla espressamente di riparazione del

danno non patrimoniale come pena privata (che condivide con la pena vera e propria lo scopo retributivo e preventivo).

108 Le Sezioni Unite Civili, con la nota sentenza n. 26972 dell’11 novembre 2008

(in Giust. civ., 2009, 913), confermata anche successivamente per tali profili (Cassazio- ne, 16 febbraio 2009, n. 3677, sez. Unite, in Giust. civ., 2010, 1467), hanno infatti af- fermato che la categoria del danno non patrimoniale è ampia e generale, non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. Esso deve liquidarsi con valu- tazione unitaria e omnicomprensiva di tutte le conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto illecito, ma senza duplicazioni, e, segnatamente, senza attribuire nomi diversi a pregiudizi identici in rerum natura. È comunque indispensabile considerare che anche in tale pronuncia si riconosce la necessità di operare una personalizzazione del danno non patrimoniale, senza offrire dei precisi criteri di riferimento. F. GIUNTA, Interessi

privati e deflazione penale nell’uso della querela, cit., 87 parlava di natura punitiva

(non criminale) dell’obbligo di risarcimento del danno morale. Una forma particolare di risarcimento del danno non patrimoniale è la pubblicazione della sentenza di condanna

ex art. 186 c.p.

109 D. F

ONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 208 ss., evidenzian-

do come si ritenga addirittura preferibile il termine “riparazione” del danno non patri- moniale. Cfr. anche D. CHICCO, Minaccia, in P. PITTARO (a cura di), Reato e danno.

Fattispecie criminose e ipotesi risarcitorie, Torino, Giuffrè, 2014, 623.

110 Come rileva T. P

ADOVANI, Diritto penale, cit., 379, un’ipotesi di “pena privata”

In questa prospettiva, si è espressamente richiamata una sorta di

“bipolarità, forse mai sopita, della responsabilità civile”, nel cui ambito

non si colgono solo i profili riparatori, ma può essere dato ancora spa-

zio a tecniche sanzionatorie aventi funzione di prevenzione e di repres-

sione-punizione, utili per una strategia di tutela ampia e differenziata.

In tutte le ipotesi in cui la tutela civilistica, rispettosa di alcune fonda-

mentali garanzie quali il principio di legalità, ma maggiormente duttile

nelle forme, appaia già di per sé adeguata ed efficiente, la tutela penale

andrebbe esclusa

112

.

cui “nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, la persona offesa può chiedere, oltre al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 185 c.p., una somma a titolo di riparazione. La somma è determinata in relazione alla gravità dell’offesa ed alla diffu- sione dello stampato”. La riparazione non influisce tuttavia sull’applicazione della pe- na. Sul punto cfr. D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 167 ss.,

anche per le riflessioni svolte in ordine all’essenza giuridica dell’istituto, e G. BRIDDA,

Diffamazione a mezzo stampa, in P. PITTARO (a cura di), Reato e danno. Fattispecie

criminose e ipotesi risarcitorie, cit., 558 ss.

111 Come illustra D. C

HINDEMI, Tecniche di liquidazione del danno non patrimonia-

le: equità e tabelle, in Resp. civ. e prev., 2011, 01, 198 ss., la liquidazione del danno

non patrimoniale è necessariamente caratterizzata dalla equità, non sussistendo criteri automatici di liquidazione del relativo pregiudizio, ad eccezione dell’ipotesi, anche se non assoluta, del danno biologico da micropermanente nel codice delle assicurazioni (art. 139 cod. ass.). Già F. ANTOLISEI, L’offesa e il danno nel reato, cit., 160, affermava

che il giudice terrà sempre conto, nella liquidazione del danno, del grado della colpa dell’autore e delle sue condizioni economiche. G. BONILINI, Il danno non patrimoniale,

cit., 300 e di 390 ss., parla di gravità del reato e di situazione di fortuna del danneggian- te. Cfr., altresì, A. MANNA, La vittima del reato, cit., 991 ss.; ID., Risarcimento del

danno fra diritto civile e diritto penale, cit., 592; D. CHICCO, Abbandono di minori o

incapaci, in P. PITTARO (a cura di), Reato e danno. Fattispecie criminose e ipotesi ri-

sarcitorie, cit., 421 s.; M. DEL TUFO, Vittima del reato, cit., 1000; A. PAGLIARO, Tutela

della vittima nel sistema penale delle garanzie, cit., 54. Seppur comprensibile per

l’aspirazione ad una maggior scientificità del diritto penale, non si ritiene di condivide- re l’affermazione di M. DONINI, Le logiche del pentimento e del perdono nel sistema

penale vigente, cit., 898 s., quando definisce la sanzione civile quasi come “matemati-

ca” e “prevedibile”, di regola svincolata dal dolo e dalla colpa.

112 F. B

RICOLA, La riscoperta delle “pene private” nell’ottica del penalista, cit.,

1 ss., si soffermava attentamente sulle attitudini sanzionatorie del risarcimento del dan- no, in particolare non patrimoniale, in quanto difficilmente traducibile in un equivalente economico. L’Autore ricordava quindi, da un altro punto di vista, i danni punitivi o esemplari nell’ambito del diritto civile, quali strumenti di tutela di grande interesse per

Se, quindi, si opera correttamente la netta separazione in ambito pe-

nale tra la riparazione ed il mero risarcimento del danno

113

, a determi-

nate condizioni e di certo non per tutti i reati

114

, il risarcimento può con-

tribuire a conseguire efficaci risultati sia sul piano della soddisfazione

della vittima che della punizione del colpevole, soprattutto in una pro-

spettiva preventiva intesa in senso positivo (rinsaldamento del “rappor-

to d’integrazione del cittadino nel contesto sociale” e risocializzazio-

ne)

115

.

il penalista. Tale sorta di “eticizzazione” della responsabilità civile si verificava, secon- do l’Autore, proprio nel momento in cui il discorso sulle funzioni della pena tendeva a smorzarsi. A conferma delle indubbie finalità di tipo sanzionatorio-punitivo alle quali può assolvere anche il risarcimento del danno, basti considerare il frequente ricorso in sede civile, in particolare nell’ambito degli ordinamenti anglosassoni, ai c.d. punitive

damages, che tuttavia rappresentano normalmente una voce di danni autonoma, diversa

da quella relativa ai danni non patrimoniali, la cui commisurazione si effettua con rife- rimento ai parametri della gravità dell’offesa, dell’intensità dell’elemento psichico (malice), della capacità patrimoniale dell’obbligato o del profitto conseguito, ma la cui liquidazione è nei fatti spesso sproporzionata, in violazione di ogni garanzia (la manife- sta eccessività dei punitive damages è stata censurata per violazione della clausola c.d. del due process of law, sancita nel XIV emendamento della Costituzione federale, dalla Suprema Corte: BMW of North America v. Gore, in Foro it., 1996., IV, 421). Cfr. A.M.G. BARATELLA, Le pene private, Milano Giuffrè, 2006, 201 ss.; A. MANNA,

Risarcimento del danno, offensività ed irrilevanza penale del fatto: rapporti ed interse- zioni, cit., 383; D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 179 ss.;

F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la tutela delle vittime,

II ed., Milano, Giuffrè, 2002, 386 s.; G. BONILINI, Il danno non patrimoniale, cit.,

294 s.; V. ZENO-ZENCOVICH, Pena privata e punitive damages nei recenti orientamenti

dottrinari americani, in F.D. BUSNELLI, G. SCALFI (a cura di), Le pene private, Milano,

Giuffrè, 1985, 375 ss. Per una riflessione sulla possibile natura di danno punitivo del risarcimento di cui all’art. 709-ter c. 2 c.p.c.: P. MINEN, Delitti di sottrazione di minori

ed incapaci, in P. PITTARO (a cura di), Reato e danno. Fattispecie criminose e ipotesi

risarcitorie, cit., 322 s.

113 D. P

ULITANÒ, Diritto penale, cit., 6, definisce la pena come “sanzione di conte-

nuto afflittivo non risarcitorio”.

114 A. M

ANNA, Risarcimento del danno, offensività ed irrilevanza penale del fatto:

rapporti ed intersezioni, cit., 390, indica come sede privilegiata quella legata alla picco-

la e media criminalità contro il patrimonio.

115 A. M

Se ci si riferisce a reati non particolarmente gravi, ma che comunque

non meritano di essere depenalizzati, l’interesse alla reintegrazione è

prevalente nell’opinione pubblica e la reazione punitiva statale è consi-

derata solo in via sussidiaria rispetto alla realizzazione di prestazioni

risarcitorie

116

. Il bisogno di vendetta della vittima si risolve nel deside-

rio di una riparazione materiale e la persona offesa è spesso disposta a

riconciliarsi quando l’imputato riconosce il danno causato e risarci-

sce

117

. Il preteso “pragmatismo” di una “riparazione” di questa natura,

quindi, non deve essere indiscutibilmente contrapposto agli “elevati

ideali etici del diritto penale”, soprattutto quando consente di ricompor-

re efficacemente il conflitto insorto

118

.

Nel delineare attentamente i presupposti di un’eventuale rinuncia al-

la pena, bisognerebbe tuttavia porre attenzione all’individuazione di

contemperamenti o correttivi, che tengano conto dei principi costituzio-

nali e dei profili negativi della prevenzione. Da un lato, è necessario

evitare in maniera ferma che – anche solo per alcuni reati – si possa

sistematicamente ricorrere ad una monetizzazione della responsabilità

penale, consentendo addirittura all’autore di reato, dotato di sufficienti

116 C.E. P

ALIERO, L’autunno del patriarca, cit., 1230 s.; C. ROXIN, Risarcimento del

danno e fini della pena, cit., 18 s.; ID., La posizione della vittima nel sistema penale,

cit., 12; M. ROMANO, Risarcimento del danno da reato. Diritto civile e diritto penale,

cit., 873; G. CASAROLI, La riparazione pubblica alle vittime del reato fra solidarietà

sociale e politica criminale, in Indice pen., 1990, 323; M. DEL TUFO, Vittima del reato,

cit., 1006; ID., Profili critici della vittimo-dommatica, cit., 27; C.E. PALIERO, “Minima

non curat praetor”, cit., 531 e A. MANNA, La vittima del reato, cit., 989, si riferiscono

in tal senso ad alcune indagini empiriche, richiamando soprattutto gli studi di D. FREH- SEE, Schadenswiedergutmachung als Instrument strafrechtlicher Sozialkontrolle, Ber-

lin, Duncker & Humblot, 1987. F. GIUNTA, Oltre la logica della punizione, cit., 354,

coglie tale profilo nelle lesioni colpose in ambito medico e stradale. La stessa D. FON- DAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 21, molto critica in tema di ripara-

zione, riconosce tuttavia che il risarcimento si trasforma spesso in strumento idoneo laddove si intendano ripristinare gli equilibri tra autore e vittima del reato commesso.

117 D. K

RAUSS, La vittima del reato nel processo penale, cit., 291; F. MANTOVANI,

Diritto penale, cit., 228.

118 G. Q

UINTERO OLIVARES, La cosiddetta privatizzazione del diritto penale, cit.,

137, nel proporre questa lettura denuncia un errore diffuso: quello di presupporre “che il diritto penale debba inculcare ideali etici, invece che impegnarsi ad aiutare a porre le basi della convivenza”.

mezzi economici, di calcolare in anticipo l’entità della somma che gli

assicurerebbe un’esenzione dalla pena tradizionale e, dall’altro, è ne-

cessario evitare, con dei limitati correttivi, che chi è privo di sostanze

sia costantemente escluso dalla possibilità di ottenere un trattamento

più favorevole, accedendo ad alcuni istituti

119

. Allo stesso tempo, è ne-

cessario impedire che il diritto penale venga asservito al soddisfacimen-

to di finalità meramente economiche della persona offesa.

Il bilanciamento tra le diverse esigenze – e l’esperienza italiana lo

dimostra – non è tuttavia sempre privo di difficoltà.