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La componente riparativa nella giustizia riparativa e nel

1. Alla ricerca di una definizione di giustizia riparativa

1.2. La centralità del momento riparativo nella definizione d

1.2.1. La componente riparativa nella giustizia riparativa e nel

Nonostante già alcuni autorevoli esponenti della Scuola Positiva – in

polemica con la Scuola Classica che si era limitata a studiare unicamen-

te la qualità e la quantità delle pene da irrogare alle varie specie di reato

– avessero riconosciuto al risarcimento del danno (e non più in generale

alla riparazione, in quanto ritenevano che l’offesa potesse essere ripara-

ta solo pecuniariamente)

50

un interesse pubblico ed una funzione san-

zionatoria anche all’interno del sistema penale

51

, la riparazione è stata

49 P. G

ALAIN PALERMO, La reparación del daño a la víctima del delito, cit., 30.

50 R. G

AROFALO, Riparazione alle vittime del delitto, Torino, Fratelli Bocca Ed.,

1887, 3: “È chiaro che è impossibile lenire altrimenti quei dolori se non per mezzo di una riparazione pecuniaria la quale non sia limitata al risarcimento del solo danno mate- riale (come ad esempio la restituzione dell’oggetto rubato, il pagamento delle medicine o del salario perduto in caso d’infermità), ma debba tener conto di tutti gli altri elementi che per intenderci chiameremo danno morale”. Nonché, a pag. 6: “L’offesa non può essere riparata che pecuniariamente”. Cfr. sul punto anche G. MANNOZZI, La giustizia

senza spada, cit., 309 s.

51 M. P

ISANI, Il risarcimento del danno da reato nell’ordinamento italiano, cit.,

6 ss.; T. PADOVANI, Diritto penale, cit., 379. Secondo A. MANNA, La vittima del reato,

cit., 989, se, nel Progetto del 1921, che reca l’impronta del presidente della Commissio- ne, Enrico Ferri, il risarcimento del danno (quale funzione dello Stato) era stato addirit- tura ricompreso nel novero delle sanzioni penali tout court, nel codice Rocco si ravvisa ancora una pur minima influenza di tale concezione nella prescrizione, all’art. 185 c.p., dell’obbligatorietà del risarcimento del danno da reato (oltre che nella circostanza atte- nuante comune della riparazione/risarcimento del danno), che rappresenta un unicum nell’ambito della legislazione europea contemporanea al codice, dove si riscontra inve-

normalmente esclusa dalle conseguenze penali del reato nell’ambito del

diritto moderno e ristretta al contesto civilistico, poiché essa non è stata

considerata un mezzo adeguato per risolvere il “conflitto sociale” na-

scente dall’illecito penale

52

.

Non diversamente, pur di fronte ad alcuni effetti penali del risarci-

mento del danno riscontrabili sul piano delle conseguenze sanzionatorie

del reato

53

, una parte consistente della dottrina, sia italiana sia straniera,

ritiene ancora che la riparazione possa avere esclusivamente una natura

civilistica ed assolvere a marginali funzioni nel diritto penale

54

.

ce la netta tendenza a confinare la disciplina di tale istituto nella legge civile. Nel Pro- getto Ferri, infatti, agli artt. 90-99 (AA.VV., Progetto preliminare di codice penale ita-

liano per i delitti, Milano, Vallardi, 1921, 147 s.) si disciplinava il risarcimento del

danno cagionato dal delitto, prevedendo un obbligo in capo al P.M. di chiederlo, insie- me alla sanzione tradizionale, ed in capo al giudice di imporre con la condanna l’obbli- go di restituire il tolto alla parte lesa od eredi e di risarcire il danno. Affermava detta- gliatamente R. GAROFALO, Riparazione alle vittime del delitto, cit., 41: qualora il reato

commesso appartenga al novero delitti naturali ed il reo non rientri nella categoria dei “delinquenti temibili od inidonei alla vita della società”, “il miglior mezzo repressivo sarà il costringerlo a riparare il danno materiale o morale di cui egli è stato causa. Sarà questa […] la pena per lui più sensibile, la più utile all’offeso in cui essa farà scompari- re il desiderio di vendetta, la più utile allo Stato, che potrà così diminuire il budget delle prigioni. Tutti ne saranno dunque contenti, salvo i soli rei, i quali pure ne riceveranno un indiretto vantaggio nell’essere così salvati dalla depravazione sempre maggiore della vita carceraria”.

52 P. G

ALAIN PALERMO, La reparación del daño a la víctima del delito, cit., 87.

53 M. P

ISANI, Il risarcimento del danno da reato nell’ordinamento italiano, 14 s.,

citando tra gli effetti penali del risarcimento del danno nell’ambito dell’ordinamento italiano l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p., evidenzia l’intrinseco legame che avvin- ce il danno all’illecito penale, “se è vero che può rifluire sulla valutazione del secondo l’intervenuta eliminazione del primo”.

54 H.J. H

IRSCH, Il risarcimento del danno nell’ambito del diritto penale sostanziale,

cit., 281 ss., per il quale “il diritto del risarcimento del danno, cioè la parte civilistica del fatto, riguarda la riparazione del danno materiale ed eventualmente morale causato dall’autore; la pena consiste invece nell’aggiunta di un male ulteriore”. M.C. ALASTUEY

DOBÓN, La reparación a la víctima en el marco de las sanciones penales, Valencia,

Ed. Tirant lo Blanch, 2000, 245 ss.; G. QUINTERO OLIVARES, Parte general del derecho

penal, V ed., Cizur Menor, Ed. Thomson Reuters-Aranzadi, 2015, 655 ss.; F. MUÑOZ

CONDE, M. GARCÍA ARÁN, Derecho penal. Parte general, IX ed., Valencia, Ed. Tirant

lo Blanch, 2015, 657 ss. Per la ricostruzione di varie posizioni cfr. P. GALAIN PALERMO,

Nella prospettiva della giustizia riparativa, si distinguono due con-

cetti.

Il primo è un concetto ampio di riparazione, che, quale “attività po-

sitiva a favore della vittima o a favore della collettività”

55

, in qualche

misura mira a ripristinare l’ordine violato dal reato o a “porre rimedio

alla lesione del reato”

56

, sia con la reintegrazione del “bene pregiudica-

to dall’azione criminosa”

57

, sia valorizzando i suoi aspetti immateriali e

relazionali attraverso il dialogo, la ricostruzione del legame sociale in-

terrotto, il rispetto, la dignità e l’autostima della persona offesa

58

, il ri-

conoscimento della sofferenza fisica e psicologica

59

, in chiave di ripa-

razione ad una sorta di “offesa complessa”

60

.

ciente ricordare la ricerca approfondita di D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione

del danno, cit., passim, anche per un’analisi delle molte problematiche poste dalla tesi

che l’Autrice critica. Cfr. in ogni caso anche M. ROMANO, Risarcimento del danno da

reato. Diritto civile e diritto penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1993, 865 ss.

55 M. D

ONINI, Il delitto riparato, cit., 8.

56 F. R

EGGIO, Giustizia dialogica, cit., 25.

57 A. M

ANNA, La vittima del reato, cit., 988. L’offesa al bene giuridico può assume-

re naturalmente la forma di “danno effettivo o di messa in pericolo”, come precisa D. PULITANÒ, Diritto penale, cit., 178.

58 L. C

ORNACCHIA, Vittime e giustizia criminale, cit., 1788; D. CERTOSINO, Media-

zione e giustizia penale, cit., 68.

59 F. R

EGGIO, Giustizia dialogica, cit., 24; A. CIAVOLA, Il contributo della giustizia

consensuale e riparativa all’efficienza dei modelli di giurisdizione, cit., 53; C. MINCKE,

La médiation pénale face à ses idéaux fondateurs, Waterloo, Wolters Kluwer, 2010, 47;

A. CERETTI, Mediazione penale e giustizia, in AA.VV., La mediazione penale in ambito

minorile: applicazione e prospettive, Milano, FrancoAngeli, 1999, 70. Per una rifles-

sione sul punto cfr. anche D. ROCHE, Accountability in Restorative Justice, Oxford,

Oxford University Press, 2003, 27 e M. WRIGHT, Justice for Victims and Offenders, cit.,

XI, che definisce la riparazione come “actions to repair the damage caused by the crime, either materially (at least in part) or symbolically”.

60 G. M

ANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 104 s., parla di riparazione del

“danno complessivo subito dalla vittima”, e quindi di condotta rivolta a capire la soffe- renza fisica e psicologica, oltre che meramente economica, della vittima. C.E. PALIERO,

La mediazione penale tra finalità riconciliative ed esigenze di giustizia, cit., 123, si

riferisce ad un’“offesa complessa”, comprensiva del danno arrecato al vissuto soggetti- vo della vittima e del danno sociale, inteso tuttavia come rottura della comunicazione e dei rapporti tra le parti, oltre che del danno arrecato al bene giuridico.

Il secondo concetto è quello di risarcimento del danno, che rappre-

senta unicamente una forma di riparazione a carattere patrimoniale e di

regola consiste nella corresponsione di una somma di denaro, tipica del

diritto civile

61

.

Nonostante un’equa valutazione della dimensione economica del

danno resti di fondamentale importanza

62

, anche per la difficoltà di in-

dividuare un equivalente monetario dell’offesa penale in tutte le sue

componenti e soprattutto per l’ontologica insufficienza del risarcimento

rispetto alla condotta lesiva nell’ambito del diritto penale

63

, la ripara-

zione può e normalmente deve avere un carattere almeno in parte non

strettamente monetario, assumendo ad esempio, a seconda del reato

commesso, la forma delle scuse formali, di prestazioni lavorative o di

altri atti, eventualmente simbolici

64

, che abbiano una connessione con

l’offesa arrecata con il reato.

Tale forma di riparazione assume, poi, una rilevanza ancora maggio-

re quando il reo non abbia i mezzi sufficienti per risarcire integralmente

il danno

65

.

61 F. C

AVALLA, La pena come riparazione, cit., 98: “La riparazione non coincide

con il risarcimento del danno: può semmai, e non sempre, ricomprenderlo”. Cfr. altresì G. MANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 100 s. e C. ROXIN, Risarcimento del dan-

no e fini della pena, cit., 13, che distingue la “riparazione di ordine penale” dal “risar-

cimento civilistico del danno”.

62 G. M

ANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 105 ss.

63 G. M

ANNOZZI, G.A. LODIGIANI, La giustizia riparativa. Formanti, parole e meto-

di, cit., 226, ritengono che non esista in natura “un parametro che consenta la commisu-

rabilità di due entità eterogenee come la sofferenza e il denaro”.

64 C.E. P

ALIERO, La mediazione penale tra finalità riconciliative ed esigenze di giu-

stizia, cit., 125, parla di un “disvalore di relazione bisognoso di tradursi in antitetico

valore di relazione”.

65 Questa soluzione, ad esempio, fu proposta nell’AE-WGM, il progetto di riforma

sulla riparazione del danno elaborato da un gruppo di professori tedeschi nel 1992, su cui ci soffermeremo infra, per le ipotesi in cui l’autore non sia in grado di risarcire integral- mente il danno a causa delle sue condizioni personali o economiche (§ 3). Cfr. C. ROXIN,

La posizione della vittima nel sistema penale, cit., 17; H.J. HIRSCH, Il risarcimento del

danno nell’ambito del diritto penale sostanziale, cit., 297, sottolinea l’importanza di

valorizzare anche il mero sforzo riparatorio, per attutire il pericolo di una “giustizia di classe”. Per l’esemplificazione cfr. anche F. CAVALLA, La pena come riparazione, cit.,

Parlando di riparazione in questo contesto, si chiede al giurista di

avvicinarsi al tema con una particolare sensibilità ed attenzione, poiché

ci si muove in una dimensione a prima vista incoerente con le strutture

ed i meccanismi tipici della giustizia penale

66

. La riparazione della re-

storative justice va relazionata con il piano dell’offesa o più precisa-

mente della lesione od esposizione al pericolo del bene protetto

67

, fino a

giustizia riparatrice?, cit., 9; G. JOHNSTONE, Introduction: Restorative Approaches to

Criminal Justice, cit., 11; L. WALGRAVE, Restorative Justice, Self-interest and Respon-

sible Citizenship, cit., 27 ss., dove precisa che, in alcune ipotesi, si possono incontrare

ostacoli insuperabili nell’attività riparatoria, che finisce per ridursi ad un’attività di conforto alla vittima.

66 G. M

ANNOZZI, La giustizia senza spada, cit., 114, sottolinea che “la giustizia pe-

nale, nel momento in cui recepisce strumenti e metodi della giustizia riparativa, inevita- bilmente introduce un elemento incoerente con le sue strutture e con i suoi meccani- smi”.

67 Non si tratta quindi di semplice riparazione del danno civilisticamente inteso, an-

che se spesso, nonostante le lucide definizioni offerte dalla dottrina tradizionale (F. AN- TOLISEI, L’offesa e il danno nel reato, Bergamo, Istituto Italiano Arti Grafiche, 1930),

nei casi concreti, non è possibile tracciare una linea di demarcazione netta tra l’offesa ed il danno civile, come precisa D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno,

cit., 6, “complice la giurisprudenza, che lascia trapelare, soprattutto in tema di indivi- duazione dei soggetti legittimati a costituirsi parte civile in quanto “danneggiati” in senso stretto, una certa mancanza di chiarezza sulla dicotomia tra i concetti di danno e offesa”. Pur nella consapevolezza della complessità del tema, è vero, ad esempio, che nel concetto di offesa da riparare (o comunque sul piano dell’offesa) in questo contesto si possono includere (o ricondurre), senza ravvisare degli ostacoli insuperabili, le con- seguenze, che sono suscettibili di essere eliminate, del reato sull’oggetto materiale dello stesso, da intendersi come “bene giuridico determinato” od “esemplare individuale del bene protetto”(cfr. pagg. 48 e 82 ss.). L’Autrice critica tale prospettiva, ma riconosce come proprio nell’ordinamento tedesco il danno ed il pericolo incidenti sul bene giuri- dico e determinanti il grado della violazione dell’interesse giuridico vengano sovente a coincidere con la lesione dell’“oggetto materiale”, inteso come “oggetto di riferimento dell’azione tipica” (a pag. 419 precisa che l’offesa tende ad identificarsi, in questo ordi- namento, con la “manifestazione esteriore e materiale dell’offesa”). Secondo tale rico- struzione, i reati di pericolo concreto sarebbero caratterizzati da eventi di pericolo, inte- si come esposizione a rischio di un “bene giuridico determinato”. Naturalmente, l’inter- connessione tra oggetto giuridico ed oggetto materiale muta a seconda del bene protet- to: più i beni sono interessati ad un processo di “volatilizzazione” e più si accentua il divario rispetto al bene materiale. È bene precisare, del resto, come i casi in cui già F. ANTOLISEI, L’offesa e il danno nel reato, cit., 148, aveva individuato gli esempi di un

ricomprendere il disvalore relazionale del fatto

68

. Nella maggioranza

dei casi, però, ci si scontra con la difficoltà, o impossibilità, di riparare

integralmente, in forma specifica, l’offesa al bene giuridico (o danno

criminale) con un comportamento successivo simmetrico a quello che

ha integrato il reato

69

.

In ogni caso, poi, anche qualora la riparazione fosse materialmente

possibile, essa non potrebbe di regola sostituire la pena, almeno in base

a quanto previsto nella parte generale del codice penale italiano, che

riconosce il primato al disvalore d’azione su quello di evento ed al fatto

sulla persona

70

.

Per quanto riguarda gli illeciti delittuosi – a differenza delle con-

travvenzioni, per molte delle quali già esiste l’istituto dell’oblazione

quale causa di estinzione del reato – nella parte generale del codice

prevale “una logica non di tipo utilitaristico, ma assiologico-retributi-

vo”

71

. Allo stato attuale, il recesso attivo, in ipotesi di delitto tentato,

non esclude la punibilità, mentre, in caso di reato consumato, alla ripa-

razione del danno mediante il risarcimento e/o le restituzioni, o alla

male inerente al fatto illecito che trovava la sua completa espressione nel danno, erano costituti dai delitti meramente patrimoniali. La necessità della pena si ravvisava tuttavia comunque, come conseguenza di alcune caratteristiche del risarcimento, che lo rende- vano insufficiente. Interessante, in tale prospettiva, appare anche la riflessione svolta da G. FORNASARI, I principi del diritto penale tedesco, cit., 170 s., in merito alle diverse

concezioni dell’evento nella dottrina italiana: naturalistica, giuridica o, invece, del- l’“evento significativo”. Secondo quest’ultima teoria (A. PAGLIARO, Principi di diritto

penale, VIII ed., Milano, Giuffrè, 2003, 431, condivisa anche da N. MAZZACUVA, Even-

to, in Digesto disc. pen., Torino, Utet, 1990, 451), l’evento significativo rappresente-

rebbe un “accadere esteriore nel suo significato umano e sociale” ed opererebbe come requisito imprescindibile di ogni fattispecie. La riparazione potrebbe indirizzarsi pro- prio nei confronti dell’evento significativo.

68 C.E. P

ALIERO, La mediazione penale tra finalità riconciliative ed esigenze di giu-

stizia, cit., 125.

69 Come precisa D. F

ONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 245 s.,

e come avremo occasione di evidenziare meglio infra, però, a differenza del risarcimen- to del danno, le conseguenze dannose e pericolose attengono proprio ai “riflessi del danno criminale (offesa tipica del reato)”. Cfr. anche M. DONINI, Il delitto riparato,

cit., 8.

70 Cfr. M. D

ONINI, Per una concezione post-riparatoria della pena, cit., 1170 s.

71 M. D

spontanea ed efficace elisione o attenuazione delle conseguenze danno-

se o pericolose del reato, il sistema risponde prevedendo soltanto una

circostanza attenuante (art. 62 n. 6 c.p.) “che cristallizza in tal modo la

summa divisio tra offesa penale (non eliminabile ex post) e danno risar-

cibile (sempre risarcibile, ma con effetti solo attenuanti)”

72

.

Come si può cogliere anche dalle definizioni di riparazione che sono

state offerte, la difficoltà di riuscire a riparare integralmente ed in forma

specifica l’offesa non sembra preoccupare eccessivamente i sostenitori

della restorative justice, che pur pensano ad un’integrazione tra questa

ed il diritto penale, poiché valorizzano forme di riparazione parziali o

meramente “simboliche”, rivolte alla vittima ed alla collettività, che

esprimano un “valore di relazione”, nella prospettiva dell’“offesa in

senso complesso”

73

.

72 M. D

ONINI, Le logiche del pentimento e del perdono nel sistema penale vigente,

cit., 893 ss. Un tanto è coerente proprio con la disciplina del recesso attivo (art. 56 c. 4 c.p.), anche se alcune forme di riparazione già riconosciute nel nostro ordinamento (su cui ci si soffermerà a breve) incrinano il modello di ravvedimento di cui all’art. 56 c. 4 c.p. (perché implicano non punibilità, anziché attenuanti): F. GIUNTA, Oltre la logica

della punizione, cit., 357.

73 C.E. P

ALIERO, La mediazione penale tra finalità riconciliative ed esigenze di giu-

stizia, cit., 125, sottolinea come un sistema penale che strutturi dentro di sé un’alternati-

va mediatoria scinda le componenti dell’offesa alla vittima e del danno al bene giuridi- co per interpretare in modo più completo il peso offensivo della condotta illecita. Com- prensibile alla luce delle premesse, ma non condivisibile nella sua assolutezza è l’affer- mazione di D. FONDAROLI, Illecito penale e riparazione del danno, cit., 47, per la quale

l’offesa non sarebbe mai suscettibile di riparazione alcuna, sulla stessa linea di F. AN- TOLISEI, L’offesa e il danno nel reato, cit., 143. Più aperta alla “riparazione” appare del

resto la medesima Autrice in un testo successivo, D. FONDAROLI, Vicende della punibi-

lità e risarcimento e/o riparazione, cit., 30, dove riconosce che il risarcimento del dan-

no si manifesta sovente come “riparazione”, “tendendo a ripristinare qualcosa di più del “mero” danno civilmente risarcibile”. Ella afferma che “non è assodato che tale quid

pluris coincida con l’“offesa” del reato, ma è certo che esso è più simile al danno/peri-

colo per il bene protetto che al danno civile”. C.E. PALIERO, “Minima non curat prae-

tor”, cit., 131, in netto contrasto con il primo orientamento qui ricordato, già descriveva

come cofunzionali al diritto penale quelle norme premiali che “diano rilevanza, laddove queste siano possibili, a complete reintegrazioni ex post del bene giuridico, in un primo tempo leso o posto in pericolo (condotte di salvaguardia post factum o di restaurazione del bene)”. A pag. 750 egli ne raccomanda vivamente la valorizzazione. Nello stesso senso cfr. A. DI MARTINO, La sequenza infranta, cit., 29 s., nonché T. PADOVANI, Il

La terminologia utilizzata può sembrare imprecisa o “atecnica”, allo

sguardo del penalista

74

, e richiede una precisazione. Dietro ad alcune

affermazioni favorevoli alla possibilità di ripristinare l’ordine giuridico

violato dal reato attraverso il mero coinvolgimento della collettività, si

coglie infatti una concezione peculiare del danno cagionato dall’illecito

penale, da intendersi come “danno sociale”

75

. È questa però una nozio-

ne ambigua, alla quale la dottrina italiana guarda con sospetto e che non

si ritiene utile considerare in questo contesto, nel quale ci si limiterà a

riferirsi alla nozione di danno civile e di offesa al bene giuridico protet-

to, anche se nei termini più complessi, sopra indicati

76

.

Quanto ai rapporti con la pena, invece, le riflessioni sulla giustizia

riparativa esprimono un marcato favore per l’arretramento della sanzio-

ne penale intesa in termini tradizionali, unitamente alla valorizzazione

del momento conciliativo e dell’esito riparativo in senso ampio, anche

come serio sforzo a ciò indirizzato. Quali specifiche conseguenze que-

sta valorizzazione debba comportare nell’ambito penalistico, in partico-

lare ai fini sanzionatori, è un problema però di natura diversa, che im-

pone di considerare le peculiarità dei singoli sistemi di diritto positivo.

Nonostante la regola generale che si è enunciata sulla scorta del-

l’esame della parte generale del nostro codice – e che comunque già

“tradisce” un certo interesse anche per il mero risarcimento del danno,

traffico delle indulgenze, cit., 406 s., che parla di reintegrazione dell’interesse protetto,

con cui si rafforza “l’aspetto della prevenzione connesso alla tutela dei beni giuridici”.

74 H. Z

EHR, H. MIKA, Fundamental Concepts of Restorative Justice, cit., 61, parla-

no addirittura di giustizia riparativa, che “seeks to heal and put right the wrongs”, ovve- ro, con traduzione nostra, che “cerca di curare e rimettere le cose a posto”.

75 Come preciseremo in chiusura del capitolo, non è questa la prospettiva condivisa

dal presente studio.

76 F. M

ANTOVANI, Diritto penale, cit., 226, ad esempio, mette in luce come l’inte-

resse pubblico alla non commissione dei fatti vietati sia la ratio del diritto penale e non