• Non ci sono risultati.

Dopo aver esposto le finalità delle direttive ricorsi di prima generazione è necessario passare

all’analisi del contenuto delle direttive medesime.

Già nel preambolo della direttiva 89/665/CEE il legislatore comunitario individua i requisiti minimi

che caratterizzano un ricorso “efficace e rapido” teso a garantire il rispetto della normativa

comunitaria “in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette”

95

.

Difatti, proprio per assicurare un ricorso “efficace e rapido”

96

il legislatore comunitario del 1989

esige che, considerata la “brevità delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici”

97

, agli

organi di ricorso dei singoli Stati membri sia attribuito il potere di adottare misure interinali

d’urgenza quando la gara sia ancora in itinere, quali la sospensione della procedura medesima o

altre decisioni eventualmente assunte dalla stazione appaltante. Inoltre, le violazioni della

normativa comunitaria sono contrastate attraverso l’attribuzione alle autorità nazionali decidenti

del potere di annullare gli atti illegittimi e la possibilità ai soggetti lesi dalle violazioni di ottenere

un indennizzo

98

.

Gli artt. 1 e 2 della direttiva 89/665/CEE

99

specificano quanto affermato nel preambolo e dalla loro

lettura congiunta emergono le ragioni di fondo che hanno spinto il legislatore comunitario ad

imporre uno standard minimo di tutela che tutti gli Stati membri sono tenuti a rispettare: garantire

l’effettività e la pienezza della tutela giurisdizionale all’operatore economico che ha subito una

lesione del suo interesse al bene della vita a seguito della violazione della normativa comunitaria e

nazionale di recepimento in materia di appalti pubblici

100

.

L’effettività della tutela giurisdizionale è garantita non solo attraverso la previsione di “un ricorso

efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile”

101

, assicurando la parità di trattamento tra le

imprese concorrenti e ampliando la legittimazione ad agire a “chiunque abbia o abbia avuto

interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto” “e che sia stato o rischi di essere

stato leso a causa di una violazione denunciata”

102

; ma soprattutto attraverso la previsione di una

95 II° considerando della direttiva 89/665/CEE. 96 III° considerando della direttiva 89/665/CEE. 97 V° considerando della direttiva 89/665/CEE.

98 Cfr. il VI° considerando della direttiva 89/665/CEE. Come sarà chiarito, l’art. 2, par. 1, lett. c) della direttiva citata

si riferisce, più specificatamente, al risarcimento del danno.

99 Dalla cui lettura si evince il contenuto della direttiva medesima.

100 Cfr. più ampiamente M.ACONE,Diritto e processo nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla

direttiva Cee 89/665 alla legge «comunitaria» per il 1991, in Foro it., 1992, 323 ss.

101 Art. 1, par. 1, direttiva 89/665/CEE.

102 Art. 1, par. 3, direttiva 89/665/CEE. Osserva I.FRANCO,Il contenzioso in materia di gare per gli appalti pubblici

di lavori e forniture alla luce della normativa comunitaria, op. cit., 1432, ravvisa una differenza tra la legittimazione

ad agire, così come intesa, rispettivamente, nell’ordinamento italiano e in quello comunitario. Secondo l’Autore, il legislatore comunitario, attribuendo la legittimazione ad agire “a chiunque” non solo “abbia” (e, in tal caso, sicuramente l’interesse ad agire risulta attuale e non potenziale), ma anche “abbia avuto interesse all’aggiudicazione” e “sia stato o rischi di essere stato leso a causa di una violazione denunciata”, esprime la sua preferenza per una giurisdizione amministrativa a carattere oggettivo. Infatti, è legittimato ad agire anche chi non abbia interesse

38

tutela cautelare che si sostanzia nell’adozione “di provvedimenti provvisori” presi “con la massima

sollecitudine e con procedure d’urgenza” “intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni

siano causati agli interessi coinvolti”

103

.

La pienezza della tutela giurisdizionale è assicurata, invece, attraverso l’attribuzione all’autorità

giudicante individuata dal singolo Stato membro del potere di annullare gli atti illegittimi

104

adottati

dalle stazioni appaltanti e di accordare “a qualsiasi persona lesa da una violazione”

105

il

risarcimento del danno subito.

La direttiva ricorsi prevede che il risarcimento dei danni possa essere concesso o in seguito

all’annullamento dell’atto illegittimo ex art. 2, par. 5

106

, ovvero indipendentemente

dall’annullamento medesimo in base all’art. 2, par. 6

107

.

4.1. (Segue) Il recepimento della direttiva ricorsi nell’ordinamento italiano.

La direttiva 89/665/CEE è recepita nel nostro ordinamento con la legge 19 febbraio 1992, n. 142

108

e, in particolare, con l’art. 13

109

, dedicato alla tutela giurisdizionale. A differenza delle disposizioni

della direttiva, molto circostanziate, la normativa italiana di recepimento è piuttosto scarna. Difatti,

all’aggiudicazione, ossia colui che intende contrastare le violazioni del diritto comunitario e, dunque, far valere la legittimità delle procedure di gara, piuttosto che soddisfare il personale interesse ad ottenere l’aggiudicazione. Sembra una concezione che, com’è evidente, si distanzia dall’impostazione strutturale di fondo della giustizia amministrativa italiana ispirata al processo di parti e, dunque, avente carattere soggettivo. Tuttavia, osserva l’Autore, probabilmente l’atteggiarsi dell’interesse ad agire nel senso poc’anzi descritto sembra quasi necessario, dal momento che si tratta di una materia in cui è prevalente l’esigenza di assicurare il rispetto delle norme, troppo spesso soggette ad elusione. È ipotesi invero frequente nella materia considerata che la rigida concezione del processo di parti debba piegarsi “alla troppo incombente esigenza di legalità”. In maniera analoga si esprime il XVII° considerando della direttiva 2007/66/CE, per il cui commento si rimanda a M.S.SABBATINI,La direttiva 2007/66/CE sulle procedure di ricorso in materia di appalti pubblici: la trasparenza è anche una questione di termini, in Dir. comm. int., 2008, 147, la quale

specifica che sono “requisiti fondanti della legittimazione ad agire: la personalità dell’interesse, il pregiudizio o danno concreto, effettivo ed attuale o il pregiudizio o danno potenziale”. Per un’analisi più approfondita delle caratteristiche dell’interesse ad agire nella materia de qua si rinvia a quanto sarà spiegato allorquando si discorrerà del rito “super- speciale” e, in particolare, dell’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione alla gara d’appalto.

103 Art. 2, par. 1, lett. a) della direttiva 89/665/CEE, che specifica quali sono i provvedimenti urgenti da adottare,

similmente a quanto già statuito nel V° considerando della medesima direttiva: “compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o l’esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici”.

104 Ai sensi dell’art. 2, par. 1, lett. b) e c) della direttiva 89/665/CEE gli Stati membri devono prevedere poteri che

permettano di “b) annullare o far annullare le decisioni illegittime…”; “c) accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione”.

105 Cfr. nota precedente.

106 Secondo l’art. 2, par. 5, della direttiva 89/665/CEE: “Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento

danni viene domandato a causa di una decisione presa illegalmente, per prima cosa l’organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata”.

107 L’art. 2, par. 6, direttiva cit., invece, afferma: “Inoltre, salvo nel caso in cui una decisione debba essere annullata

prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all’aggiudicazione dell’appalto, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione”.

108 La c.d. legge comunitaria per il 1991.

109 L’art. 12 della L. n. 142 del 1992 attiene, invece, alla tutela non giurisdizionale. Per maggiori dettagli cfr. I.FRANCO,

Il contenzioso in materia di gare per gli appalti pubblici di lavori e forniture alla luce della normativa comunitaria, op. cit., 1433 ss.

39

il legislatore italiano con l’art. 13 L. cit. si è limitato a recepire l’art. 2, co. 1, lett. c) della direttiva

ricorsi, che imponeva agli Stati membri di prevedere una tutela risarcitoria.

Secondo parte della dottrina

110

tale scelta è stata determinata dalla consapevolezza che gli altri

punti della direttiva fossero già attuati nell’ordinamento italiano, dal momento che non sussistevano

dubbi sull’esistenza dei poteri cautelari

111

e di annullamento, entrambi esercitabili dal giudice

amministrativo. Anzi, il potere di annullamento rappresentava il proprium del processo

110 I.FRANCO,Il contenzioso in materia di gare per gli appalti pubblici di lavori e forniture alla luce della normativa

comunitaria, op. cit., 1434 ss.

111 Il sistema italiano di giustizia amministrativa già riconosceva, all’art. 21 L. 6 dicembre 1971, n. 1034 (c.d. L. Tar),

la c.d. “sospensiva”, vale a dire la sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, quale misura cautelare tipica. Avvertono I.FRANCO,op. loc. cit.; G.MONTEDORO, Verso il diritto comunitario europeo degli appalti: spunti di riflessione in tema di effettività della tutela, op. cit., 2117 ss., che l’art. 21 L. Tar era una norma stringata e dalla sua

interpretazione letterale si evinceva che il suo ambito di applicazione fosse limitato alla concessione della sospensiva ai provvedimenti positivi, ossia quelli restrittivi per la sfera giuridica del destinatario. Pertanto, trovavano completa soddisfazione solo i titolari degli interessi legittimi oppositivi. Si deve, dunque, all’opera della dottrina e, soprattutto, della giurisprudenza amministrativa e costituzionale il merito di aver proposto una lettura adeguatrice dell’art. 21 L. Tar che ha consentito di includere nell’ambito applicativo della norma gli atti negativi (corrispondenti agli atti ampliativi della sfera giuridica del destinatario), nonché di accordare una tutela cautelare anche agli interessi legittimi pretensivi. Quest’ultimi, infatti, non risultavano soddisfatti dalla mera sospensione del provvedimento negativo impugnato, ma necessitavano di un comportamento positivo da parte della p.a. Dunque, attraverso una diversa interpretazione della sospensiva che, come osservato da E.FOLLIERI,Giudizio cautelare amministrativo e interessi tutelati, Milano, 1981, 131 ss., non deve essere intesa semplicemente come un divieto di produzione di effetti, ma

come uno strumento di produzione degli effetti medesimi, la giurisprudenza amministrativa si evolve nel senso di sospendere anche gli atti a contenuto negativo e, soprattutto, su spinta della Corte costituzionale (sentenza del 28 giugno 1985, n. 190) si aprono le porte alla misura cautelare atipica. Dunque, attraverso una diversa lettura della sospensiva e, soprattutto, attraverso la valorizzazione dell’effetto conformativo derivante dalla sentenza costitutiva di annullamento, la giurisprudenza amministrativa si spinge ad adottare le c.d. ordinanze cautelari propulsive. Quest’ultime non presentano solo una natura conservativa, come tale idonea a dare completa soddisfazione all’interesse legittimo oppositivo, ma sono finalizzate ad impartire alla p.a. veri e propri ordini da ottemperare in sede di riesame del provvedimento, così da soddisfare anche gli interessi legittimi pretensivi. Si pensi, ad esempio, alla concessione del provvedimento cautelare di ammissione con riserva disposto a seguito delle esclusioni illegittime adottate nel corso delle procedure concorsuali, incluse le procedure ad evidenza pubblica. Tali provvedimenti, riconosciuti dalla giurisprudenza amministrativa da tempo, si differenziano dalla concezione tradizionale della sospensiva, di cui ne rappresentano un’evoluzione, in quanto non si tratta di una misura cautelare che impedisce la produzione di effetti, ma consente al ricorrente di essere ammesso nuovamente a concorrere, per quel che qui interessa, alla procedura di gara per avere una possibilità di vincerla. In tale ultimo caso, la misura cautelare non impedisce la produzione di effetti, al contrario ne consente la produzione in senso favorevole per il ricorrente. È ovvio che la misura cautelare è strumentale al giudizio di merito, dunque la vittoria del concorso o della gara si avrà solo con l’accoglimento del ricorso. In tal modo si assicura anche al titolare dell’interesse legittimo pretensivo la possibilità di godere di una tutela cautelare effettiva. In definitiva, anche se gran parte delle innovazioni, dettate dall’effettività della tutela giurisdizionale, intervenute in tema di tutela cautelare sono addebitabili all’opera della giurisprudenza - che, com’è noto, è comunque soggetta ad oscillazioni e, perciò, non è caratterizzata da quella “stabilità” che caratterizza una disposizione legislativa - si deve dare atto dell’esistenza, seppur con tutti i suoi limiti, di un sistema cautelare nell’ordinamento giuridico italiano al momento del recepimento della direttiva ricorsi. Si comprende, pertanto, la scelta del legislatore italiano di non recepire il paragrafo della direttiva 89/665/CEE dedicato alla tutela cautelare, perché si tratta di strumenti processuali già esistenti nell’ordinamento. Tuttavia, come osservava correttamente F.D’OTTAVI,Il contenzioso in materia di gare per gli appalti di opere pubbliche alla luce della normativa comunitaria, op. cit., 2451, si trattava

comunque di un sistema cautelare legato all’annullamento dell’atto impugnato, in linea con la concezione tradizionale di processo amministrativo come giudizio sull’atto. Pertanto, non si aveva una perfetta corrispondenza con l’art. 2, co. 1, lett. a) della direttiva ricorsi che imponeva al giudice una certa “duttilità che gli consenta di intervenire direttamente sull’amministrazione per poter conformare la fattispecie all’esigenza di giudizialità postulata”. Tuttavia, si potrebbe obiettare, al momento del recepimento della direttiva ricorsi già era in corso un nuovo modo di intendere la tutela cautelare, anche se le innovazioni più importanti sono avvenute gradualmente nel corso del tempo. Per una disamina sull’evoluzione della tutela cautelare ad opera della giurisprudenza costituzionale ed amministrativa cfr., di recente, R. RUSSO,La tutela cautelare, in La giurisprudenza della Corte Costituzionale sul processo amministrativo, a cura di E.

40

amministrativo

112

, che nasce come tipico giudizio cassatorio-demolitorio avente ad oggetto

l’annullamento dell’atto illegittimo

113

.

In un panorama siffatto rappresentava, senza dubbio, una rilevante novità il riconoscimento, ai

sensi dell’art. 13 L. cit., del risarcimento del danno subito dal concorrente pretermesso. Difatti, sino

alla storica sentenza della Corte di Cassazione, a sezioni unite, del 1999

114

, vigeva il dogma

dell’irrisarcibilità dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi

115

.

Pertanto, l’art. 13 L. cit., anche se limitatamente al settore degli appalti pubblici, segnava un

decisivo passo in avanti, in quanto accordando il risarcimento del danno all’impresa-concorrente

pretermessa, titolare della posizione di interesse legittimo pretensivo, riconosceva, prima del 1999,

la risarcibilità dei danni subiti dal titolare della situazione giuridica soggettiva di interesse

legittimo, fino a quel momento considerata irrisarcibile

116

.

112 Chiarisce I.FRANCO,Il contenzioso in materia di gare per gli appalti pubblici di lavori e forniture alla luce della

normativa comunitaria, op. cit., 1435, che non sussiste alcun dubbio sull’esistenza nell’ordinamento italiano del potere

di annullamento degli atti di aggiudicazione e delle altre decisioni adottate dalle amministrazioni aggiudicatrici. “Anzi, il potere di annullamento è il proprium del giudizio amministrativo nel nostro ordinamento, esplicitandosi i poteri del giudice amministrativo principalmente in tal senso, per quanto meno infrequenti siano divenute, in prosieguo di tempo, le sentenze di condanna e quelle di accertamento, ecc.”.

113 Per maggiori dettagli sulla visione tradizionale del processo amministrativo come tipico giudizio cassatorio-

demolitorio in cui “campeggia” l’atto amministrativo cfr. M.NIGRO,Giustizia amministrativa, Bologna, 2002, 237.

Tuttavia, si tratta di una concezione del processo amministrativo, secondo quanto riferisce M.CLARICH,La giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S.CASSESE,Milano, 2000, 1773, superata da tempo a

vantaggio di una diversa visione che considera il sindacato del g.a. non più limitato alla mera verifica della legittimità dell’atto amministrativo, ma capace di spingersi a valutare il rapporto giuridico intercorrente tra il cittadino e la p.a. Come sarà chiarito in seguito, il merito va anche attribuito alla normativa comunitaria in materia di appalti pubblici che ha consentito di ampliare le tecniche di tutela dell’interesse legittimo e, correlativamente, i poteri esercitabili dal g.a., funzionali ad un sindacato a tutto tondo che si estende alla verifica del rapporto dedotto in giudizio. In tal modo, la pretesa del ricorrente può essere soddisfatta nel rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale.

114 Corte di Cassazione, sez. un., 22 luglio 1999, n. 500. Il ragionamento seguito dalla Suprema Corte per abbattere il

dogma dell’irrisarcibilità dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi è anticipato, anni addietro, da E. FOLLIERI,Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, Chieti, 1981, 50 ss.

115 L’irrisarcibilità dei danni per lesione di interessi legittimi rappresentava un orientamento consolidato e costante

della Corte di Cassazione. Cfr., ex multis, Cass., 14 gennaio 1992, n. 367; Id., 3 luglio 1989, n. 3183; Id., 29 marzo 1989, n. 1531. Al contrario, la dottrina era prevalentemente orientata nel senso di riconoscere anche alla situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo la possibilità di ottenere il risarcimento del danno per ingiusta lesione. Cfr., fra gli altri, E. FOLLIERI, Risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, op. cit., 1 ss.; F. MERUSI, L’«ingiustizia amministrativa» in Italia, Bologna, 1986, 24 ss.; F.G.SCOCA,Contributo alla figura dell’interesse legittimo, Milano, 1990, 47 ss.; G.ABBAMONTE,Sulla risarcibilità dei danni da lesione di interessi legittimi: diritto interno e fonti comunitarie, in Studi in memoria di Franco Piga, Milano, 1992, 3 ss. Di contrario avviso era A.M.

SANDULLI,Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1984, 1176 ss., secondo cui il risarcimento del danno doveva

essere accordato solo in caso di lesione di diritti affievoliti e di diritti in attesa di espansione.

116 Cfr. sul punto G.GRECO,La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali

indotti, in Riv. ital. dir. pubbl. com., 2008, 1031, secondo cui “trattandosi inoltre di risarcimento del danno subito dal

concorrente pretermesso – che, presso di noi, è accreditato di una posizione di interesse legittimo (pretensivo) e non di diritto soggettivo -, la cennata disciplina”, ossia quella dettata dalla normativa comunitaria e nazionale di recepimento sul risarcimento del danno, “ha superato per prima le presunte preclusioni dommatiche che esistevano in materia. Ed ha dato un formidabile impulso alla risarcibilità generale degli interessi legittimi”. Sul punto è interessante riportare la posizione espressa da A.ROMANO, Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili sono diritti soggettivi, in Dir. amm., 1998, 1 ss., secondo cui dall’analisi della normativa europea in materia di appalti pubblici si

evince che gli interessi delle imprese sono considerati come “veri e propri diritti soggettivi, e non solo come meri interessi legittimi. E il risarcimento dei danni che derivano dalle loro violazioni, conseguentemente, va valutato come risarcimento da lesione di diritti soggettivi e non di interessi legittimi”. Sulla stessa linea di pensiero sembra porsi G. CLEMENTE DI SAN LUCA, La tutela dell’interesse legittimo dopo la sentenza Cass. SS. UU. 500/1999 e la legge

41

Tuttavia, attenta dottrina

117

, all’indomani dell’emanazione della suddetta disposizione, si è chiesta

se l’art. 13 L. cit. fosse dotato di una vis espansiva, così da risolvere positivamente l’annosa disputa

sul riconoscimento, in via generale, del risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi,

ovvero se il suo ambito di applicazione fosse limitato al processo in materia di appalti pubblici e,

pertanto, si dovesse escludere la portata generale della norma.

Secondo la dottrina appena citata l’art. 13 L. cit. non aveva solo una valenza settoriale, ma si

atteggiava a principio generale ed assolveva ad una funzione di impulso per la soluzione generale

della risarcibilità degli interessi legittimi

118

. Difatti, l’art. 2, co. 1, lett. c) della direttiva del 1989,

recepito in Italia con l’art. 13 L. cit., conteneva un principio molto importante: gli Stati membri

avevano il dovere di accordare il risarcimento dei danni subiti da ogni persona per la violazione

delle norme comunitarie o nazionali di recepimento

119

. Dunque, il diritto comunitario, non

conoscendo la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, accordava il risarcimento del

danno anche a quelle situazioni giuridiche soggettive che nell’ordinamento italiano

corrispondevano agli interessi legittimi. Difatti, il legislatore comunitario mirava a prevedere una

tutela, nel caso di specie risarcitoria, per tutte le situazioni giuridiche soggettive protette dal diritto

comunitario per il solo fatto di aver subito una lesione, indipendentemente dalla loro qualificazione

nel diritto interno

120

.

205/2000, in La tutela dell’interesse legittimo alla luce della nuova disciplina del processo amministrativo, a cura di

G.CLEMENTE DI SAN LUCA, Torino, 2002, 39 ss., secondo cui la ragione della “ontologica irrisarcibilità” della

situazione di interesse legittimo affonda le sue radici “proprio nella (sua) definizione”. Difatti, afferma l’Autore “quando è giuridicamente costruito come interesse legittimo”, “e non come diritto soggettivo, l’interesse al bene della vita non è mai risarcibile in sé”.

117 M.ACONE,Diritto e processo nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva Cee 89/665

alla legge «comunitaria» per il 1991, op. cit., 325 ss.

118 Oltre a M.ACONE,Diritto e processo nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici: dalla direttiva Cee

89/665 alla legge «comunitaria» per il 1991, op. cit., 325 ss., erano di simile avviso G.MORBIDELLI,Note introduttive sulla direttiva ricorsi, op. cit., 829 ss.; G.ABBAMONTE,Sulla risarcibilità dei danni da lesione di interessi legittimi: diritto interno e fonti comunitarie, op. cit., 3 ss.; R.CARANTA,La responsabilità oggettiva dei pubblici poteri per

Outline

Documenti correlati