• Non ci sono risultati.

Le censure di illegittimità costituzionale sollevate in riferimento ai commi 2 e 3 dell’art 19 D.L n 67 del

La formulazione dell’art. 19, co. 2 e 3, D.L. cit. aveva determinato in dottrina e in giurisprudenza

non pochi dubbi in ordine alla compatibilità della norma in esame con l’esercizio del diritto di

azione e di difesa, che si sono concretizzati nella devoluzione della questione di legittimità

costituzionale della disposizione censurata al Giudice delle leggi

266

.

Tuttavia, quest’ultima presenta delle peculiarità, dal momento che il dispositivo va depositato entro sette giorni e la motivazione, che ha “forma abbreviata”, nel termine di ventitré giorni, ossia metà del termine ordinario di deposito. Cfr. più ampiamente R.DE NICTOLIS,Il rito in materia di opere pubbliche: dalla legge Merloni all’art. 19 d.l. n. 67/97, op. cit., 1174.

265 Le caratteristiche appena menzionate hanno spinto S.MENCHINI,Processo amministrativo e tutele giurisdizionali

differenziate, op. cit., 959 ss., a definire il rito in esame “un processo a cognizione superficiale o sommaria”, che dà

luogo a molteplici dubbi di legittimità costituzionale per contrasto con i dettami costituzionali in tema di diritto di azione e di difesa (artt. 3, 24 e 113 Cost.). In primis, a parere dell’Autore, risulta violato il diritto di difesa ex art. 24, co. 1 e 2, Cost., in quanto sono “sottratti alle parti poteri fondamentali, quali quello di proporre motivi aggiunti e, soprattutto, quelli indicati dall’art. 23, quarto comma, L. n. 1034/1971, vale a dire la facoltà di completa articolazione della prova (deposito documenti) e di esauriente svolgimento delle deduzioni e delle argomentazioni sui punti controversi di fatto e di diritto (deposito delle memorie finali)”. In secondo luogo, è violato il combinato disposto degli artt. 3 e 24 Cost., “in quanto la discussione e la decisione immediate, senza che sia preventivamente concesso un termine seppure breve per l’adeguamento e per il completamento delle difese, è disposta discrezionalmente dal giudice, quando la causa appaia a lui matura per la decisione, a prescindere dalla volontà e dalle esigenze difensive delle parti; la mancata predeterminazione legale dei criteri per l’esercizio del potere, controllabili in punto di ragionevolezza anche a livello costituzionale, rimette esclusivamente al tribunale una scelta che ha ripercussioni gravi sulle attribuzioni difensive, consentendo così che, a discrezione del giudice, controversie relative a situazioni soggettive identiche vengano trattate arbitrariamente in modo profondamente diverso tra di loro (ossia, con il processo sommario semplificato di cui al comma 2 dell’art. 19, piuttosto che con quello a cognizione piena di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 dello stesso articolo)”. Osserva ancora l’Autore che il rito accelerato ex art. 19, co. 3, 4, 5 e 6, D.L. cit. è conforme ai principi costituzionali in tema di diritto di azione e di difesa, poiché se da un lato lo scopo acceleratorio è realizzato attraverso la dimidiazione di tutti i termini processuali e si atteggiano diversamente le regole di pubblicazione della sentenza, per quanto concerne la costituzione delle parti e l’attuazione del contraddittorio, i mezzi di prova esperibili, nonché le forme delle fasi istruttoria e decisoria, si applicano le regole ordinarie. Si tratta, dunque, di un “rito speciale a

cognizione piena ed esauriente, alternativo a quello ordinario”. La facoltà riconosciuta alle parti di spiegare

compiutamente le proprie difese, esercitando soprattutto i poteri ex art. 23, co. 4, L. Tar, “essendo l’udienza di discussione in ogni caso differita con l’assegnazione di un esiguo termine”, rende il rito de quo conforme ai principi costituzionali in materia di azione (artt. 3, 24, 113, 125, co. 2, Cost.) perché “è assicurato in maniera esaustiva il diritto di difesa nelle varie fasi (preparatoria, istruttoria e decisoria)”. “Unica perplessità, al riguardo, può essere eventualmente rappresentata dalla congruità del termine di trenta giorni per proporre la domanda”. Sulla stessa linea di pensiero si pone P.SALVATORE,Il contenzioso in tema di lavori pubblici. Le aree problematiche. Le scelte processuali, in Consiglio di Stato, 1999, 633 ss.

266 Il Tar Trentino Alto Adige era stato chiamato a decidere, in sede cautelare, su due ricorsi aventi ad oggetto

l’annullamento di atti di aggiudicazione di appalti di lavori pubblici e, avendo rilevato che in entrambi i casi si trattava di controversie soggette alla particolare disciplina dettata dall’art. 19 D.L. cit., con due ordinanze analoghe 8 gennaio 1998, n. 187 e 188, solleva d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, co. 2 e 3, D.L. n. 67 del 1997, in riferimento agli artt. 3, 24, 103, co. 1, 113 e 125, co. 2, Cost. Ad onore del vero la prima delle due ordinanze affronta ambo le censure, mentre la seconda si sofferma unicamente sulla presunta soppressione della tutela cautelare ex art. 19, co. 2, D.L. n. 67 del 1997. Dunque, nell’ordinanza 8 gennaio 1998, n. 187 il giudice a quo, chiamato a pronunciarsi sull’eccezione di tardività del ricorso, poiché presentato oltre il termine di trenta giorni stabilito dall’art. 19, co. 3, D.L. cit., solleva d’ufficio questione incidentale di legittimità costituzionale del comma in esame per violazione degli artt.

75

Riguardo alla censura sollevata in riferimento all’art. 19, co. 2, D.L. cit., oltre alle suesposte

criticità, il giudice rimettente rileva che il potere attribuito al g.a. di decidere immediatamente il

merito, eliminando di fatto la fase cautelare, sarebbe lesivo del diritto di difesa, “risolvendosi in

una illegittima limitazione del diritto delle parti di richiedere ed ottenere un provvedimento

cautelare”

267

. A parere del giudice a quo si ha uno spostamento dell’impulso processuale in capo

al giudice, in deroga al principio dispositivo, poiché la domanda del ricorrente di adozione di un

provvedimento cautelare si converte, senza una sua espressa richiesta, in una domanda di

trattazione della causa nel merito, “peraltro con una procedura sommaria”

268

. Inoltre, l’illegittima

soppressione, o almeno la grave compressione, della tutela cautelare sarebbe anche in contrasto

con la disposizione della direttiva ricorsi 89/665/CEE che ha imposto ai singoli Stati membri di

prevedere una tutela d’urgenza nell’ambito del rito in materia di appalti pubblici.

Riguardo, invece, alla seconda censura sollevata in riferimento all’art. 19, co. 3, D.L. cit., che

prevede la riduzione a metà di tutti i termini processuali, compreso il termine di decadenza per

proporre il ricorso introduttivo, il giudice a quo ritiene che l’eccessiva brevità del termine comporti

una lesione dell’esercizio del diritto di difesa costituzionalmente garantito (artt. 24, 103, co. 1, 113

e 125, co. 2, Cost.).

Inoltre, la norma censurata si pone altresì in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto la dimidiazione

del termine di proposizione del ricorso principale risulta irragionevole, poiché causa

un’ingiustificata disparità di trattamento sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo. La disparità

di trattamento deriva dall’applicazione del brevissimo termine solo per determinate categorie di

soggetti, ossia i partecipanti alle gare d’appalto e i cittadini espropriati, e solo per specifici

provvedimenti, vale a dire quelli relativi alle gare e quelli espropriativi

269

. Secondo il Tar rimettente

anche in questo caso vi sarebbe un contrasto con le disposizioni della direttiva 89/665/CEE: la

brevità del termine rende oltremodo gravoso l’esercizio del diritto di azione e di difesa, con

3, 24 e 113 Cost., nella parte in cui prevede la dimidiazione di tutti i termini processuali, ivi compreso quello per la notifica del ricorso introduttivo del giudizio che l’art. 21, legge 6 dicembre 1971, n. 1034 aveva fissato in sessanta giorni. Le suddette ordinanze sono commentate da A.TRAVI,Dubbi sulla legittimità del giudizio abbreviato in materia di opere pubbliche, in Urb. e app., 1998, 945 ss.

267 Sono le parole riportate da Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427, attribuibili al giudice rimettente, il quale, secondo

quanto riferito dalla Consulta nella parte in fatto, ritiene che la norma censurata abbia concesso al giudice la facoltà “di superare la fase cautelare anche in assenza di una specifica concorde richiesta delle parti. L’esercizio di questa facoltà, indipendentemente da una previa e specifica fissazione dell’udienza di discussione nel merito del ricorso risulterebbe lesiva del diritto di difesa, garantito dagli artt. 3, 24 e 113 Cost., risolvendosi in una illegittima limitazione del diritto delle parti di richiedere ed ottenere un provvedimento cautelare”.

268 Cfr. anche sul punto M.RAMAJOLI,La tutela cautelare nel contenzioso sulle procedure di affidamento degli appalti

pubblici, op. cit., 932, la quale afferma con fermezza che “non c’è dubbio che l’art. 19 del d.l. n. 67 avesse introdotto

un’ipotesi di cognizione sommaria sostitutiva della tutela cautelare: la norma infatti rimetteva alla discrezionalità del giudice la scelta se pronunciarsi sull’istanza di sospensiva o decidere immediatamente la causa nel merito”.

269 Si tratta di processi che, a parere del Tar rimettente, necessiterebbero più di altri di un tempo adeguato per verificare

la legittimità dell’atto oggetto di impugnazione. E, invece, l’art. 19, co. 3, D.L. cit. prevede addirittura che il termine di notifica del ricorso introduttivo sia dimezzato.

76

conseguente violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale. In tal modo, si viola

anche la direttiva ricorsi 89/665/CEE, che aveva imposto agli Stati membri di prevedere rimedi

rapidi ed efficaci, ossia di rendere la tutela realmente effettiva, per consentire la più ampia

partecipazione degli operatori economici alle gare d’appalto, ergo per assicurare la tutela della

concorrenza

270

.

In definitiva, a parere del giudice a quo le suddette disposizioni sarebbero incostituzionali, in

quanto lederebbero il diritto di difesa e di effettività della tutela giurisdizionale

271

, “sotto i profili

della soppressione della tutela cautelare

272

e della riduzione

273

, oltre i limiti della ragionevolezza,

dei termini processuali”

274

.

4.1. (Segue) La concentrazione della fase cautelare con quella di merito non viola l’esercizio del

diritto di difesa e il principio di effettività della tutela giurisdizionale. La decisione della

Consulta.

La Corte Costituzionale, dopo aver sintetizzato le censure di illegittimità costituzionale sollevate

dal giudice rimettente

275

, espone, con una sentenza interpretativa di rigetto

276

, le ragioni per cui

ritiene entrambe le questioni non fondate.

Riguardo alla prima censura il Giudice delle leggi ritiene che il meccanismo processuale descritto

dall’art. 19, co. 2, D.L. cit. non sia incompatibile con l’esercizio del diritto di difesa e con il

270 Più nello specifico, se la tutela giurisdizionale è resa maggiormente difficoltosa le imprese saranno disincentivate

dal partecipare alle gare d’appalto, sapendo che se dovesse sorgere un contenzioso non esistono rimedi rapidi ed efficaci, tesi a garantire una tutela realmente effettiva. La direttiva 89/665/CEE voleva assicurare alle imprese una tutela effettiva proprio per ampliare la loro partecipazione alle gare d’appalto e realizzare l’obiettivo finale della normativa comunitaria che consiste nella tutela della concorrenza. È ora chiaro che se si viola il principio di effettività, si lede anche la direttiva 89/665/CEE che impone il rispetto di tale principio unitamente alla realizzazione della libertà di concorrenza.

271 Come osserva il giudice rimettente il meccanismo processuale descritto dall’art. 19, co. 2, D.L. si risolverebbe “in

una sostanziale conculcazione della pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale”, dal momento che l’unica strada percorribile “per la parte che non voglia rischiare di vedersi opporre – in sede di trattazione cautelare – una immediata decisione di merito, sarebbe, infatti, la rinuncia alla presentazione dell’istanza di sospensiva”. Tale rinuncia contrasterebbe con il principio di essenzialità della tutela cautelare, considerata essenziale per esercitare compiutamente il diritto di difesa, desumibile dagli artt. 24, 103, co. 1, 113 e 125 Cost. Il principio in esame era già stato considerato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 249 del 1996 che aveva individuato, per la prima volta, il fondamento costituzionale dell’essenzialità ed irrinunciabilità della tutela cautelare nell’art. 24 Cost. Cfr. sul punto F.DELLA VALLE,Il rito abbreviato degli appalti supera il vaglio di costituzionalità, in Urb. e app., 1999, 1297.

272 Tale censura è mossa in riferimento all’art. 19, co. 2, D.L. n. 67 del 1997.

273 Censura avente ad oggetto il comma 3 della norma assoggettata al sindacato di costituzionalità. 274 Cfr., testualmente, Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427.

275 Esposte nel paragrafo precedente.

276 Si tratta della celebre sentenza Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427, commentata fra gli altri da A.ROMANO,

Sulla dimidiazione dei termini processuali in materia di opere pubbliche, in Foro it., 2000, 746 ss.; L.D’EVOLI,Il tempo e il processo amministrativo: il caso del rito speciale dell’appalto di opere pubbliche, in Giorn. dir. amm., 2000,

240 ss.; F.DELLA VALLE,Il rito abbreviato degli appalti supera il vaglio di costituzionalità, op. cit., 1293 ss.; G.

CALDERONI, Rito speciale per le opere pubbliche e “giusto processo” amministrativo, in Riv. trim. app., 1999, 716 ss.;V.SALAMONE,Orientamenti giurisprudenziali sul rito abbreviato dell’art. 19 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, in www.diritto.it.

77

principio di effettività della tutela giurisdizionale, in quanto il g.a. potrà definire immediatamente

la causa nel merito, non discrezionalmente, ma quando siano rispettate tutte le condizioni che

consentano al giudice di adottare una sentenza definitiva, preceduta da un’analisi approfondita delle

questioni di merito e che sia permesso alle parti di spiegare al meglio le proprie difese

277

. Qualora

tali presupposti non dovessero sussistere, allora il giudice dovrà pronunciarsi sulla domanda

cautelare, non potendo procedere alla definizione immediata del merito

278

.

Alla luce di tali considerazioni, a parere della Consulta, non vi è un’obliterazione della tutela

cautelare, in quanto quest’ultima è resa superflua “da una tutela ancora più piena ed immediata”

279

.

Difatti, l’immediata definizione della lite nel merito con una sentenza definitiva supera la necessità

di predisporre una tutela cautelare, attesa l’immediatezza e la pienezza assicurate dalla tutela di

merito.

Sul punto parte della dottrina

280

si mostra scettica, poiché se non vi è alcun dubbio

sull’immediatezza della tutela, molteplici perplessità sorgono sul carattere della pienezza: la

ragionevole durata del processo, dunque, le esigenze di celerità, determinano una compressione

dell’esercizio del diritto di difesa delle parti.

Inoltre, continua la Consulta, non vi è una violazione del principio dispositivo e una concentrazione

dell’impulso processuale in capo al giudice, in quanto nel processo amministrativo è fatto divieto

al ricorrente di proporre la sola domanda cautelare, dovendo quest’ultima, per il suo carattere

ancillare e strumentale

281

, “seguire o accompagnare un ricorso per una decisione definitiva della

277 Chiarisce Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427, che il legislatore con l’art. 19 ha tipizzato “un nuovo modello di

sentenza (definitiva del giudizio) in forma abbreviata sia per la motivazione, sia per i termini di deposito e pubblicazione del dispositivo (sette giorni)” sia perché sostitutiva dell’ordinanza cautelare. Tuttavia, non si tratta di una sentenza che il g.a. può adottare discrezionalmente o senza valutazioni, ma, pur avendo forma abbreviata, devono sussistere le condizioni necessarie per l’emanazione di un’ordinaria sentenza che definisce il giudizio, “come l’integrità del contraddittorio, la completezza delle prove necessarie per la pronuncia che deve essere emessa e gli adempimenti processuali previsti anche per la tutela del diritto di difesa di tutte le parti”. Di conseguenza, “presupposto della sentenza in forma abbreviata…è che si tratti, nelle particolari materie indicate dalla legge, di questioni definibili immediatamente e quindi solo in queste ipotesi vi è una alternatività rispetto alla pronuncia sulla domanda di sospensione, che rimane quindi superata ed assorbita dalla definizione della lite, che assicura, come decisione finale, una effettività e completezza di tutela giurisdizionale, con esercizio dello stesso potere di cognizione del giudizio ordinario”.

278 L’alternatività tra la trattazione della fase cautelare e l’immediata definizione del merito della controversia viene

meno e, dunque, il giudice è necessitato a pronunciarsi sull’istanza cautelare, qualora non si tratti di questioni definibili immediatamente e non sono state rispettate le condizioni che precedono l’adozione di una sentenza definitiva quali l’integrità del contraddittorio e la possibilità per le parti di articolare appieno la prova e, dunque, di utilizzare gli ordinari poteri difensivi.

279 Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427.

280 M.RAMAJOLI,La tutela cautelare nel contenzioso sulle procedure di affidamento degli appalti pubblici, op. cit.,

932, In senso analogo si esprime S.MENCHINI,Processo amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, op. cit.,

959 ss., il quale, come chiarito in precedenza, ha definito il rito in esame “un processo a cognizione superficiale o

sommaria”, che non consente alle parti di utilizzare gli ordinari poteri difensivi. Contra F.DELLA VALLE,Il rito abbreviato degli appalti supera il vaglio di costituzionalità, op. cit., 1299 ss. che si allinea alle conclusioni a cui è

giunta la Consulta.

78

lite”

282

. Dunque, la sentenza che viene emanata in sostituzione del provvedimento cautelare, anche

se in forma abbreviata, presenta tutte le caratteristiche di un’ordinaria sentenza, dal momento che

è preceduta da una cognizione piena e non da una “procedura sommaria”.

La Corte conclude sostenendo che “ogni procedimento giurisdizionale, che assicuri con la

definizione della lite la immediata ed effettiva tutela definitiva, in tempi sostanzialmente

equivalenti ad un intervento cautelare ed interinale del giudice, rende superflua e assorbe la fase

della sospensiva, superando, dal punto di vista temporale e degli effetti, l’adozione di

provvedimenti provvisori e cautelari”

283

.

4.1.1. (Segue) La compatibilità costituzionale del dimezzamento del termine di notifica del

ricorso introduttivo di primo grado.

Per quanto concerne, invece, la seconda censura sollevata dal giudice rimettente la Consulta ritiene

che la dimidiazione del termine di decadenza per la proposizione del ricorso introduttivo non violi

l’art. 3 Cost., in quanto l’art. 19 D.L. cit. detta una disciplina processuale derogatoria rispetto al

rito ordinario, ove l’esigenza di assicurare la rapidità nella definizione delle controversie è

maggiormente avvertita rispetto ad altri settori dell’ordinamento giuridico. Pertanto, la deroga al

regime ordinario è giustificata dalla diversità e peculiarità della materia.

Dunque, non sussiste un’ingiustificata disparità di trattamento, in quanto è riconosciuta al

legislatore la facoltà, in relazione a determinati settori in cui le esigenze di celerità assurgono ad

interessi pubblici primari, di velocizzare la procedura anche accelerando il termine di proposizione

del ricorso principale, sempre nel rispetto dei canoni della congruità e ragionevolezza del termine

medesimo

284

.

In definitiva, secondo la Consulta il termine oggetto di sindacato non è irragionevole, dal momento

che non sussiste la presunta disparità di trattamento e non esiste un principio generale “che imponga

l’identità dei termini processuali, potendo questi essere differenziati secondo la tipologia delle

azioni fatte valere”

285

.

282 Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427. 283 Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427.

284 La Corte specifica che la disparità di trattamento sussisterebbe se le due situazioni poste a confronto fossero di

identico contenuto, tuttavia, nel caso di specie, la deroga al regime ordinario si giustifica proprio sulla diversità delle situazioni comparate. In altri termini, l’art. 19 D.L. cit. disciplina un rito speciale ove l’esigenza di assicurare la rapidità nella definizione delle controversie è maggiormente avvertita rispetto ad altri settori dell’ordinamento giuridico. È proprio questa forte esigenza di celerità a rendere la disciplina in esame diversa e peculiare e, dunque, anche le regole processuali applicabili al rito de quo devono essere caratterizzate da una maggiore “velocità” rispetto a quelle relative al rito ordinario. In altri termini, è “la diversità e peculiarità della materia” a giustificare “la deroga al regime ordinario del processo”. Cfr. ancora sul punto Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427.

285 Corte Cost., 10 novembre 1999, n. 427. È infatti orientamento consolidato e confermato di recente dalla Consulta

che in tema di istituti processuali e, dunque, per quel che qui interessa, riguardo alla fissazione della durata del termine di decadenza, il legislatore gode di un’ampia discrezionalità, purché le scelte compiute siano ragionevoli. Dunque, l’affermazione della Corte secondo cui non esiste un principio generale che importi l’identità dei termini processuali

79

Inoltre, la Corte Costituzionale confuta la tesi sostenuta dal giudice rimettente secondo cui il breve

termine di notifica del ricorso introduttivo è incompatibile con l’esercizio del diritto di difesa

garantito agli artt. 24 e 113 Cost.

La Corte parte da una premessa: il termine di decadenza di trenta giorni per la proposizione del

ricorso introduttivo nel processo in materia di appalti pubblici non viola il diritto di difesa

costituzionalmente garantito, “poiché non implica modalità di esercizio dell’azione così gravose

da rendere impossibile od estremamente difficile l’esercizio della difesa e lo svolgimento della

connessa attività processuale”.

Tale premessa viene giustificata sulla base di un doppio ordine di argomentazioni

286

. In primo

luogo, la Corte osserva che nel nostro ordinamento esistono numerose leggi che, per determinati

settori caratterizzati da particolari esigenze di celerità nella risoluzione del contenzioso, prevedono

un termine di notifica del ricorso principale pari a trenta giorni, ovvero il dimezzamento di tutti i

termini processuali. In secondo luogo, richiamando un consolidato orientamento

giurisprudenziale

287

, chiarisce che per verificare se effettivamente il termine oggetto di sindacato

renda difficile l’esercizio del diritto di azione e di difesa bisogna considerare anche la funzione

assegnata al termine medesimo dall’ordinamento giuridico

288

.

Outline

Documenti correlati