4. ANALISI BOZZA DEI PIV
4.1 Analisi della bozza dei PIV
La prima grande differenza che emerge da un confronto tra la bozza ed il testo definitivo dei PIV è la presenza nel secondo del principio I.1.2: nella pubblicazione dei PIV si è ritenuto necessario esplicitare il fatto di non dover sotto o sovrastimare il risultato della valutazione e di distinguere i concetti di esercizio dello spirito critico e dell’avversione al rischio dalla prudenza.
Non si ravvisano differenze sostanziali fino al principio I.4, che tratta delle tipologie di incarico: riguardo alla valutazione (nei PIV si parla di valutazione e parere valutativo, nella bozza di valutazione piena e valutazione limitata) il commento al principio del testo definitivo è molto più corposo. Esso infatti contiene precisazioni relative alla base informativa, un livello di dettagli leggermente più alto nell’elencazione dei punti essenziali dell’analisi fondamentale ed altre puntualizzazioni riguardo l’intero processo valutativo98. Nella bozza manca inoltre una descrizione nel commento del parere valutativo (chiamato valutazione limitata) del quale ci si limita a fornire una definizione. Nei PIV, invece, oltre alla definizione vengono riportate diverse fattispecie esemplificative di ciò che è un parere valutativo (successivamente si trova un principio ad esso dedicato, comunque meno puntuale di quello presente nel testo dei PIV). Rientrano nel principio relativo alle valutazioni limitate anche gli incarichi di calculation engagement, che invece nel testo definitivo hanno un principio dedicato. Nel principio riguardante i pareri di congruità, nella bozza non si fa menzione della possibilità per l’esperto di pronunciare un giudizio di merito o di metodo; mancano inoltre la precisazione della modalità di svolgimento di tale incarico (ovvero a ritroso
97 La bozza dei PIV è reperibile sul sito dell’OIV (http://www.fondazioneoiv.it/it/documenti-in-
progress/exposure-draft)
rispetto alla valutazione) e il richiamo al fatto che spesso svolgendo un incarico di parere di congruità si perviene ad un parere valutativo. Infine, per quanto riguarda l’ultima tipologia di incarico, ovvero il parere di congruità, nel testo si è sentito il bisogno di esplicitare maggiormente alcune delle caratteristiche di quel tipo di lavoro: nella bozza, infatti, manca il richiamo allo svolgimento del lavoro che deve essere effettuato tenendo conto delle finalità e dell’oggetto della valutazione originaria, delle informazioni disponibili alla data della valutazione e al fatto che la revisione deve svolgersi utilizzando tecniche ragionevolmente conoscibili in tale data.
Passando al principio I.5.499, che tratta della classificazione degli input informativi e delle eventuali limitazioni, si segnala un’aggiunta apportata nel testo definitivo: la novità rispetto alla bozza è la distinzione tra limitazioni e limitazioni gravi alla base informativa (le prime portano alla formazione di un parere valutativo, le seconde impongono all’esperto di rinunciare al mandato), probabilmente anche a causa dell’utilizzo (nella bozza) della valutazione limitata in luogo del parere valutativo. Anche l’ultima parte relativa alla base informativa ha subito delle variazioni: sono stati accorpati i principi I.5.8 e I.5.9 della bozza (confluiti nel solo principio I.5.8100 del testo definitivo) e sono stati corredati di commento, che non era presente. Il commento ribadisce l’obbligo per l’esperto di spiegare perché non ha potuto utilizzare uno dei tipi di informazione.
Il principio I.6.2 e i successivi101 presentano a loro volta delle differenze. Nella bozza infatti, nell’elenco delle configurazioni di valore, viene riportato anche il valore intrinseco (o fondamentale) che nel testo definitivo si è deciso di lasciare fuori, per dedicargli un principio a parte (il I.6.8). nella bozza, inoltre, il commento dedicato a questa particolare configurazione di valore è meno puntuale rispetto a quello presente nei PIV: mancano precisazioni come il fatto che il valore intrinseco non considera sinergie e riflette la realtà operativa del bene oggetto di valutazione, che è funzione della capacità di reddito corrente, che non include premi o sconti. Per le altre configurazioni di valore non si riscontrano particolari differenze fino alla fine del principio I.6: nella bozza, infatti, manca totalmente una descrizione delle configurazioni di valore in caso di valutazione delle passività (elencate invece nel testo definitivo al
99 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 21 100 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 24 101 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 27-36
principio I.6.9). Sono state inoltre fatte delle scelte diverse nella distinzione tra valori soggettivi e oggettivi e tra valore in atto e valore potenziale: nella bozza era presente un principio “introduttivo” che riportava un’elencazione di queste quattro tipologie di valore, eliminato poi nel testo definitivo, nel quale si è preferito descriverle direttamente. Nel testo definitivo è stato deciso di introdurre un principio totalmente mancante nella bozza (il I.6.12) riguardante il valore normale (di mercato) delle attività.
Nelle prospettive di valutazione, parlando dei partecipanti al mercato, nei PIV si è persa una rigorosa definizione di questi soggetti, poiché nella bozza erano riportate le definizioni degli IVS e degli IFRS, mentre nel testo definitivo essi vengono individuati senza ricorrere a definizioni di altri testi.
Per quanto riguarda il principio relativo alla data di riferimento della valutazione, nel testo definitivo dei PIV è stato introdotto il principio I.8.2102 (mancante nella bozza) che prende in considerazione l’eventualità di comprendere nella stima anche degli eventi successivi alla data della valutazione: ciò è possibile solo nel caso in cui la configurazione di valore utilizzata sia il valore di mercato e se è dimostrabile che tali eventi potevano essere considerati anche alla data della valutazione, con adeguata cura e diligenza. Un’altra aggiunta che è stata fatta riguarda il commento del principio riguardante valutazioni contemporanee e retrospettive: nel testo viene puntualizzata l’impossibilità, nelle valutazioni retrospettive, di far uso della conoscenza degli eventi successivi. Anche l’ultimo principio riguardante la data di riferimento della valutazione presenta alcune differenze: manca anche in questo caso, nella bozza, il riferimento alla differenza tra valutazione e parere valutativo in caso di informazioni limitate disponibili all’esperto e, come già visto in precedenza, l’obbligo di rinuncia all’incarico nel caso di limitazioni gravi della base informativa.
Nella gestione del successivo principio, OIV ha operato scelte differenti tra la bozza e il testo definitivo: nella prima, infatti, il principio I.9 parla dei presupposti della valutazione (presentando le differenze tra la valutazione di un’attività nella logica di continuazione, o going concern, e la valutazione di un’attività in liquidazione) mentre nel secondo si trova il principio riguardante l’unità di valutazione e aggregazione di attività. Il principio presente nella bozza non è stato eliminato o fatto confluire in altri principi, bensì è stato spostato dal conceptual framework alla parte terza (quella che è
titolata “principi per le specifiche attività”), probabilmente perché gli autori hanno ritenuto più corretto riportare questo tipo di linea guida in una sezione del testo dedicata più specificamente alla valutazione di azienda piuttosto che in una dal carattere più generale. In ogni caso, il contenuto del principio e dei relativi commenti è rimasto sostanzialmente immutato nel passaggio dalla bozza ai PIV.
Un’altra differenza è riscontrabile nell’introduzione alle diverse metodiche di valutazione: nella bozza non viene puntualizzato che esse non sono neutrali rispetto al risultato della stima e che l’esperto deve quindi spiegare perché non ha fatto uso di una o due di esse. Anche il commento al successivo principio è una novità che è stata introdotta nel testo definitivo: anche in questo caso l’aggiunta che si trova riguarda la non neutralità rispetto alla stima (in questo caso dei criteri di valutazione collegati alle metodiche) ed è nuovamente presente l’esortazione nei confronti dell’esperto affinché motivi le proprie scelte103. Entrando nello specifico della disciplina della metodica di mercato, è stato deciso di accorpare i primi due principi in uno soltanto; è stata cambiata anche la terza condizione che rende consigliabile l’utilizzo della metodica presa in esame, che nel testo definitivo dice che non devono essere riconosciuti nel prezzo valori o sinergie speciali (mentre nella bozza si chiedeva che il mercato esprimesse indicazioni ritenute coerenti con la configurazione di valore ritenuta rilevante). Trattando, sempre nell’ambito della metodica di mercato, la possibilità che ha l’esperto di ricondurre l’unità di valutazione a quella da lui utilizzata tramite l’applicazione di premi e sconti, alla fine del principio vengono riportate tre condizioni necessarie affinché ciò possa accadere. Nella bozza esse sono soltanto due, ma probabilmente si tratta soltanto di una dimenticanza, poiché anche in tale testo si premette che le condizioni sono tre.
L’unico e breve principio riguardante la seconda metodica elencata, quella dei risultati attesi, nel testo definitivo è stato integrato con una premessa contenuta nel commento, precisando che “la logica alla base della prospettiva adottata con questa metodica è
che nessun operatore razionale riconoscerebbe ad un’attività un valore significativamente diverso da quello recuperabile attraverso l’uso o l’investimento nell’attività stessa e quindi dal valore attuale dei risultati attesi dal detenere l’attività”104.
103 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 50-51 104 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 55
Il primo principio relativo alla metodica del costo, nel testo definitivo, è stato ampliato in maniera analoga a quanto fatto con la metodica dei risultati attesi. Anche in questo caso, infatti, è presente una premessa nel commento: “la logica alla base della
prospettiva adottata con questa metodica è che nessun operatore razionale riconoscerebbe ad un’attività un valore significativamente diverso dal costo di sostituzione dell’attività con un’altra in grado di garantire la medesima utilità”105. In
riferimento alle due accezioni di costo riportate nei PIV (costo di riproduzione e costo di sostituzione) rispetto alla bozza è stato ampliato il commento, con un riferimento all’incentivo imprenditoriale (che deve essere considerato nel criterio del costo quando riferito ad attività in grado di trasferire un vantaggio competitivo). Infine, elencando i tre tipi di obsolescenza cui sono soggette le attività (economica, fisica e funzionale), con riguardo alla prima si nota che sono stati modificati gli esempi di tale forma di obsolescenza.
Il commento riguardante il primo principio di premi e sconti, invece, è stato sintetizzato nel testo definitivo rispetto alla bozza, poiché è stato eliminato il paragrafo che descriveva la natura del cosiddetto prezzo fattibile, citato nel principio. Per il resto è rimasto tutto molto simile, con i riferimenti all’utilizzo di premi e sconti per rimediare ad incompletezze nella base informativa e al non confondere questo tipo di rettifiche con i premi per il rischio. Nei PIV sono poi stati inseriti due principi relativi a questo argomento, prima mancanti: si parla sia della possibilità per l’esperto (in casi eccezionali) di utilizzare premi e sconti per considerare nella stima determinati profili di rischio (solo quando non c’è altro modo per metterli in evidenza) sia del fatto che talvolta gli sconti possono essere utilizzati per stimare il valore di liquidazione forzata di un’attività, partendo da quello di liquidazione ordinaria106.
Passando ai principi che disciplinano i tassi di sconto nelle valutazioni, lo schema è stato mantenuto sostanzialmente invariato. Nel primo principio è stata fatta una puntualizzazione aggiuntiva: i tassi di sconto non sono utili soltanto nelle valutazioni che utilizzano la metodica dei risultati attesi, ma forniscono indicazioni importanti anche nelle altre valutazioni. Questo poiché il tasso di sconto esprime il tasso interno di rendimento di un investimento che assuma il valore stimato con la metodica del mercato o del costo come prezzo di acquisto dell’attività e un orizzonte di investimento
105 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 56 106 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 59-60
adeguato. Un’altra piccola differenza si può ritrovare nell’esposizione dei metodi per incorporare il price of risk nel valore attuale (il RAD e il DCE): nel commento è stato aggiunto un paragrafo che riporta l’esempio del metodo usato solitamente nella valutazione di titoli obbligazionari soggetti al rischio di insolvenza.