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Stima dei tassi di capitalizzazione/attualizzazione

5. COSA MANCA AI PIV

5.6 Stima dei tassi di capitalizzazione/attualizzazione

PIV

I Principi Italiani di Valutazione affrontano il tema dei tassi di attualizzazione per la prima volta nel conceptual framework, quando viene preso in considerazione l’argomento dei metodi e modelli per l’attualizzazione aggiustata per il rischio: il principio I.21.2 sostiene che un flusso di cassa rischioso si valuti scontando il valore atteso di tale flusso per un tasso, opportunamente aggiustato per il rischio157. Il metodo subito proposto dai PIV è il Capital Asset Pricing Model (CAPM). I PIV definiscono questo modello come capace di definire una misura di rischio sistematico (tipologia di rischio non eliminabile con la diversificazione del portafoglio) e dei premi per il rischio proporzionali al rischio sistematico. Queste assunzioni trovano applicazione nella formula, chiamata nei PIV equazione della SML (Security Market Line)158:

𝑟𝑣 = 𝑟𝑓+ 𝛽 ∙ 𝐸𝑅𝑃

In cui:

 𝑟𝑓 = tasso privo di rischio (risk free)

 𝐸𝑅𝑃 = 𝑟𝑀− 𝑟𝑓 = premio per il rischio del portafoglio di mercato  𝑟𝑀 = rendimento atteso del portafoglio di mercato

 𝛽 = misura del rischio sistematico caratteristica del cash flow da valutare

157 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 74 158 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 75

Subito dopo, viene fornito dai PIV uno dei metodi per il calcolo del beta, espresso in questa sede da una formula contenente grandezze statistiche. La formula viene riportata di seguito159:

𝛽 = 𝜌 𝜎 𝜎𝑀

Con:

 ρ = coefficiente di correlazione tra rendimento dell’attività e il rendimento del portafoglio di mercato

 σ = deviazione standard del rendimento (volatilità) dell’attività da valutare  σM = deviazione standard del rendimento (volatilità) del portafoglio di mercato

Alla luce di quanto emerge dalle formule, è possibile quindi evidenziare il rapporto di proporzionalità esistente tra il premio per il rischio del portafoglio di mercato e il rischio sistematico. L’ulteriore precisazione che i PIV si preoccupano di fornire in questo principio è che tutte le grandezze riportate nelle formule sopra descritte vanno desunte dal mercato (quindi sarà compito dell’esperto scegliere le modalità più opportune per farlo, motivando le proprie scelte).

Nei PIV si torna a parlare di CAPM nella parte terza, in particolare nel principio III.1.44, nel quale si ribadisce che il CAPM è il modello più utilizzato per il calcolo del costo del capitale proprio160 (grandezza essenziale per poter sviluppare le formule previste dai vari criteri di valutazione). In breve, si fanno presenti alcuni limiti di questo modello: esso si fonda sull’assunto di avere un portafoglio di investimenti diversificato (e ciò non si verifica sempre); si riscontrano limiti anche nelle aziende di piccole dimensioni e in quelle con scarsa creazione di valore (limiti ai quali si è tentato di porre rimedio tramite l’elaborazione di modelli differenti dal CAPM). Nonostante questi difetti siano riconosciuti, si ribadisce la centralità del CAPM per il calcolo del costo dei mezzi propri e il fatto che l’abbandono di questo modello in favore di uno alternativo toglie oggettività (e di conseguenza credibilità) alla valutazione nel suo complesso. Affinché l’applicazione del modello CAPM risulti corretta ed il più possibile attendibile, occorre prestare moltissima attenzione alla scelta delle grandezze dei parametri da inserire nella formula di applicazione. I PIV, a questo proposito,

159 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 75 160 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 160

evidenziano tre problemi che si pongono di fronte all’esperto nella quasi totalità dei casi161:

 includere il rischio paese in una delle tre grandezze (tasso privo di rischio, tasso di rendimento del mercato o coefficiente beta

 selezionare in maniera opportuna il market risk premium e bilanciare la sua grandezza con quella del tasso free risk (essi infatti non sono indipendenti, generalmente all’aumentare dell’uno corrisponde la flessione dell’altro)

 definire un coefficiente beta (che, si ricorda, è la misura del rischio sistematico) appropriato

Relativamente all’ultimo problema, quello del beta, si fa presente che esso può essere calcolato facendo riferimento a valori con dimensione temporale differente (rendimenti giornalieri, settimanali, mensili) e ad indici nazionali, europei o globali. Un punto cruciale nel calcolo del beta è quello della conversione del beta unlevered in beta levered (e viceversa): questo tipo di esigenza si manifesta generalmente quando bisogna calcolare il coefficiente beta relativo alle società non quotate. Il processo (che non è trattato dai PIV) consiste in diverse fasi:

 individuazione di società comparabili quotate

 individuazione dei beta levered e dei coefficienti di indebitamento di queste società comparabili

 calcolo del beta unlevered di ogni società  calcolo di un beta unlevered medio

 processo di relevering (a partire dal beta medio unlevered, inserendo nella formula il coefficiente di indebitamento dell’azienda oggetto di valutazione)

Di tutto questo processo, i PIV riportano soltanto la formula necessaria ad effettuare il processo di relevering, chiamata formula di Hamada162:

𝛽𝑙 = 𝛽𝑢[1 + (1 − 𝑇)𝐷 𝐸]

161 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 161 162 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 162

Con:

 𝛽𝑙 = beta levered  𝛽𝑢 = beta unlevered

 T = aliquota relativa alla deducibilità fiscale degli oneri finanziari  D = valore di mercato dell’indebitamento

 E = valore di mercato dei mezzi propri

È infine possibile, una volta calcolato il costo del capitale proprio tramite la formula del CAPM, questo venga maggiorato di un ulteriore coefficiente, comprensivo del rischio specifico (posto che il rischio specifico non sia già stato inglobato nel calcolo dei flussi attesi). I PIV riportano un elenco di tutti gli elementi che possono influire nella considerazione del rischio specifico, riassunti nella seguente tabella163:

Rischi competitivi  Livello di competizione in aumento  Basse barriere all’entrata

 Possibili guerre di prezzi

 Recente entrata di nuovi concorrenti

 Possibili modifiche di contesto regolamentare  Possibile lancio di prodotti sostitutivi

Rischi di business  Quote di mercato in diminuzione

 Pronunciata volatilità dei risultati storici

 Trend dei flussi futuri non in linea con l’andamento di quelli storici

 Rilevanti progetti di crescita legati al lancio di nuovi prodotti, entrata in nuovi business o aree geografiche  Sostenibilità di strategie di pricing o riduzione di costi  Base di clientela concentrata

 Dipendenza da fornitori chiave

 Ridotte dimensioni rispetto al leader di mercato Rischi tecnici  Qualità del processo di planning

 Scostamenti fra dati consuntivi e prospettici

 Proiezione di tassi postivi di crescita del fatturato durante

l’intero periodo di previsione di cui non vi è riscontro nel recente passato o nelle attese di fondi indipendenti

 Proiezione di marginalità in crescita durante l’intero periodo di previsione

 Utilizzo di saggi di crescita nel valore terminale g elevati  Mancanza di dati su concorrenti e società comparabili

Tab.6

Non esiste invece nei PIV un vero e proprio modello per il calcolo del costo medio ponderato del capitale (WACC). Ci si limita a sostenere che per calcolarlo occorre individuare con la massima precisione possibile la struttura finanziaria che è sostenibile prospetticamente. Colpisce, quindi, la mancanza di un modello per effettuare questo calcolo, per il quale si auspicherebbe, quantomeno, una formula.

NUOVO TRATTATO

Il Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende introduce il CAPM definendolo come il modello teorico che trova maggiore consenso ed ampia applicazione per la stima del costo del capitale164. Questo modello, infatti, è uno dei più semplici da utilizzare e fornisce risultati sostanzialmente stabili nel tempo. Sul tema dell’affidabilità occorre fare una precisazione: il CAPM non fornisce una misura precisa del costo del capitale (i riscontri empirici dei dati ottenuti col CAPM infatti non sono sempre precisi) anche a causa della soggettività che pervade il modello (prevalentemente nella fase della scelta dei parametri, in cui le decisioni dell’esperto possono fare la differenza) che può portare a risultati anche abbastanza differenti tra calcoli svolti da soggetti diversi. Detto ciò, il CAPM è quindi affidabile perché è in grado di definire un range di valori ragionevole, condiviso ed accettabile entro cui ricade la stima del costo del capitale. Nel Nuovo Trattato è presente inoltre un breve ed efficace inquadramento del modello165:

“il CAPM è un modello statico, lineare e monofattoriale, che fa discendere il costo

opportunità del capitale dall’esposizione dell’impresa al rischio di mercato finanziario, misurata dal coefficiente beta. Il messaggio centrale della teoria del CAPM è che solo i fattori di rischio che co-variano con le fonti di rischio sistematico influenzano il costo del capitale”.

164 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 310 165 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 311

Fatte queste dovute premesse, inizia la trattazione vera e propria del modello. La formula di partenza del CAPM per il Nuovo Trattato è la seguente166:

𝐸(𝑅𝑗) = 𝑅𝑓+ [𝐸(𝑅𝑚) − 𝑅𝑓] 𝑥 𝛽𝑗

Con:

 𝐸(𝑅𝑚) = rendimento atteso dell’indice di mercato azionario  𝑅𝑓 = tasso privo di rischio

 𝛽𝑗 = coefficiente beta =

𝜌

𝑗,𝑚 𝜎𝑗

𝜎𝑚

Questa relazione può essere vista sotto la lente di due approcci diversi che, quindi, possono portare a risultati anche significativamente differenti: è possibile infatti attuare il CAPM mediante la stima diretta del premio per il rischio azionario (ERP) o mediante la stima diretta del rendimento del mercato azionario (Rm).

1) CAPM con stima del premio per il rischio del mercato azionario

La prima differenza sostanziale si riscontra nella formula, che rispetto a quella di partenza diventa167:

𝐸(𝑅𝑗) = 𝑅𝑓+ 𝐸𝑅𝑃 𝑥 𝛽𝑗

Con ERP = premio per il rischio di mercato azionario (Rm – Rf).

Si nota a primo impatto l’assenza della grandezza espressiva del rendimento atteso del mercato azionario; il costo del capitale proprio è quindi il risultato della somma tra il tasso privo di rischio e il premio per il rischio di mercato, opportunamente aggiustato per comprendere nel calcolo il rischio sistematico dell’impresa oggetto di valutazione (tramite il beta).

Il limite principale che si riconosce a questa variante del metodo è quello, perdendo la stima del valore atteso del rendimento del mercato azionario (l’ERP viene calcolato in via autonoma, spesso andando a considerare delle serie storiche) di considerare l’ERP e il tasso privo di rischio come due elementi non collegati e non correlati tra loro.

166 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 312 167 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 312

2) CAPM con stima del rendimento atteso del mercato azionario

Seguendo questo secondo approccio, la formula di base del CAPM vista in apertura di paragrafo assume la seguente configurazione168:

𝐸(𝑅𝑗) = 𝑅𝑓 𝑥 (1 − 𝛽𝑗) + 𝐸(𝑅𝑚) 𝑥 𝛽𝑗

In questo caso il rendimento dell’attività da valutare è espresso come risultato di una media ponderata fra il tasso privo di rischio e il rendimento atteso del mercato azionario, utilizzando il beta come coefficiente di ponderazione. Ciò che emerge dalla visione della formula è una particolarità: per i titoli che hanno beta uguale all’unità, il tasso privo di rischio scompare dall’equazione. Si ha, infatti,169

𝐸(𝑅𝑗) = 𝐸(𝑅𝑚)

L’utilizzo di questo tipo di approccio porta a due considerazioni principali rispetto all’altro approccio proposto170:

 Il costo che si ottiene come risultato è più stabile di quello che si ottiene con la formula derivante dal CAPM con stima autonoma dell’ERP

 Se il beta è diverso da uno, il costo che si ottiene è più basso in caso di rialzi del tasso privo di rischio e più alto in caso di flessioni di quest’ultimo

In conclusione, non c’è un criterio oggettivo per poter definire uno dei due approcci migliore rispetto all’altro. Quello che emerge con certezza è soltanto la grande differenza di risultati cui si può pervenire utilizzando l’uno o l’altro, quindi spetta all’esperto decidere l’utilizzo di quello che ritiene più opportuno.

L’unico modello che si ritiene valido, alternativo al CAPM, è il cosiddetto modello di

Fama e French, nonostante si premetta fin da principio che anch’esso soffre di alcuni

limiti, in particolare171:

 I fattori esplicativi del premio per il rischio risentono di instabilità nel tempo  Se le imprese oggetto di valutazione sono di piccola dimensione, la distribuzione

del costo del capitale risulta dispersa

168 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 315 169 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 315 170 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 316 171 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 317

Il modello di Fama e French parte dal presupposto che le imprese di piccola dimensione e quelle con capitalizzazione di mercato inferiore al patrimonio netto presentano profili di rischio diversi (rischio maggiore) rispetto alle grandi imprese. In questo modo, viene esteso il modello CAPM (che da monofattoriale diventa a tre fattori). Il premio per il rischio dell’impresa si ottiene infatti172:

𝐸(𝑅𝑗) − 𝑅𝑓 = 𝛽𝑖 𝑥 𝐸𝑅𝑃 + 𝑠𝑖 𝑥 𝑆𝑀𝐵 + ℎ𝑖 𝑥 𝐻𝑀𝐿

Con:

 ERP = equity risk premium

 SMB = rendimento extra dovuto all’effetto dimensione. Viene calcolato come media storica tra rendimenti di titoli a bassa capitalizzazione e rendimenti di titoli ad alta capitalizzazione

 HML = rendimento extra dovuto al rischio finanziario.

 𝛽𝑖, 𝑠𝑖, ℎ𝑖= coefficienti di elasticità derivati dalla regressione multipla. S e h sono ricavati dividendo l’intero insieme delle società quotate in sei portafogli (ottenuti a loro volta incrociando i fattori SMB e HML).

In generale, si può affermare che la grande impresa con elevata capitalizzazione in questo modello ha beta uguale all’unità e i fattori s e h uguali a zero. Per le imprese di ridotta dimensione e ridotta capitalizzazione, invece, questi fattori hanno valore tanto maggiore quanto diminuiscono le dimensioni.

Tornando all’analisi relativa al CAPM, anch’esso è stato modificato, per tentare di ovviare ai limiti ed ai problemi che sono emersi dalla pratica e dalla letteratura nel corso degli anni. Se è vero che esso è di semplice applicazione e a questo deve principalmente il proprio successo, è vero anche che sono state individuate delle anomalie nel modello. Per anomalia si intende “un fattore aggiuntivo in grado di spiegare i rendimenti storici dei titoli meglio di quanto non si ottenga con il beta del CAPM”173. Le anomalie principali individuate dal Nuovo Trattato sono quattro174:

 Small firm effect: le imprese di piccole dimensioni offrono rendimenti attesi maggiori di quelli previsti col CAPM

172 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 318 173 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 320 174 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 320

 Value effect: le imprese con capitalizzazione più alta presentano rendimenti attesi più alti di quelli previsti dal CAPM

 Neglected firm effect: le imprese i cui titoli non sono parte del portafoglio azionario di investitori istituzionali hanno rendimenti attesi più alti di quelli previsti col CAPM

 Overreaction: i titoli che più sono penalizzati a seguito di shock negativi di mercato tendono a sovraperformare nei periodi successivi.

La rilevazione di queste anomalie, unitamente alle considerazioni emerse in seguito all’elaborazione del modello di Fama e French, hanno portato all’elaborazione di un modello CAPM modificato, chiamato build up method. Si tratta dell’applicazione del CAPM, con degli specifici elementi correttivi. Questi fattori riguardano la dimensione, il settore di appartenenza o altri fattori di rischio. i correttivi (che, di fatto, sono extrarendimenti) possono essere espressi al lordo (prendono il nome di raw) o al netto (col beta adjusted) della componente spiegata dal CAPM. Il Nuovo Trattato propone tre varianti del build up method175:

1. Build up method con size premium

2. Build up method con size premium ed industry premium

3. Build up method con risk premium legato alla volatilità dei risultati contabili

1. Build up method con size premium

Come si evince dal nome del modello, in questa variante si considera il premio per la dimensione. Le formule che si possono utilizzare sono due176:

𝐸(𝑅𝑗) = 𝑅𝑓+ [𝐸(𝑅𝑚) − 𝑅𝑓] + 𝑆𝑃𝑟𝑎𝑤

Oppure

𝐸(𝑅𝑗) = 𝑅𝑓+ [𝐸(𝑅𝑚) − 𝑅𝑓] 𝑥 𝛽𝑗 + 𝑆𝑃𝑎𝑑𝑗𝑢𝑠𝑡𝑒𝑑

A seconda che si utilizzi una grandezza SP (che esprime l’extrareddito proprio dei titoli a bassa capitalizzazione) lorda o netta rispetto a quanto espresso dal CAPM. Questi valori sono desunti dalla statistica e vengono pubblicati periodicamente da autorevoli banche dati.

175 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 321 176 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 321

2. Build up method con size premium ed industry premium

Questa variante considera un ulteriore elemento da ricomprendere nel calcolo del rendimento atteso del titolo oggetto di valutazione, che è l’industry risk premium (IRP). L’IRP è l’extrarendimento del settore rispetto al rendimento medio di mercato (espresso dall’ERP) ed è funzione di una grandezza (chiamata RIrelative) che esprime il rischio sistematico differenziale di settore. A partire da queste considerazioni è possibile affermare che

𝑅𝐼𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑒 = 𝑏𝑒𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑠𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 − 1

Quindi

𝐼𝑅𝑃 = 𝑅𝐼𝑟𝑒𝑙𝑎𝑡𝑖𝑣𝑒 𝑥 𝐸𝑅𝑃

Alla luce di ciò, aggiungendo l’IRP alla prima equazione vista per il build up method, si ottiene177:

𝐸(𝑅𝑗) = 𝑅𝑓+ [𝐸(𝑅𝑚) − 𝑅𝑓] + 𝑆𝑃𝑏𝑒𝑡𝑎 𝑎𝑑𝑗𝑢𝑠𝑡𝑒𝑑+ 𝐼𝑅𝑃

3. Build up method con risk premium legato alla volatilità dei risultati contabili

Questa terza ed ultima variante si basa sull’assunto che alla dimensione delle imprese vengano associate precise caratteristiche relative alla rischiosità aziendale. In particolare, alla dimensione si collegano178:

 La volatilità dei margini operativi (generalmente, più un’impresa è piccola, più i suoi margini operativi risultano volatili)

 La volatilità dei tassi di redditività dei mezzi propri (ROE)  La misura del margine operativo medio.

La formula prevista da questa variante assume una configurazione semplice:

𝐸(𝑅𝑗) = 𝑅𝑓+ 𝐸𝑅𝑃𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑖 𝑖𝑚𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑢𝑔𝑢𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑖𝑙𝑜 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑜

Nella pratica, le imprese quotate vengono suddivise in diversi portafogli, ordinati a seconda del profilo di rischio che le caratterizza (la cui discriminante non deve essere la

177 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 325 178 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 326

dimensione); così facendo, il rischio dimensionale è comunque incorporato (dato che la volatilità, e quindi la rischiosità, si è supposta correlata alla dimensione). In questo modo, come valore di ERP si utilizza un valore medio tra tutti gli ERP delle imprese quotate che sono state poste in un portafoglio caratterizzato da un profilo di rischio simile a quello dell’impresa oggetto di valutazione.

Esistono, inoltre, dei metodi cosiddetti “empirici” per la stima del costo del capitale. Questo tipo di modelli erano quelli che venivano comunemente utilizzati nella prassi prima dell’introduzione dei modelli teorici, come il CAPM. Di fatto, il metodo empirico più semplice consiste nella stima soggettiva del costo del capitale basandosi su di un investimento da parte di un investitore che abbia prospettive di lungo termine, tenendo conto sia del rischio sia, di conseguenza, dei premi per il rischio che sono caratteristici del settore. Ciò è sintetizzabile in una relazione, che vale anche per il CAPM179:

𝛽 = 𝑅𝑗− 𝑅𝑓 𝑅𝑚− 𝑅𝑓

Ma occorre tenere conto che la stima del coefficiente beta in un criterio empirico può anche basarsi esclusivamente sull’intuito dell’esperto.

Un’ulteriore pratica empirica utilizzata è quella di assumere come costo del capitale una media dei tassi utilizzati dagli esperti e dagli analisti di mercato nell’applicazione del metodo DCF alle società quotate180. Utilizzare il metodo empirico in questa forma ha il vantaggio di basarsi sulla razionalità, in quanto si riduce al minimo la scelta soggettiva dei parametri.

L’ultima variante dei metodi empirici si discosta di poco da quella appena vista, poiché prevede l’utilizzo di un valore del costo del capitale corrispondente alla mediana del costo del capitale (che può essere calcolato in vari modi, CAPM, sue varianti, modello di Fama e French) delle imprese che compongono il settore181.

Per completezza, si riporta in questa sede il fatto che il Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende riporta, seppur in un esempio, una formula “classica” per il

179 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 339 180 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 339 181 Guatri L., Bini M., Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende, EGEA 2005 pag. 340

calcolo del costo medio ponderato del capitale (WACC). Essa è conosciuta come

“formula di Modigliani-Miller” ed ha la seguente configurazione182:

𝑊𝐴𝐶𝐶 = 𝑐. 𝑜. 𝑑. 𝑥 (1 − 𝑡𝑐) 𝑥 𝐷

𝐷 + 𝐸+ 𝑐. 𝑜. 𝑒. 𝑥 𝐸 𝐷 + 𝐸

Con:

 𝑐. 𝑜. 𝑑. = costo del debito  𝑐. 𝑜. 𝑒. = costo dell’equity

 𝑡𝑐 = aliquota delle imposte sul reddito  𝐷 = debiti finanziari

 𝐸 = capitale di proprietà

Per quanto riguarda la stima dei due tassi, per il costo del debito si utilizza il metodo che prevede di applicare una maggiorazione (chiamata credit spread corporate) al tasso risk free; la maggiorazione deve essere coerente con il rapporto di indebitamento che si è utilizzato nella formula del calcolo del WACC. Per quanto riguarda il costo del capitale proprio, invece, il calcolo può essere effettuato con il CAPM.

Scelta dei parametri

Il Nuovo Trattato sulla Valutazione delle Aziende dedica ampio spazio (un intero capitolo) ad un’altra componente fondamentale di questo argomento, ovvero la scelta dei parametri. Come è facilmente intuibile, per applicare in maniera rigorosa, il più