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I Principi Italiani di Valutazione (PIV) Analisi comparativa con esperienze estere e dottrina italiana

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

I PRINCIPI ITALIANI DI VALUTAZIONE (PIV)

Analisi comparativa con esperienze estere e dottrina italiana

Relatore

Prof. Enrico Gonnella

Candidato

Lorenzo Garagunis

Anno Accademico

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Sommario

1. GENESI DEI PRINCIPI ITALIANI DI VALUTAZIONE ... 1

1.1 Chi è e come opera l’OIV ... 2

1.2 Finalità e scopo dei PIV... 4

1.3 Review della letteratura ... 7

2. ANALISI CONCEPTUAL FRAMEWORK ... 23

2.1 Principi I.1-I.4... 24 2.2 Principi I.5-I.13... 25 2.3 Principi I.14-I.23... 31 3. LA FIGURA DELL’ESPERTO ... 36 3.1 Definizione e ruolo ... 36 3.2 Le tipologie di incarico ... 39 3.3 La relazione di stima ... 42

4. ANALISI BOZZA DEI PIV ... 47

4.1 Analisi della bozza dei PIV ... 47

4.2 Analisi lettere di commento ... 52

5. COSA MANCA AI PIV ... 61

5.1 Base informativa ... 62

5.2 Analisi fondamentale ... 67

5.3 Configurazioni di valore ... 74

5.4 Metodiche di valutazione ... 76

5.5 Metodo DCF ... 79

5.6 Stima dei tassi di capitalizzazione/attualizzazione ... 88

6. CONFRONTO CON LE ESPERIENZE ESTERE ... 106

6.1 AICPA ... 106

6.2 RICS ... 122

6.3 IVSC ... 141

7. CONCLUSIONI ... 154

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1. GENESI DEI PRINCIPI ITALIANI DI VALUTAZIONE

Introduzione: cos’è la valutazione

La valutazione, come riportato dal Principio I.1.1 dei Principi Italiani di Valutazione (di seguito PIV) è “un giudizio ragionato e motivato che si fonda su stime, non è mai il risultato di un mero calcolo matematico”1. Ciò che viene messo fin da subito in risalto è quindi la mancanza della possibilità di determinare in maniera esatta o giusta il valore di un bene, in quanto tale valore è frutto di una stima. La stima, che deve essere effettuata da un soggetto che abbia le giuste competenze e che sia imparziale rispetto al committente e all’oggetto della valutazione per poter essere credibile, deve essere effettuata nella maniera il più possibile obiettiva: questo significa che nello svolgere questo tipo di attività non bisogna fare riferimento al principio della prudenza. Soltanto l’obiettività può ridurre al minimo il rischio di sovra o sottostimare il valore di un determinato bene oggetto di valutazione.

Il Principio I.1.4 sottolinea quali devono essere le caratteristiche fondamentali di una stima di valore elaborata da un esperto2:

 Razionalità: la valutazione deve essere condotta seguendo un preciso e ben definito schema logico, che si ispiri ai principi di razionalità economica

 Verificabilità: con questa caratteristica si intende che l’esperto nella sua attività di valutazione dovrà utilizzare informazioni ben rintracciabili, fonti attendibili, ipotesi e successivamente conclusioni ragionevoli, passaggi matematici corretti  Coerenza: secondo questo attributo, l’esperto deve fare in modo che ci sia il

massimo allineamento possibile tra base informativa, obiettivi e risultati

 Professionalità: l’esperto deve aderire al codice etico dell’International Valuation Standard Council (IVSC) e mettere in atto tutte le azioni necessarie a garantire l’assenza di distorsioni ed influenze esterne dalla valutazione

 Competenza: il valutatore, per poter esprimere un giudizio credibile, deve essere in possesso di un bagaglio di capacità, esperienze e conoscenze adeguate alla situazione. Nel caso in cui si trovi a dover valutare beni molto diversi tra

1 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 3 2 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 5

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loro, l’esperto può anche richiedere il supporto di altri esperti, che integrino le eventuali conoscenze mancanti.

1.1 Chi è e come opera l’OIV

I Principi Italiani di Valutazione (PIV) sono stati elaborati dall’Organismo Italiano di Valutazione (OIV) e sono entrati in vigore dal 1 Gennaio 2016. L’OIV è una fondazione indipendente senza scopo di lucro promossa da AIAF, ANDAF, ASSIREVI, Borsa Italiana, CNDCEC ed Università Bocconi con diverse finalità3:

 predisporre e mantenere aggiornati i principi di valutazione per la redazione di perizie, fairness opinion ed analisi economiche, attraverso un processo in grado di garantire il pubblico interesse ed una elevata qualità

 elaborare guide applicative e best practices

 divenire lo standard setter di riferimento per gli stakeholder (ad esempio gli esperti di valutazione o gli utilizzatori delle valutazioni)

 partecipare al processo di formazione dei principi di valutazione internazionali e delle guide applicative e delle best practices emanate da standard setter esteri che si rifacciano al medesimo conceptual framework  favorire la conoscenza dei principi di valutazione nazionali ed internazionali  promuovere la cultura valutativa in Italia emanando documenti e ricerche in

materia ed organizzando convegni, seminari ed incontri di studio

 offrire collaborazione al Legislatore ed alle Autorità di Vigilanza nell’emanazione di normative e regolamenti che riguardino valutazioni anche mediante l’emissione di pareri al Parlamento e al Governo.

La prima riunione costitutiva dell’OIV si è tenuta il 29 Novembre 2011; esso è costituito da due organi principali: un organo tecnico (il Consiglio di Gestione) con il compito di redigere bozze di principi e di guide tecniche e il Consiglio dei Garanti, il quale deve approvare i documenti elaborati dal Consiglio di Gestione.

L’OIV nasce con il proponimento di replicare la struttura a due pilastri propria degli standard setter internazionali affiancando il già esistente OIC (Organismo Italiano di Contabilità) poiché a livello internazionale IASB si occupa dei principi contabili, IVSC di quelli di valutazione. I due organismi italiani sono membri sponsor delle rispettive

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organizzazioni internazionali di riferimento e, inoltre, si pongono come interlocutori degli standard setter degli altri paesi.

L’attività di emanazione di principi di valutazione e documenti ufficiali da parte dell’OIV è regolata da un due process, che coinvolge direttamente gli stakeholder. La prima fase del processo è rappresentata dall’individuazione di problematiche oggetto di attività di emanazione di principi e guide tecniche, che avviene o su decisione di Consiglio dei Garanti e Consiglio di Gestione o su segnalazione delle Autorità di Vigilanza, di Enti e persone fisiche aderenti, degli organismi internazionali. L’OIV considera poi la possibilità di inserire un argomento in agenda considerando vari aspetti, tra cui: la propria disponibilità di risorse, la possibilità sia di allinearsi ad eventuali standard internazionali già presenti sia di fornire un pacchetto di documenti di qualità. Generalmente la fase vera e propria di sviluppo di un documento si avvia con la pubblicazione sul sito dell’OIV di un “discussion paper”, ovvero un documento contenente una sintesi della problematica che si vuole analizzare, una presentazione delle alternative possibili, il punto di vista degli autori del documento e l’invito a contribuire rivolto agli stakeholder, richiedendo l’invio di una lettera di commento. Una volta chiuso un discussion paper, è possibile che l’OIV pubblichi un altro documento, denominato “exposure draft”, nel quale la Fondazione propone la propria soluzione alla problematica oggetto di analisi. L’exposure draft è di fatto una bozza del documento ufficiale in via di pubblicazione, che viene resa pubblica per renderne possibile la consultazione a tutti gli interessati; la pubblicazione della bozza è un momento necessario, poiché garantisce trasparenza al processo di consultazione e revisione dei documenti elaborati. L’OIV, nella stesura dell’exposure draft, deve prendere in considerazione vari input, tra cui: le problematiche emerse a seguito della consultazione del discussion paper, altre problematiche urgenti evidenziate dalle segnalazioni degli utilizzatori e suggerimenti giunti dai gruppi di lavoro interni, da altri standard setter o sorti in seguito a discussioni pubbliche. Quando gli autori hanno completato la stesura dell’exposure draft, esso viene pubblicato sul sito dell’OIV, in modo tale che tutti i soggetti interessati possano rispondere con delle lettere di commento, i cui contributi possono servire ad integrare il documento. I contenuti delle lettere di commento vengono analizzati quindi dal Consiglio di Gestione il quale, se li reputa utili ai fini del documento in via di emanazione, li sintetizza nell’ultimo documento provvisorio,

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denominato “near final draft”. Quest’ultimo elaborato è quello che viene verificato dal Consiglio dei Garanti, per poi essere definitivamente pubblicato sul sito dell’OIV.

Fig.1– Fonte: http://www.fondazioneoiv.it

Lo schema, sintetizzato nella figura soprastante, è stato indicativamente quello seguito anche per l’elaborazione dei PIV, la cui stesura ha interessato l’OIV e i suoi stakeholder per tre anni, col documento finale pubblicato nella sua versione definitiva nel Luglio 2015.

1.2 Finalità e scopo dei PIV

L’introduzione degli standard di valutazione in Italia è di fatto una conseguenza di un percorso già avviato a livello internazionale: in altri Paesi, infatti, sono già state redatte norme di questo tipo. L’esigenza è sorta sia perché ci si è resi conto che la valutazione come disciplina è sempre più importante in ambito economico (si pensi ai principi contabili internazionali, basati sul fair value e non sul costo storico) sia perché è stato notato come delle valutazioni errate abbiano contribuito allo scoppio di bolle speculative ed al formarsi di eccessi di indebitamento e che siano perfino una delle cause della difficile uscita dalla crisi economica. Inoltre, lo scenario incerto dei nostri giorni induce sempre di più gli esperti all’errore: in questo caso, si è ritenuto di dover rispondere emanando standard di valutazione e linee guida.

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Come evidenziato da Mauro Bini (Presidente del Consiglio di Gestione dell’OIV) in un articolo sulla rivista Press del Gennaio 20154, molto spesso si tende a considerare la valutazione come un’applicazione di formule, un mero calcolo matematico. Questo tipo di approccio è da considerarsi sbagliato, poiché l’applicazione delle formule matematiche costituisce una fase importante del processo di valutazione, ma non ne rappresenta la parte fondamentale: rendere il calcolo matematico il passaggio più importante del processo valutativo rischia di banalizzare tale processo e svuotarlo del proprio significato economico. È sufficiente notare come una formula matematica possa condurre un valutatore all’errore (anche se corretta) se il calcolo è impostato in modo sbagliato. Uno degli obiettivi dei PIV (e degli standard emessi in altri Paesi) è quindi proprio quello di porre maggiore enfasi sul processo valutativo, inteso come le fasi logiche che lo compongono, per cercare di ridurre al minimo gli errori in sede di valutazione. In questo modo, si cerca di trasformare la valutazione da una tecnica ad una vera e propria professione (con le necessarie infrastrutture) e di fare in modo che gli esperti non possiedano competenze frammentate per ogni tipologia di attività (ma che le abbiano più organiche possibile). L’emanazione degli standard non condurrà a valutazioni tutte uguali tra di loro, ma si suppone che possa garantire e favorire una maggiore leggibilità e confrontabilità dei risultati, grazie all’adozione di metodi comuni; inoltre, grazie ai PIV dovrebbe essere più facile distinguere le valutazioni di buona qualità da quelle di cattiva qualità. Le fasi del processo valutativo che sono state individuate da Bini sono sintetizzate nella tabella sottostante.

Tab.1 – Fonte: Press n° 73 (Gennaio 2015)

Ambientazione Architettura Impianto Tecniche di Valutazione Sintesi Valutativa 1. Configurazione di valore (valore per chi?)

2. Unità di valutazione (cosa si valuta?) 3. Scopo del lavoro

(perché si valuta?) 4. Tipo di incarico (come

si valuta?) 5. Data di valutazione 6. Presupposti di valutazione 1.Base informativa 2. Assumptions 3. Approcci di valutazione (criteri principali e secondari) 4. Fattori di incertezza 1. Modelli 2. Costo del capitale 3. Criteri di mercato 4. Metodi patrimoniali 5. Aggiustamenti 6. Allocazioni di valore tra diverse categorie di titoli 1. Supporti e verifiche di ragionevolezza 2. Giudizio finale

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Secondo Bini, questi profili risultano più facilmente controllabili dal committente o dall’utilizzatore finale della valutazione (se le due figure non combaciano) se la valutazione stessa è redatta seguendo dei principi standard che siano condivisi. Una finalità importante che emerge dall’articolo dunque è la tutela dell’utilizzatore finale

della valutazione.

Sorge dunque spontaneo chiedersi se a questo proposito non fossero sufficienti gli IVS, gli standard internazionali emanati dall’International Valuation Standard Council. La risposta è negativa, per una serie di motivazioni5:

 è vero che la valutazione è un’attività globale, ma in determinati ambiti bisogna considerare le singole giurisdizioni (ad esempio ogni Paese disciplina in maniera differente le valutazioni legali) per cui si è ritenuto necessario che anche in Italia ci fosse un’organizzazione che si occupasse dell’emanazione degli standard  gli IVS sono dei valuation standards (ovvero definiscono ruolo e compiti

dell’esperto) mentre i PIV sono sia valuation che performance standards

 gli IVS sono dei principi di alto livello: non hanno un commento ai singoli principi mentre i PIV sono commentati uno ad uno; inoltre, gli IVS sono principi universalmente accettati nella valutazione di qualsiasi attività o passività, mentre i PIV tentano di rispondere ad esigenze più specifiche della realtà italiana, a livello di prassi operativa, cultura, contesto economico e giuridico.

Ciò che emerge è dunque un tentativo contemporaneamente di allinearsi agli IVS e di colmare le lacune inevitabilmente presenti se ci si limitasse ad aderire a questi standard internazionali piuttosto che a standard elaborati internamente.

I PIV costituiscono dunque un insieme di standard destinati agli esperti italiani, una linea guida per condurre una valutazione di un bene. L’adesione a questi principi da parte degli esperti è su base volontaria, in quanto l’OIV che li ha emanati non è un’associazione professionale, di conseguenza non può renderli obbligatori. I PIV sono strutturati in quattro parti:

1) La rete concettuale di base (conceptual framework) 2) L’attività dell’esperto

5 Bini M. “La struttura tecnica dei PIV” e “PIV, baluardo per difendere la qualità delle valutazioni” Press

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3) Principi per specifiche attività 4) Applicazioni particolari

Grazie alla loro struttura ed al loro contenuto, i PIV mirano quindi a introdurre quattro importanti concetti6:

1. Chiarezza e linguaggio comune: ogni definizione viene data in maniera molto precisa, tentando di eliminare ogni possibile fonte di ambiguità. Questo va di nuovo nella direzione di favorire la trasparenza e la confrontabilità delle valutazioni

2. Valutazioni piene: nella logica dei PIV si considerano soltanto le valutazioni piene, escludendo ad esempio quelle basate su analisi limitate (come le fairness opinion). Esse non rientrano nella logica dei PIV

3. Spiegazioni sufficienti e ragionevoli: se un esperto effettua stime per scopi diversi e con diversi metodi, deve dare spiegazioni e tentare se possibile di appianare le differenze tra i valori

4. Innalzamento standard di qualità.

1.3 Review della letteratura

Data l’attualità del tema trattato, ancora prima che il testo dei PIV venisse diffuso per intero sotto forma di bozza, le riviste di settore si sono occupate dell’argomento, pubblicando vari articoli. Di seguito verranno riportati i principali, unitamente a dei commenti.

AMMINISTRAZIONE E FINANZA

Una rivista che ha dimostrato di ritenere di particolare importanza i PIV è sicuramente Amministrazione e Finanza, che ha dedicato al tema ben cinque articoli. I primi due si trovano, rispettivamente, nei fascicoli n°6 e 7 del 2013, entrambi a firma di Martino Zamboni. Essi descrivono (sono la naturale prosecuzione l’uno dell’altro) puntualmente il conceptual framework dei PIV. Il primo articolo inizia con una presentazione dell’OIV: vengono riportati data di costituzione, gli organi che lo costituiscono e loro funzioni, scopo dell’organizzazione. Si ricorda anche nell’articolo che l’OIV è stato costituito con l’obiettivo di diventare lo standard setter di riferimento a livello nazionale

6 http://www.angelofiori.it

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e che si pone come interlocutore italiano principale per quanto riguarda la redazione dei principi internazionali, collaborando con IVSC. Si sottolineano quindi gli obiettivi dell’organizzazione, come aumentare la qualità delle valutazioni e migliorare la cultura in materia di valutazione nel nostro Paese tramite l’emanazione degli standard. L’autore, riportando come fonte un intervento tenuto da Mauro Bini ad un convegno presso l’Università Bocconi, evidenzia come gli standard riescano a far convergere i risultati di stime di una stessa attività svolte da diversi esperti verso un range di valori ragionevolmente ristretto, mentre l’assenza di una regolamentazione porta ad una dispersione dei risultati ritenuta inaccettabile7. Queste affermazioni vengono seguite da una sintesi del processo di elaborazione dei documenti da parte dell’OIV, in modo da ricapitolare il processo che ha portato (che stava portando, dato che al momento della pubblicazione dell’articolo oggetto di trattazione i PIV non erano ancora stati editi) all’elaborazione dei PIV, così come illustrato nel precedente capitolo di questo lavoro. Una volta terminata la descrizione del due process seguito da OIV, Zamboni descrive i vari componenti del conceptual framework provvisorio, così come era disponibile all’epoca della pubblicazione dell’articolo. L’autore ricorda innanzitutto come i PIV siano stati redatti seguendo la logica del framework degli IVS e che la prima parte si presentava più estesa rispetto a quella che sarebbe stata la versione definitiva. Nell’articolo ci si sofferma sui punti salienti del conceptual framework, come ad esempio le caratteristiche dell’opinione di valore e i requisiti soggettivi che l’esperto deve soddisfare. L’autore dedica ampio spazio al principio 3.2 (il riferimento, si ricorda, è al testo provvisorio disponibile nel 2013) elencando le caratteristiche del lavoro svolto dall’esperto e le fasi del processo valutativo, dalla formazione della base informativa all’elaborazione di una razionale sintesi valutativa. Nella descrizione dello stesso principio vengono poi presentate le varie tipologie di incarico: esse sono tre (valutazione, parere valutativo e valuation review) e si distinguono l’una dall’altra per il numero di fasi del processo valutativo richieste. Entrando più nel dettaglio, si evidenzia come il parere valutativo possa declinarsi in calculation engagement, fairness opinion o parere valutativo a tutela dell’interesse di una delle parti8. Nel prosieguo dell’articolo si continua a seguire lo schema del conceptual framework, elencando tutti i requisiti che deve avere la base informativa costituita dall’esperto e le possibili classificazioni degli

7 Zamboni M. “Arriva il conceptual framework dei Principi Italiani di Valutazione” Amministrazione e

Finanza 6/2013 pag. 60

8 Zamboni M. “Arriva il conceptual framework dei Principi Italiani di Valutazione” Amministrazione e

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input informativi (in base al tempo, all’accessibilità, alla fonte, alla completezza). Zamboni successivamente elenca e descrive brevemente le configurazioni di valore, così come erano riportate nei PIV nella versione provvisoria del 2013: esse sono sei e sono le stesse che sono state riportate fino al testo definitivo dei PIV, con la sola differenza riscontrabile nel fatto che il valore intrinseco (o fondamentale) era riportato insieme agli altri invece che in un principio a parte e successivo, come accade nella versione attuale del testo9. Segue una rapida descrizione della distinzione tra valore in atto e valore potenziale e tra valore oggettivo e valore soggettivo, seguita a sua volta da un accenno alle prospettive di valutazione (partecipanti al mercato o specifico soggetto). L’articolo presente sul fascicolo n°6 si chiude con le descrizioni dei successivi principi, che riguardano la data e i presupposti della valutazione (funzionamento o liquidazione), dove non si evidenziano differenze tra quanto riportato e quello che sarà il testo definitivo dei PIV. Il successivo articolo (fascicolo n°7 del 2013), curato dallo stesso autore, riprende esattamente da dove aveva interrotto nel fascicolo precedente, trattando di unità di valutazione, massimo e miglior uso di un’attività, valore sinergico, costi di negoziazione e fiscalità. In questo paragrafo dell’articolo non si scende nel dettaglio, l’autore riporta i concetti fondamentali espressi dai principi trattati e riporta quali informazioni l’esperto è tenuto ad esplicitare relativamente ad essi. Si passa poi all’elencazione e descrizione delle metodiche di valutazione, rimaste immutate nei vari passaggi di elaborazione dei PIV: metodica di mercato, metodica dei risultati attesi e metodica del costo10. A questo proposito, i concetti espressi sono allineati a quelli presenti nel testo odierno, con l’eccezione rappresentata dal fatto che nel descrivere la metodica dei risultati attesi si fa riferimento anche ai criteri di valutazione (quello reddituale e quello finanziario) riconducibili a tale metodica, lasciando supporre che fosse contenuto tutto all’interno di uno stesso blocco di principi (mentre nei PIV i principi del conceptual framework relativi alla metodica dei risultati attesi non menzionano i criteri di valutazione). Allo stesso modo vengono trattati premi e sconti e, successivamente, l’argomento che risulta il più corposo dell’articolo, ovvero i tassi di sconto nelle valutazioni e l’incorporazione in esse del rischio11. È curioso il fatto che

9 Zamboni M. “Arriva il conceptual framework dei Principi Italiani di Valutazione” Amministrazione e

Finanza 6/2013 pag. 64

10 Zamboni M. “La rete concettuale di base dei Principi Italiani di Valutazione” Amministrazione e

Finanza 7/2013 pag. 52

11 Zamboni M. “La rete concettuale di base dei Principi Italiani di Valutazione” Amministrazione e

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nell’articolo si riporti che all’inizio del principio dedicato a tassi e rischio fosse scritto che il principio provvisorio era riportato in forma più estesa di quella che si sarebbe effettivamente trovata in futuro, ma a livello di tematiche trattate ciò sembra non essere avvenuto. Più precisamente, Zamboni parla di descrizione dei tassi di sconto, differenza tra price of time e price of risk, metodo DCE e metodo RAD e del CAPM: le tematiche toccate da questa serie di principi sono le stesse del testo definitivo, quindi è possibile che, se dei tagli ci sono effettivamente stati, essi siano stati fatti al livello dei dettagli e non a livello macroscopico.

Sulla rivista Amministrazione & Finanza non si è più parlato dei PIV fino all’inizio del 2015 quando, in seguito alla pubblicazione della bozza (Dicembre 2014) Martino Zamboni è tornato sull’argomento. Egli ha infatti redatto due articoli (usciti in due fascicoli successivi, il n°2 e il n°3 del 2015) nei quali presenta la propria descrizione dei Principi Italiani di Valutazione. La prima parte del primo articolo ricalca in buona parte quello già esaminato, dello stesso autore, del 2013: si tratta di una descrizione piuttosto puntuale del conceptual framework della bozza dei PIV12 con, ovviamente, differenze a livello di contenuto rispetto all’articolo precedente laddove siano presenti delle differenze nei due testi esaminati. L’aspetto innovativo di questo articolo del 2015 è che Zamboni analizza integralmente la bozza dei PIV, non soltanto il conceptual framework. Una volta terminata la disamina sulla parte prima, quindi, inizia la descrizione dell’attività dell’esperto, ovvero la parte seconda. Il primo aspetto affrontato è quello relativo alle caratteristiche che l’esperto deve possedere e a quali principi egli deve attenersi (richiamando ad esempio diligenza, imparzialità e chiarezza). In seguito si passa all’aspetto più tecnico, ovvero l’incarico di valutazione: si tratta di quei principi che ne disciplinano forma, contenuto e modalità di svolgimento. Gli ultimi due paragrafi dell’articolo riguardano quindi la relazione di stima, della quale vengono riportati i contenuti minimi (elencati anche in una tabella presente nell’articolo) e, brevemente, le carte di lavoro (in cui si parla del dovere di conservazione dei documenti da parte dell’esperto). Come anticipato, il primo articolo si chiude con il termine dell’analisi della parte seconda. Il secondo articolo (Zamboni, fascicolo n°3 del 2015) si apre conseguentemente con l’inizio dell’analisi relativa alla parte terza, i principi per specifiche attività. Il primo paragrafo tratta della valutazione delle aziende e dei rami

12 Zamboni M. “Valutare aziende, strumenti ed attività: i PIV prendono forma” Amministrazione e

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d’azienda, partendo dalla definizione delle unità di valutazione e proseguendo elencando i cinque gruppi di metodi riconosciuti dai PIV per la valutazione delle suddette unità13: metodi patrimoniali, metodi reddituali, metodi che comprendono la valutazione dei beni immateriali, metodi finanziari e metodi comparativi di mercato. Questo paragrafo introduttivo viene completato riportando tutti i principi di carattere più generale, come ad esempio quello che prevede che l’esperto formuli scelte coerenti con le caratteristiche dell’azienda al momento della scelta dei metodi e, se ne usa uno principale e uno di controllo, che spieghi dettagliatamente le motivazioni di tale scelta. Il paragrafo si conclude ricordando che le valutazioni possono essere svolte con riferimento al capitale netto dell’azienda (valutazione equity side) o al capitale operativo investito (valutazione asset side). In seguito l’autore affronta, seguendo lo schema dei PIV, la parte più tecnica, a partire dall’analisi che l’esperto è tenuto ad eseguire dei piani aziendali per determinare i flussi prospettici. Egli deve pronunciarsi sulla ragionevolezza del piano in caso di valutazione piena (integrando il necessario premio per il rischio in caso di giudizio non pienamente favorevole), non è tenuto a farlo in caso di valutazione limitata e deve costruire lui lo schema dei risultati attesi se l’azienda non ha redatto un piano a tal proposito14. Il paragrafo successivo affronta il tema del secondo capitolo della parte terza dei PIV, ovvero la valutazione di aziende in particolari contesti: si parla in particolare della valutazione di società quotate. Un’altra tematica toccata, relativa alla parte terza, è quella delle cosiddette interessenze partecipative, ovvero quelle quote inferiori alla totalità e maggiori di una singola azione/quota. L’articolo spiega come le interessenze vengano suddivise in cinque differenti categorie e come l’unità della valutazione assuma un carattere particolare nella stima di questi pacchetti (essendo diversa sia dall’intera azienda sia dalla singola azione). Per quanto riguarda la parte terza, dopo un accenno a premi e sconti, l’articolo si ferma qui, occupandosi solo dei principi relativi alla valutazione di azienda, facendo solo menzione del fatto che vi sono principi che disciplinano le valutazioni di beni immateriali, impianti e macchinari, titoli azionari, contratti derivati, passività finanziarie e non finanziarie e passività potenziali15. Zamboni dedica dunque spazio alla parte

13 Zamboni M. “PIV: principi per specifiche attività e principi per applicazioni particolari”

Amministrazione e Finanza 3/2015 pag. 73-74

14 Zamboni M. “PIV: principi per specifiche attività e principi per applicazioni particolari”

Amministrazione e Finanza 3/2015 pag. 74-75

15 Zamboni M. “PIV: principi per specifiche attività e principi per applicazioni particolari”

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quarta dei PIV, le applicazioni particolari. Il primo caso esaminato è quello delle valutazioni di acquisizione, cessione e fusione fra soggetti indipendenti: viene ricordato brevemente che rivestono particolare importanza in questo ambito il valore delle sinergie che l’acquirente mira a realizzare con la gestione unitaria della propria azienda e quella in via di acquisizione e il valore dei benefici privati, ovvero i flussi di risultati di cui l’acquirente può usufruire ma che si generano esternamente all’azienda. Questo porta alla considerazione del fatto che il valore di acquisizione cambia al variare del soggetto interessato all’acquisizione. Il paragrafo si conclude con le considerazioni sulle valutazioni di cessione, che presentano problematiche “simmetriche” rispetto a quelle citate in precedenza. Gli ultimi due paragrafi dell’articolo di Zamboni descrivono la disciplina dei PIV per quanto riguarda le valutazioni legali (disciplinate dal Codice Civile, hanno lo scopo di tutelare i soci di minoranza e gli stakeholder) e le valutazioni ai fini di bilancio.

La rivista Amministrazione & Finanza ha dedicato un ulteriore articolo ai Principi Italiani di Valutazione: esso si trova nel fascicolo n°5 del 2016, è a cura di Paola Pedotti e tratta del caso particolare della valutazione delle azioni in caso di recesso del socio. L’articolo nella parte iniziale riprende lo schema visto in quelli precedenti tratti dalla stessa rivista: c’è una breve premessa in cui si spiega cosa sono i PIV e da chi sono stati emanati, seguita da un paragrafo apposito che ne spiega la struttura e descrive brevemente le quattro parti in cui si suddividono i vari principi. Sono presenti inoltre considerazioni dell’autrice, la quale spiega chi siano i fruitori dei PIV e informa il lettore del fatto che l’OIV ha aperto nuovi progetti (per ampliare ulteriormente l’orizzonte dei Principi) che dovrebbero essere pubblicati sotto forma di bozza nell’Ottobre 201716. Il caso particolare esaminato rientra nella fattispecie delle valutazioni legali: viene nuovamente spiegato cosa sono, come dovrebbero essere condotte, qual è l’unità di valutazione per questa tipologia di incarico (l’azienda nella sua interezza) e la configurazione di valore adottata, ovvero il valore intrinseco, con tutte le motivazioni del caso. L’autrice spiega poi come a questa configurazione di valore si posa giungere con tutte e tre le metodiche (di mercato, dei risultati attesi e del costo) delle quali viene fornita anche una breve descrizione. In seguito, vi è una breve descrizione delle dinamiche di svolgimento di questo tipo di valutazione. A parere

16 Pedotti P. “PIV: la valutazione delle azioni in caso di recesso” Amministrazione e Finanza 5/2016 pag.

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dell’autrice dell’articolo, l’applicazione dei PIV in questo ambito può essere molto utile per ridurre tutte le ambiguità interpretative che possono essere presenti: si tratta quindi di uno strumento in grado di garantire determinazioni di valore più eque, tutelando quindi gli stakeholder17.

BILANCIO, VIGILANZA E CONTROLLI

Anche la rivista Bilancio, vigilanza e controlli ha deciso di occuparsi del tema dei PIV. Il primo articolo è a cura di Massimo Buongiorno, è stato pubblicato sulla rivista n°9 del 2015 e tratta della valutazione delle aziende con il metodo patrimoniale. Nella prima parte si spiega in cosa consiste il metodo patrimoniale: ne viene data una definizione e subito dopo l’autore riporta la propria opinione, consistente nel fatto che per impostare il metodo di valutazione scelto occorre innanzitutto comprendere “i fattori di

inadeguatezza del patrimonio netto di bilancio ad esprimere un valore corrente di mercato”18, riportando questi fattori. Segue una spiegazione sulle due modalità

applicative del metodo patrimoniale: viene riportata infatti la differenza tra metodo patrimoniale semplice (che non comprende nella valutazione il valore dei beni intangibili) e metodo patrimoniale complesso (dove invece i beni intangibili sono compresi nella determinazione del valore) chiarendo quali componenti di bilancio vengono considerate per la stima del valore nelle due modalità19. Il successivo paragrafo dell’articolo riporta la definizione di metodo patrimoniale data dai PIV nella parte terza e un commento, nel quale si sostiene la coerenza tra il principio III.1.28 e quanto solitamente fatto dagli esperti nella prassi operativa. È poi presente, supportato da uno schema esplicativo, un chiarimento riguardo al comportamento da tenere in caso di valutazione dei beni intangibili. Dopo aver messo in luce alcune possibili criticità di due specifici principi (III.1.29 e III.1.30) l’articolo si occupa della valutazione di impianti e macchinari e, infine, degli immobili20. Per quanto riguarda impianti e macchinari, la scelta è quella di descrivere in tutte le sue declinazioni il metodo del costo, riportando definizione, differenziazione tra costo di ricostruzione e costo di rimpiazzo e modalità

17 Pedotti P. “PIV: la valutazione delle azioni in caso di recesso” Amministrazione e Finanza 5/2016 pag.

64

18 Buongiorno M. “La valutazione delle aziende con il metodo patrimoniale. Riflessioni successive

all’introduzione dei Principi Italiani di Valutazione” Bilancio, vigilanza e controlli n° 9/2015 pag. 18

19 Buongiorno M. “La valutazione delle aziende con il metodo patrimoniale. Riflessioni successive

all’introduzione dei Principi Italiani di Valutazione” Bilancio, vigilanza e controlli n° 9/2015 pag. 19

20 Buongiorno M. “La valutazione delle aziende con il metodo patrimoniale. Riflessioni successive

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di applicazione; solo in un secondo momento vengono analizzate anche metodica del mercato e metodica dei risultati attesi, seguendo uno schema analogo. Per quanto riguarda invece gli immobili, l’autore sottolinea come lo schema logico non si discosti da quello utilizzato per parlare della valutazione di impianti e macchinari, andando quindi a spiegare brevemente l’utilizzo delle tre metodiche nell’ambito considerato.

Il secondo articolo ad opera di Massimo Buongiorno è intitolato “la valutazione degli intangibili. Riflessioni successive all’introduzione dei Principi Italiani di Valutazione”, è stato pubblicato sul n°10 del 2015 e fa parte di uno stesso ciclo di articoli che comprende anche il lavoro esaminato sopra, dello stesso autore. L’articolo si apre con considerazioni di carattere generale sul tema dei beni immateriali, dei quali viene fornita una breve classificazione tra risorse di competenza (che attengono alla combinazione e organizzazione delle risorse aziendali) e risorse di fiducia (il complesso di attitudini aziendali, quali la cultura e il clima organizzativo). Queste considerazioni proseguono con l’affermazione di tre importanti principi: un bene è suscettibile di valutazione solo quando può generare un vantaggio competitivo per il possessore; gli intangibili (ai fini della valutazione) devono essere distinti tra beni trasferibili singolarmente e beni trasferibili solo con il contestuale trasferimento dell’intera azienda; il bene immateriale deve avere la capacità di contribuire ai risultati aziendali21. Dopo questa introduzione l’articolo entra nel vivo del tema dei PIV applicati agli intangibili, presentando e spiegando i principi che parlano dell’argomento: in particolare, l’accento è posto sulla distinzione tra beni immateriali specifici e generici e sulla base informativa necessaria per poter effettuare una valutazione degli intangibili. In seguito l’attenzione viene posta sulle metodiche di valutazione applicabili agli intangibili: sono le tre metodiche già conosciute (del mercato, dei risultati attesi e del costo) sulle quali vengono fatte considerazioni in relazione all’argomento dei beni immateriali22. L’autore fa notare, in particolare, la difficoltà di applicazione della metodica di mercato (a causa del limitato numero di transazioni comparabili e per la difficoltà di comparare i beni stessi) presentando comunque due criteri di valutazione che possono essere applicati a questa metodica (criterio delle transazioni comparabili e criterio delle royalties), la possibilità di applicare tre criteri alla metodica del costo (costo storico aggiustato, costo unitario

21 Buongiorno M. “La valutazione degli intangibili. Riflessioni successive all’introduzione dei Principi

Italiani di Valutazione” Bilancio, vigilanza e controlli n° 10/2015 pag. 16

22 Buongiorno M. “La valutazione degli intangibili. Riflessioni successive all’introduzione dei Principi

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corrente e costo unitario di produzione) e di applicarne diversi alla metodica dei risultati attesi, a seconda che la stima che si effettua sia diretta o indiretta: benefici futuri attualizzati, opzioni reali e redditi in ipotesi di riavvio dell’attività per quanto riguarda le stime dirette; flussi differenziali, redditi attribuiti e extraredditi per quanto riguarda le stime indirette. In conclusione, Buongiorno sottolinea come nella prassi la valutazione degli intangibili venga effettuata nella quasi totalità dei casi con la metodica del costo. Dal momento che i beni immateriali stanno rivestendo sempre più importanza nelle attività aziendali, l’autore vede con favore l’enfasi posta dai PIV sull’argomento, in modo da poter utilizzare i diversi metodi (uno principale ed un altro, o più di uno, di controllo) per pervenire a risultati più affidabili23.

Il terzo articolo del ciclo uscito su Bilancio, vigilanza e controlli è stato pubblicato nel n°11 del 2015 e tratta della valutazione con il metodo DCF (Discounted Cash Flow). Innanzitutto si spiega in cosa consiste questo metodo, riportando le relative formule, e si spiega la differenza tra i due approcci utilizzabili, ovvero asset side ed equity side (il primo prevede di pervenire al valore del patrimonio netto derivandolo dal valore complessivo di tutte le attività aziendali, mentre il secondo prevede di giungere a tale stima direttamente dai flussi associabili al patrimonio netto stesso), anche in questo caso con relative formule24. Per fare chiarezza ed evitare quindi ambiguità interpretative, nell’articolo vengono riportate anche le definizioni più diffuse di “flusso monetario” sia per l’approccio asset side che per quello equity side (passaggio importante, essendo il flusso monetario una grandezza utilizzata nella formula del metodo DCF) e vengono sintetizzati i tre passaggi fondamentali nell’applicazione del metodo preso in esame: la stima dei flussi di cassa e dell’orizzonte temporale della valutazione; la determinazione e il peso del valore terminale; la stima del costo del capitale (questi tre passaggi rappresentano anche i successivi paragrafi in cui viene suddiviso l’articolo). Per ognuno dei tre punti elencati, l’autore spiega come pervenire alla determinazione della grandezza cercata (con spiegazioni discorsive del processo o con formule), riportando ogni volta quali sono le strade possibili, qual è la via consigliata dai PIV (con accenni ai principi che di volta in volta disciplinano l’aspetto considerato) e come il percorso viene

23 Buongiorno M. “La valutazione degli intangibili. Riflessioni successive all’introduzione dei Principi

Italiani di Valutazione” Bilancio, vigilanza e controlli n° 10/2015 pag. 19-20

24 Buongiorno M. “La valutazione con il metodo DCF. Riflessioni successive all’introduzione dei Principi

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solitamente affrontato nella prassi operativa25. L’autore conclude con delle considerazioni personali: egli sostiene che in questo particolare caso l’introduzione dei PIV non apporta novità rispetto a quella che è la prassi degli esperti di settore, i quali continuano quindi a seguire ciò che è stato disciplinato dalla dottrina nel corso degli anni. D’altro canto, Buongiorno ricorda che i PIV non sono stati redatti dall’OIV con l’intento di superare e soppiantare i manuali di valutazione d’azienda, bensì vogliono fornire un supporto, che permetta agli esperti di innescare una serie di comportamenti virtuosi, che li aiutino nell’elaborazione di valutazioni il più possibile oggettive e condivisibili26.

LA RIVISTA DELLE OPERAZIONI STRAORDINARIE

Massimo Buongiorno, l’autore degli articoli pubblicati su “Bilancio, vigilanza e controlli” ed esaminati in precedenza, si è occupato del tema dei PIV anche su un’altra rivista, “la rivista delle operazioni straordinarie”. Il primo articolo è uscito sul n°3 del 2015 ed è intitolato “I principi italiani di valutazione: una sfida per gli studi professionali”; si tratta della personale analisi dell’autore relativa alla bozza dei PIV (pubblicata nel Dicembre 2014) con dei commenti riguardanti un confronto tra i concetti introdotti dai PIV e la prassi seguita dagli studi professionali. Come gli altri articoli di analisi generale del documento, anche questo si apre con una presentazione dello scenario al momento della pubblicazione dell’articolo (con riferimento all’importanza assunta dalle valutazioni, ma dal problema dell’ambiguità e della impossibilità di oggettività che questa disciplina si porta con sé) e quindi delle esigenze che hanno spinto l’OIV alla pubblicazione dei PIV. Dopo aver spiegato brevemente chi è l’OIV e le tappe salienti del processo che ha portato ai PIV, l’autore entra nel vivo del tema trattato nell’articolo e spiega che i Principi Italiani di Valutazione si dividono in quattro parti e quali requisiti sono richiesti per aderirvi. La suddivisione dei paragrafi segue quella dei PIV: in quello dedicato al conceptual framework si sofferma sui principi della valutazione su cui si reggono i PIV e sulla struttura dei principi che compongono questa parte prima. L’autore si sofferma poi sull’elencazione delle fasi in cui si deve articolare il processo valutativo e sulle caratteristiche che deve

25 Buongiorno M. “La valutazione con il metodo DCF. Riflessioni successive all’introduzione dei Principi

Italiani di Valutazione” Bilancio, vigilanza e controlli n° 11/2015 pag. 17-19

26 Buongiorno M. “La valutazione con il metodo DCF. Riflessioni successive all’introduzione dei Principi

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necessariamente avere il giudizio dell’esperto27. Il successivo tema che riveste una discreta importanza nella trattazione esaminata è quello delle configurazioni di valore (che segue dei brevi accenni su base informativa e ipotesi) delle quali si forniscono le definizioni e si collegano ai quattro attributi di valore (valore in atto/potenziale, oggettivo/soggettivo)28. Anche in seguito i temi del conceptual framework vengono rapidamente passati in rassegna: anche alla parte relativa alle metodiche di valutazione vengono dedicate poche righe, l’autore motiva la propria scelta affermando che i PIV in merito non entrano troppo nel dettaglio (limitandosi a dire cosa per i PIV è accettabile per una corretta valutazione) e non aggiungono niente rispetto a quanto già disciplinato dalla dottrina preesistente in materia29. Molto poco è lo spazio che viene dedicato alla parte seconda (l’attività dell’esperto), per la quale si dicono soltanto tre caratteristiche che tale attività deve possedere e si chiude il paragrafo definendo interessante il passaggio dedicato alla relazione di stima, senza però fare accenni più approfonditi. Si passa dunque direttamente alla parte terza (principi per specifiche attività): l’autore riporta per prima cosa un elenco delle attività disciplinate da questa sezione dei PIV a cui seguono delle sue considerazioni personali. Buongiorno, anche in questo caso, sostiene che nonostante la corposità della sezione i PIV non abbiano una grande portata innovativa, limitandosi ad enunciare concetti teorici già portati avanti dalla letteratura nel corso degli anni (per l’autore, per la sezione quarta, quella delle applicazioni particolari, valgono le stesse affermazioni)30. Il paragrafo conclusivo è dedicato al rapporto tra i PIV e i professionisti del settore. In questa sede Buongiorno loda il tentativo dei PIV di portare maggiore trasparenza nell’ambito della valutazione ed auspica quindi che gli studi professionali si allineino a questo testo per svolgere il proprio lavoro (sperando addirittura che un passo in avanti venga fatto dai committenti delle valutazioni, che assegnino il lavoro soltanto a quei professionisti che svolgono attività conforme ai PIV). Per quanto riguarda la fattibilità di questo auspicio, si sottolineano gli sforzi che devono essere sostenuti dagli esperti: mettere in discussione la base informativa fornita dal committente e, se necessario, integrarla (in ogni caso,

27 Buongiorno M. “I principi italiani di valutazione: una sfida per gli studi professionali” La rivista delle

operazioni straordinarie n° 3/2015 pag. 37

28 Buongiorno M. “I principi italiani di valutazione: una sfida per gli studi professionali” La rivista delle

operazioni straordinarie n° 3/2015 pag. 38

29 Buongiorno M. “I principi italiani di valutazione: una sfida per gli studi professionali” La rivista delle

operazioni straordinarie n° 3/2015 pag. 38

30 Buongiorno M. “I principi italiani di valutazione: una sfida per gli studi professionali” La rivista delle

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non prenderla per buona senza verificarla) nonostante i costi che ciò può comportare e aggiornarsi continuamente per rimanere in linea con i criteri e le metodologie proposte dai PIV. Infine, l’autore sottolinea come esista una critica ai PIV, che li rimprovera di essere troppo didattici e di spiegare concetti che dovrebbero essere già conosciuti. Egli giustifica questa tendenza dei PIV, affermando che se esiste questa situazione, è perché i PIV cercano di contribuire ad un processo formativo che nel nostro Paese sembra non essere ancora del tutto compiuto.31

Un ulteriore articolo di Massimo Buongiorno è comparso su “La rivista delle operazioni straordinarie” n°12 del 2015 ed è intitolato “gli errori di valutazione dopo l’introduzione dei Principi italiani di valutazione”. In apertura, si ricorda come il basarsi su modelli teorici ed astratti possa portare ad errori nel processo valutativo, nonostante la prassi abbia delineato dei confini piuttosto precisi all’interno dei quali ci si può muovere. In generale, il riferimento è al fatto che le informazioni che si utilizzano per costruire le valutazioni provengono da fonti interne ed esterne all’azienda oggetto di stima, dovendo sia prevedere lo sviluppo della stessa azienda in periodi futuri sia verificare la compatibilità di questa previsione con le informazioni provenienti dal mercato. Questo scenario può portare tipicamente a due errori: l’utilizzo sbagliato dei modelli teorici e la scelta errata dei parametri di mercato32. In questa situazione si inserisce la prima considerazione sui PIV: secondo l’autore (come già sottolineato nei suoi precedenti articoli) i PIV aggiungono poco o nulla rispetto alla letteratura già esistente ma aiutano sul piano operativo, codificando la prassi, ad individuare gli errori (che non vengono comunque eliminati a monte, nonostante i PIV) per potervi far fronte33. Il paragrafo successivo si occupa della prima delle due problematiche emerse nell’introduzione: l’utilizzo di uno scorretto impianto metodologico. Si sottolinea come le valutazioni, stimando il valore di un’azienda, debbano assolutamente saper cogliere la capacità prospettica di questa di produrre reddito: secondo l’autore, una valutazione che utilizzi un metodo patrimoniale semplice non è in grado di farlo, per cui si è di fronte ad un impianto metodologico errato. Dopo aver ricordato le tre metodiche di valutazione ed aver fatto presente che l’utilizzo del solo metodo patrimoniale semplice è un errore,

31 Buongiorno M. “I principi italiani di valutazione: una sfida per gli studi professionali” La rivista delle

operazioni straordinarie n° 3/2015 pag. 39-40

32 Buongiorno M. “Gli errori di valutazione dopo l’introduzione dei Principi italiani di valutazione” La

rivista delle operazioni straordinarie n° 12/2015 pag. 39

33 Buongiorno M. “Gli errori di valutazione dopo l’introduzione dei Principi italiani di valutazione” La

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nell’articolo si analizza il metodo misto patrimoniale reddituale con stima autonoma dell’avviamento, seguendo il principio III.1.33 dei PIV. Una volta spiegati tutti gli elementi che entrano in gioco in questo calcolo, l’autore evidenzia come nella prassi valutativa la formula più diffusa sia diversa da quella che viene proposta dai PIV (riportandole entrambe per sottolinearne le differenze)34. Un secondo errore messo in luce da Buongiorno è la tendenza ad utilizzare i flussi di reddito in luogo di quelli di cassa nei calcoli fondati sulla metodica dei risultati attesi. Questo tipo di errore può essere causato o da una scarsa abitudine a lavorare con i flussi di cassa o da una scarsa conoscenza delle conseguenze che si hanno utilizzando i flussi reddituali. È accettabile utilizzarli, infatti, soltanto nella valutazione di imprese mature, nelle quali flussi reddituali e flussi di cassa tendono a coincidere35. Il paragrafo successivo, relativo agli errori legati ad una scorretta stima dei parametri e all’utilizzo di ipotesi incoerenti, si sofferma su due punti critici in particolare: la stima dei tassi di attualizzazione (per le metodiche che lo prevedono) e la costruzione dei parametri di mercato (nelle valutazioni comparative). I punti salienti relativi alla prima problematica sono l’importanza che la stima del tasso di attualizzazione riveste in quasi tutte le metodiche di valutazione, il fatto che il tasso di attualizzazione è riconducibile al costo del capitale (proprio o di debito) e che frequentemente si utilizza il WACC (Weighted Average Cost of Capital, costo medio ponderato del capitale), calcolato tramite il CAPM (Capital Asset Pricing Model36). Segue una descrizione del CAPM con relativa formula e gli errori che possono nascere utilizzando questo metodo: gli errori di valutazione possono nascere, infatti, da una stima errata dei parametri della formula del CAPM. Per quanto riguarda invece le valutazioni comparative (o metodo dei multipli) si sottolinea che molto spesso i parametri da utilizzare non sono ottenuti da delle puntuali analisi di mercato (come invece dovrebbe avvenire e solitamente avviene nei paesi anglosassoni, quelli in cui questo metodo si è sviluppato). In conclusione, l’autore ribadisce l’importanza dei PIV: poiché sono presenti tutte queste possibili insidie nell’attività di valutazione, i Principi sono utili per individuare gli eventuali errori e far emergere

34 Buongiorno M. “Gli errori di valutazione dopo l’introduzione dei Principi italiani di valutazione” La

rivista delle operazioni straordinarie n° 12/2015 pag. 40

35 Buongiorno M. “Gli errori di valutazione dopo l’introduzione dei Principi italiani di valutazione” La

rivista delle operazioni straordinarie n° 12/2015 pag. 41

36 Buongiorno M. “Gli errori di valutazione dopo l’introduzione dei Principi italiani di valutazione” La

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immediatamente se delle stime non sono state svolte con la dovuta diligenza professionale37.

SOCIETÀ E CONTRATTI, BILANCIO E REVISIONE

Sul n°11 dell’anno 2015 della rivista “Società e Contratti, Bilancio e Revisione” è stato pubblicato un articolo di Roberta Provasi intitolato “I nuovi principi italiani di valutazione: conceptual framework – la rete concettuale di base”. Come si può evincere dal titolo, si tratta di un’analisi piuttosto puntuale della parte prima dei PIV. Provasi apre l’articolo precisando data di entrata in vigore dei PIV (e il fatto che le disposizioni in essi previste non sono applicabili per revisioni di stime precedenti a tale data), chi è L’OIV e qual è il suo scopo, la struttura dei PIV (le quattro parti in cui si articolano i vari principi)38. Nel successivo paragrafo si riporta una tripartizione dei principi del conceptual framework e, integralmente, il testo dei principi da I.1 a I.4. L’autrice parte da questi per sottolineare la soggettività della valutazione, l’importanza del processo valutativo e le quattro fasi di cui esso è composto (ambientazione, architettura impianto, tecniche di valutazione, sintesi valutativa). L’analisi punto per punto proposta in questo articolo prosegue riportando le caratteristiche che deve avere il giudizio elaborato dal valutatore (razionalità, verificabilità, coerenza, affidabilità), l’obbligo di esplicitare l’eventuale adesione ai PIV e i requisiti che l’esperto deve possedere per poterlo fare39. Il passaggio successivo è il commento dei principi relativi alla base informativa: l’I.5.1 e l’I.5.4 vengono riportati integralmente, corredati dal commento dell’autrice. Provasi decide inoltre di elencare solamente i vari tipi di informazioni (e poi di assumptions) tramite uno schema, senza commento. Dopo aver definito brevemente prezzo, valore e costo, nell’articolo è presente una tabella piuttosto corposa, nella quale vengono riportate tutte le configurazioni di valore individuate dai PIV, con il testo di ogni relativo principio (probabilmente, l’autrice ha ritenuto che il modo migliore per far capire il concetto al lettore fosse quello di non modificare con commenti personali quanto elaborato nei PIV)40. Viene dedicato minore spazio (ma si precisa che sono componenti da specificare assieme alla configurazione di valore prescelta) al massimo e

37 Buongiorno M. “Gli errori di valutazione dopo l’introduzione dei Principi italiani di valutazione” La

rivista delle operazioni straordinarie n° 12/2015 pag. 43

38 Provasi R. “I nuovi principi italiani di valutazione: conceptual framework – la rete concettuale di base”

Società e Contratti, Bilancio e Revisione n° 11/2015 pag. 62-63

39 Provasi R. “I nuovi principi italiani di valutazione: conceptual framework – la rete concettuale di base”

Società e Contratti, Bilancio e Revisione n° 11/2015 pag. 63-66

40 Provasi R. “I nuovi principi italiani di valutazione: conceptual framework – la rete concettuale di base”

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miglior uso dell’attività, ai costi di negoziazione, alla fiscalità, alle prospettive, a data e unità di valutazione. In seguito, vengono analizzate le tre metodiche di valutazione (di mercato, dei risultati attesi e del costo) delle quali vengono spiegati i rispettivi principi di riferimento; seguono una breve spiegazione del principio relativo a premi e sconti e soltanto un breve accenno agli ultimi principi del conceptual framework, quelli che disciplinano i metodi e modelli per l’attualizzazione aggiustata per il rischio. Nelle considerazioni conclusive Provasi elogia i PIV considerandoli uno strumento valido per l’allineamento degli esperti del nostro Paese alle best practices internazionali e per accrescere in generale la qualità delle valutazioni41. Per sottolineare il legame con i principi internazionali, l’autrice spiega brevemente cosa sono gli IVS, chi li ha emanati e quando e a quali esigenze rispondono. È importante, però, la sottolineatura del tentativo dei PIV di andare anche oltre gli IVS, non limitandosi ad essere un elenco di principi base ma fornendo anche delle procedure operative ed un glossario per favorire la comprensione da parte del lettore/dell’utilizzatore. Dopo aver ricordato che i PIV non hanno la pretesa di sostituire i manuali di valutazione di azienda, ma di fornire un supporto ai professionisti, Provasi pone di nuovo l’accento sul fatto che l’adozione dei PIV impone agli esperti di intraprendere un processo di internazionalizzazione e di standardizzazione dei lavori, in modo da tentare di limitare il più possibile la soggettività e la discrezionalità delle stime.

PRESS

Sul n°87 di PRESS (Professione Economica e Sistema Sociale) è stata pubblicata un’intervista a Mauro Bini, il presidente dell’OIV, che ha risposto ad alcune domande riguardanti l’organismo da lui presieduto e, soprattutto, riguardanti i PIV. Per Bini, i PIV sono importanti, nella prospettiva della tutela degli interessi dei soggetti interessati, per tre principali motivi: forniscono le linee guida per lo svolgimento dell’incarico valutativo, consentono di chiarire che le valutazioni legali sono sempre valutazioni piene, consentono all’esperto di rivedere il lavoro di altri professionisti seguendo direttrici chiare42. Egli ribadisce quindi le principali finalità dei PIV, ovvero migliorare la qualità delle valutazioni ed aumentare la fiducia degli utilizzatori finali. Per rispondere alla domanda dell’intervistatore, che chiede quali evoluzioni sono previste

41 Provasi R. “I nuovi principi italiani di valutazione: conceptual framework – la rete concettuale di base”

Società e Contratti, Bilancio e Revisione n° 11/2015 pag. 71-72

42 Bini M. “La struttura tecnica dei PIV” e “PIV, baluardo per difendere la qualità delle valutazioni” Press

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per i PIV, Bini risponde che per la revisione del testo prevista nel 2017, sarebbe opportuno inserire un capitolo dedicato alle valutazioni a fini fiscali e altri principi riguardanti le valutazioni nell’ambito delle procedure concorsuali. Viene inoltre espresso il proponimento di mantenere un aggiornamento del testo in linea con gli aggiornamenti apportati agli IVS (da qui l’esigenza di una revisione entro il 2017). Bini spiega che i PIV sono dei principi che si sono ispirati agli IVS, seguendone lo stesso schema concettuale di riferimento ma hanno tentato di andare oltre, essendo dei principi dotati di un commento, al contrario degli IVS. La presenza del commento serve a orientare all’aspetto pratico (e quindi alla professione) i principi, cercando di non farli rimanere sul piano di meri assunti teorici. In chiusura, Bini ritiene questo processo di globalizzazione delle valutazioni una opportunità da cogliere per il nostro Paese, tant’è che l’OIV ha tradotto in inglese i PIV, per favorire la diffusione dei principi italiani anche negli altri Paesi, in modo tale da porre l’Italia in una posizione di primo piano in questo campo43.

43 Bini M. “La struttura tecnica dei PIV” e “PIV, baluardo per difendere la qualità delle valutazioni” Press

(25)

2. ANALISI CONCEPTUAL FRAMEWORK

La parte prima dei PIV viene definita Conceptual Framework, o rete concettuale di base. In questa sezione sono contenuti i concetti e le definizioni a cui devono rifarsi i singoli principi che costituiscono le parti successive: sono di fatto una sorta di traccia, con lo scopo di definire i confini entro i quali devono muoversi i PIV. Nel testo, nella premessa al conceptual framework, vengono fatte alcune importanti precisazioni44:

 Se per uno specifico caso preso in considerazione dall’esperto non vi sono principi che lo disciplinano specificamente, si deve far riferimento a quanto detto nel conceptual framework

 Vengono qualificati quattro principi cardine della teoria della valutazione: ogni valutazione si riferisce ad un preciso istante temporale, è per sua natura prospettica, i tassi di attualizzazione sono derivati dal mercato, la valutazione può essere influenzata da vari fattori (come la liquidità)

 Da questi principi si derivano sette profili principali che ogni valutazione deve avere: lo scopo, il tipo di incarico, la tipologia di lavoro dell’esperto, la configurazione di valore, la data, l’unità di valutazione, le metodiche.

Si precisa inoltre che la struttura della rete concettuale di base dei PIV si ispira alla struttura del framework degli IVS.

Il conceptual framework è costituito da 23 macro principi (in tutto sono 89) che è possibile suddividere in blocchi:

 Dal principio I.1 al principio I.4 si parla delle caratteristiche della valutazione, competenze e requisiti richiesti all’esperto e del lavoro dell’esperto

 Dal principio I.5 al principio I.13 vengono trattati concetti quali la base informativa, le configurazioni di valore ed altri elementi importanti quali massimo e miglior uso di un’attività, i costi di negoziazione e la fiscalità

 Dal principio I.14 al principio I.23 vengono analizzate le metodiche di valutazione, i tassi di sconto e le tecniche di attualizzazione ponderata per il rischio.

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2.1 Principi I.1-I.4

I primi aspetti che in fase di redazione dei PIV si sono voluti fare emergere sono la soggettività e la mancanza di un risultato esatto della valutazione. Viene infatti esplicitamente scritto che la valutazione “è un giudizio ragionato e motivato che si

fonda su stime, non è mai il risultato di un mero calcolo matematico”45. In questo

modo, fin dal principio, si mette in luce una delle finalità dei PIV, ovvero il voler spostare l’attenzione dal calcolo matematico verso il processo valutativo. Questo concetto viene ribadito nell’ultimo paragrafo del commento del principio I.1.1, nel quale si dice che “l’evidenza ex-post che le previsioni non si siano realizzate non è di

per sé indice di cattiva qualità della valutazione”46. Un concetto del genere denota il

tentativo di agevolare il lavoro dell’esperto che, senza l’assillo di dover giungere ad un risultato “giusto”, può concentrarsi su tutto il processo che c’è a monte del calcolo matematico. Ovviamente in questo modo non si cerca di alleggerire l’esperto delle proprie responsabilità, infatti giunge subito una precisazione: pur essendo un giudizio (che per sua natura è soggettivo) la valutazione deve essere condotta con obiettività. Ciò significa che altri esperti, dotati delle necessarie ed adeguate competenze, dovrebbero poter condividere quanto elaborato. Per ottenere questo risultato, si invita l’esperto a non rifarsi al principio della prudenza (attributo dei partecipanti al mercato) bensì ad esercitare lo spirito critico (“professional skepticism”) e l’avversione al rischio. Poiché si richiede al valutatore un giudizio professionale e condivisibile, occorre che l’esperto abbia un adeguato background di conoscenze teoriche, esperienza professionale e conoscenza dell’oggetto della sua valutazione; la valutazione deve inoltre essere condotta in modo che vengano ridotte al minimo le influenze di fattori esterni al processo.

Stabilite queste condizioni, si tirano le somme individuando le caratteristiche che deve avere un giudizio valutativo formulato correttamente47:

 Razionalità: la valutazione deve seguire uno schema logico rigoroso,

convincente e fondato su giudizi di razionalità economica

45 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 3 46 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 3 47 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 5-6

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 Verificabilità: occorre dimostrare la provenienza dei dati utilizzati,

l’attendibilità e l’autorevolezza delle fonti, la ragionevolezza delle ipotesi, la correttezza dei passaggi logico-matematici, la ragionevolezza delle conclusioni

 Coerenza: l’esperto deve garantire la corrispondenza più ampia possibile tra

base informativa, obiettivi della valutazione e risultati conseguiti

 Affidabilità: l’esperto deve circoscrivere la discrezionalità valutativa,

garantendo obiettività di giudizio

 Professionalità: l’esperto deve aderire al codice etico dell’IVSC ed adottare

appropriati controlli e procedure in grado di garantire un processo di valutazione esente da distorsioni

 Competenza: il soggetto che esprime il giudizio deve essere dotato di capacità,

esperienza e conoscenza adeguate all’oggetto ed alla finalità della valutazione. L’esperto nel caso di valutazioni che richiedano la stima di attività molto diverse tra loro può avvalersi della competenza di altri esperti.

I successivi principi I.2, I.3 e I.4 sono delle anticipazioni sulla figura dell’esperto (che verrà trattata in seguito, sia in questa sede che nel testo originale) poiché trattano, rispettivamente, della competenza professionale dell’esperto, dei requisiti dell’esperto e delle tipologie di incarico.

2.2 Principi I.5-I.13

Come già affermato in precedenza, questo blocco di principi riguarda gli elementi essenziali del contesto in cui si muove il processo valutativo, il primo dei quali è la base informativa. I PIV descrivono la valutazione come un “giudizio informato”: ciò significa che l’esperto deve riportare la base informativa che ha utilizzato per la valutazione e le sue eventuali limitazioni, analizzando la suddetta base informativa con il necessario spirito critico. Diviene quindi fondamentale che l’esperto valuti l’adeguatezza e la completezza della base informativa relativamente al lavoro che sta svolgendo; è possibile anche che l’esperto utilizzi analisi condotte da altri come base informativa e, se lo fa, il lavoro di analisi critica diviene ancora più importante48. Se all’esperto viene chiesto di lavorare utilizzando una base informativa limitata, è necessario che egli espliciti i dati ai quali non ha avuto accesso e se il lavoro deve considerarsi una valutazione o soltanto un parere valutativo. I PIV in seguito

(28)

propongono una classificazione degli input che compongono la base informativa; lo schema è il seguente49:

 Rispetto al tempo (informazione storica, corrente o prospettica)

 Rispetto alla data della valutazione e della relazione di stima (informazione disponibile o meno rispetto a tale data)

 Rispetto all’accessibilità (informazione privata o pubblica)

 Rispetto alla fonte (informazione prodotta dal soggetto valutato o raccolta sul mercato o da terze parti)

 Rispetto alla completezza (informazione completa o incompleta).

L’ultimo punto è quello che crea maggiori problemi al valutatore: un’informazione incompleta non rende automaticamente incompleta anche la base informativa (nel primo caso si tratta di una sola informazione cui mancano delle componenti, mentre nel secondo mancano informazioni rilevanti). Se le limitazioni sono rilevanti, il lavoro dell’esperto non è più una valutazione ma un parere valutativo, mentre se le limitazioni sono gravi, l’esperto deve addirittura rinunciare al mandato.

Vengono fatte anche delle importanti precisazioni relativamente al primo punto, in particolare riguardo alle informazioni prospettiche. Esse si basano su ipotesi (assumptions) relative ad eventi futuri e queste ipotesi a loro volta si basano su dati correnti opportunamente combinati con il giudizio professionale. Di fatto, la formulazione delle ipotesi rappresenta l’ingresso dell’incertezza nel processo valutativo. Ciò significa che le ipotesi “devono essere ragionevoli ed essere adeguatamente

giustificate”50. Quanto detto porta ad un’ulteriore classificazione, che individua quattro tipi di ipotesi51:

 Hypotetical assumptions: le ipotesi relative a condizioni ipotetiche, non ne è necessariamente attesa la manifestazione ma sono coerenti con l’obiettivo della stima

 Special assumptions: sono le ipotesi speciali, quelle che un normale operatore partecipante al mercato non formulerebbe alla data della valutazione

 Key assumptions: ipotesi rilevanti, che hanno un elevato peso sul risultato finale

49 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 21 50 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 22 51 Principi Italiani di Valutazione, EGEA 2015, pag. 23-24

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Il seminario è libero e rivolto principalmente ad agricoltori che coltivano cultivar locali tradizionali, operatori di fatto- ria didattica e a coloro che operano nel