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di Andrea Fiorucc

1. Andrà tutto bene se…

Dieci anni fa ha preso avvio, prima negli Stati Uniti, poi in tutto il mondo, un interessante progetto sociale denominato It Gets Better finalizzato a so- stenere le vittime di bullismo omofobico attraverso storie di vita e video di supporto con l’intento di mandare alle persone discriminate per l’orienta- mento o l’identità sessuale un messaggio di aiuto e di fiducia: «hope is out there, and it will get better». Un messaggio di speranza che sembra molto simile a quello che, in questi mesi di emergenza sociale e sanitaria da Covid- 19, ha riecheggiato nelle nostre menti: andrà tutto bene. Una frase simbolo di questo difficile periodo storico per tutto il mondo, un mantra contagioso che ha preso vita inizialmente con post-it colorati sparsi per le città, attaccati qua e là, sulle porte delle chiese o sulle fermate degli autobus, sulle panchine dei parchi pubblici, sui citofoni, negli ospedali. Una frase espressa in molte lingue, apparsa nei diversi striscioni ai balconi del nostro Paese, nelle can- zoni e nei video condivisi dai social, nei disegni colorati dei bambini.

Un messaggio di speranza ai tempi del coronavirus che ricorda la forza dei piccoli gesti, la solidarietà, l’empatia, la necessità, alla luce della reclu- sione e del distanziamento imposti dal lockdown, di sentirsi vicini. L’intento dei messaggi è sempre lo stesso: rincuorare, incoraggiare, consolare attra- verso la condivisione di un reciproco sentire; una condivisione spontanea, senza secondi fini. Non si chiedeva nulla in cambio, almeno così sembrava. Invece, i messaggi, seppur implicitamente, hanno sollecitato ognuno di noi a concretizzare quell’andrà tutto bene, osservando le regole, le indica- zioni, le prescrizioni nate per rispondere alla situazione emergenziale.

Allo stesso modo, la frase It Gets Better, che ha dato il nome ad un mo- vimento mondiale di digital storytelling, condividendo negli anni più di

70.000 video-narrazioni sulla lotta alla discriminazione basata sull’orienta- mento e sull’identità sessuale1 ha bisogno di essere tradotta in azioni e poli- tiche concrete. Oltre alla necessaria e importante vicinanza al tema, espressa anche da celebrità e personaggi politici, è importante che il tam-tam di nar- razioni che ricorda a tutti i ragazzi LGBTQ che le cose stanno cambiando o che presto cambieranno si traduca in un richiamo doveroso al senso di re- sponsabilità di ogni singolo cittadino e istituzione.

Al di là della facile condivisione sloganistica di messaggi, anche su que- sto il coronavirus ci ha dato una lezione, non è possibile abbassare la guardia, aspettare e incrociare le dita, sperando che tutto vada bene, perché, ancora oggi, assistiamo a manifestazioni di violenza e discriminazione, violazioni dei diritti umani basate su genere e orientamento sessuale.

Tali manifestazioni, come si legge nella Dichiarazione del Presidente Ser- gio Mattarella in occasione della Giornata Mondiale contro l’omobitransfo- bia del 17 aprile del 2020, «costituiscono una violazione del principio di eguaglianza e ledono i diritti umani necessari a un pieno sviluppo della per- sonalità umana che trovano, invece, specifica tutela nella nostra Costituzione e nell’ordinamento internazionale».

In ambito italiano, la dirompente quanto attesa Legge n. 76 del 2016 sulla

Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, così

come l’emanazione di molte leggi regionali contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere te- stimoniano un importante e positivo cambiamento culturale.

Ciononostante la realizzazione di politiche di contrasto alla discrimina- zione e violenza di matrice omofobica ha subito una decisiva battuta d’arre- sto a seguito dello stazionamento, dal 2013, del DDL n. 1052 recante Dispo-

sizioni in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobia, riconvertito,

recentemente, nella proposta di legge n. 569 del 2018, ancora oggi al centro di un’accesa contrattazione politica.

Al di là del giudizio di merito verso uno specifico riconoscimento penale delle manifestazioni omofobiche, la discriminazione sulla base dell’orienta- mento sessuale, in Italia, raggiunge ancora livelli alti di espressione. Le ri- cerche, infatti, attestano il perdurare di pregiudizi, discriminazioni e violenze che per mezzo dell’omofobia interpersonale e istituzionale, perpetrano con- tinue violazioni della dignità umana nel nostro Paese (per una rassegna delle ricerche sull’ostilità antiomosessuale in Italia, si veda Gusmeroli e Trappo-

1 Una buona parte delle testimonianze è stata raccolta nel libro curato da Savage e Miller

lin, 2019). Si fa riferimento ad un dispositivo complesso e multidimensio- nale, qual è quello dell’omofobia, in cui è possibile rilevare più livelli e mo- dalità di espressione (interpersonale, istituzionale, culturale e sociale).

Non sorprende, pertanto, leggere i dati della recente European LGBTQ

Survey 2020 (FRA, 2020), in cui si rileva che in Italia le persone che dichia-

rano pubblicamente il proprio orientamento o la propria identità sessuale siano molto poche, così come è esiguo il numero di persone che si sentono sicure nel tenere per mano il partner dello stesso sesso. Solo il 39% del cam- pione italiano, infatti, esprime liberamente la propria identità LGBTQ, a fronte di una media europea del 47%.

A differenza di altri paesi europei, come risulta dalla mappa dell’Interna-

tional Lesbian, Gay, Bisesxual, Trans and Intersex Association (ILGA,

2019), sembra che in Italia si registri una sensibilità istituzionale e culturale verso questi temi ancora molto debole. Il rapporto annuale sul livello di in- clusione raggiunto nei 49 paesi del continente europeo stilato dall’ILGA in- daga le legislazioni e le politiche attraverso una serie di parametri che per- mettono di stilare un indice che va da zero (nessuna inclusività) a 100 (in- clusività piena). Ebbene, l’Italia raggiunge il 23% di inclusione, lontana dalla Francia (56%) e dalla Spagna (67%), ma anche dalla Grecia (48%), molto più vicina invece ai paesi dell’Europa dell’Est, come ad esempio l’Ucraina (22%) e la Lituania (23%).

Di questa preoccupante istantanea sociale sull’omofobia, scrivono Gu- smeroli e Trappolin (2019), «la scuola costituisce uno dei luoghi privilegiati di espressione dell’ostilità antiomosessuale».

2. Il bullismo omofobico, la situazione del nostro Paese

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