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Il ruolo educativo della scuola

di Giuseppe Burgio

6. Il ruolo educativo della scuola

Il bullismo omofobico produce sulle persone omo-bisessuali effetti molto negativi: l’interiorizzazione di stereotipi che invalidano la stima di sé, una sensazione di minaccia percepita, l’inibizione preventiva nella socializza- zione, il nascondimento sociale del proprio vero sé, un costante monitorag- gio del proprio comportamento, quell’ansia caratterizzante il cosiddetto mi-

nority stress, etc. (Fiorucci, 2018, p. 25). La vittimizzazione scolastica di

stampo omofobico è, inoltre, un modo per sostenere e alimentare l’omone- gatività sociale, dato che «ogni ideologia che sminuisce e svaluta le identità omosessuali sopravvive grazie a un sostrato relazionale che ne valorizza ri- tualmente la carica emotiva»(Taddei, 2015, p. 150), proprio come fa il bul- lismo di cui ci occupiamo qui, mettendo a valore i comportamenti omofobici. La vittimizzazione scolastica ha, infine, anche un effetto formativo: produce un deuteroapprendimento, un apprendimento di secondo livello che – edu- cando alcuni a opprimere, altri a venire oppressi – può avere effetti potenziali di lunga durata. Risulta quindi di grande importanza (pedagogica e sociale) che la Scuola si intesti il contrasto di tale fenomeno. Ma come?

Innanzitutto, appare fondamentale parlare di omosessualità. I risultati di una recente indagine consigliano infatti alle istituzioni scolastiche

di farsi promotrici di qualsiasi iniziativa possa incoraggiare il confronto sulla tema- tica, senza temere l’emergere di posizioni contrastanti o la libera espressione degli studenti portatori di stereotipi e atteggiamenti particolarmente intolleranti. Piuttosto, sono precisamente da evitare quelle iniziative che, privilegiando esclusivamente i canali di comunicazione verticale, non lasciano spazio di espressione agli studenti (Mauceri, 2015, p. 107).

Ciò appare coerente anche con il nostro approccio: i copioni di genere presenti nel bullismo omofobico necessitano di essere esplicitati. Le dimen- sioni plurali e contraddittorie della maschilità abbisognano di essere disam- biguate.

Per fare questo, noi genitori, insegnanti, adulti in generale, prima di par- lare ai ragazzi dobbiamo però tornare ad ascoltare un’adolescenza che, di- versissima da quella che abbiamo vissuto, rischiamo costantemente di frain- tendere nelle sue manifestazioni e di misconoscere nei suoi bisogni. Nel pen- sare alle azioni di contrasto al bullismo omofobico conviene allora partire da ciò che gli stessi adolescenti – se interpellati – propongono affinché la scuola divenga un ambiente confortevole e protetto per tutti:

Sulla base dell’esperienza scolastica personale e su ciò che a loro è mancato, gli studenti hanno suggerito una serie di attività: educazione sessuale sia omosessuale che eterosessuale [...]; promozione di gruppi e club misti gay/eterosessuali; sensibi- lizzazione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti al tema dell’omosessualità, al fine di promuoverne l’accettazione e favorire l’abbandono di false ideologie; facili- tazione della comunicazione, mediante l’attivazione di dibattiti tra gruppi di etero- sessuali e omosessuali; scoraggiamento dell’uso di etichette, appellativi e aggettivi ingiuriosi e offensivi verso gay e lesbiche; libera discussione, in classe, sull’argo- mento “omosessualità” e introduzione, nella didattica, di storie di personaggi omo- sessuali diventati famosi, per contrastare l’idea che l’omosessuale sia una persona di serie B, non realizzata, perdente (Montano e Andriola, 2011, p. 71).

Queste proposte appaiono utili a far sì che non si interrompa, ma che anzi venga supportata quella lenta decrescita dei livelli di omofobia sociale che, secondo le ricerche, si dà costantemente dal 1990 a oggi in Occidente (McCormack, Wignall e Anderson, 2015, pp. 3-20). Oltre a ciò, tuttavia, sulla base del percorso argomentativo svolto, mi pare necessario affermare l’esigenza di una – finora inesistente – educazione, plurale e inclusiva, alle maschilità.

Nell’ipotesi, infatti, che il bullismo omofobico costituisca una scorciatoia che alcuni ragazzi prendono per affrontare i propri compiti di sviluppo, by- passando la relativa, faticosa elaborazione intrapsichica e relazionale, appare utile accompagnare tutti gli adolescenti maschi in un percorso di educazione alle maschilità che possa sostenerli nel percorso di soggettivazione di genere, smorzando quella tensione presente nella competizione intra-maschile tesa al conseguimento della virilità simbolica. Sappiamo infatti che il disprezzo e l’ostilità verso i gay è strettamente collegato alla paura delle persone omofo- biche di incorrere a loro volta nel disprezzo e nell’ostilità del gruppo (McCormack, Wignall e Anderson, 2015, pp. 96-98). Creare allora un clima supportivo e includente per tutti, rassicurare ciascun adolescente sul proprio valore intrinseco, sarebbe uno dei modi per prevenire il bullismo omofobico. La letteratura sul bullismo indirizza solitamente il suo supporto empatico verso le vittime. Quella sul bullismo omofobico, in particolare, ha perorato la causa dei gay vittimizzati, disegnando – per contrasto – il bullo come il “cattivo”, caratterizzato per di più da una sorta di malattia individuale che lo colpisce: l’omofobia. L’approccio che propongo qui, invece, abbraccia tutti – vittime e bulli, carnefici e oppressi, omofobi e giovani gay innocenti – in un unico orizzonte, centrato sui compiti di sviluppo e sulla costruzione della maschilità, suggerendo – di conseguenza – un intervento educativo che non si limiti a supportare le vittime e a “convincere” i bulli a smetterla di bulliz- zare, lavorando piuttosto in direzione di un supporto educativo che permetta

a tutti i ragazzi di elaborare serenamente la propria identità di genere in una prospettiva plurale, inclusiva e non gerarchizzante. Questo permetterebbe al bullo di appagare i propri bisogni simbolici e formativi, senza che egli debba – per far questo – vittimizzare ciò che considera il proprio “Altro”.

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Bullismo femminile a scuola e omofobia in una

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