• Non ci sono risultati.

Uguali o differenti? Bulle e bulli nel contesto scolastico Leggere il bullismo attraverso una prospettiva di genere è un’esigenza

di Antonia De Vita

1. Uguali o differenti? Bulle e bulli nel contesto scolastico Leggere il bullismo attraverso una prospettiva di genere è un’esigenza

maturata attraverso il riconoscimento delle potenzialità e dei limiti della let- teratura che interpreta i fenomeni, e tra questi il bullismo maschile e femmi- nile, come universali e dunque neutro-maschili. Il pensiero femminile e fem- minista ha articolato negli ultimi quarant’anni un discorso scientifico che ar- ricchisce la lettura della realtà nella sua complessità, facendo luce sui sog- getti sessuati e parziali (Cavarero, 1987).

È maturata una prospettiva legata alla differenza sessuale e alla riflessione di genere come imprescindibile prospettiva ermeneutica e la consapevolezza di saperi situati e incarnati in soggetti e contesti specifici (Haraway, 1988), giungendo all’interessante prospettiva intersezionale che permette di parlare di diversità, considerando il fatto che ogni persona è portatrice contempora- neamente di più diversità (Yuval-Davis, 2006; Marchetti, 2013).

Le motivazioni, i bisogni simbolici, i processi di individuazione e i com- portamenti di ragazzi e ragazze sono differenti alla radice ed è quindi impor- tante aprire sia il bullismo femminile sia quello maschile a chiavi di lettura autonome. Anche la relazione tra bullismo femminile-maschile e omofobia, nella doppia versione gayfobia o lesbofobia, può emergere solo da una lettura sessuata nutrita dalla riflessione di genere (Burgio, 2012; 2018; Batini, 2014; Batini e Scierri, 2020; De Vita, 2018).

1.1. Le comunanze tra bullismo femminile e maschile

In questa prima parte del saggio vorrei tracciare gli elementi che accomu- nano il bullismo femminile con quello maschile per giungere in seconda bat- tuta a definirne gli aspetti di irriducibilità, che tuttavia non andranno visti come irrigidimento stereotipico e essenzialistico nei due generi.

Ritornerò inoltre sulla prospettiva intersezionale per presentare, dal punto di vista teorico, le principali risultanze dei Focus group svolti con ragazze diciottenni, i quali fanno emergere la pertinenza di una lettura che sappia intrecciare l’appartenenza delle persone a più categorie sociali interagenti tra loro sia a livello soggettivo sia a livello di gruppi e istituzioni. È utile impa- rare a leggere, come propongono le pensatrici intersezionali, gli «incroci» (Crenshaw, 2011) oppure le «intersezioni fra assi di potere» (Yuval-Davis, 2006) creati dall’intreccio delle categorie che sono più significative a se- conda del contesto: genere, cultura, religione, classe. Questi incroci sono molto presenti nella scuola italiana da decenni e in particolar modo in alcune scuole che presentano una popolazione studentesca particolarmente eteroge- nea.

Prima di entrare nel merito delle principali differenze tra bullismo fem- minile e maschile e di soffermarmi sulla sua morfologia, risulta fruttuoso e opportuno riattraversare rapidamente il territorio che questi due fenomeni hanno in comune a partire da quanto emerge dalla letteratura.

In maniera concorde le studiose e gli studiosi individuano come elementi comuni al bullismo tra ragazze e tra ragazzi la descrizione del fenomeno: Sharp e Smith (1995) parlano di un tipo di azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per setti- mane, mesi e persino anni, ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare l’altro/l’altra (1995), (Occhini, 2010). Il pioniere degli studi sul bullismo Olweus (1993) lo de- scrive come una violenza fisica, verbale o psicologica ripetuta, che si protrae nel tempo, con uno squilibrio tra vittima e carnefice. Specifico del bullismo è l’abuso tra pari (Sharp e Smith, 1995) fondato sul binomio dominio-sotto- missione, che nasconde essenzialmente un bisogno fondamentale di ricono- scimento da parte di chi bullizza. Possiamo infatti leggere nelle azioni del/della bullo/a una dichiarazione gridata di valore, un “io valgo” che trova solo nella prepotenza e nella violenza un modo per dirsi.

Il bullismo si configura quindi come una particolare forma di aggressività in cui il bullo/la bulla manifesta consapevolezza e intenzionalità nei suoi comportamenti cosa che manca del tutto a chi presenta un disturbo specifico

di tipo patologico. Costituisce inoltre un fenomeno sociale per le sue tre ac- cezioni: è un’attività che si dispiega in un teatro sociale e in un contesto pub- blico; è spesso compiuta in gruppo; nasce dalle relazioni sociali al cui interno si dispiega e ha a che fare con la definizione da parte di ragazze e ragazzi della «propria collocazione nella società». La ricerca del proprio posto nel contesto sociale è infatti un compito di sviluppo fondamentale in adole- scenza; nella rete relazionale si cercano gli strumenti concettuali e pratici per definire la propria posizione sociale e per negoziare la propria reputazione (Emler e Reicher, 2000).

Il bullismo maschile e femminile trova nel contesto scolastico il suo prin- cipale palcoscenico, essendo la scuola un luogo centrale della produzione di socialità. Essa viene intesa dalle/dagli adolescenti come un teatro di socialità e il bullismo con le sue dinamiche è capace di creare gerarchie di prestigio, successo, popolarità all’interno del gruppo.

Tra le caratteristiche che accomunano il bullismo femminile e quello ma- schile troviamo il fatto che entrambi attaccano «le diversità percepite»: le persone che hanno delle disabilità, le minoranze culturali, chi viene percepito come omo-bisessuale, chi pratica un’altra religione. Tuttavia, come vedremo in seguito commentando i Focus group, le diversità percepite si possono am- pliare moltissimo attraverso svariate micro-diversità che vengono definite in relazione ad un canone di “bellezza” e di “adeguatezza” oltre che all’ade- renza alle norme di genere stabilite dalla bulla o dal bullo. Una diversità per- cepita e attaccata può essere ad esempio vestire fuori moda o troppo alla moda, avere l’acne in viso o viceversa una pelle bellissima, non amare il calcio quando i compagni lo adorano o preferire la lettura tra persone che la detestano.

1.2. Due bullismi differenti

Dopo aver attraversato seppur velocemente gli elementi che il bullismo maschile ha in comune con quello femminile, possiamo ora concentrarci su- gli aspetti che li rendono irriducibili l’uno all’altro.

In una prospettiva di genere è importante individuare alcune caratteristi- che specifiche ai due bullismi alla luce delle dinamiche di costruzione della mascolinità (Burgio, 2012) da un lato e di femminilità dall’altro (Burgio, 2018; De Vita, 2018).

Nel comprendere e interpretare il bullismo femminile può essere molto utile tenere presente come nella storia delle donne si è andata definendo e

ancora oggi si definisce, l’identità femminile tra costruzione sociale e auto- determinazione delle donne (Rivera Garretas, 1988; Cavarero e Restaino, 2002). Avendo presente questo contesto, è più eloquente e significativo quanto la letteratura ci dice sul bullismo femminile inteso come violenza in- diretta e psicologica, difficile da percepire e da vedere poiché fondato su di- namiche “subdole”, sotterranee, su gesti di violenza e di aggressività che si sviluppano tra le pieghe delle relazioni femminili. Un tipo di aggressività che tende a fare dell’esclusione, dell’isolamento di una in relazione ad un gruppo di pari e/o della maldicenza e della denigrazione di altre ragazze, i suoi tratti peculiari.

La specializzazione femminile nell’aggressione relazionale (Occhini, 2010) trova una sua ragion d’essere alla luce del fatto che storicamente le donne sono state escluse dalla dimensione pubblica e sociale per essere con- finate nel privato e nella cura delle relazioni. Il territorio delle donne è dun- que quello dei rapporti che sono dunque una “specializzazione femminile”, usati per esercitare sia la cura sia il potere e il controllo.

Grazie al grande lavoro della critica femminile e femminista degli ultimi cinquant’anni, è emerso quanto la cultura patriarcale abbia addestrato le bambine e le donne ad aderire al ruolo di soggetti deboli, a mostrarsi dolci, passive, accudenti lasciando ben poco spazio all’espressione creativa degli aspetti aggressivi e delle pulsioni violente. Per le donne è stato più difficile esercitare altre parti, di segno opposto, l’altro lato del femminile, il lato oscuro.

La teorica e femminista americana Adrienne Rich nel 1979 intitolò uno dei suoi libri dedicato alla scrittura femminile On Lies, Secrets, and Silence, (trad. it. Segreti, silenzi, bugie. Il mondo comune delle donne). Questo titolo nomina alcuni aspetti tipici di una grammatica e di un lessico femminile, che rievoca quanto studiato sul bullismo femminile inteso come relazioni aggres- sive tra simili: relazioni che possono rivelarsi di grande complicità e alleanza oppure diventare violente e distruttive. Il testo affronta il tema delle donne che tra molti sforzi giungono alla scrittura intesa come capacità di nominarsi, di trovare una voce nello spazio pubblico in un contesto sociale che rende loro la vita molto ardua. Le donne nella difficoltà del loro procedere, appren- dono svariate strategie di sopravvivenza oltre che una grammatica del “mondo comune femminile”, che presenta un lato luminoso e creativo e uno denso di ombre e di disfacimento.

La violenza indiretta e relazionale ha a che fare con questa grammatica e con la non iscrizione nell’ordine simbolico del discorso di un negativo che possa dirsi anche al femminile senza essere demonizzato. Nel mondo co- mune delle donne troviamo la solidarietà e la sorellanza, la competizione e

la distruttività. Il bullismo femminile mette allo scoperto il difficile itinerario che le ragazze devono percorrere per individuarsi come donne, nel conti-

nuum materno, nella tensione che comporta attraversare “la parte oscura

delle relazioni femminili” (De Vita, 2018). La parziale invisibilità del bulli- smo femminile, così come dell’omosessualità femminile, ha proprio a che fare con gli spazi della relazione come spazi privilegiati (dalle donne) o ob- bligatori (per le donne). Sappiamo infatti che pur prevedendo un pubblico, i gesti di bullismo vengono compiuti dalle ragazze nei luoghi più intimi o na- scosti come i bagni, gli spogliatoi, i corridoi, oltre che nelle chat e sui cellu- lari. A questa invisibilità, ci dicono i dati dell’Istat (Blangiardo, 2019), cor- risponde tuttavia una percentuale di vittimizzazione più alta per le ragazze (9,9%) rispetto a quella vissuta dai ragazzi (8,5%). Questi dati confermano che per comprendere e studiare il bullismo femminile è necessario adoperare chiavi di lettura e strumenti che sappiano entrare nelle specificità delle rela- zioni tra ragazze e in particolare del loro lato oscuro.

L’invisibilità del femminile dunque ritorna come tratto distintivo sia nel bullismo tra ragazze che nell’orientamento sessuale. L’omosessualità fem- minile, come tutto quello che concerne le donne verrebbe da pensare, è meno visibile, meno minacciosa, meno significativa. È meno. In relazione al più che continua a rimanere saldamente identificato con il maschile.

Se l’omosessualità maschile rimbalza come un attentato ai pilastri di un sistema patriarcale eteronormativo, l’orientamento sessuale delle donne non ha la medesima potenza disgregante, fa meno male ed è quindi socialmente meglio tollerata. Ancora una volta si pone una difficile scelta tra conformarsi mimeticamente al maschile aderendo a quella misura neutro-maschile – an- cora così circolante – o percorrere, anche nei corridoi e negli spogliatoi della violenza e dell’aggressività tra ragazze, altre strade.

2. Ascoltando le ragazze diciottenni nei Focus group. Le

Documenti correlati