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Gli Anfiteatri

L’anfiteatro è un edificio per spettacoli tipicamente romano e rappresenta il monumento simbolo della romanità, tanto che sono oltre 180 quelli noti nell’area dell’antico impero romano. Questo monumento sembra sia sorto in conseguenza delle esperienze sviluppatesi nei fora, dove almeno dal III sec. a.C. erano ospitati i munera. Infatti, a partire proprio dalle piazze attrezzate con palizzate e tribune di legno rimovibili, si sarebbero definiti i canoni dello spazio adatto ad un corretto svolgimento e a una migliore godibilità dei giochi gladiatori. Col passare del tempo lo scenario forense si rivelò, infatti, inadeguato a soddisfare le richieste di un pubblico sempre più numeroso e a sostenere il ritmo con cui si susseguivano gli spettacoli. Lo stesso ambiente del foro, per la sua forma rettangolare, risultò limitativo ai fini dello spettacolo e il passo successivo fu quindi l’ideazione della pianta ellittica. Il termine anfiteatro87, comparso per la prima volta nel trattato di Vitruvio,

andò a sostituire quello più antico di spectacula88 che poneva in evidenza non l’edificio, ma

la sua funzione.

Da un punto di vista planimetrico il monumento si presentava, come detto, a pianta ellittica, formato da muri radiali che sorreggevano le gradinate disposte attorno a uno spazio anch’esso ellittico, definito arena dalla sabbia che vi era stesa. Un altro elemento tipico dell’anfiteatro era il podium, un’alta barriera che delimitava l’arena e creava una cortina di protezione per il pubblico che occupava i gradini più bassi. Questo aveva un’altezza media di 2,60 m. e si presentava come una sorta di anello ovale a parete continua liscia, spesso con decorazioni dipinte o scolpite, su cui si aprivano le porte per l’accesso all’arena. Le gradinate della cavea, che solitamente erano realizzate in pietra ad esclusione dell’ultima fila costruita in legno che prendeva il nome di summa cavea in ligneis, erano suddivise in senso orizzontale in maeniana. In questo modo veniva ripartita in ima, media e summa

cavea, zone a cui corrispondeva una gerarchia per l’assegnazione dei posti. Questa parte

della struttura, inoltre, serviva anche alle esigenze pratiche degli spettacoli. Al di sotto delle gradinate si trovavano, infatti, i carceres, dove venivano rinchiusi gli animali, il corridoio sotto il podium che poneva le celle, dove erano situati solitamente i gladiatori, in diretto collegamento con l’arena ed infine le gallerie che immettevano nell’arena. Per quanto riguarda i carceres, questi avevano solitamente piccole dimensioni e coperture a volta e

87 L’etimologia del termine è stata dibattuta. Isidoro di Siviglia, nella sua Etymologiae, scrive che l’anfiteatro deriva il

suo nome “dall’essere composto da due teatri tra loro contrapposti”, ma in realtà è più probabile che all’inizio il termine ἀμϕιϑέατρον avesse valenza di aggettivo a cui doveva unirsi o sottintendersi un sostantivo, quale ad esempio “edificio”, col significato di una costruzione destinata agli spettacoli dove si poteva guardare da tutt’intorno.

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una o due porte potevano aprirsi sul corridoio di servizio che conduceva all’arena. Dove non sono stati identificati veri e propri carceres, sono però stati rinvenuti di solito piccoli ambienti con simili funzioni, ottenuti dalla ripartizione dei corridoi di servizio oppure scavati nel sottosuolo. Il collegamento dell’arena con l’esterno era garantito dalle quattro porte che si aprivano alle estremità degli assi, chiuse normalmente con battenti in legno. Una delle due porte sull’asse maggiore aveva anche un ruolo di particolare prestigio, dal momento che permetteva l’ingresso della pompa trionfale. Ad essa era contrapposta la porta

Libitinensis, da cui venivano fatti uscire i gladiatori morti per essere trasferiti nello spoliarium, dove venivano spogliati delle armi prima della sepoltura. Dalla prima età

imperiale alcuni anfiteatri furono dotati anche di sotterranei che avevano il compito di consentire effetti spettacolari: da qui emergevano ricche scenografie, animali di grossa taglia e gladiatori. Un altro elemento tipico dell’anfiteatro era il velarium, un grande telone che veniva issato per proteggere dai raggi del sole. Questo era composto da lunghe strisce, inizialmente realizzato nello stesso tessuto delle vele e poi in lino. Un sistema di corde e carrucole consentiva di manovrarle velocemente.

Esternamente l’edificio si presentava, di solito, con una serie di arcate sovrapposte e l’ultimo piano era spesso costituito da una parete piana, forata da finestre rettangolari. Normalmente gli anfiteatri vedevano anche la realizzazione di cappelle o piccoli sacelli ricavati nella cavea in corrispondenza solitamente delle estremità degli assi minori. Questa usanza risulta, però, quasi del tutto assente in tutto l’ambiente cisalpino.

Gli spettacoli che si tenevano all’interno di questo monumento potevano essere lotte tra gladiatori, i munera gladiatoria, con bestie feroci, le venationes, e le naumachie, ossia combattimenti gladiatori su barche, in occasione delle quali l’arena veniva artificialmente allagata89.

53 Tabella 3 Datazione Augusta Praetoria Augusta Taurinorum

Bergomum Comum Eporedia Laus

Pompeia

Mediolanum Ticinum Vercellae

I sec. a.C. A I sec. d.C. A a A A II sec. d.C. a A A

Legenda: A = Anfiteatro, resti accertati, fondazione ; a = Anfiteatro, esistenza presunta, fondazione .

Come risulta dalla tabella 3, per quanto riguarda la cronologia, la situazione più peculiare appare essere quella di Comum. Infatti, il suo anfiteatro è stato ipoteticamente datato tra la fine della repubblica e l’inizio del principato augusteo, rendendolo così uno tra i più antichi anfiteatri non solo transpadani, ma di tutta la Cisalpina. Questa datazione si basa in particolare sul rinvenimento di alcuni “frammenti di pavimentazioni in cocciopesto con inserti marmorei”90 che vennero trovati tra il materiale di riempimento, databili alla fine del

I sec. a.C. La loro pertinenza all’anfiteatro risulta quasi assodata, anche se non è certo se appartenessero direttamente all’edificio o ad ambienti ad esso inerenti quali ambulacri, portici, corridoi o altro. Inoltre, un altro elemento che fa propendere per una datazione così anticipata è costituito dalla tecnica costruttiva delle sostruzioni radiali in piccoli blocchi di pietra di Moltrasio che si potrebbe raffrontare con quella dei tratti di mura di età cesariana rinvenuti a Como. Tuttavia, per questo edificio, disponiamo anche di un quasi sicuro

terminus ante quem, costituito da una lettera di Plinio91. In questo testo, indirizzato a

Pompeo Saturnino, l’autore lo invita a riesaminare il discorso che egli tenne ai suoi concittadini al momento della consegna ufficiale della biblioteca, suo dono alla città. Poiché in questa lettera allude ai ludi gladiatori92, si può presupporre che già prima di questo

90 Luraschi 1993, p. 127. 91 Plin. Ep. 1, 8.

92 Nella lettera Plinio espone la sua indecisione riguardo al pubblicare o meno il discorso tenuto in occasione della

consegna della biblioteca. Il problema è suscitato dal fatto che questo gli appare “paulo quasi gloriosus et elatius” per cui sarebbe poi stato obbligato a fare considerazioni sulla munificenza sia dei suoi genitori che propria. Tra gli argomenti a favore della pubblicazione vi è il desiderio di additare un esempio di beneficenza che altri avrebbero potuto e dovuto seguire: l’allevamento dei fanciulli che Plinio contrappone ad altre più popolari ma effimere e

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importante avvenimento, datato al 96 d.C., esistesse a Como un anfiteatro ben funzionante.

Per quanto riguarda gli altri anfiteatri, la datazione, spesso oscillante lungo un ampio arco temporale, non risulta di così semplice definizione a causa della grande incertezza cronologica che questa tipologia di edifici ha sempre offerto, dovuta alla mancanza di testimonianze scritte, dati epigrafici e stratigrafici precisi. Ad esempio, manca un elemento datante sicuro per il teatro di Augusta Praetoria, che inizialmente venne attribuito al 25 a.C., ossia alla data di fondazione della colonia. A sostegno di questa ipotesi vi è il contesto urbanistico in cui si inserisce l’anfiteatro93, che sorge in un quartiere apposito, di fianco al

teatro, all’interno della rigorosa divisione ad insulae della colonia di nuova fondazione (fig. 47). Per questo motivo si è spesso ritenuto che la sua realizzazione fosse avvenuta contemporaneamente alla sistemazione urbanistica della città. In realtà, è molto probabile che questo edificio ludico fosse già compreso nel progetto del centro, ma che la sua realizzazione sia avvenuta solamente all’inizio del secolo successivo, una trentina di anni dopo rispetto alla fondazione, e successivamente al completamento del vicino teatro. Per l’edificio di Mediolanum, la sua erezione viene comunemente datata ai primi decenni del I sec. d.C. In questo caso ci si basa esclusivamente sui reperti ritrovati nello strato in cui l’anfiteatro pone le sue fondamenta, databili per la maggior parte ad un periodo compreso tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. Più precisamente sono state rinvenute sigillate italiche databili tra l’ultimo trentennio del I sec. a.C. e l’inizio del I sec. d.C. e sigillate nord italiche risalenti anch’esse a inizio I sec. d.C. Inoltre si tende a posizionarlo in anni successivi all’edificazione del teatro della città94.

Un caso più sicuro di datazione risulta, invece, quello di Eporedia. Qui, durante le analisi delle sostruzioni del settore sud-ovest della cavea, sono state intercettate strutture riferibili ad una domus antecedente, demolita per la costruzione dell’edificio pubblico95. I reperti

ceramici rinvenuti orienterebbero verso una datazione del periodo di vita della stessa dall’età augustea a quella neroniana, così come lo studio stilistico delle pitture parietali indicherebbe due fasi abitative per la domus, comprese tra il 30 e l’80 d.C., e tutto ciò costituisce un prezioso terminus post quem per l’anfiteatro. Inoltre, la tecnica edilizia trova

diseducative munificenze. Egli infatti dice “non ludos aut gladiatores sed annuos sumptus in alimenta ingenuorum

pollicebamur”. Plin. Ep. 1, 8, 10. (Luraschi 1993, p. 116-118). 93 A questo riguardo si parlerà più nel dettaglio nel capitolo 4.

94 Il quale, come si è detto nel paragrafo precedente, risale alla fine del I sec. a.C. 95 Questa situazione verrà analizzata maggiormente nel capitolo 4.

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confronti all’interno della stessa Eporedia in un edificio96 databile al terzo quarto del I sec.

d.C.97.

Per gli ultimi casi presi in esame, la situazione è invece più complicata ed incerta. L’anfiteatro di Augusta Taurinorum non è ancora stato archeologicamente individuato98 e

la datazione proposta ipoteticamente al II sec. d.C. non presenta in realtà prove o motivazioni a sostegno99, se non per confronti congetturali con altre situazioni della

cisalpina.

Quello rinvenuto a Laus Pompeia si data tra la fine del I sec. d.C. e l’inizio del II sec. d.C., ma si ritiene che la prosecuzione delle analisi e degli scavi ne potrà precisare meglio la cronologia. L’anfiteatro di Bergomum, invece, viene datato genericamente al I sec. d.C., ma esclusivamente sulla base di somiglianze stilistiche tra alcune decorazioni architettoniche rinvenute nell’area ipotetica del monumento e simili strutture dell’anfiteatro di Nemausus100. Infatti, questo edificio transpadano non è ancora stato rinvenuto101,

analogamente alla situazione di Augusta Taurinorum.

Infine, l’anfiteatro di Vercellae si data in età imperiale, tra l’ultimo venticinquennio del I e l’inizio del II sec. d.C., periodo durante il quale vengono realizzati alcuni interventi nel quartiere dell’anfiteatro che provocano una risistemazione dell’intera area. Si assiste a una distruzione di edifici precedenti per fare spazio all’anfiteatro, a una risistemazione dell’impianto viario e alla realizzazione di impianti di smaltimento delle acque per l’intera area costituiti da canalette con struttura in legno e copertura in laterizi che sostituiscono gli scarichi a cielo aperto delle fasi precedenti.

96 Si tratta di un edificio di “III periodo” scavato nell’isolato tra piazza Balla e vicolo dell’Arco, per il quale si rimanda

a Brecciaroli Taborelli 1985, p. 50.

97 Un ulteriore riferimento cronologico è costituito anche dall’anfiteatro di Forum Cornelii, planimetricamente e

strutturalmente molto vicino a quello piemontese, anch’esso datato entro il I sec. d.C. A riguardo si rimanda a titolo esemplificativo a Capoferro Cencetti 1983, p. 264.

98 Tuttavia, se ne presuppone l’esistenza sia perché normalmente città romane di estensione e popolamento simile ad Augusta Taurinorum erano dotate di un anfiteatro, sia perché ne viene citata la presenza in documenti cinquecenteschi,

che però non si dilungano in descrizioni dell’edificio e ci forniscono solo pochi elementi utili a individuarne, a grandi linee, la posizione. Tra queste testimonianze vi è quella del giurista Guido Panciroli, il quale, all’inizio del seicento, afferma che “Fuor di Torino nella strada verso Pinerolo, si vedono i vestigi d’un anfiteatro, se bene nò di quella perfettione dell’anfiteatro di Verona” (Panciroli 1612, p. 56).

99 Benché non supportata da dati archeologici o epigrafici, la datazione proposta da Carlo Promis (Promis 1869, p.

189) e ripresa da Goffredo Bendinelli (Bendinelli 1929, p. 37) è ancora oggi ritenuta valida.

100 Per un’analisi di questi rinvenimenti si rimanda al capitolo 5 paragrafo 3.

101 Anche a Bergomum se ne presuppone l’esistenza grazie soprattutto a dati indiretti. Si tratta, in questo caso, di una

testimonianza del ‘500 secondo cui “in clivio en circi vestigia certa Ioannis juxta aedes sacras, marmore creba suo.

Nominat hanc passim vulgus cognomine arena, sic quoque Veronae magna theatra vocant” (Muzio 1596, p. 60).

Sebbene si faccia riferimento ad un teatro, è più probabile si trattasse di un anfiteatro. Altri elementi a sostegno dell’individuazione dell’edificio sono costituiti da un’epigrafe su cui si ricorda la vittoria del gladiatore Pinnesis su

V.Vaerianus durante dei giochi avvenuti a Bergomum (CIL V 5123 e 5124), e l’andamento curvilineo di alcune mura

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Dal punto di vista strutturale coesistono in Transpadana due tipologie anfiteatrali. La prima, definita “canonica”, presenta un anfiteatro a volume interamente costruito con una sequenza indifferenziata di arcate sovrapposte inquadrate da lesene che possono essere di vari ordini. In questa tipologia rientrano la maggior parte degli anfiteatri romani, e anche di quelli transpadani. Sono così realizzati, infatti, gli edifici di Laus Pompeia, di Mediolanum (fig. 85) e di Vercellae.

Ma esiste un’altra tipologia, definita “provinciale”, caratterizzata da un’arena artificialmente scavata e da una cavea in parte poggiante su un’elevazione naturale e in parte costruita a terrapieno frazionato, vale a dire attraverso l’utilizzo della terra di riporto dello scavo dell’arena. Le gradinate, quindi, in parte affondano in un’arena profondamente scavata e in parte ne emergono, strutturandosi sul terrapieno. In questo tipo di anfiteatro la cavea risultava normalmente costituita da anelli non tanto alti (fig. 17) e, per ospitare un gran numero di spettatori, si ampliavano le dimensioni della cavea. In questo modo lo spazio interno andava definendosi in estensione e non in altezza e il volume esterno andava configurandosi sostanzialmente come un ampio ed uniforme recinto relativamente basso, animato unicamente da contrafforti e dalle aperture degli ingressi.

Figura 17: Esempio di cavea realizzata su terrapieno frazionato (da Golvin 1988).

Rientrano in questa tipologia gli edifici di Augusta Praetoria (fig. 49) e di Eporedia (fig. 69). Nel primo caso, l’arena fu realizzata sotto il livello del suolo, in modo che la parte inferiore della cavea potesse addossarsi al terreno, ma il secondo ordine di gradinate si addossava a circa sessanta arcate larghe 2 m. e intervallate da semicolonne di ordine tuscanico, apparendo esternamente simile al tipo canonico102. Ad Eporedia, invece, si utilizzò un

naturale avvallamento del terreno per appoggiarvi il lato nord della cavea, realizzando il lato sud con la tecnica del terrapieno. Un lungo muro rettilineo, quasi parallelo all’asse

102 Per questo motivo l’anfiteatro di Augusta Praetoria viene a volte inserito nella tipologia canonica, benché

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maggiore dell’anfiteatro, sembra aver avuto funzione sostruttiva ed è stato individuato a una decina di metri dal limite meridionale della cavea, rinforzato esternamente da contrafforti disposti ad intervalli irregolari a cui si alternano aperture quadrangolari, probabilmente buche per lo scolo delle acque provenienti dal terrapieno.

Da un punto di vista geomorfologico, il monumento di Eporedia fu realizzato su un terreno costituito in prevalenza da ghiaia grossolana e ciottolosa, di deposito diluviale, che declinava sensibilmente verso la sponda sinistra del fiume che scorreva a sud della costruzione, la Dora Baltea. Nonostante questo, però, l’opera non richiese particolari tipologie di fondazione, risultando il terreno comunque abbastanza compatto da poter sostenere la mole dell’edificio ludico.

Situazione diametralmente opposta è quella, invece, riguardante l’anfiteatro di Comum, che rientra nella tipologia canonica. In questo caso, sembra che sia stato realizzato addirittura su un terreno probabilmente non sfruttato precedentemente. La motivazione è dovuta al fatto che risulta costituito da un livello lacustre a cui si sovrappongono depositi fluviali pertinenti al torrente Cosia. Inoltre, la vicinanza del lago rendeva il sito ancor meno adatto a sostenere delle costruzioni, con un terreno che Vitruvio avrebbe definito “congesticus ad imum aut paluster”103. Per ovviare a questo problema fu realizzata una

platea di fondazione in opus caementicium, dell’altezza massima di 3,60 m., a sua volta impiantata su una palificazione in legno di ontano, secondo i canoni vitruviani. Alcuni carotaggi hanno dimostrato che la parte più profonda della platea è costituita da un’alternanza di blocchi omogenei di calcare di Moltrasio spessi da 10 a 20 cm e strati di malta tenacissima spessa da 4 a 10 cm, adatti a sostenere elevati carichi.

Per quanto riguarda le tecniche edilizie, possiamo affermare che praticamente tutti gli anfiteatri presi in esame presentavano murature con un nucleo interno in opus

caementicium, costituito generalmente da conglomerato di ciottoli legati da malte diverse.

Ad esempio, la malta rinvenuta nelle sostruzioni dell’edificio di Eporedia risulta essere molto sabbiosa, mentre quella usata a Laus Pompeia e Mediolanum era più tenace. Le differenze principali sono riscontrabili, invece, nella tecnica utilizzata per la realizzazione del paramento del nucleo di cementizio. Infatti, l’opera cementizia presentava un inconveniente e cioè il fatto che dalla sua superficie affioravano in modo irregolare

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caementa di forme, dimensioni e materiali diversi e per questo non poteva essere lasciato

in vista negli alzati degli edifici, ma doveva essere coperto con un paramento che fosse coerente con il nucleo cementizio e contemporaneamente presentasse un aspetto migliore e potesse eventualmente essere rivestito con materiali nobili o intonacato104. Ad Eporedia

e Vercellae questo risulta essere in opus vittatum mixtum, mentre i casi di Augusta

Praetoria e Mediolanum si presentano in opus quadratum in bugnato rustico. In questi ultimi

due casi la stessa tecnica si riscontra estesa anche ai pilastri in facciata.

L’utilizzo di tecniche edilizie molto simili all’interno di tutta la Transpadana per questo genere di edifici lungo un arco di tempo molto ampio, dimostra il perdurare a lungo di una tecnica che resiste ai cambiamenti delle situazioni economiche, sociali, politiche, mentre la scelta dei materiali e dei leganti dipende sì dalla situazione contingente. Per questo motivo non è possibile accumunare cronologicamente edifici realizzati con la stessa metodologia e perciò le analisi delle tecniche edilizie non risultano utili per la definizione cronologica degli anfiteatri105.

Da un punto di vista planimetrico, nulla si può dire sugli anfiteatri di Augusta Taurinorum106

e Bergomum107, dal momento che non sono ancora stati archeologicamente rinvenuti,

mentre poche sono le notizie riguardanti l’edificio di Comum108, il quale è stato solo

recentemente definito con sicurezza come anfiteatro e di cui sono stati ritrovati esclusivamente resti di 7 mura radiali (fig. 65). Questo doveva essere di dimensioni esigue e con una arena ridotta a causa probabilmente della mancanza di spazio nel quartiere di edificazione. Anche a Vercellae109 sono stati rinvenuti solamente resti di mura, oltretutto

rasate tutte alla stessa altezza (fig. 107). Queste dovevano appartenere probabilmente alla parte occidentale dell’edificio, il quale era costituito da un’ellisse poco accentuata (fig. 106) con arena arrotondata e si articolava in tre maeniani. Inoltre, in corrispondenza dell’accesso occidentale sull’asse maggiore, si apriva un ampio vano non collegato all’arena, di destinazione incerta. È possibile che questo ambiente avesse una funzione di servizio, come è stato appurato per una cavità pertinente all’anfiteatro di Laus Pompeia. In quest’ultimo caso è molto probabile si trattasse di un carcer (fig. 77), struttura rinvenuta in

104 Gualandi 1992, p. 108. 105 Maggi 1996, p. 377.

106 Per il quale si rimanda alla scheda n. 3 nell’appendice del presente lavoro. 107 Scheda n.5 in appendice.

108 Si veda a proposito la scheda n. 6. 109 Scheda n. 15 in appendice.

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numerosi edifici ludici simili. Anche a Laus Pompeia110 è stata scavata la porzione

occidentale del monumento, che doveva presentare l’ingresso principale verso nord, dove