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Il teatro nel mondo romano si sviluppa da quello greco, o meglio dall’evoluzione ellenistica del teatro greco di età classica. Questo, secondo le testimonianze archeologiche, risultava appoggiato a una collina, di cui sfruttava il pendio naturale, senza sostruzioni artificiali in pietra. L’orchestra, lo spazio riservato al coro, era impostata su una circonferenza, circondata per oltre la metà dalle gradinate in pietra della cavea, destinate agli spettatori, e tangente alla scena. Quest’ultima, originariamente in legno, era suddivisa da aperture ed elementi architettonici e da essa sporgeva il palcoscenico su cui recitavano gli attori; tra la cavea e l’edificio scenico si trovavano due passaggi laterali scoperti attraverso i quali si raggiungeva l’orchestra.

Il teatro romano, secondo le indicazioni di Vitruvio68 e le testimonianze archeologiche, è

caratterizzato da uno spazio a forma di semicerchio corrispondente all’orchestra ellenistica, ma più piccolo, circondato da gradinate. La circonferenza di questo spazio, completata idealmente, era tangente alla parete di fondo della scena, la scaenae frons. Delle scalette suddividevano la cavea in cunei fino al primo degli ambulacri orizzontali, che generalmente dividevano le gradinate in due o tre settori, detti maeniana; oltre questo primo ambulacro si raddoppiava il numero delle scalette e si aveva il doppio dei cunei.

Una caratteristica della cavea romana, in contrapposizione a quella greca ed ellenistica, consiste nel fatto che essa poteva non sfruttare un pendio naturale ed essere invece interamente costruita in alzato su un terreno piano, tramite l’utilizzo di muri radiali collegati da volte69. In questo modo la posizione dei teatri era quasi sempre esito di scelte e non di

condizionamenti. L’accesso alle gradinate non avveniva più esclusivamente dall’orchestra come nei teatri greci, bensì tramite rampe e scale raggiungibili dall’ambulacro esterno che si affacciavano alla cavea con delle aperture, i vomitoria. Va considerato, però, che anche in ambito romano sono numerosi i teatri che sfruttano pendii naturali o terrapieni70. Negli

edifici più antichi la cavea era coronata da un ambulacro coperto, la crypta, e poi da un

porticus in summa gradatione. Una delle differenze principali con il teatro ellenistico era

l’orchestra, che in ambito greco era destinata al coro, mentre in area romana era occupata dagli spettatori di riguardo che sedevano su sedili mobili, i subsellia. Inoltre, la cavea si unisce, passando al di sopra degli accessi laterali dell’orchestra, all’edificio scenico, spesso

68 Vitruvio affronta il tema del teatro romano nel suo trattato De architectura, libro V, 1-10.

69 Dell’autonomia strutturale del teatro romano è testimone sempre Vitruvio che ricorda esplicitamente la pratica di

costruire questi edifici “si necessitas coegerit in plano aut palustri loco” Vitr. De Arch. V, 3, 3.

70 Tra i più noti nell’area dell’Italia settentrionale vi sono i teatri di Verona, Brescia, Pola. Tra i casi presi in esame,

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fornito sulla parte posteriore di un porticus post scaenam. Secondo le indicazioni di Vitruvio, per ragioni acustiche, ossia per evitare la dispersione delle voci degli attori, sia la cavea che la scena dovevano raggiungere la stessa altezza. La scena era costituita quindi da un’alta parete, più larga di quella greca, e chiusa nella parte superiore da un soffitto inclinato. Durante gli spettacoli dei tendoni, i velaria, venivano stesi sulla cavea per riparare gli spettatori dal sole, mentre alla fine un sipario, detto aulaeum, manovrato dal basso, veniva sollevato a nascondere la scena. Quest’ultima era ornata da prospetti architettonici e porte e preceduta dal palcoscenico, il pulpitum, alto non più di 1,50 m., su cui recitavano gli attori. La scaenae frons poteva essere fornita di rientranze e nicchie di varie forme, ornata da colonne, statue, bassorilievi, marmi policromi e poteva, dunque, raggiungere un fastoso sviluppo monumentale.

Per quanto riguarda gli spettacoli che vi si svolgevano, potevano essere di diverso tipo: comprendevano tragedie, sia di soggetto romano che greco, commedie, e mimi. A volte l’orchestra poteva essere utilizzata per giochi gladiatori, spettacoli mimici in acqua e altro. Bisogna sottolineare, però, che questo genere architettonico giunse nel mondo romano con un certo ritardo, dovuto alla paura che potesse diventare, come nelle città greche, “un luogo d’incontro per i cittadini e inevitabilmente un focolaio di agitazione democratica” 71.

Solo con la pax Augustea questi timori vennero superati e si assistette alla diffusione del teatro in maniera capillare anche su tutto il territorio italico. L’idea che il teatro fosse un valido promotore di vita sociale ed urbana lo rese un elemento fondamentale e imprescindibile nell’ampio fenomeno di urbanizzazione che coinvolse in quel periodo tutta la penisola, e per questo fu oggetto di evergetismo da parte anche di singoli membri delle comunità72.

71 Frézouls 1974, p. 39.

42 Tabella 1 Datazione Augusta Praetoria Augusta Taurinorum

Bergomum Comum Eporedia Laus

Pompeia

Mediolanum Ticinum Vercellae

Fine I sec. a.C. T T t T t Inizio I sec. d.C. T r T Fine I sec. d.C. T r T

Legenda: T = Teatro, resti accertati, fondazione ; t = Teatro, esistenza presunta, fondazione ; T r = Teatro, resti accertati, ricostruzione .

Come si evince dalla tabella 1, anche la Transpadana vide il diffondersi dei teatri durante l’epoca di Augusto. Alla fine del I sec. a.C. risalirebbe, infatti, l’edificazione di gran parte dei teatri rinvenuti nella Regio XI, con le sole eccezioni dei teatri di Eporedia e Laus

Pompeia. Nell’ultimo caso, la datazione risulta ipotizzata sulla base di alcuni termini post e ante quem. Infatti, il teatro di Laus Pompeia viene datato genericamente all’inizio del I sec.

d.C. sulla base del ritrovamento, durante gli scavi archeologici, di un fossato databile alla fine del I sec. a.C. che risulta obliterato dalle fondazioni dell’edificio ludico. Si ritiene, inoltre, che sia stato edificato prima del vicino anfiteatro, databile tra la fine del I sec. d.C. e l’inizio del II sec. d.C., secondo il diffuso uso da parte dei romani, accertato in molti altri casi73, di

realizzare prima il teatro e solo successivamente l’anfiteatro. Anche per quanto riguarda la colonia di Eporedia non disponiamo di dati archeologici sicuri riguardo alla datazione del teatro, che anche in questo caso viene ipotizzata in relazione alla fase di monumentalizzazione della colonia, risalente all’età Flavia, quando venne edificato l’anfiteatro. Casi del tutto particolari risultano anche quelli di Comum e Ticinum, dove i teatri non sono neanche stati archeologicamente individuati. Ma se nel caso di Ticinum sono stati rilevati almeno alcuni resti74 attribuibili, in maniera non del tutto certa, al teatro, a

73 È così che avviene nei centri maggiori come, ad esempio, Mediolanum o, sempre in Italia settentrionale, a Verona. 74 Si tratta di un unico muro dall’andamento curvilineo rinvenuto durante i lavori di ampliamento del Liceo Classico

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Comum le ricerche non hanno ancora portato ad alcun rinvenimento75. In entrambi i casi,

però, dati storici ed epigrafici fanno ipotizzare la presenza di teatri databili all’età augustea, o addirittura anteriori. Per Ticinum ci si basa soprattutto sullo stretto legame esistente tra la colonia e Augusto76, in onore del quale sarebbe stato eretto il teatro. Per quanto riguarda

Comum, invece, una citazione nel Corpus Inscriptionum Latinarum allude al rinvenimento

di un’epigrafe77, reimpiegata in Piazza San Fedele e oggi perduta, che citerebbe l’esistenza

di un theatrum. Per la sua datazione si è fatto riferimento alla particolare storia della colonia comasca, che vide una rifondazione da parte di Cesare con l’attribuzione della cittadinanza romana ai coloni78. È probabile che proprio per accogliere le celebrazioni di riconoscenza

per la cittadinanza acquisita e per manifestare sostegno a Cesare, Novum Comum sia stata dotata di un edificio teatrale negli anni immediatamente successivi alla fondazione della colonia cesariana nel 58 a.C.79. Se questa ipotesi dovesse trovare riscontro anche a

livello archeologico, si tratterebbe del più antico teatro dell’area transpadana.

Prendendo in considerazione, invece, Augusta Praetoria e Mediolanum, possiamo affermare che le due colonie transpadane videro la realizzazione dell’edificio teatrale in anni quasi contemporanei. La prima si presenta come una colonia di nuova fondazione, che vide l’edificazione del teatro negli anni immediatamente successivi (dopo il 25 a.C.), all’interno di uno spazio probabilmente già destinato nel piano urbanistico della nuova città. L’antica capitale insubre ne vide la realizzazione intorno agli stessi anni, ma all’inizio di un processo differente, ossia di urbanizzazione e nuova espansione dell’antico centro ormai divenuto colonia di pieno diritto latino. Il teatro, infatti, risulta a Mediolanum il più antico edificio pubblico noto.

75 Per quanto riguarda il sito del possibile teatro di Comum, alcune ipotesi lo hanno identificato nel tessuto edilizio

della Cortesella, un quartiere integralmente demolito nel 1939 che presentava una forma quasi perfettamente semicircolare. Secondo Gianfranco Caniggia, ad imporre questa forma sarebbe stata la struttura di un preesistente teatro romano, che anche dopo la sua rovina avrebbe condizionato l’edilizia successiva. L’esistenza dell’edificio risulta però difficile da provare, a causa del fatto che l’area è pressoché occupata da costruzioni moderne e l’acqua della falda freatica impedisce la realizzazione di scavi regolari. L’unico tentativo finora svolto, nel 1987, non ha dato esiti apprezzabili e i carotaggi non hanno intercettato strutture di fondazione fino a 2,40 m. Non è da escludere, però, che l’alzato possa essere stato in legno, non necessitando quindi di grandi fondazioni e a dimostrazione della possibile antichità del teatro stesso. (Luraschi 1993, pp. 125-127). Per un’analisi più approfondita riguardo all’unico scavo effettuato si rimanda a Fortunati Zuccala - Castelletti 1998, pp. 122-123.

76 Questo legame è testimoniato, ad esempio, dalla permanenza di Livia e Augusto nella colonia nel 9 a.C., in attesa di

Tiberio e delle spoglie di Druso Maggiore, come risulta da molti testi antichi (Tac. Ann. III 5, 1; Svet. Tib. 7, 6).

77 Il testo recita “Et non multo longius marmorea quaedam frusta effossa sunt cum litteris grandioribus, sed intercisis, quae theatri nomen adhuc tenent” Cil V 5261.

78 A riguardo si rimanda al Capitolo 1 del presente lavoro e, per approfondire, a Luraschi 2013, pp. 20-30.

79 Si propende per una datazione cesariana del teatro anche sulla base del terminus ante quem costituito dalla datazione

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Infine, bisogna analizzare il caso del tutto peculiare dell’edificio teatrale di Augusta

Taurinorum. Infatti, dall’analisi delle stratigrafie e della struttura muraria e del monumento

in generale, si è giunti alla conclusione che il teatro di questa città abbia avuto almeno tre o quattro diverse fasi di realizzazione e ristrutturazione. La prima edificazione sarebbe stata avviata subito dopo la fondazione della colonia, in età augustea, e si sarebbe protratta per un periodo piuttosto lungo. Una seconda e terza fase di ristrutturazione avrebbero avuto luogo all’inizio del I sec. d.C., per adeguare l’edificio probabilmente degradato, e infine all’età Flavia risalirebbe l’ultima restaurazione del teatro80.

Dal punto di vista strutturale, tutti i teatri transpadani sono stati realizzati con una struttura autoportante, con l’unica differenza del teatro di Eporedia. Questo, infatti, vide la costruzione della cavea poggiante per quasi due terzi, ossia tutto il settore occidentale e parte di quello orientale, direttamente sulla roccia opportunamente sistemata e integrata da murature in calcestruzzo. Lo si può quindi considerare una sorta di edificio misto, parzialmente autoportante, ma realizzato in una posizione favorevole per lo sfruttamento anche di un pendio. Gli edifici cosiddetti “misti”, come questo esempio piemontese, attestano una capacità di intervento sul terreno naturale molto consistente e anche più radicale rispetto agli adattamenti riscontrabili nel mondo greco81.

Costruito in una posizione geomorfologica meno favorevole risulta invece il teatro di

Mediolanum. Questo, infatti, sorgeva su un

terreno piuttosto franoso, per ovviare al quale vennero inserite nel terreno, a distanza ravvicinata (30 cm), numerosi pali in rovere. Sopra questa palificata poggiava una piattaforma realizzata in conglomerato di ciottoli, ghiaia e malta che, rappresa, formò una base molto solida su cui costruire l’alzato del teatro (fig. 12).

80 Mirabella Roberti 1984, p. 53; Framarin Di Benedetto 1985, p. 89; Tosi 2003, pp. 560-581; Brecciaroli Taborelli

2007, p.130; Brecciaroli Taborelli - Gabucci 2007, pp. 249-251; Caporusso et al. 2007, p. 76; Occelli - Castronovo 2007, pp. 335-337; Viccei 2014, pp. 235-244.

81 Esemplificazione della complessità di interventi sul terreno naturale sono i teatri di Volterra e Verona, meglio

analizzati.

Figura 12: Sezione ricostruttiva della cavea del teatro di Milano, da cui si può notare la tecnica edilizia. (da Caporusso

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I modi in cui, in varia misura, vennero sfruttate le possibilità offerte dalla conformazione del terreno rivelano come la natura del sito d’impianto, lungi dall’essere un fattore indifferente o comunque secondario di fronte alle possibilità offerte dallo sviluppo della tecnica edilizia romana, dovesse al contrario essere oggetto di un’attenta valutazione, e dovesse di volta in volta rispondere a precisi requisiti che variavano a seconda delle esigenze della comunità e delle capacità dei costruttori.

Ad esclusione della situazione milanese, che necessitò di interventi differenti per le fondamenta, tutti gli altri teatri presentano una tecnica edilizia simile, con sostruzioni costituite da muri radiali realizzate in opus caementicium. Questo poteva essere composto anche da ciottoli fluviali intervallati da filari in laterizio, come è stato rinvenuto nel teatro di

Eporedia e nel muro scoperto a Ticinum. Per quanto riguarda, invece, l’alzato, possediamo

poche evidenze, ma sia il muro perimetrale dell’edificio di Augusta Praetoria che i resti riferibili all’alzato del teatro milanese si presentano in opera quadrata.

Invece, l’analisi delle tipologie murarie del teatro di Augusta Taurinorum si è rivelata fondamentale anche per la definizione cronologica delle varie fasi dell’edificio. A ciascuna fase, infatti, corrispondono caratteristiche murarie specifiche, pur nell’omogeneità dei materiali utilizzati e nel ricorso all’opus incertum mixtum. Un caso a parte è costituito dalla seconda tipologia muraria, che di fatto non corrisponde ad una nuova fase di ricostruzione del teatro, ma costituisce solamente la testimonianza di un nuovo progetto, risalente a pochi decenni dopo la prima edificazione, che prevedeva la costruzione di un nuovo teatro a facciata curvilinea e che venne abbandonato a cantiere già iniziato.

La prima tipologia (fig. 13) corrisponde alla fase più antica del teatro e le murature si caratterizzano per l’essere costituite da gettate di conglomerato cementizio in ciottoli e malta, disposti senza un ordine preciso. Queste sono regolarizzate da un doppio ricorso di mattoni integri, in genere disposti in un filare di testa e nell’altro di taglio. Caratteristico è anche lo zoccolo di fondazione, anch’esso costituito da un doppio filare di mattoni.

Figura 13: Parascaenium, Tipologia I. (da Occelli – Castronovo 2007, p. 335, fig. 1).

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La seconda tipologia (fig. 14) vede murature simili alla prima fase e la differenza più evidente è costituita dallo zoccolo di fondazione, formato dalla gettata di conglomerato cementizio che poggia direttamente sul

terreno e non da mattoni. Altra differenza è la presenza, all’interno del conglomerato cementizio, non solo di ciottoli e frammenti laterizi, ma in qualche caso anche di abbondanti scaglie marmoree, forse derivanti da demolizioni che possono aver accompagnato il potenziamento delle strutture o essere legate al riallestimento della decorazione.

La terza tipologia (fig. 15) è rappresentata da alcune massicce murature, conservatesi quasi tutte limitatamente alla parte in fondazione e costituite da gettate di conglomerato cementizio con ciottoli spaccati in facciavista, che si restringono dalla più bassa alla più alta formando varie riseghe.

Figura 14: Scaena Frons, Tipologia II. (da Occelli – Castronovo 2007, p. 335, fig. 2).

Figura 15: Plinto di fondazione, Tipologia III. (da Occelli – Castronovo 2007, p. 335, fig. 3).

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L’ultima tipologia (fig. 16) si caratterizza per il larghissimo utilizzo di materiale reimpiegato, forse derivante dalle demolizioni che hanno preceduto la ricostruzione. Le murature sono costituite da gettate in conglomerato, formate

per lo più da mattoni frammentari e ciottoli e con la presenza, non molto frequente, di frammenti marmorei. Il paramento, anche se realizzato con materiale reimpiegato, sembra presentare ancora una certa uniformità, con filari piuttosto regolari sia in fondazione che in elevato. Questo si presenta, però, più regolare e con un più massiccio impiego del mattone soprattutto verso l’esterno dell’edificio. Un'altra peculiarità di questa tipologia è il largo utilizzo di blocchi lapidei nella cavea e nell’emiciclo più esterno82.

Per quanto riguarda la planimetria, nulla si può dire riguardo agli edifici di Ticinum e Laus

Pompeia83(fig. 79), dal momento che i rinvenimenti si riferiscono solo a limitate parti delle

sostruzioni. Oltre alle parti strutturali che non potevano mancare in un teatro, non sappiamo se fossero dotati di una porticus post scaenam o da altri ambienti di servizio.

In quasi tutti gli altri casi, sembra che la cavea fosse costituita almeno da due ordini di gradinate, che per quanto riguarda Augusta Taurinorum si presentavano in legno fino alla terza fase del teatro. Inoltre, risultano tutti dotati di una porticus post scaenam, che ad

Augusta Praetoria (fig. 52) e ad Eporedia (fig. 72) non aveva una funzione esclusivamente

legata all’edificio, ma nel primo caso serviva ad unire l’area dedicata ai ludi scaenici con quella occupata dall’anfiteatro, e nel secondo caso fungeva da connessione con il vicino

decumanus maximus. Quella di Augusta Taurinorum, invece, subì un’importante

ristrutturazione nella fase finale, con la realizzazione di un peristilio con un imponente colonnato lapideo (fig. 60). Inoltre, a Mediolanum ed Eporedia è venuto alla luce anche il fossato dell’auleum. Sempre per quanto riguarda questi ultimi due esempi transpadani,

82 Per una più approfondita analisi delle strutture murarie si rimanda a Occelli - Castronovo 2007, pp. 335-337. 83 Si veda la scheda 10 per il teatro di Laus Pompeia e la scheda 14 per quello di Ticinum, nell’appendice del presente

lavoro.

Figura 16: Fondazioni dell'emiciclo esterno della cavea, Tipologia IV.

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durante gli scavi sono stati rinvenuti anche parti del sistema di smaltimento delle acque. Ad Eporedia il muro di proscenio è fornito di una canaletta, collegata ad un condotto in muratura che attraversava la cavea e l’orchestra, la quale risulta inclinata da monte verso valle per permettere il deflusso delle acque. A Mediolanum, esternamente al porticato, è stato rinvenuto un tratto di canaletta in mattoni romani, a 3 m. di profondità, che doveva far parte del sistema di scarico delle acque del teatro.

A proposito della scena, in tutti gli esempi transpadani risulta difficile ricostruirne la struttura, soprattutto a causa degli scarsi resti rinvenuti. Un’articolazione più chiara è presente ad Augusta Praetoria, dove è quasi certo che nell’elevato della scaena frons venne impiegato l’ordine corinzio (fig. 52), probabilmente disposto su due piani. Tra l’altro, l’edificio scenico presentava i postscaena, cioè le stanze per gli attori, e sotto il palco un

hyposcaenium, una fossa che permetteva l’allestimento di effetti speciali. Questo edificio

teatrale, inoltre, presentava una particolarità. Infatti, la superficie curva dell’emiciclo della cavea venne rinchiusa in un perimetro rettangolare. Fu realizzato un muro perimetrale, di cui si conserva ancora oggi il lato di facciata per un’altezza di 22 metri (fig. 55). Una struttura uguale era presente anche presso il teatro di Augusta Taurinorum, che nella prima fase della sua edificazione, quindi nel periodo quasi contemporaneo a quello dell’erezione del monumento di Augusta Praetoria, aveva un recinto rettangolare di 61x47 m. che circondava tutto l’edificio (fig. 58). Il teatro rimase con questa conformazione fino all’epoca Flavia, quando la ristrutturazione ne modificò la tipologia architettonica, realizzando una facciata curvilinea che superava i confini del recinto rettangolare (fig. 60). Questa risulta essere una caratteristica dei due casi transpadani su cui si è a lungo dibattuto. Tra le ipotesi più convincenti vi è quella secondo cui queste mura perimetrali vennero realizzate non tanto per adattare geometricamente i teatri alle insulae della città, come alcuni ipotizzano soprattutto per il caso valdostano, quanto per facilitare la messa in opera di una copertura stabile, probabilmente necessaria a causa del rigido clima. Si ritiene, quindi, si trattasse in entrambi i casi di theatrum tectum84.

84 Per un’ampia descrizione dei singoli teatri si rimanda alla scheda 2 per quello di Augusta Praetoria, alla scheda 4

per Augusta Taurinorum, alla scheda 8 per Eporedia e alla scheda 13 per Mediolanum, nell’appendice del presente lavoro.

49 Tabella 2

Dimensioni Diametro della cavea

Augusta Praetoria 59 m. Augusta Taurinorum 70 m. Eporedia 72 m. Laus Pompeia 40 m. Mediolanum 95 m. Ticinum ?

Da un confronto delle dimensioni dei teatri (tabella 2), che sono in parte frutto di