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I rinvenimenti statuari

Nel documento Topografia degli spazi ludici in Transpadana (pagine 109-191)

La situazione dei rinvenimenti statuari connessi ad edifici ludici in Transpadana è, se possibile, ancor più lacunosa delle epigrafi e delle decorazioni architettoniche. Poco o nulla sembra si possa ricondurre con certezza all’ambito ludico. Ad Augusta Praetoria l’unico reperto di un certo valore consiste in una testina di satiro in marmo bianco, rinvenuto durante gli scavi del teatro, forse pertinente all’arredo statuario delle nicchie del pulpito. A Mediolanum, non molto distante dal sito del teatro, è

stato rinvenuto un torso virile nudo in marmo (fig. 43), riutilizzato in una muratura medievale. È ricostruibile una figura stante sulla gamba destra, con il braccio destro steso lungo il fianco, come dimostrano i residui di puntelli sull’anca e sulla coscia. Il dorso è lavorato in maniera piuttosto uniforme. Si propende per una datazione del pezzo all’età adrianea: sembra, infatti, richiamare alcune raffigurazioni di Antinoo. È però difficile stabilire la funzione originaria della scultura, rinvenuta in reimpiego durante uno scavo condotto con modalità non stratigrafiche. Si è ipotizzato potesse essere parte del ciclo statuario del teatro, ma nessun elemento sembra sostenere questa tesi, al di fuori della relativa vicinanza tra il luogo di reimpiego e il sito del teatro.

Una particolarità, in riferimento ai cicli statuari, riguarda i teatri. In questi edifici ludici, come precedentemente affermato, non si svolgevano solo giochi o feste o rappresentazioni drammatiche, ma anche quelle cerimonie amministrative che richiedevano l’attenzione di un gran numero di persone. Durante questi avvenimenti, era necessaria la presenza dell’imperatore. Ma non potendo egli essere presente sempre ovunque, era la sua immagine ad assumerne le funzioni. La sua effige, in marmo o in bronzo, ne garantiva la costante presenza anche nei teatri all’infuori di Roma. In conseguenza di ciò, un gran numero di immagini degli imperatori provengono da contesti teatrali, soprattutto riguardanti la dinastia giulio-claudia. Questa situazione, però, non sembra trovare riscontro nei ritrovamenti fino ad oggi avvenuti in Transpadana. Infatti, attualmente sembrano essere sporadiche le statue riconducibili con sicurezza ad un imperatore.

Figura 43: Mediolanum, torso virile. (da Invernizzi 2008, p. 150, fig. 1).

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L’esempio più eclatante è il ritratto di Augusto velato

capite di Comum210, in cui il princeps è raffigurato con il

capo coperto da un lembo della toga, nelle vesti di pontefice massimo, carica sacerdotale da lui assunta a partire dal 12 a.C. (fig. 44). Il ritratto fu prodotto a Roma ed era destinato ad essere collocato su una statua togata di grandezza leggermente superiore al naturale eseguita separatamente. Il luogo del rinvenimento, piazza S. Fedele, poco distante dalla zona oggi ritenuta destinata agli edifici ludici, potrebbe far presumere fosse stata collocata appositamente nelle vicinanze del teatro.

L’unico altro resto statuario riferibile ad un imperatore è stato scoperto a Mediolanum. In questo caso si tratta di un frammento di ritratto maschile di ottima qualità, in cui andrebbe identificata un’immagine di Tiberio, per lo sviluppo in larghezza della fronte e la sporgenza dell’osso frontale, il taglio degli occhi e la disposizione delle ciocche sulla fronte (fig. 45). Esso risulta ancora inglobato nel muro di un vano absidato sottostante la Chiesa di Santa Maria alla fonte. In questo caso, però, non è ipotizzabile nessuna correlazione con gli spazi ludici della città.

Ad esclusione dei due esempi riportati, non sono presenti altre statue riferibili sicuramente ad imperatori in tutta l’area transpadana. È improbabile, però, che non ce ne fossero nei teatri della zona, secondo l’uso che si diffuse a partire da Augusto. È più verosimile, invece, che non siano arrivate ai nostri giorni, magari perché realizzate in bronzo e rifuse poi in epoca tarda. Quello che risulta evidente da questa analisi è, tuttavia, la situazione molto lacunosa dei rinvenimenti statuari riconducibili agli edifici ludici transpadani211.

210 Attualmente conservato presso il museo civico P. Giovio di Como. 211 Bejor 1979, pp. 134-137; Invernizzi 2008, pp. 144-145.

Figura 44: Comum, ritratto di Augusto. (da http://www.lombardiabeniculturali.it/reperti

-archeologici/schede/CO290-00004).

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Capitolo Sesto

Le trasformazioni degli edifici ludici nella tarda antichità

L’età tardoantica, termine che indica il periodo di transizione tra l’età romana imperiale e l’alto medioevo, fu un momento di grandi cambiamenti e trasformazioni. Tradizionalmente quest’epoca è stata a lungo interpretata negativamente, come vero e proprio periodo di crisi, durante il quale questi mutamenti sarebbero stati soltanto indice di un processo di degenerazione e degrado dell’assetto precedente. Pur essendo stato un periodo problematico, possiamo, però, affermare che si sia trattato di un’età ricca e complessa in cui molti fattori portarono a una nuova strutturazione della realtà. I cambiamenti riguardarono tantissimi aspetti, dalle istituzioni politiche all’utilizzo del potere, dall’economia alla società e alle modalità di sfruttamento del territorio. Il paesaggio stesso subì numerose modifiche, con una riduzione delle aree abitate, la nascita di nuovi poli di aggregazione, la ricomparsa di aree incolte come zone umide, palustri e boschive. Questi fenomeni non risparmiarono nemmeno le città, le quali, rispetto all’epoca imperiale caratterizzata da crescita demografica e rinnovamento urbanistico e architettonico, videro in questo periodo una fase di ripiego, con interventi meno numerosi o limitati più che altro a restauri, abitazioni private meno ricche, edifici riadattati a nuove funzioni e aree parzialmente abbandonate.

I primi segnali di difficoltà nell’area della Transpadana si ebbero a partire dal II e III sec. d.C., con la pressione delle popolazioni germaniche lungo i confini, le prime incursioni, la crisi politica che interessò tutto l’impero durante il III sec. d.C., e le difficoltà fiscali che ne derivarono e che riguardarono anche la Regio XI. È proprio in questo periodo che iniziarono ad essere presenti in ambito urbano quegli elementi tipici del periodo tardoantico, come la costruzione di nuove opere difensive, la diffusione del cristianesimo con i primi edifici di culto e un impoverimento nell’edilizia pubblica e privata.

Per quanto riguarda, poi, l’ambito degli edifici ludici, la situazione fu ulteriormente complicata dalla conclamata ostilità del cristianesimo, che andava diffondendosi all’interno di tutto l’impero. È difficile stabilire quale sia stato il momento effettivo dell’interruzione dell’uso degli edifici ludici e dell’organizzazione dei vari ludi, più volte proclamata da una serie di provvedimenti imperiali, la cui frequente successione testimonia proprio quanto le varie competizioni resistessero ai ripetuti tentativi di abolizione che, a più riprese, la nuova

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religione cercò di imporre a questi spettacoli considerati un empio retaggio del paganesimo. Come accadde per le gare olimpiche, formalmente abolite nel 393 d.C. da Teodosio I212, ma di fatto ancora praticate per tutto il periodo tardo antico fino a Giustiniano,

così le continue proclamazioni sulla necessità di porre fine alle competizioni e ai ludi di tipo romano si ridussero, spesso, ad un mero dettato imposto dall’alto, non accettato dalla popolazione e disatteso ogni qualvolta fosse possibile. Quella dei munera gladiatoria e degli altri ludi romani fu, quindi, una sorta di lunga agonia213, oggetto spesso di attacchi da

parte dei vari imperatori, a volte per convinzione e altre per opportunità politica. Durante l’epoca tardoantica si registra, quindi, un profondo mutamento nel rapporto tra ludi e potere: da instrumentum regni positivo, ossia da attività addirittura doverosa per chi aspirasse a una qualsiasi carica pubblica, queste manifestazioni divennero uno strumento negativo, ossia un residuo degli usi pagani che gli imperatori dovevano estirpare per farsi apprezzare nella nuova società cristiana o, comunque, in via di cristianizzazione.

Tuttavia, possiamo affermare che il disuso di questi edifici avvenne, in linea di massima, nel periodo compreso fra gli ultimi decenni del III sec. d.C. e il IV sec. d.C. Alcune fonti, però, riferiscono per alcuni edifici un utilizzo protrattosi tra la fine del IV sec. d.C. e l’inizio del VI sec. d.C.: Paolino, ad esempio, narra di una caccia organizzata nel 396 d.C. a

Mediolanum per celebrare il consolato di Onorio214, che si sarebbe tenuta con molta

probabilità nell’anfiteatro ancora in uso in questa data. Inoltre, le indagini archeologiche e i riferimenti epigrafici dimostrano che fino al V sec. d.C. – inizio VI sec. d.C. si continuò anche ad occuparsi della manutenzione di alcuni edifici ludici, tra cui spicca il caso, nell’area transpadana, del teatro di Ticinum, dove un’epigrafe ci documenta un intervento databile al 528-529 d.C.215. Quindi, se la crisi degli edifici da spettacolo e dei ludi che vi si

tenevano può essere inquadrata tra il III e il IV sec. d.C., fino in epoca gota continuò comunque in qualche modo l’utilizzo di alcuni teatri, anfiteatri e circhi. È con l’arrivo dei Longobardi che si assiste alla definitiva cesura con l’antico per quanto riguarda l’attività ludica. Le fonti, però, ricordano anche in quel periodo un evento organizzato all’interno di un edificio da spettacolo: l’incoronazione di Adaloaldo come successore di Agilulfo

212 Ci dà informazioni su questo avvenimento lo storiografo ecclesiastico Giorgio Cedreno, il quale nel suo

Historiarum Compendium riporta che con Teodosio I “cessò la celebrazione delle olimpiadi, che avevano luogo ogni

quattro anni. Tale festività era cominciata al tempo in cui Manasse era il re dei giudei e fu conservata fino al regno dello stesso Teodosio il Grande” (Vol. I, p. 572).

213 È questa la definizione di M. A. Manacorda nel suo contributo dal titolo “Le tappe di un’agonia. Ludi imperiali e civiltà cristiana” in “Lancillotto e Nausica”, XX (2003), n. 2, pp. 8-17.

214 Paul. Med. Vita ambr., 34.

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avvenuta nel 604 d.C. nel circo di Mediolanum. In questo caso, però, la scelta della sede fu probabilmente legata puramente alla necessità di un luogo dove poter riunire una gran massa di persone e la cerimonia divenne una manifestazione di potere, con scopi propagandistici e celebrativi lontani da quelli dei giochi circensi di età romana.

L’età tardoantica – alto medievale segnò, quindi, per teatri, anfiteatri e circhi un momento di netta cesura con il passato per quanto riguarda la loro destinazione d’uso. In molti casi si assistette all’abbandono degli edifici e al loro degrado materiale, con la spoliazione dei frammenti architettonici e decorativi, che furono recuperati per altre costruzioni e che rendono attualmente molto difficile la ricostruzione dell’apparato decorativo di gran parte di questi monumenti anche nell’area transpadana216. In alcuni casi, però, essi

sopravvissero almeno in parte alla rovina e subirono riadattamenti attraverso i quali trovarono nuovi e differenti utilizzi.

Come detto, tra le ragioni che condussero al degrado e alla rovina gli edifici ludici, rientrano sicuramente, oltre a cause naturali come terremoti o inondazioni, quelle antropiche ed in particolare la spoliazione intenzionale, che spesso produsse la distruzione anche radicale delle murature antiche. Questo è ciò che accadde, ad esempio, per il caso dell’anfiteatro di Mediolanum, il cui anello murario più esterno, in un momento in cui probabilmente l’arena era ancora utilizzata come sede di spettacoli, dovette fornire numerosi elementi lapidei, di facile approvvigionamento e grande utilità, per la realizzazione della vicina chiesa di S. Lorenzo, databile alla seconda metà del IV sec. d.C. e nelle cui fondamenta sono state rintracciate parte delle murature dell’anfiteatro. Spesso, infatti, questi edifici divennero delle vere e proprie cave “a cielo aperto” da cui approvvigionarsi degli elementi necessari per nuove costruzioni. A volte, poi, i resti architettonici vennero bruciati per farne calce, come sembra documentato dalle calcare portate alla luce durante gli scavi del Circo di

Mediolanum.

Per quanto riguarda la conservazione di alcuni edifici ludici, va considerato che una parte di essi sopravvisse grazie alla protezione dovuta ad apposite disposizioni legislative217.

Ciò, però, non è documentato per nessuno dei casi presi in esame della Regio XI, dove normalmente la sopravvivenza dipese dal loro riutilizzo per nuovi scopi. Infatti, il riuso, sebbene ne stravolse il significato originario e ne rielaborò anche in modo radicale le

216 Come ben evidenziato nel capitolo precedente ed in particolare 5.3 e 5.4.

217 È il caso, per esempio, del Colosseo, decretato sacro da Clemente X nel corso del Giubileo del 1675, ma anche

degli anfiteatri di Parma e Capua, salvaguardati da provvedimenti dell’amministrazione comunale nel corso dei secoli XIII-XIV.

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murature per riadattarle alle nuove funzioni, comportò necessariamente il loro mantenimento, nonché restauro e consolidamento, divenendone perciò fondamentale fattore di conservazione. Alcuni di questi riusi appaiono casuali, altri invece più consapevoli e finalizzati a sfruttare le caratteristiche architettoniche di teatri, anfiteatri e circhi. Proprio al fine di riutilizzarne la struttura e, probabilmente, anche l’acustica, soprattutto i teatri divennero sede di assemblee cittadine, come per il caso dell’edificio teatrale di Mediolanum che venne sfruttato per questo scopo durante tutta l’epoca tardoantica, fino al 1162 quando venne distrutto da Federico Barbarossa insieme ad altre antiche opere della città.

Tra i riutilizzi occasionali si può annoverare, invece, il loro reimpiego abitativo, tipico dell’età tardoantica – altomedievale che vide l’impostarsi, su alcuni monumenti, in modo casuale di case ed altri edifici, senza alcuna relazione con l’andamento complessivo delle mura antiche e caratterizzate da un’estrema povertà di materiali e tecniche edilizie. Molto probabilmente, durante la crisi economica dei secoli immediatamente successivi alla caduta dell’Impero, i resti murari degli edifici ludici, così come anche di altri monumenti antichi ormai in disuso, costituirono basi edilizie già pronte per i nuovi abitanti della città, che vi si insediarono senza tenere conto della loro tipologia e funzione originaria. Questo è ciò che sarebbe avvenuto, per esempio, per il caso del teatro di Augusta Praetoria, per il quale sono documentate le realizzazioni di diverse costruzioni che si addossarono direttamente ai resti dell’edificio teatrale e che furono poi demolite a partire dal 1863. Un altro degli utilizzi frequentemente attestato nelle fasi di vita postromana degli edifici da spettacolo è il loro riuso come luogo di culto. Nella maggior parte dei casi questo reimpiego sembrerebbe casuale, motivato forse dall’esigenza pratica di sfruttare strutture già esistenti, economizzando così sui materiali costruttivi. Si potrebbe ipotizzare, però, che ciò sia stato motivato anche da una precisa volontà di recuperare a fini religiosi queste costruzioni, ed in particolare gli anfiteatri che la letteratura cristiana ricorda come sedi di condanne ad feras e di martirii durante l’età delle persecuzioni. L’area transpadana non presenta però esempi di casi simili, in quanto il loro sfruttamento come base di edifici ludici avvenne in un periodo successivo218.

Nei centri che hanno visto una continuità di vita fino ai nostri giorni, i monumenti del passato hanno condizionato nel tempo anche lo sviluppo urbanistico, imprimendo agli isolati sorti sulle loro murature una caratteristica forma planimetrica. Le strutture edilizie erette nei secoli sfruttando le fondazioni e gli alzati di teatri e anfiteatri, quindi, ricalcano il loro

218 È questo il caso del teatro di Mediolanum, che dopo essere stato utilizzato come sede di assemblee venne sfruttato,

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perimetro, proiettandone nella città odierna le planimetrie originarie e a volte imprimendo anche un preciso condizionamento agli andamenti radiali e concentrici di vie e isolati circostanti. L’esempio migliore di ciò, in Transpadana, è costituito dalla città di Comum. Qui il quartiere dove è stato individuato l’anfiteatro antico sembra in parte ricalcarne l’andamento, ma ancora più evidente appare la situazione del quartiere della Cortesella, che presentava un andamento perfettamente semicircolare e che secondo alcuni studiosi sarebbe dovuto al condizionamento di un preesistente teatro romano219. Infine, anche a

Bergomum l’andamento circolare di alcune mura moderne è stato interpretato come indizio

indiretto a sostegno dell’identificazione dell’anfiteatro.

L’importanza che edifici ludici romani continuarono ad avere può, in sostanza, essere individuata nei loro riusi di epoca medievale e dall’influenza esercitata dalle loro strutture negli impianti urbani nel corso del tempo220.

219 Questo edificio non è, però, ancora stato individuato. Si veda a riguardo la nota n. 75.

220 Basso 2003, pp. 901-918; Jorio 2005, pp. 9-10; Mastrangelo 2009, pp. 219-229; Dall’Aglio et al. 2012, pp. 69-71;

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Capitolo settimo

Conclusioni

La storia della conquista romana del territorio della Transpadana risulta abbastanza complessa e segnata da alcuni avvenimenti principali. Iniziata nel 222 a.C., in seguito alla vittoria a Clastidium, che oppose i romani agli insubri, si concluse poi tra il 197 a.C. e il 191 a.C. con la sconfitta e la sottomissione di Cenomani ed Insubri, l’allontanamento dei Galli Boi dal territorio italico e la quasi totale scomparsa dei Galli Senoni. Da un punto di vista legislativo, vi furono una serie di passaggi importanti che segnarono l’avvicinamento a Roma di questo territorio. Tra questi risulta fondamentale l’emanazione della lex Pompeia nel’ 89 a.C., la quale conferì alle comunità locali il diritto latino. Quest’ultimo, però, era consesso solo a chi amministrava una magistratura, avvicinando a Roma solo le élites municipali. Ciò pose la base della cosiddetta Causa Transpadanorum, che vide l’interessamento verso quest’area di numerose personalità politiche importanti, tra cui soprattutto Cesare. Egli, attraverso azioni personali e con finalità soprattutto politiche, sostenne in numerose occasioni i transpadani fino a quando, divenuto dittatore, concesse loro la piena cittadinanza con un provvedimento del 49 a.C. Il processo di romanizzazione si concluse definitivamente nel 41 a.C. quando la provincia della Gallia Cisalpina, creata, secondo la teoria più probabile, attorno all’81 a.C. per opera di Lucio Cornelio Silla, fu eliminata e il suo territorio incluso al resto della penisola italica. Con la riorganizzazione voluta da Augusto nel 16 a.C. sorse, poi, la Regio XI Transpadana.

In epoca imperiale questa aumentò d’importanza, grazie al suo ruolo di collegamento con le province transalpine e alla rilevanza militare che dimostrò già durante gli scontri del cosiddetto “anno dei quattro imperatori” nel 69 d.C., tanto che nel 285 d.C. venne trasferita qui, nel centro di Mediolanum, la capitale dell’Impero romano d’Occidente.

Da un punto di vista culturale, questo territorio vide una lenta e costante assimilazione dei costumi romani, più che un vero assoggettamento. Questa situazione è, però, scarsamente documentata, dal momento che la Transpadana presenta pochissimi rinvenimenti attribuibili a questo periodo di passaggio alla piena romanità. Tra questi, molto importante risulta essere la stele bilingue di Vercelli, la quale presenta uno stesso testo iscritto in latino e leponzio, documentando quindi la volontà della componente indigena ad integrarsi nella nuova realtà. Un'altra testimonianza della romanizzazione del territorio è costituita dalla

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viabilità. Infatti, benché non toccata dalla creazione di grandi strade consolari, la regio XI vide la realizzazione di molti itinerari secondari che sono oggi in parte ricostruibili. Notevole importanza dovettero avere anche i laghi e i fiumi, in gran parte resi navigabili in epoca romana. Nello stesso periodo si affermò anche il concetto di urbanitas, con l’adattamento di molti centri indigeni alle mode ellenistiche che Roma stessa andava elaborando. Tutte le città del territorio transpadano subirono quindi delle modifiche, secondo modalità differenti e adattandosi all’ambiente naturale. In assenza di particolari condizionamenti ambientali, la forma regolare degli abitati, scanditi dalla maglia dei cardini e dei decumani e caratterizzati dalla presenza in posizione preminente del foro contornato dalla canonica panoplia degli edifici pubblici e religiosi, segnala l’adeguamento ai caratteri propri dell’urbanistica romana.

All’interno di questi centri spiccano per mole e posizione gli edifici per spettacolo -teatri, anfiteatri e, per la sola Milano, un circo- che costituiscono l’oggetto specifico di questo lavoro.

Attraverso l’analisi delle singole tipologie è emerso che la gran parte dei teatri si diffuse sul territorio in epoca augustea, mentre gli anfiteatri videro una diffusione generalmente più tarda, a partire dal I sec. d.C. e soprattutto all’inizio del II sec. d.C. Il caso più sicuro di datazione sembra essere quello di Augusta Praetoria, dove entrambi gli edifici sarebbero stati realizzati poco dopo la fondazione della colonia nel 25 a.C. L’esempio, invece, più peculiare appare quello di Comum, dove l’anfiteatro si daterebbe alla fine del I sec. a.C., rendendolo quindi il più antico di tutta l’area transpadana. La tipologia dei teatri risulta essere sempre quella autoportante, con l’unica eccezione di Eporedia, in parte poggiante

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