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L’apparato decorativo degli edifici ludici transpadani

Anche per quanto riguarda la decorazione architettonica degli edifici ludici, la situazione dei ritrovamenti appare lacunosa, analogamente a quanto riportato per i rinvenimenti epigrafici. Infatti, quasi nulla rimane dell’alzato e della decorazione di molti degli edifici transpadani indagati. Ad Augusta Praetoria rimangono parte delle semi colonne di ordine tuscanico delle arcate dell’anfiteatro e sono state rinvenute delle colonne in marmo numidico del pulpitum del teatro. Ad Augusta Taurinorum lesene ornamentali in marmo bianco dovevano rivestire il pulpito del teatro, ma restano pochi frammenti di questa decorazione. Inoltre, durante gli scavi del 1900 fu rinvenuto un frammento di intonaco dipinto, oggi perduto, relativo alla porticus post scaenam. Sembra che queste pitture parietali policrome consistessero in uno zoccolo nero, con cesti di fogliame verde scuro e uccelli in volo, sormontato da una zona parietale a fondo rosso. Fasce divisorie verticali e decorazioni con anfore e candelabri dovevano completare l’insieme196.

Una situazione meglio analizzata si presenta, invece, per Eporedia. Qui sono stati rinvenuti colonne e capitelli di reimpiego all’interno della cattedrale realizzata in epoca paleocristiana, che si ipotizzano riferibili all’edificio teatrale della città antica. Nel colonnato di questa chiesa, le tre colonne centrali (fig. 27) risultano monolitiche, lisce e realizzate con lo stesso materiale, un marmo grigio, benché di dimensioni differenti (49 cm di diametro quella centrale e 30 cm le due ai lati). La coincidenza tra la misura del diametro della colonna centrale e quella documentata da Carlo Promis nell’area dell’orchestra197 porta a

riconoscere nell’edificio da spettacolo la cava principale per la costruzione paleocristiana.

196 Papotti 1998, pp. 106-108. 197 Promis 1881, p. 7.

99 Figura 27: Eporedia, colonne di reimpiego nel colonnato della cattedrale. (da Sacchi 2014, p. 53, fig. 56).

Inoltre, sono visibili oggi due capitelli di età imperiale probabilmente attribuibili sempre al teatro: si tratta di un capitello corinzio in marmo bianco (fig. 28), di cui è visibile solo una faccia, discretamente conservata, databile al terzo quarto del I sec. d.C., e di un capitello di maggiori dimensioni, ma conservato in condizioni peggiori, (fig. 29) il cui inquadramento cronologico risulta più difficile in quanto le forme vegetali non si prestano a considerazioni stilistiche. La mancanza di effetti chiaroscurali porterebbe a restringere la datazione tra il I e la prima metà del II sec. d.C.

In ogni caso, le datazioni di entrambi i capitelli potrebbero

accordarsi con l’edificazione o un piccolo restauro della scena del teatro.

Figura 28: Capitello corinzio reimpiegato nella cattedrale. (da Sacchi 2014, p. 53, fig. 57a).

100 Figura 29: Capitello corinzieggiante reimpiegato

nella cattedrale. (da Sacchi 2014, p. 53, fig. 57b).

Un indizio ulteriore del riuso di materiali provenienti dall’area teatrale in questa cattedrale è costituito da un gruppo di blocchi curvilinei riutilizzati nel basamento esterno dell’abside. Pur presentando lunghezze e altezze variabili, essi dimostrano l’originaria destinazione come sedili in una struttura semicircolare e su file sovrapposte. È quindi molto probabile la loro funzione primaria di gradini del teatro.

Al teatro di Eporedia sono stati attribuiti anche alcuni frammenti ricondotti al rivestimento marmoreo dell’edificio. Questa ipotesi non presenta, però, prove a sostegno, neanche tramite un confronto con gli scarsi elementi lapidei descritti da Promis. Si tratta di tre frammenti di rilievi in marmo bianco accumunati dallo sviluppo verticale dell’ornato, dall’ampiezza più o meno costante (53 cm) e dalla presenza di identiche profilature: un listello liscio e una gola ornata da foglie a forma di cuore. Lo schema decorativo ricorrente è un candelabro vegetale lungo il quale, a distanze regolari, sono rappresentati eroti senza ali che indossano un mantello. A questi si unisce una lastra che ha invece uno sviluppo orizzontale ed è anch’essa delimitata da un listello liscio e da una gola con foglie a forma di cuore. Al centro sono presenti due eroti alati in un’ambientazione marina che convergevano verso un motivo centrale, oggi perduto (fig. 30).

101 Figura 30: Eporedia, lastra orizzontale marmorea. (da Sacchi 2014, p. 57, fig. 63).

I tre frammenti verticali farebbero parte di un’unica lesena (fig. 31) e si daterebbero all’età adrianea in base al modellato dei corpi e alla capigliatura degli eroti. Nonostante le differenze stilistiche individuabili tra i tre rilievi, essi apparterrebbero tutti allo stesso edificio e la differenza sarebbe da ricondursi a un cantiere dilatato nel tempo o, più probabilmente, come esito della sostituzione di alcuni elementi deterioratisi. La decorazione originaria prevedeva, verosimilmente, un grande cesto d’acanto alla base, da cui si sviluppava l’elemento vegetale centrale, su cui si disponevano a vari livelli gli eroti, intenti in azioni diverse secondo schemi tratti dal repertorio ellenistico: recanti armi, maschere teatrali o strumenti musicali.La destinazione di questi frammenti alla scena o comunque all’ambito dell’edificio teatrale potrebbe essere verosimile.

Differente risulta, invece, la situazione della lastra orizzontale, purtroppo frammentaria e databile al II sec. d.C. Riguardo la sua funzione originaria si possono avanzare due ipotesi: la prima è che fosse destinata all’inserimento all’interno di una parete, in modo simile ai pannelli con eroti che si ritrovano nel tempio di Venere Genitrice nel foro di Cesare a Roma, con funzione puramente decorativa, mentre la seconda, meno plausibile, è che si trattasse di una porzione di un soffitto di architrave, destinata a rivestire un epistilio realizzato in materiale meno nobile. È comunque più difficile immaginarne l’impiego nell’edificio ludico, dal momento che secondo

le ricostruzioni doveva svilupparsi in origine per oltre tre metri senza interruzioni. Risulta

Figura 31: Ipotesi ricostruttiva della lesena.

(da Sacchi 2014, p. 58, fig. 67).

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improbabile che una così estesa parte della scena del teatro fosse occupata da figure a tema marino senza correlazione tematica con le altre decorazioni, anche se è stato ipotizzato potesse essere parte della porticus post scaenam.

Sempre restando ad Eporedia, sono stati rinvenuti anche materiali attribuibili all’anfiteatro della città. Si tratta di due lastre in

bronzo, decorate con borchie, rinvenute nel 1955 durante i primi scavi dell’edificio. Le notizie dell’epoca riferiscono che furono scoperte numerose lastre in bronzo, insieme ad alcune lastre con lettere cubitali che dovevano fare parte di un’iscrizione molto importante198. È verosimile che si

trattasse dell’epigrafe dedicatoria

dell’anfiteatro, originariamente posta presso l’ingresso. Tuttavia, tutti questi reperti risultano attualmente non reperibili, ad esclusione delle suddette due lastre in bronzo. Si tratta di lastre di rivestimento rettangolari, di dimensioni analoghe (45x80 cm circa), originariamente ripiegate a sella d’asino su di un supporto, oggi perduto. La superficie esterna delle lastre risulta liscia e lucida. Sul primo esemplare, la lastra denominata A (fig. 32), sono visibili due tasselli che attestano il restauro antico di difetti di fusione. Un piccolo foro, prodotto probabilmente da una bolla è tuttora visibile, in posizione analoga, sulla lastra B (fig. 33). Lungo i margini sono presenti tracce di color argento riferibili a un’operazione di stagnatura, al fine di fissarvi ulteriori elementi metallici, verosimilmente cornici o fascette. Entrambe presentano, poi, due grandi borchie circolari ciascuna, fissate tramite perni, di un diametro di circa 10 cm e uno spessore di 4 cm. Ciò che si può constatare è che le lastre dovevano aderire ad un

198 Ce ne da testimonianza Carlo Carducci, allora direttore dei lavori, in una lettera dell’ottobre 1956 indirizzata al

Ministero della Pubblica Istruzione, oggi conservata nell’archivio della Soprintendenza.

Figura 32: Eporedia, lastra bronzea A. (da Legrottaglie 2014, p. 86, fig. 92).

Figura 33: Eporedia, lastra bronzea B. (da Legrottaglie 2014, p. 86, fig. 93).

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supporto, lapideo o ligneo, e che dovevano essere giustapposte l’una all’altra, come dimostra la presenza di giunture laterali, in un fregio la cui lunghezza complessiva non può essere definita.

Tradizionalmente esse sono state interpretate come parti di sedili, ma rivestimenti di questa tipologia non trovano paralleli nel mondo antico. Nei casi noti, infatti, il metallo costituisce direttamente la struttura portante delle sedie e non un eventuale rivestimento. Va inoltre rilevato che le gradinate non prevedevano la possibilità di appoggiarsi ad uno schienale, in quanto lo spazio retrostante era occupato dalle gambe degli spettatori della fila superiore. In numerosi anfiteatri il podio era costituito da gradoni più bassi e larghi, dove venivano impiegati i subsellia, sgabelli in legno o bronzo facilmente rimovibili e destinati a personaggi importanti della comunità. In alcuni casi, in questa zona dell’edificio, sono stati documentati anche sedili lapidei199, che risultano però meno frequenti rispetto a quanto attestato nelle

orchestre dei teatri. Le lastre di Eporedia potrebbero, quindi, risultare compatibili con un impiego come schienali su sedili di questo tipo, ma diventerebbe difficile spiegarne alcune caratteristiche, ed in particolare la presenza delle borchie. Queste inizialmente sono state interpretate come utili a segnalare la divisione dei posti200, ma questa spiegazione risulta

poco attendibile, dal momento che dovevano essere fastidiosi per chiunque vi si appoggiasse e si dispongono anche ad intervalli molto inferiori rispetto allo spazio comunemente riservato ad un singolo spettatore. Inoltre, l’impiego del bronzo non risulterebbe giustificato, se si considera che l’intero fregio sarebbe stato nascosto dagli stessi spettatori ivi seduti. Per tutti questi motivi, oggi l’interpretazione ritenuta più verosimile è quella secondo cui queste lastre fossero collocate lungo il balteus, una bassa transenna che si disponeva a coronamento del muro che separava il podio dall’arena e che fungeva da basso parapetto di protezione per gli spettatori delle prime file. Si sarebbe trattato, quindi, di una fascia di coronamento che monumentalizzava uno dei settori più prestigiosi dell’anfiteatro, dove sedevano personalità importanti e dove convergevano necessariamente gli sguardi degli altri spettatori. Di solito questo parapetto era costituito da lastre di marmo di ridotta altezza, ma sono documentate anche soluzioni differenti201, e

poteva anche essere decorato202. Una collocazione di questo tipo appare adeguata, in

199 Un esempio sono i rinvenimenti di alcuni seggi in marmo e in pietra nell’anfiteatro di Sarmizegetusa, in Dacia: si

tratta in questo caso di panche costituite da un blocco compatto di pietra e dotate di un basso spalliere di circa 30 cm.

200 È questa l’ipotesi che si rintraccia in Carducci 1968, p. 37 e in Vercelli 1994, pp. 38, 55. 201 Potevano essere anche in blocchi a bauletto, come documentato nell’anfiteatro di Lecce.

202 Un esempio è l’anfiteatro di Mérida, dove le lastre in granito locale presentavano lungo il fronte prospicente

all’arena una decorazione dipinta con scene di venationes. Per le varie decorazioni si veda Legrottaglie 2008, pp. 83- 89.

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quanto in questa sede le lastre venivano enfatizzate e la stessa decorazione a grosse borchie produceva un disegno semplice ma d’effetto, che poteva essere apprezzato anche dagli spalti più lontani (fig. 34). Inoltre, le dimensioni si adattano a questo scopo, dal momento che i baltei anfiteatrali presentano generalmente un’altezza media che varia dai 40 ai 55 cm203, misure entro cui rientrano le due lastre alte 45 cm. È difficile affermare,

però, se il rivestimento si estendesse all’intero circuito anulare o ne decorasse solamente un tratto, come quello della tribuna centrale204.

Figura 34:Proposta di ricostruzione del balteus nell’anfiteatro di Eporedia. (da Legrottaglie 2014, p. 92, fig. 101).

Anche per quanto riguarda Mediolanum, la più importante città della Transpadana, non si conservano molti elementi architettonici riconducibili ai tre edifici ludici analizzati. In riferimento al teatro, esso esternamente doveva presentarsi alquanto austero, con un fronte scandito da pilastri privi di decorazione e forse conclusi da coronamenti con semplici modanature. Tra i reperti rinvenuti nell’area del teatro, i più interessanti sono un frammento di cornice angolare in marmo bianco (fig. 35), e una scheggia di sommoscapo di colonna scanalata (fig. 37). Il loro materiale e le loro dimensioni portano a pensare potessero fare

203 Sul podio e il suo balteus si rimanda a Golvin 1988, pp. 354-357. 204 Sacchi 2014, pp. 52-60; Legrottaglie 2014, pp. 85-92.

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parte della frons scaenae e sembrano databili all’età augustea. Altri rinvenimenti consistono, invece, in due schegge riferibili a basi attiche, un plinto, tre spezzoni di fusti di colonne, due frammenti di un architrave e un pezzo di capitello ionico a volute angolari, tutti in pietra d’Angera. Questi resti risultano tra loro compatibili per proporzioni, materiale e stile e sono da ricondurre a un portico ionico (fig. 36). Non si può pertanto escludere un’identificazione con la porticus post scaenam del teatro. La pietra nella quale sono scolpiti gli elementi, infatti, sembra essere poco consona alla frons scaenae, per la cui decorazione si privilegiava normalmente l’uso di marmi pregiati205.

Figura 35: Mediolanum, frammento di cornice angolare in marmo. (da Sacchi 2007, p. 233, fig. 4).

Figura 37: Mediolanum, scheggia di colonna. (da Sacchi 2007, p. 234, fig. 5).

205 Sacchi 2007, pp. 232-235.

Figura 36: Mediolanum, ricostruzione grafica di una

colonna con soprastante architrave in base ai frammenti

rinvenuti.

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Sono pochissimi i resti riferibili, invece, all’anfiteatro romano. La ricomposizione dell’ordine esterno dell’edificio è stata resa possibile solo tramite lo studio dei frammenti reimpiegati nelle fondamenta della vicina chiesa di San Lorenzo. Qui, infatti, sono stati riconosciuti elementi architettonici con modanature pertinenti all’edificio ludico. L’accertamento della totale omogeneità di tutti questi materiali lapidei presenti nelle fondamenta, infatti, sia per il tipo di materiale, sia per le dimensioni, sia per le particolarità tecniche, rende plausibile una loro derivazione da un unico edificio, quello dell’anfiteatro. Tramite lo studio delle fondamenta della chiesa, sono stati individuati 29 frammenti, di cui 25 possono essere ricollocati idealmente nell’alzato dell’anello esterno dell’edificio e permettono una ricostruzione dell’anfiteatro secondo tre arcate sovrapposte, scandite da semicolonne di ordine dorico al piano inferiore, ionico e corinzio al primo e secondo piano (fig. 38). Va detto, però, che dei tre diversi tipi di capitelli, manca finora il rinvenimento di uno dorico, la cui presenza è comunque ipotizzabile con certezza grazie al ritrovamento degli altri due ordini. I restanti 4 frammenti appartenevano presumibilmente alle strutture dell’ambulacro interno o a quelle degli ingressi. Tuttavia, bisogna sottolineare che il riuso successivo di tutti questi frammenti della decorazione architettonica dell’edificio ludico ne ha reso problematico lo studio e il rilievo206.

Figura 38: Mediolanum, disegno ricostruttivo dell'alzato dell'anfiteatro, con dettagli degli elementi architettonici. (da Caporusso et al. 2007, p. 98, fig. 110).

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Per quanto riguarda il circo di Mediolanum, è stato possibile individuare un unico elemento della decorazione architettonica originaria. Si tratta di una delle due mensole, in marmo, su cui si impostavano due colonne, sulle quali a sua volta si stendeva un timpano, forse rivestito in marmo (fig. 39). Sotto il timpano doveva probabilmente situarsi qualche immagine celebrativa o un’iscrizione.

La mensola è ornata con una larga foglia d’acanto e ai lati tralci a s cingono due rosette. L’unico elemento decorativo superstite si trova collocato a 10,50 m dal suolo attuale, lungo una parete dell’unica torre dei carceres superstite, oggi campanile della chiesa di San Maurizio (fig. 40)207.

207 Mirabella Roberti 1984, p. 66.

Figura 39: Mediolanum, ricostruzione della decorazione superstite del circo. (da Caporusso et al. 2007, p. 159, fig. 184).

Figura 40: Mediolanum, mensola del circo, situazione attuale.

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Infine, a Bergomum è presente una situazione particolare. Qui, come detto, non sono state rinvenute strutture murarie riferibili all’anfiteatro. Ma tra i rinvenimenti di maggior importanza nell’area in cui si doveva trovare l’edificio ludico, rientrano tre mensole con protome taurine (fig. 41) che hanno permesso di avanzare un’ipotesi anche riguardo alla datazione dell’anfiteatro. Infatti, si è notata una somiglianza soprattutto stilistica con analoghe protomi taurine rampanti inserite nella porta triumphalis dell’anfiteatro di

Nemausus (fig. 42). Quest’ultimo, situato all’interno della provincia della Gallia

Narbonense, si data alla fine del I sec. d.C.208 e, viste le similitudini, è possibile sostenere

una simile datazione anche per l’edificio transpadano.

La diffusione della figura del toro sembra riconducibile al principato di Augusto. Protomi simili si ritrovano, infatti, sulle chiavi di volta di entrambe le facce dell’Arco onorario di Augusto a Rimini, datato al 27 a.C., e anche sulla porta urbica orientale della colonia di

Nemausus, la Porte d’Auguste. Inoltre, questo simbolo, da Augusto in avanti, si ritrova su

numerose coniazioni monetali. È possibile, quindi, che abbia poi assunto un significato legato alla figura degli imperatori e sia stato posto su questi due anfiteatri con uno scopo propagandistico legato alla famiglia imperiale209.

Figura 41: Bergomum, mensole con protomi taurine, attualmente conservate al Civico Museo Archeologico.

208 Sarebbe stato eretto tra il 90 e il 120 d.C.

209 Maggi 1987, pp. 44-46; Tosi 2003, p. 567; Bertarione – Joris 2012, pp. 28-29.

Figura 42: Nemausus, protomi taurine rampanti poste sull’architrave d’accesso all’anfiteatro.

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