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PARTE TEORICA

LE TEORIE DEGLI ANNI ’60 E ’70

2. L’animazione socio-culturale

In Italia l’animazione è nata nella seconda metà degli anni ’60, nell’epoca della crisi della scuola tradizionale. È il tempo della Lettera a una professo-ressa di Lorenzo Milani.99 In questi anni alcuni insegnanti e uomini di teatro avviano sperimentazioni teatrali nella scuola dell’obbligo e appaiono anche le prime esperienze di animazione nei quartieri popolari. Il periodo del decollo dell’animazione è il ’68 e gli anni successivi, quando l’animazione incarna una grande parte della tensione politica dell’epoca. Negli anni ’80 l’animazione si

96 Cfr. StenhouSe, Dal programma al curricolo, 1977, p. 254.

97 KeMMiS, Some Ambiguities in Stenhouse, in RudducK, An Education that Empowers, 1995, p. 78.

98 Cfr. haVelocK et al., Planning for Innovation, 1973, pp. 2-42.

99 Cfr. Scuoladi BaRBiana (Ed.), Lettera a una professoressa. Edizione speciale “quarant’anni dopo”, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2007.

sposta verso orizzonti più educativi collaborando con agenzie istituzionali di educazione e socializzazione.100

La denominazione “animazione” ha avuto successo soprattutto nei paesi di lingua neolatina,101 avendo però in ogni paese una definizione diversa, che passa dall’educazione informale, allo sviluppo delle comunità cittadine fino ad arrivare a un metodo di educazione olistica. Secondo un filone di autori, il cor-rispettivo del termine “animazione” in inglese sarebbe il community develop-ment.102 Nell’analisi della storia dell’animazione francese si percepisce la con-tinuità con l’educazione popolare dell’800 e secondo alcuni autori i primordi dell’animazione risalgono al 1880 con lo sviluppo della società industriale che richiedeva tale tipo di approccio e forniva anche le risorse.103 Rispetto all’Italia, l’animazione attuale in Francia si autodefinisce in continuità con le proposte dell’educazione informale o non formale del passato.

Nell’animazione, in Italia, si possono distinguere tre filoni fondamentali e in due di questi è stata fondamentale l’azione e l’inserimento dei salesiani. 104 Il primo filone è primo anche in senso temporale e si rifà al teatro espressivo e all’animazione teatrale. All’interno di questo movimento si possono notare autori come Gianni Rodari, Giuliano Scabia e Franco Passatore.105 Questo tipo di teatro è nato come mezzo per la liberazione dell’espressività e della fantasia attraverso la festa e il gioco. La connessione del teatro con la vita di ogni giorno e con il territorio ha favorito lo sviluppo dell’animazione verso la dimensione sociale.

100 Cfr. M. pollo, L’animazione culturale: teoria e metodo, LAS, Roma 2002, pp. 13-15.

101 Gli autori delle voci sull’animazione nel Progetto educativo pastorale. Elementi modulari si confrontano, oltre che con gli autori italiani, con A. Valle della Spagna, con P. Griéger della Francia, J. Limbos del Belgio francofono e A. Beauchamp, R. Graveline, C. Quiviger del Canada francofono.

Cfr. M. pollo - R. tonelli, Animazione, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, p. 309 e A. ellena, Animatori, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, pp. 362-363.

102 J.M. BaRRado gaRcía, La animación sociocultural, un esfuerzo de aclaración, in «Documen-tación Social» 26 (1982) 49, 12.

103 Si notano le attività della Association Catholique de la Jeunesse française fondata nel 1886.

Gli inizi dell’animazione organizzata risalgono all’inizio del ventesimo secolo con la fondazione della cattolica Union Nationale des Colonies de Vacances nel 1909 e la laica Fédération Nationale des Colonies de Vacances nel 1912. Nelle attività di animazione si menzionano poi le attività delle organizzazioni dei protestanti, dei socialisti, degli scout, ecc. Cfr. J.P. auguStin - j.c. gillet, L’ani-mation professionnelle. Histoire, acteurs, enjeux, Harmattan, Paris Montréal 2000, pp. 23-40.

104 Cfr. pollo, L’animazione culturale, 2002, pp. 12. Mario Pollo aggiunge, inoltre, altri due filoni di animazione: l’animazione all’interno dei villaggi turistici e l’animazione intesa solo come uso di tecniche proprie dell’animazione, ma saranno considerati solo secondari e come derivati dai primi tre filoni.

105 Cfr. la raccolta delle esperienze di animazione teatrale fatte nelle scuole del Piemonte e della Lombardia in F. paSSatoRe et al., Io ero l’albero (tu il cavallo), Guaraldi, Rimini 1972.

Il secondo filone dell’animazione si può chiamare animazione culturale e i suoi principali autori sono Riccardo Tonelli e Mario Pollo, che hanno elaborato la voce “animazione” nel Progetto educativo pastorale. Elementi modulari.

Tonelli è, inoltre, autore della voce “comunità educativa”, un tema cruciale per il PEPS in quanto influisce sull’impostazione della CEP. Il terzo filone si sviluppa attorno a Aldo Ellena e alla rivista Animazione sociale. Ellena ha contribuito alla pubblicazione sul PEP con il modulo sugli animatori. Ci si sof-fermerà più dettagliatamente nell’analisi degli ultimi due filoni, perché hanno inciso di più sulla concezione dell’animazione nell’ambito salesiano e hanno contribuito all’elaborazione di alcuni aspetti del PEPS.

2.1. L’animazione culturale

In questa concezione «l’animazione culturale è una metodologia formativa globale che mira a una crescita ed evoluzione armonica dell’individuo conside-rato una unità indivisibile e non una somma di parti o funzioni. Questa crescita o maturazione passa attraverso la presa di coscienza che l’individuo e i gruppi sociali vivono in un mondo simbolico e quindi, primariamente, devono svilup-pare la loro capacità di apprendere, utilizzare concretamente e creare sistemi simbolici».106 La definizione ci offre alcuni elementi che costituiscono i nuclei di riflessione della pubblicazione fondamentale di Mario Pollo,107 L’animazio-ne culturale: teoria e metodo. Una proposta del 1980: l’integralità della perso-na inserita in un mondo simbolico; l’animazione come metodologia formativa integrale; l’interazione tra individui nei gruppi sociali; la comunicazione-crea-zione e utilizzo di sistemi simbolici e infine la metodologia della ricerca.

L’uomo soggetto e oggetto dell’animazione è concepito, secondo la conce-zione di Ernst Cassirer, come animal symbolicum.108 Le concezione di Cassirer si congiunge con la teoria della comunicazione di Bernard Kaplan109 e la teoria

106 M. pollo, L’animazione culturale: teoria e metodo. Una proposta, LDC, Leumann (Torino) 1980, p. 33.

107 Mario Pollo (1943-) ha svolto dal 1969 in parallelo l’attività professionale e quella di docente universitario. Ha insegnato all’Università di Torino e all’università Roma Tre. Dal 2003 è professore associato confermato di Pedagogia Generale e Sociale a tempo pieno della Facoltà di Scienze della Formazione della LUMSA di Roma e professore di Animazione culturale all’UPS. Tra le tante attivi-tà non direttamente accademiche si possono nominare la posizione di capo laboratorio di psicologia applicata alla Michelin Italia, la presidenza del Comitato Regionale Piemontese della Lega delle Cooperative (Legacoop), la presidenza dell’Associazione Nazionale delle Cooperative di Abitazione della Legacoop e la direzione della Fondazione LABOS - Laboratorio per le Politiche sociali.

108 Cfr. E. caSSiReR, Essay on man, Yale University Press, New Haven 1944.

109 Cfr. B. Kaplan, An approach to the problem of symbolic representation: nonverbal and ver-bal, in «Journal of communication» 2 (1961) 52-62.

dei sistemi di Ludwig von Bertalanffy, implicante una propria concezione di simbolo, concretizzata da James G. Miller per i sistemi viventi.110 Da questa antropologia ci si aspettano risultati pregnanti di significato: «È convinzione di molti studiosi che l’unico sbocco vero delle scienze umane, se vogliono uscire dalla banalità di molti loro risultati, sia quello di affrontare lo studio dell’homo symbolicus. A questo livello, nel territorio unificante della cultura, è possibile poi impostare una corretta prospettiva interdisciplinare».111 Dallo spazio de-dicato alle tematiche teorico-filosofiche rispetto a quelle pratico-processuali si nota che l’interesse primario dell’autore è la costruzione della base teorica.

Infatti, lunghi tratti del primo capitolo presentano la teoria generale dei siste-mi, la tipologia dei sistesiste-mi, i concetti dell’osservazione, della causalità, del linguaggio, dello spazio e del tempo nell’universo newtoniano ed einsteiniano con implicazioni nella sfera psicologica e sociale.112

L’animazione offre, secondo l’autore, un’impostazione globale della meto-dologia formativa. «È indubbiamente una tipologia assai rozza quella di vedere nell’uomo una sfera di vita affettiva, una di vita intellettiva e infine una di vita sociale […]. L’animazione culturale tende a superare tutta questa serie di dicotomie che per lungo tempo hanno caratterizzato le scelte umane, del tipo razionalità-emotività, mente-corpo, pensiero-istinto».113 L’unità dell’uomo «è garantita dal fatto che egli costruisce e abita mondi simbolici».114 Le speranze che si nutrono da parte dell’autore di superare le dicotomie della realtà nella creazione dei mondi simbolici si coniugano con la teoria dei sistemi, che supe-ra la linearità e la casualità del mondo newtoniano di un potere alienante che tende al conformismo di tutti verso la morale sociale intesa nella maniera di Fromm.115

Una concezione integrale dell’uomo ingloba anche la dimensione religiosa dell’uomo che è stata elaborata nelle coordinate tra il misticismo e la scienza.

Si parte dalla famosa citazione di Ludwig Wittgenstein sui limiti della cono-scenza: «C’è veramente l’inesprimibile. Si mostra, è ciò che è mistico… Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere».116 La dimensione religiosa è

in-110 Cfr. J.G. MilleR, Living systems, McGraw-Hill, New York 1978.

111 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 13. Cfr. anche tonelli, Comunità educativa, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, pp. 405-406 e pollo - to

-nelli, Animazione, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, pp. 288-293.

112 Cfr. pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, pp. 15-31.

113 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 34.

114 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 35.

115 Cfr. E. FRoMM, Psicanalisi della società contemporanea, in pollo, L’animazione culturale.

Una proposta, 1980, p. 39. Cfr. anche pollo - tonelli, Animazione, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, pp. 289-290 e 295-297.

116 L. WittgenStein, Tractatus logico-philosophicus, in pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 67.

tesa, secondo Pollo, come l’inesprimibile, come un simbolismo di natura non linguistica e l’animazione come una comunicazione esistenziale, ritenuta uno strumento che «riesca in questa difficile, impossibile operazione»,117 cioè di esprimere l’inesprimibile. Però nel concreto «non so come essa avvenga per cui, accogliendo l’invito di Wittgenstein […], io di ciò di cui non si può parlare ho già tentato di parlare troppo, taccio».118

L’animazione culturale, proposta da Pollo, suggerisce tre cosiddetti “stru-menti”: la teoria della comunicazione, il metodo della ricerca119 e il gruppo primario. I primi due strumenti sono praticamente introduzioni alle teorie della comunicazione e dell’epistemologia con pochissimi strumenti applicabili nella prassi dell’animazione. Il campo semantico della parola “strumento” si allarga e si sposta verso la concezione di “una teoria di supporto”. Lo “strumento”

descritto con più concretezza è il gruppo primario del quale vengono tracciate sette fasi di vita e si introdurranno alcune dinamiche di gruppo, come le inte-razioni, l’unità psicologica del gruppo, le norme, gli scopi comuni, la struttura informale o formale, l’inconscio collettivo, gli equilibri stabili, il clima, gli stereotipi, gli standards e la conformità. L’autore sottolinea l’importanza del gruppo primario come strumento dell’animazione rispetto alla comunicazione e alla ricerca: «Tutti e tre gli strumenti posseggono una eguale importanza e nessuno di essi è prioritario rispetto agli altri, tuttavia per fini esclusivamente didattici si assumerà come centrale nel processo di animazione lo strumento gruppo. Ma ripeto solo per comodità didattica in quanto i tre strumenti operano in modo sincrono agendo a volte alternativamente, a volte in parallelo, a volte attraverso integrazioni funzionali».120

All’interno della pubblicazione di Pollo si dedica una parte del testo alla programmazione educativa, ma all’interno del discorso sull’animazione lo si inserisce come un elemento eterogeneo, sia per la brevità della trattazione che per l’assenza assoluta di riferimenti bibliografici. Diventa percepibile l’inten-zione dell’autore di muoversi tra i due poli del discorso: la concretezza delle sue proposte e il rifiuto dei modelli meccanicistici della progettazione. L’au-tore afferma: «L’anello di congiunzione tra qualsiasi principio e teoria edu-cativa e la sua traduzione in una attività eduedu-cativa concreta, all’interno di un

117 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 73.

118 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 73. Cfr. l’influenza dell’impostazione di Pollo sul modello antropologico sottostante alla descrizione della dimensione religiosa dell’uomo in pollo - tonelli, Animazione, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, pp.

297-298.

119 Si noti la vicinanza della posizione di Pollo con quella di Stenhouse nell’accentuazione della componente della ricerca nella progettazione. Pollo fa riferimento a J. Dewey, T.S. Kuhn, F.J. Ruth-eford, F. De Bartolomeis ed E. Durkheim.

120 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 75. Cfr. anche pollo - tonelli, Ani-mazione, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, pp. 302-304.

determinato sistema sociale, è costituito dalla programmazione».121 Si tratta di un’operazione difficile e per «non contraddire una reale pratica di liberazione è necessario che la programmazione non venga realizzata a tavolino dall’ani-mazione o dagli animatori, ma sia costruita dall’animatore insieme al gruppo che è soggetto-oggetto dell’animazione».122

Per sfuggire al meccanicismo si accenna all’esistenza di modelli sistemici della progettazione, però, senza l’indicazione di autori. Si vuole giustificare la progettazione educativa come compatibile con la concezione dell’animazio-ne culturale, ma non si offrono procedure, modelli o metodologie concrete.

Si rimane volutamente a livello dei principi e del generico.123 La definizione degli obiettivi o scopi si vede nella prospettiva della creazione di un sistema concettuale, i mezzi o gli strumenti che portano allo scopo si descrivono come coordinate morali e culturali, la verifica si vede come creazione di sistemi di retroazione e tutto questo inglobato in un paradigma filosofico della progetta-zione concepita come una prassi di liberaprogetta-zione. Si tratta di un’espressione della convinzione dell’autore sull’importanza del filosofare per superare il pratici-smo utilitarista.

Alcune indicazioni di tipo metodologico provengono da Riccardo Tonelli, che adopera i concetti della programmazione e della progettazione nella Pasto-rale Giovanile dal 1968.124 L’autore si concentra soprattutto sull’impostazione generale della PG e non sulla metodologia, considerata da lui piuttosto que-stione tecnica, che «richiede una competenza tecnica, da acquisire mediante lo studio delle discipline specializzate [...]. Questa fiducia e rispetto degli apparati tecnici rappresenta una precisa esigenza salesiana, come logica conseguenza della consapevolezza che esiste uno stretto rapporto tra educazione (e relative scienze dell’educazione) ed evangelizzazione».125

121 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 51.

122 pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 51.

123 Cfr. pollo, L’animazione culturale. Una proposta, 1980, p. 66.

124 Cfr. la monografia che ha tentato di delineare alcune istanze relative alla programmazione già nella seconda annata di NPG in «Note di Pastorale Giovanile» 2 (1968) 8-9, 4-84 e in particolare R. tonelli, Riunioni di verifica, in «Note di Pastorale Giovanile» 2 (1968) 8-9, 60-65 e id., Punti fermi per una programmazione valida, in «Note di Pastorale Giovanile» 3 (1969) 8-9, 43-59. Per la progettazione cfr. id., Un progetto di pastorale giovanile per i giovani d’oggi, in «Note di Pastorale Giovanile» 13 (1979) 1, 3-21 e id., Per fare un progetto educativo, in «Note di Pastorale Giovanile»

14 (1980) 6, 57-66.

125 Cfr. R. tonelli, Impostazione della comunità educativa in un contesto pluralista, in R. gian

-natelli (Ed.), Progettare l’educazione oggi con Don Bosco, Seminario promosso dal Dicastero per la Pastorale Giovanile della Direzione Generale “Opere Don Bosco” in collaborazione con la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana Roma 1-7 giugno 1980, LAS, Roma 1981, p. 83; pollo - tonelli, Animazione, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, p. 309 e R. tonelli, Comunità educativa, in Vecchi - pRelleZo (Edd.), PEP. Elementi modu-lari, 1984, p. 415.

L’analisi del background teorico del PEPS 143

Nonostante l’accentuazione teorica della sua impostazione offre un’interes-sante elaborazione dei passi della progettazione nel suo articolo già menziona-to Per fare un progetmenziona-to educativo del 1980. Tonelli, parlando dell’educazione alla fede, riprende i due schemi della progettazione menzionati da Pellerey,126 cambiando il punto di partenza della progettazione.127

Schema 4: L’organizzazione dei momenti della progettazione in Pellerey e in Tonelli (M. pelleRey, Progettazione didattica, SEI, Torino 1979, p. 38 e R. tonelli, Per fare un progetto educativo, in «Note di Pastorale Giovanile» 14 (1980) 6, 60).

102 superare il praticismo utilitarista.

Alcune indicazioni di tipo metodologico provengono da Riccardo Tonelli, che adopera i concetti della programmazione e della progettazione nella Pastorale Giovanile dal 1968.124 L’autore si concentra soprattutto sull’impostazione generale della PG e non sulla metodologia, considerata da lui piuttosto questione tecnica, che «richiede una competenza tecnica, da acquisire mediante lo studio delle discipline specializzate [...]. Questa fiducia e rispetto degli apparati tecnici rappresenta una precisa esigenza salesiana, come logica conseguenza della consapevolezza che esiste uno stretto rapporto tra educazione (e relative scienze dell’educazione) ed evangelizzazione».125

Nonostante l’accentuazione teorica della sua impostazione offre un’interessante elaborazione dei passi della progettazione nel suo articolo già menzionato Per fare un progetto educativo del 1980. Tonelli, parlando dell’educazione alla fede, riprende i due schemi della progettazione menzionati da Pellerey,126 cambiando il punto di partenza della progettazione.127Lo Schema 4 riporta il confronto tra i due modelli.

Tonelli respinge i due schemi per ragioni epistemologiche, in quanto il primo preferisce l’oggettività, non considerando la situazione, e il secondo favorisce troppo la soggettività. Propone, perciò, un ulteriore

“modello ermeneutico”. Gli obiettivi e le domande, che scaturiscono dall’analisi della situazione, devono essere letti alla luce dell’“evento di Dio”. Tonelli afferma: «Dobbiamo utilizzare la fede come chiave di lettura. Essa non può sostituirsi alle scienze descrittive. Ma queste non possono fare a meno della fede, quando vogliono dirci ciò di cui ha bisogno l’uomo, nel profondo della sua esistenza».128L’interpretazione alla luce dell’evento di Dio è importante sia per la lettura della condizione giovanile che per la formulazione degli obiettivi, intesi dall’autore in un rapporto stretto con le verità della fede, «per evitare che la reinvenzione degli obiettivi si concluda nello svuotamento e nella riduzione antropologica dell’evento di Dio».129L’interpretazione della situazione alla luce della fede è presente nel PEPS già dal 1978, ma per gli obiettivi l’accentuazione dell’interpretazione non è presente.130 Come negli altri contributi di Tonelli, la teorizzazione pastorale rimane sul livello dell’enunciazione dei principi senza scendere al livello metodologico del “come si fa” l’interpretazione alla luce dell’evento di Dio

Schema 4: L’organizzazione dei momenti della progettazione in Pellerey e in Tonelli (M.PELLEREY, Progettazione didattica, SEI, Torino 1979, p. 38 e R. TONELLI, Per fare un progetto educativo, in «Note di Pastorale Giovanile» 14 (1980) 6, 60).

124Cfr. la monografia che ha tentato di delineare alcune istanze relative alla programmazione già nella seconda annata di NPG in

«Note di Pastorale Giovanile» 2 (1968) 8-9, 4-84 e in particolare R. TONELLI, Riunioni di verifica, in «Note di Pastorale Giovanile» 2 (1968) 8-9, 60-65 e ID., Punti fermi per una programmazione valida, in «Note di Pastorale Giovanile» 3 (1969) 8-9, 43-59. Per la progettazione cfr. ID., Un progetto di pastorale giovanile per i giovani d’oggi, in «Note di Pastorale Giovanile» 13 (1979) 1, 3-21 e ID., Per fare un progetto educativo, in «Note di Pastorale Giovanile» 14 (1980) 6, 57-66.

125Cfr.

“Opere Don Bosco” in colaborazione con la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia

Salesiana Roma 1- 7 giugno

1980, LAS, Roma 1981, p. 83; POLLO - TONELLI, Animazione, in VECCHI - PRELLEZO (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, p.

309 e R. TONELLI, Comunità educativa, in VECCHI - PRELLEZO (Edd.), PEP. Elementi modulari, 1984, p. 415.

126Cfr. PELLEREY, Progettazione didattica, 1979, p. 38.

127Cfr. TONELLI, Per fare un progetto educativo, 1980, 60.

128 TONELLI, Per fare un progetto educativo, 1980, 61.

129 TONELLI, Per fare un progetto educativo, 1980, 61.

130Cfr. DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE, Progetto Educativo Pastorale. Metodologia, Sussidio 1, [s.e.], Roma 1978, p.

14 e CG21 (1978), n. 13.

Definizione degli

obiettivi Analisi della situazione

di partenza Organizzazione di

un piano didattico Valutazione dei risultati Definizione degli

obiettivi Analisi della situazione

di partenza Organizzazione di

un piano didattico Valutazione dei risultati

Lo Schema 4 riporta il confronto tra i due modelli. Tonelli respinge i due schemi per ragioni epistemologiche, in quanto il primo preferisce l’oggettività, non considerando la situazione, e il secondo favorisce troppo la soggettività.

Propone, perciò, un ulteriore “modello ermeneutico”. Gli obiettivi e le doman-de, che scaturiscono dall’analisi della situazione, devono essere letti alla luce dell’“evento di Dio”. Tonelli afferma: «Dobbiamo utilizzare la fede come chia-ve di lettura. Essa non può sostituirsi alle scienze descrittichia-ve. Ma queste non possono fare a meno della fede, quando vogliono dirci ciò di cui ha bisogno l’uomo, nel profondo della sua esistenza».128 L’interpretazione alla luce dell’e-vento di Dio è importante sia per la lettura della condizione giovanile che per la formulazione degli obiettivi, intesi dall’autore in un rapporto stretto con le verità della fede, «per evitare che la reinvenzione degli obiettivi si concluda

126 Cfr. pelleRey, Progettazione didattica, 1979, p. 38.

127 Cfr. tonelli, Per fare un progetto educativo, 1980, 60.

128 tonelli, Per fare un progetto educativo, 1980, 61.

nello svuotamento e nella riduzione antropologica dell’evento di Dio».129 L’in-terpretazione della situazione alla luce della fede è presente nel PEPS già dal 1978, ma per gli obiettivi l’accentuazione dell’interpretazione non è presen-te.130 Come negli altri contributi di Tonelli, la teorizzazione pastorale rimane sul livello dell’enunciazione dei principi senza scendere al livello metodologi-co del “metodologi-come si fa” l’interpretazione alla luce dell’evento di Dio.

nello svuotamento e nella riduzione antropologica dell’evento di Dio».129 L’in-terpretazione della situazione alla luce della fede è presente nel PEPS già dal 1978, ma per gli obiettivi l’accentuazione dell’interpretazione non è presen-te.130 Come negli altri contributi di Tonelli, la teorizzazione pastorale rimane sul livello dell’enunciazione dei principi senza scendere al livello metodologi-co del “metodologi-come si fa” l’interpretazione alla luce dell’evento di Dio.