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Il periodo postconciliare e il ripensamento del CGS (1972)

La fine degli anni ’60 è stata caratterizzata dalla presa di autocoscienza dei giovani che si identificavano con la loro “classe”, “generazione”, oppure

“mondo”, secondo le visioni teoriche o ideologiche sottostanti. Nel mondo si sono sentiti i grandi problemi che servivano da agglutinante: il sottosviluppo e la dipendenza del terzo mondo; l’oppressione dei poveri; la discriminazione razziale; le guerre per il predominio mondiale; e la subordinazione dei sistemi educativi e culturali ai poteri economici. Nel mondo intellettuale riaffiorano le ideologie di matrice marxista, le critiche alla società di massa della Scuola di Francoforte e la pedagogia critica.

La parola d’ordine è stata la “contestazione” attiva dell’autoritarismo ac-cademico, industrial-capitalista e politico. Il mondo ideale da costruire è stato visto con la chiave della partecipazione, del decentramento, del dialogo, della socialità, della libertà, della giustizia e della morale nuova. Non mancano

pa-53 Cfr. Vecchi, Pastorale, educazione, pedagogia, in Il cammino e la prospettiva 2000, 1991, pp.

16-18.

radossi tra la proclamazione del principio di dialogo e della pace da un lato e dall’altro le modalità reali della contestazione e della divisione in classi o cor-renti politiche. Tutte le riflessioni e le novità erano interpretate all’interno del progresso economico, tecnologico e massmediale del dopoguerra. La metà de-gli anni ’70 metterà in crisi questa positività di prospettive. In ambiti ecclesiali la crisi, seppur in un’altra chiave e nelle interferenze con il mondo giovanile, è arrivata con il Concilio e il suo radicale cambio di paradigma. Il postconcilio può essere di fatto chiamato una vera crisi.54

2.1. Il postconcilio nella Congregazione

Negli anni che seguirono al Concilio era alla posizione di guida della Con-gregazione Luigi Ricceri,55 eletto al CG19 (1965). «Il rettorato di don Luigi Ricceri (1965-77), sesto successore di don Bosco, raccolse da una parte il frutto del lavoro realizzato dai predecessori, infatti, nel 1967 i Salesiani raggiunge-vano l’apice numerico di 21.614 professi e 1.196 novizi; però d’altro canto, fu attraversato da una doppia crisi: quella derivante dalla stessa espansione, non sempre depurata e controllata, della Società salesiana e quella, nell’ambito ecclesiale, concomitante alla celebrazione del Concilio Vaticano II. Gradual-mente, ma inesorabilGradual-mente, la nuova situazione si rese evidente in Europa e in America. Sorti nel 1968 nell’ambiente dei salesiani giovani, fermenti della contestazione raggiunsero l’apice negli anni 1969-70 e l’Ateneo Salesiano di-venne una cassa di risonanza straordinaria di ciò che si agitava in alcuni paesi, soprattutto dell’America Latina».56

La crisi in ambito salesiano si è sentita soprattutto con il calo rapido delle

54 Cfr. WiRth, Da don Bosco ai giorni nostri, 2000, pp. 447-449; G. SaBatucci - V. Vidotto, Storia contemporanea. Il Novecento, Laterza, Bari 2003, pp. 281-287; M. toloMelli, Il Sessantotto.

Una breve storia, Carocci, Roma 2008 e a. BeRnhaRd - W. KeiM (Edd.), 1968 und die neue Restau-ration, Jahrbuch für Pädagogik 2008, Peter Lang, Frankfurt am Main 2009.

55 Luigi Ricceri (1901-1989) è nato a Mineo in Sicilia. Divenuto sacerdote nel 1925, insegnò lettere e musica, poi dal 1935 fu direttore a Palermo durante l’ispettorato di don Ziggiotti. Più tardi ricopre l’incarico di direttore a Messina e dal 1942 guida l’Ispettoria Piemontese-Subalpina. Dieci anni dopo fu nominato ispettore a Milano, dove si fermò solo un anno per ricoprire poi l’incarico del consigliere superiore per i Cooperatori e per la stampa durante il dodicennio di don Ziggiotti (1953-65). Durante il suo incarico ha modernizzato il Bollettino salesiano, ha fondato a Torino l’Agenzia Notizie Salesiane, l’organizzazione dell’Ufficio stampa della Direzione generale, e ha lanciato la rivista mensile Meridiano 12, che voleva essere una continuazione delle Letture cattoliche di don Bo-sco. I dodici anni del suo rettorato (1965-77) si inseriscono negli anni del papato di Paolo VI e nelle sue direttive segue la linea del papa. Cfr. L. RicceRi, Così mi prese Don Bosco. Storie vere di vita salesiana, LDC, Leumann (TO) 1986 e WiRth, Da don Bosco ai giorni nostri, 2000, pp. 436-438.

56 R. alBeRdi - c. SeMeRaRo, Società salesiana di San Giovanni Bosco, in g. pelliccia - g.

Rocca (Edd.), Dizionario degli istituti di perfezione, vol. 8, San Paolo, Roma 1988, pp. 1690-1691.

vocazioni, con gli abbandoni della vita salesiana verificatesi in tutto il decen-nio degli anni ’60 sia durante il periodo della formazione che con le cresciute richieste di laicizzazione dei sacerdoti. Il numero dei salesiani nel decennio 1968-77 è calato di circa un quarto.57 La crisi demografica, segnalata anche dal Rettor Maggiore,58 era solo l’effetto più appariscente di un Ordine religioso che si trovava in un processo di forte mutamento, o se si vuole, con le parole del decreto conciliare Perfectae caritatis, in un processo di una accomodata reno-vatio. Da un lato vi era l’apertura di nuove presenze, un numero consistente di nuove iniziative nel campo pastorale, soprattutto nell’ambito dell’apertura al mondo, della giustizia e del dialogo con tutti.59 Dall’altro, vi erano vivaci discussioni e polarizzazioni tra “progressisti” e “integristi” e, nello specifico campo del cosiddetto apostolato giovanile, tra “pastoralisti” e “pedagogisti”.

Riccardo Tonelli, direttore della rivista Note di Pastorale Giovanile, parla di

«anni caldi. Stava, infatti, iniziando e consolidandosi un modello di cultura, di riflessione, di progettazione sociale e politica molto originale [...]. Certo, sotto l’urgenza dei problemi... non sempre è facile procedere con la calma e l’equili-brio necessario».60 In queste situazioni Ricceri nella sua abbondante pubblica-zione di lettere ha difeso e sostenuto il suo diritto-dovere, come Rettor Maggio-re, di «dirigeMaggio-re, orientaMaggio-re, animaMaggio-re, e quindi di indicare la retta via, correggere tempestivamente le deviazioni, denunciare gli abusi, definire in alcuni momen-ti le giuste posizioni, in modo che tutmomen-ti possano conoscere a un determinato mo-mento con la necessaria chiarezza la via da seguire in Congregazione».61 Nei primi sei anni del suo rettorato prevalsero l’attenzione alla quasi impossibile realizzazione delle conclusioni del CG19 (1965) e tra queste spunta lo sforzo di equilibrare i due principi del decentramento e dell’unità.62

57 I salesiani nel 1968 erano 21.492 mentre nel 1978 erano 16.439. La media del numero dei novizi nel decennio 1958-67 è stata di 1.218 mentre nel decennio 1968-77 è stata di 625. Cfr. WiRth, Da don Bosco ai giorni nostri, 2000, pp. 531-532.

58 Cfr. L. RicceRi, Lettera del Rettor Maggiore, in ACS 51 (1970) 260, 7-8.

59 Per le attività sociali nuove cfr. F. deSRaMaut - M. Midali, L’impegno della Famiglia sale-siana per la giustizia. Colloqui sulla vita salesale-siana 7 Jünkerath, 24-28 agosto 1975, LDC, Leumann (TO) 1976. La Congregazione apre in questi anni delle presenze nell’Andorra, in Lussemburgo, in Burundi e in Gabon. Cfr. WiRth, Da don Bosco ai giorni nostri, 2000, p. 527.

60 tonelli, Ripensando quarant’anni, 2009, 14-15.

61 L. RicceRi, Lettera del Rettor Maggiore, in ACS 54 (1973) 269, 1767. Cfr. anche le pagine 1767-1771 e id., Lettera del Rettor Maggiore, in ACS 54 (1973) 270, 1865.

62 Siccome il PEPS si inserisce nel 1978 nelle dinamiche del processo di decentramento come uno dei suoi strumenti, sembra utile ricordare alcuni spunti pertinenti sulle dinamiche del decentramento offerti dagli studi gestionali e organizzativi. Si nomina in particolare l’importanza cruciale della ge-rarchia nell’implementazione del decentramento, il paradosso del decentramento introdotto dal cen-tro, il paradosso del decentramento che parte già con limiti prestabiliti verbalizzati, la polarizzazione tra la leadership decentrata e le decisioni prese dal centro. Cfr. S. Kühl, Sisyphos im Management.

Die vergebliche Suche nach der optimalen Organisationsstruktur, Wiley, Weinheim 2002, pp. 36-39;

Il decentramento dopo il CG19 (1965) ha portato effetti immediati soprat-tutto nell’ambito della PG, che stava acquisendo la sua importanza: «La tradi-zionale attenzione alle singole istituzioni, in antecedenza propria dei membri del Consiglio Superiore a esse deputati era “decentrata” e distribuita tra più responsabili, al centro e alla periferia: il nuovo dicastero della Pastorale Gio-vanile, gli Uffici dipendenti o integrativi, le Conferenze Ispettoriali, le singole Ispettorie e i loro organi tecnici e di animazione. Ciò vale sia per l’oratorio che per l’attività catechistica, suo fine principale. La “Crociata” [catechistica partita negli anni ’40] centralizzata era finita o prendeva un nuovo volto».63 Si cercava l’unità nell’azione non solo con lo strumento del magistero del Rettor Maggiore, ma anche attraverso i suoi numerosi viaggi, con lo studio della si-tuazione locale e con i convegni intercontinentali presieduti da lui in persona.

Lo studio della problematica educativo-pastorale partiva in questi anni dai vertici della Congregazione. Nel 1967, il Consigliere per la Pastorale Giova-nile sollecitò uno studio sulla situazione degli oratori, con inchieste nelle case e nelle Ispettorie, con lo scopo di elaborare direttive che dovevano «servire come norma alle Conferenze Ispettoriali per la riorganizzazione di questo im-portantissimo settore dell’apostolato salesiano».64 Nel 1968, sotto la presidenza di Ricceri, si sono svolti tre convegni per studiare la situazione educativa e pastorale. Il convegno di Bangalore si è soffermato soprattutto sulla problema-tica dell’oratorio, quello di Caracas sulla pastorale in termini generali e quello di Como soprattutto sulla struttura del centro giovanile come risposta ai biso-gni dei tempi, insieme a varie altre proposte.65 Le ricerche e anche il dibattito dei convegni hanno fatto vedere l’ampiezza degli orizzonti aperti che veniva combinata, però, con la poca traducibilità nell’immediato. Il Rettor Maggiore segnalò, nel 1969, la mancanza di un preciso programma educativo per le di-verse età dei giovani, perfezionando la Catechesi, la Liturgia, l’iniziazione dei migliori a impegni apostolici, l’impegno degli oratoriani nella società e nella Chiesa, anche attraverso il lavoro dei vari tipi di associazione.66

2.2. La preparazione del CGS

Il Rettor Maggiore descrive nella sua lettera dell’ottobre 1968 il complesso iter in 15 passi da percorrere in nove tappe, che si prevedeva di realizzare

en-65-88 e 131-166.

63 BRaido, Le metamorfosi dell’Oratorio salesiano, 2006, 337.

64 Cfr. L. RicceRi, Lettera del Rettor Maggiore, in ACS 48 (1967) 247, 47.

65 Cfr. L. RicceRi, Lettera del Rettor Maggiore, in ACS 49 (1968) 252, 9-25 e 31-86.

66 L. RicceRi, Lettera del Rettor Maggiore, in ACS 50 (1969) 258, 32-34.

tro i primi mesi del 1971.67 Per intendere l’atmosfera nella quale si moveva la riflessione educativo-pastorale della Congregazione in quegli anni ci serviamo delle proposte inviate dai Capitoli Ispettoriali svoltisi nel 1969, raccolte dalle Commissioni Precapitolari in quattro volumi.68 Il primo tema trattato fu la ri-chiesta di studi seri sullo spirito, la tradizione e il carisma della Congregazione per riscoprire lo spirito genuino di don Bosco e per superare le divisioni in que-stioni fondamentali. Una grande parte dei confratelli si è espressa in favore del ripensamento,69 ma le proposte concrete per attuarlo variavano quasi in ogni Ispettoria a livello dell’oggetto, della modalità e della strumentazione usata per lo studio.70 Le proposte pervenute segnalavano il cambio del paradigma in corso, con le due tendenze della continuità e dell’incommensurabilità tra il vecchio e il nuovo paradigma.

Nell’area educativo-pastorale le proposte erano ancora organizzate secondo il vecchio stile per tipo di opera, con forte accento sul ripensamento generale delle strutture. Quasi unanime era l’accordo sulla salesianità dell’attività par-rocchiale71 e altrettanto fortemente era sentito il bisogno di prendere «in seria considerazione la primarietà dell’Oratorio».72 La validità della scuola come opera rispondednte ai bisogni d’oggi fu riconfermata solo da otto Ispettorie, ma con la condizione di promuovere profondamente la maturazione umana.73 L’attualità della scuola professionale fu ribadita da undici Ispettorie, le quali però non diedero indicazioni più specifiche. Dal numero e dall’articolazione delle proposte traspare l’intento dei confratelli di superare la stagnazione e l’i-solamento dei collegi salesiani con lo spostamento di attenzione a un altro tipo di opera. La strada del ripensamento della scuola e dell’internato fu meno per-corsa. In merito alla modalità con cui occorreva gestire il cambiamento si pre-feriva piuttosto la strada della ristrutturazione flessibile e sperimentale,

dell’in-67 Cfr. L. RicceRi, Lettera del Rettor Maggiore, in ACS 49 (1968) 254, 10-13.

68 Cfr. cgS - coMMiSSioni pRecapitolaRi centRali, Ecco ciò che pensano i salesiani della loro congregazione oggi. “Radiografia” delle relazioni dei Capitoli Ispettoriali speciali tenuti in gennaio-maggio 1969, 4 voll., Istituto Salesiano Arti Grafiche, Castelnuovo D. Bosco (AT) 1969.

69 Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, pp. 46-47. Il valore numerico del 94% dei confratelli di venti Ispettorie in favore del ripensamento è uno dei consensi maggiori raggiunti dai Capitoli Ispettoriali, poiché le domande che suscitano un interesse esplicito maggiore di 15 Ispettorie sono pochissime. Parlando in senso stretto bisogna ribadire che il dato non è statisticamente rilevante per le difficoltà dell’impostazione delle “radiografie” che analizzano materiali di strutturazione ete-rogenea e non hanno offerto alle Ispettorie un questionario “obbligatorio”. Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, pp. VI-XI.

70 Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, pp. 47-67.

71 Il 94% dei confratelli di 27 Ispettorie era d’accordo che «la parrocchia non è un’opera ecce-zionale della nostra attività salesiana». Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, p. 176.

72 Il 97% dei confratelli di 16 Ispettorie era in sintonia con la frase citata. Cfr. Ecco ciò che pen-sano i salesiani, vol. 1, 1969, p. 190.

73 Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, pp. 194-198.

ventiva, dell’apertura e della creatività.74 Vent’anni dopo Vecchi ha espresso sinteticamente le tendenze dell’epoca studiata: «Alcune ispettorie in Europa hanno visto nelle parrocchie lo scampo dalla chiusura scolastica».75

I mezzi preferiti per l’attuazione di questa ristrutturazione erano il decen-tramento, l’uso della consulenza degli esperti e la pianificazione razionale, temi che ritornano come un ritornello nelle diverse proposte. Gli autori del-le “radiografie” notano che i Capitoli Ispettoriali «parlano continuamente di

“integrazione”, “coordinamento”, “programmazione”, “pianificazione”, ecc.

dell’azione pastorale salesiana (dentro e fuori delle nostre case) nei suoi rap-porti con la pastorale della Chiesa locale. Essi auspicano che il problema sia affrontato nella sua totalità e risolto opportunamente».76 Il decentramento del governo si doveva attuare mettendo in piedi altre istituzioni, dicasteri, team, gruppi e commissioni, seguendo la strada aperta dal CG19 (1965). Trattando la questione degli esperti, nelle “radiografie” non si parla della loro identità e, se erano confratelli, non si diceva dove e come si sarebbero formati. Riflettendo il clima dell’epoca, ci si fidava quasi ingenuamente del successo della program-mazione, del confronto dialogico e dello studio, ma poi non si specificava la metodologia precisa della programmazione in équipe e non si contavano reali-sticamente le risorse per poter fare un ridimensionamento.

Il livello dei contenuti concreti dell’educazione e della pastorale è stato qua-si totalmente emarginato. Il fatto è paradossale, perché nel momento della svol-ta pastorale nella Congregazione la maggior parte del tempo è ssvol-tasvol-ta impiegasvol-ta nelle discussioni sulle strutture. Il fatto è interpretabile tenendo conto di alcuni elementi: la convinzione diffusa che il cambiamento delle strutture e l’introdu-zione della pianifical’introdu-zione razionale cambierà la qualità dell’al’introdu-zione educativo-pastorale; la diffusa dinamica “contestativa” del tempo di crisi che tendeva a confrontarsi con le grandi tematiche della vita e del mondo tralasciando in par-te la costruzione collaborativa e sospar-tenibile del futuro concreto e immediato.

I pochi contenuti educativo-pastorali emersi nelle “radiografie” confermano la tendenza descritta poiché parlano solo in generale di temi aderenti al nuo-vo paradigma pastorale, senza soffermarsi sulla loro applicazione: lo studio scientifico della realtà giovanile, i rapporti di dialogo e collaborazione nella comunità educativa, la promozione integrale del giovane, l’apertura sociale e politica, l’animazione del tempo libero, la catechesi e la formazione degli adul-ti.77 Nella parte che parla delle Costituzioni, solo tre Ispettorie dell’Asia hanno proposto di inserire un articolo sul Sistema Preventivo.78 Gli unici due punti

74 Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, pp. 142-144 e vol. 2, pp. 55-58.

75 Vecchi, Pastorale, educazione, pedagogia, in Il cammino e la prospettiva 2000, 1991, p. 13.

76 Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, p. 108.

77 Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, pp. 214-233.

78 Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 4, 1969, pp. 167.

applicativi che hanno suscitato l’interesse maggiore di dieci Ispettorie sono stati le questioni emblematiche della libera partecipazione alla messa quoti-diana79 e l’apertura delle opere salesiane alla coeducazione.80 Seguendo i dati della “radiografia”, si può concludere che i Capitoli Ispettoriali speciali in pre-parazione al CGS hanno riflettuto soprattutto sul cambiamento strutturale della Congregazione, il che ha implicato di tralasciare i temi propriamente educativi e pastorali.

2.3. Il CGS e il ripensamento della prassi educativo-pastorale

I 206 giorni di intenso lavoro dal giugno 1971 al gennaio 1972, nella nuo-va sede della Casa generalizia a Roma in via della Pisana, fanno del Capi-tolo Generale Speciale il CapiCapi-tolo più lungo della storia salesiana. Il CGS è iniziato con la Relazione Generale sullo Stato della Congregazione presen-tata dal Rettor Maggiore secondo le indicazioni del CG19 (1965). Nell’area educativo-pastorale, denominata ancora “azione salesiana”, Ricceri elogiava l’impegno eroico, umile e semplice di molti confratelli per la gioventù povera, ma si soffermava anche abbondantemente sugli scarsi risultati di applicazione del CG19 (1965). La ridefinizione e rilancio dell’oratorio e del centro giovanile aveva prodotto «poca cosa»81 e i risultati del ridimensionamento «non furono brillanti».82 Si constatava il blocco delle aperture delle case nuove, ma al lato opposto c’era una moltiplicazione di opere e una crescente «sproporzione tra personale e impegni di attività».83 Anche se dalla Relazione traspariva una vi-sione realistica della lunga strada da percorrere per realizzare quanto proposto dal CG19 (1965), la priorità del CGS fu formulata in termini di definizione dell’identità della Congregazione nella Chiesa e nel mondo, per cui gli aspetti applicativo-operativi rimasero secondari.84 Il fine specifico del CGS era quello di formulare un testo nuovo delle Costituzioni e dei Regolamenti, conforme agli orientamenti conciliari.

79 L’83% dei confratelli si è espresso al favore della messa quotidiana libera, Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, p. 225.

80 L’82% dei capitolari è favorevole all’integrazione della coeducazione nelle opere salesiane, Cfr. Ecco ciò che pensano i salesiani, vol. 1, 1969, pp. 230-232.

81 L. RicceRi, Presentazione della “Relazione Generale sullo Stato della Congregazione”, in CGS (1972), p. 574.

82 RicceRi, Relazione Generale sullo Stato della Congregazione, in CGS (1972), p. 574.

83 RicceRi, Relazione Generale sullo Stato della Congregazione, in CGS (1972), p. 576.

84 Cfr. J.E. Vecchi, Verso una nuova tappa di Pastorale Giovanile Salesiana, in Il cammino e la prospettiva 2000, Documenti PG 13, SDB, Roma 1991, p. 73.

2.4. La prassi educativo-pastorale nei documenti del CGS

Punto di partenza di tutto lo sforzo del CGS è stato il «rivedere in profondità la nostra identità alla luce della realtà di oggi».85 L’identità dei salesiani legata all’attività educativo-pastorale si espresse nel termine “missione” tralascian-do la parola “fine”, per sottolineare la dimensione della vocazione ricevuta da Dio all’interno della Chiesa, piuttosto che vederla come semplicemente posta da sé come un fine da raggiungere.86 La missione si riferiva prioritariamente alla salvezza dei giovani poveri e abbandonati senza riferimento alle attività e alle strutture, per sottolineare l’integralità della missione. Il rapporto tra la missione e la pastorale è definito così: «La “pastorale” è la concretizzazione operativa della missione sotto la guida dei “pastori”».87 La Pastorale Giovanile Salesiana era ulteriormente unificata nell’ottica cristocentrica ed ecclesiocen-trica conciliare espressa da un obbiettivo intenzionale: la salvezza dei giovani.

Perseguendolo si tratta di «comunicare la vita divina, e rendere più umana la famiglia e la storia degli uomini».88 Le attività e i servizi avevano, quindi, solo un carattere strumentale.

Da quest’orizzonte unitario derivava poi la «priorità assoluta della Pastorale Giovanile»89 con l’esigenza di pastoralizzare l’azione, aggiornare pastoralmen-te le comunità, che dovevano assumere una nuova mentalità, e ridimensionare le opere secondo il criterio pastorale.90 Si è giunti fino a formulazioni coraggio-se come questa: «È inammissibile, parlando in generale, che continui a esistere un’opera [...] pastoralmente inefficace».91 La pastorale diventava una chiave di lettura integrale che congiunge la promozione umana e l’evangelizzazione.

Per esprimere l’unicità della complessa missione salesiana si sono scelte due espressioni complementari: “promozione integrale cristiana” e “educazione li-beratrice cristiana”.92 Se nel CG19 (1965) vi era stato il rischio che la pastorale poteva diventare una parola magica di successo ma troppo generica, il CGS, invece, ha approfondito alcune concretizzazioni del contenuto della pastorale.

Come prima specificazione, il Capitolo avvertì il bisogno di dare un cri-terio per il rinnovamento, per regolare il rapporto tra il ritorno alle fonti e

85 Cfr. CGS (1972), p. VIII.

86 Cfr. CGS (1972), n. 23.

87 CGS (1972). n. 30.

88 Gaudium et Spes (1965), n. 40, in CGS (1972), n. 60. Cfr. anche CGS (1972), n. 24.

89 CGS (1972), n. 180.

90 Cfr. CGS (1972), nn. 344-348.

90 Cfr. CGS (1972), nn. 344-348.