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Anticipazioni di vita vera

Copiare il mondo: la simulazione foto-realistica

5.4. Anticipazioni di vita vera

L’ambito dei videogiochi sta erodendo il linguaggio e i miti cinemato- grafici, nutrendosene voracemente. Non solo ne copia il linguaggio, ma anche le strategie promozionali: i cinematic trailer sono brevi video che fungno da anticipazione del videogioco. La questione interessante è che non si tratta di preview delle schermate del videogioco, come ci si potrebbe aspettare, ma di video in computer grafica che solitamente raccontano un antefatto, o presentano i personaggi in azione. La qua- lità e la risoluzione della grafica sono normalmente di altissimo livello,

tanto da competere con quelle che si vedono al cinema, e superiori a quelle usate nel gioco, anche se è solo questione di tempo perché la tecnologia possa gestire in tempo reale immagini sempre più definite.

Questi trailer servono a descrivere il contesto (fantascienza, fan- tasy, storico ecco.) e l’atmosfera del gioco, ma, paradossalmente, nulla dicono sull’effettiva giocabilità del prodotto o sulla sua struttura, tanto che in breve tempo sono diventati un genere a sé stante, svincolato quasi dalla sua natura promozionale. Sono video in cui si gioca l’ultima carta dell’iperrealismo digitale: sembrano più veri di altri prodotti simili perché si riferiscono a un videogioco e non alla realtà.

Perché la vita vera dell’universo digitale sta nei videogiochi; più o meno definiti, qui gli oggetti del mondo numerico si offrono all’utente nella loro vera natura: osservabili da tutti i punti di vista, interattivi, dinamici, vivi. Tanto vivi che possono morire: dipende ovviamente da quante vite si hanno a disposizione; nel digitale il fattore quantitativo incide su tutti i settori dell’esistenza degli oggetti. Qui gli elementi improvvisamente ap- poggiano veramente sul piano: si toccano, hanno un peso specifico.

Per competere quindi con queste caratteristiche, i trailer dei vi- deogiochi devono in qualche modo superare qualsiasi remora e copia- re il più possibile quella realtà che comunque diventa bidimensionale quando viene fruita dai media non interattivi. Perché, in effetti, questi trailer, più che copiare il mondo, sembra che diano una patina più foto- realistica al mondo del videogioco che presentano: copiano il videogio- co, dandogli una superficie migliore. Sfruttano la vita vera dell’universo videoludico, trasformandolo in un cortometraggio a effetti speciali, in un cortocircuito percettivo ed estetico iperbolico: la realtà del videogio- co diventa finzione cinematografica. Tutto all’insegna del digitale.

La maggior parte dei trailer dei videogiochi, per essere più rea- listici, assimilano e simulano perfettamente lo stile cinematografico in voga nel momento in cui sono prodotti. La fotografia si fa più sporca e simile a quella dei video musicali: immagini sovraesposte, o colorate in maniera innaturale; compaiono difetti di messa a fuoco; la camera, rigorosamente, è “a mano”, per cui scompaiono le fluide e innatura- li iper-carrellate appartenenti a uno sguardo meccanico e aereo: qui l’operatore sembra proprio che ci sia, con tutte le imperfezioni del caso. Per aderire al reale, si simula il difetto. Il difetto della realtà: il linguag- gio cinematografico.

Da questo punto di vista è esemplare il trailer di Darksiders –

Wrath of War2 (2008). Il video inizia mostrando immagini dall’alto di una 2 Il trailer è visionabile nel seguente link: http://www.gametrailers.com/video/

non meglio identificata metropoli dei giorni nostri; ma non si tratta di un punto di vista “digitale”: le vibrazioni dell’immagine ci fanno intuire che si tratta di riprese fatte da un elicottero. La camera si allontana, e scopriamo che in realtà stavamo guardando un grande televisore piatto in una vetrina di un negozio. Da un megaschermo piazzato su un grattacielo, si annuncia alla folla l’arrivo di frammenti di meteoriti, che puntualmente piombano sulla scena e cominciano a seminare morte e distruzione. Vediamo, dall’alto, che all’interno di uno dei meteoriti si cela un’enorme creatura biomeccanica.

Dopo un attimo di pausa, mentre la gente stordita si assiepa in- torno ai crateri sull’asfalto, da uno di questi sorge un’enorme mostruo- so robot che comincia ad assalire la folla, coadiuvato da altre creature più piccole che inseguono le persone in fuga in preda al panico. I mo- vimenti di macchina in questa parte sembrano veramente quelli di un operatore occasionale trovatosi a documentare per caso questi avveni- menti. Mentre il mostro robotico sta per scaraventare un autobus pieno di gente che lì si è rifugiata, viene violentemente colpito alle spalle da qualche cosa di indefinito. Un cavaliere vestito in modo medievale e futuristico, minaccia il mostro con un’enorme spada. Un primo piano ci mostra il suo volto pallidissimo, dagli occhi luminosi.

Nel momento in cui comincia la battaglia fra quello che intuiamo essere il protagonista del gioco (e quindi il doppio del giocatore) e il suo antagonista, il trailer può finire: inizia il videogioco, sta all’utente entra- re nel mondo digitale e viverlo come tale. Questo video è un intreccio di

citazioni più o meno esplicite del mondo fantascientifico cinematogra- fico: la colorimetria verdastra rimanda a The Matrix (Matrix, 1999), dei fratelli Wachowski, le sovraesposizioni richiamano lo stile fotografico di Janusz Kaminski di Minority Report (Id., 2002), di Steven Spielberg; tutta la scena iniziale è un’idea presa a prestito dal remake, sempre di Spielberg, War of the Worlds (La guerra dei mondi, 2005), i personaggi principali attingono al mix di stili e culture tipici del manga giapponese; insomma, ci sono tutti i segni riconoscibili di un genere.

Ma qui i luoghi comuni di una certa cinematografia contempora- nea di fantascienza diventano un mondo che appare più verosimile di Tom Cruise ripreso in chroma key e piazzato su sfondi digitali. È tutto più omogeneo, è tutto più credibile: non c’è più la pesantezza del mon- do reale, ma tutto si dissolve nella fragilità dei dati, una fragilità che compatta l’effetto di una realtà fruibile come un mondo efficiente.

Perché la questione reale da porsi è un’altra. Gli occhi dei giocato- ri di videogiochi, degli appassionati di animazione digitale, dei frequen- tatori di internet, gli “spettatori del digitale” pretendono veramente il foto-realismo che la computer grafica ricerca ossessivamente? O forse non è il caso di supporre che si accontentano dell’immagine? Certo, un’immagine che si avvicina alla resa del reale, ma che non vi aderisce pienamente. La sostituzione è già avvenuta: i giocatori, mediamente, hanno la sensazione di vivere dentro un mondo reale (cioè efficiente e coerente) guardando grafiche non dettagliatissime dentro uno scher- mo non enorme. L’immagine di un corpo è un corpo. E la ricerca di immagini sempre più definite forse è solo una sfida quantitativa, non percettiva: poter gestire quanto più mondo possibile, e non guardarlo meglio. Ma è ancora presto per dare una risposta certa a una questione del genere.

Un trailer impressionante per la sua resa stilistica è quello del videogioco Assassin’s Creed 2, (2008)3. L’ambizione è quella di rappre-

sentare un carnevale di Venezia durante il Rinascimento. Un gruppo di notabili si aggira nella confusione del carnevale, fra figure mascherate che danzano e fuochi d’artificio che illuminano una Venezia notturna. Due donne, che sono state pagate da un personaggio sconosciuto, si avvicinano al gruppo e ne attirano uno, che viene assassinato nella confusione della folla. A questo punto inizia un inseguimento per le strade di Venezia: un notabile, circondato dalle guardie del corpo in armatura, tenta di compiere un agguato al misterioso killer, ma viene ucciso. Anche in questo caso sono seguite alcune regole stilistiche ora- mai canoniche: le inquadrature simulano la presenza di un operatore

3 Il trailer è visionabile nel sequente link: http://www.gametrailers.com/video/

che usa la camera a spalla, non mancano le inquadrature iperboliche (sempre dall’alto), e il montaggio si adegua alla logica dei raccordi del cinema classico.

La cura dedicata alla ricostruzione storica, soprattutto dei co- stumi e delle maschere, è l’elemento visivo che più avvince gli occhi. E anche una certa misura nelle scene d’azione, che si adegua al contesto storico, non rinunciando alle solite evoluzioni di corpi che sono in grado di arrampicarsi su qualsiasi superficie architettonica o di saltare quasi volando. Abilmente gli autori di questo trailer occultano i volti dei per- sonaggi (la parte del corpo più complessa da simulare) approfittando della presenza delle maschere, oggetti che la computer grafica riscopre e usa piuttosto spesso. In effetti, i personaggi più deboli dal punto di vista della resa foto-realistica, sono le due donne che, a viso scoperto, attirano il notabile nel tranello. Nel complesso, questo trailer fa intra- vedere, in prospettiva, una reale possibilità di sostituzione: gli oggetti digitali al posto di quelli reali. A patto che si possa pensare di fare un film senza volti. O di fare film con una tipologia di personaggi come il Gollum della trilogia Lord of the Rings (Il Signore degli Anelli, 2001- 2003), di Peter Jackson, per ora l’attore 3D più convincente dell’univer- so del digitale, non a caso affetto da problemi di scissione della perso- nalità. Ma anche in questo caso, l’industria di Hollywood ha trovato una soluzione piuttosto convincente.