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Copiare il mondo: la simulazione foto-realistica

5.2. Il mondo è mio

Il sogno di poter gestire autonomamente il proprio mondo si realizza in un video di Liam Kemp1, un artista già da tempo impegnato nella

creazione dei modelli digitali di corpi foto-realistici: This Wonderful Life, frutto di un lavoro assiduo di circa tre anni, dal 2001 al 2003. La sfida dell’artista inglese è di evitare il genere fantascientifico o fantasy per raccontare una storia ambientata nei giorni nostri.

La protagonista è una giovane donna seduta su un piccolo ponte di pietra in un bosco, e il suo viso fa trasparire la drammaticità delle sue intenzioni: osserva la sua mano dove c’è un anello, che tocca come per toglierselo, si guarda intorno per salutare per l’ultima volta la natura che la circonda, piange, e all’improvviso nota, sulla riva del ruscello pietroso sottostante, uno scatolone semiaperto. La donna scende dal ponte, va verso lo scatolone, lo apre, e con stupore misto ad angoscia, scopre che dentro c’è un bambino, avvolto da una coperta. La protagonista prende in braccio il bambino con il quale inizia un piccolo viaggio nell’ambiente naturale, fino ad arrivare in riva al mare, al tramonto: fra i due si instaura un dialogo giocoso di sguardi e di espressioni facciali.

È quasi notte, e siamo di nuovo sul ponte dell’inizio del video: la giovane donna compie dei giri su se stessa per giocare col bambino, ma così facendo perde l’anello che cade. Questo fatto mina improvvisamente l’umore della protagonista che, dopo varie indecisioni getta il bambino sul ponte, e si lancia nel vuoto. Una serie di inquadrature ci mostrano il finale del video: un’ombra si avvicina al bambino che sorride, ma non si tratta dell’ombra della protagonista, nonostante l’abbiamo vista sdraiata su una pietra sotto il ponte, praticamente illesa. La giovane donna si rannicchia vicino allo scatolone vuoto, mentre con una mano tiene l’anello, evidente- mente ritrovato. Sopra, il ponte è vuoto, segno che il nuovo personaggio invisibile ha salvato la piccola creatura.

Dal punto di vista stilistico c’è da notare una scelta che nel pano- rama della simulazione foto-realistica è piuttosto comune: se dal punto di vista del montaggio si seguono le regole canoniche del cinema narra- tivo classico, le inquadrature, svincolate dalla materialità della presen- za fisica di un operatore, si liberano in una serie di punti di vista aerei, con panoramiche e carrellate perfettamente fluide. L’occhio che guarda questi video è veramente artificiale e meccanico.

Il video è stato interamente realizzato da Liam Kemp, musica com- presa. Personaggi e ambienti sono la simulazione di un mondo foto-rea- listico immaginato e costruito da una singola persona. Segno che, in un prossimo futuro, questo sarà realizzabile sempre di più e sempre meglio.

E se gli ambienti convincono, grazie soprattutto al sapiente uso dell’illu- minazione, la sfida dei primi e primissimi piani che l’artista inglese compie in questo video sono avvincenti nella misura in cui questi volti non par- lano ed esprimono dei sentimenti primari, semplici (dolore, gioia, paura). Rappresentano dei prototipi molto ben fatti di possibili personaggi, ma non sono ancora degli attori. Questione di tempo, ancora.

Di fatto, dal punto di vista percettivo ci si trova di fronte a un’opera che potrebbe essere valutata in due modi: una simulazione foto-realistica che ancora denuncia difetti e mancanze a causa dei limiti imposti dalla tecnologia; oppure un cartoon molto foto-realistico, che si avvicina molto

Liam Kemp, This Wonderful Life, 2003

al mondo reale. Una realtà simulata parzialmente, o un artificio con una superficie molto realistica. Sta in bilico tra lo specchio e il suo attraver- samento, in un limbo fra la vita del naturale e la morte dell’artificiale. Ed evidentemente non è un caso che il mondo rappresentato da Liam Kemp, al di là del lieto fine che salva tutti i personaggi, sia drammatico, in bilico fra la salvezza e il suicidio. Ancora una volta: un medium in grado di dare in maniera contraddittoria vita agli oggetti, e che si incarica, tramite que- sti oggetti, di simulare ciò che è vivente, non può fare a meno di riflette- re anche sulla morte. Come la protagonista di questo video, che rimane ancorata ai suoi oggetti d’affezione: l’anello, innanzitutto, ma anche lo scatolone, il contenitore di una vita. Ma non alla vita del bambino.

Colei che salva il bambino è un’ombra, la traccia fisica (simulata digitalmente) di un personaggio che non viene visualizzato. Le ombre in questo video giocano un ruolo importante dal punto di vista stilisti- co ma non solo: la passeggiata che la protagonista fa con il bambino

è segnata dalle ombre delle fronde mosse dal vento che cadono sulla superficie dei personaggi; in questa sequenza, paradossalmente, i due personaggi appaiono molto più realistici di quando li vediamo in piena luce. Nonostante la cura affidata alle texture, e alle imperfezioni della pelle meticolosamente calcolate, gli oggetti del mondo del digitale si trovano più a loro agio fra le ombre. Il mondo reale non è così “pulito” come gli oggetti digitali vorrebbero. Eppure, contemporaneamente, è anche vero che il pubblico si sta lentamente adeguando a come il mon- do si riflette dentro l’universo del digitale.