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L’evoluzione delle forme

Il punto, la linea, la superficie artificiali: l’animazione astratta

2.2. L’evoluzione delle forme

William Latham2 può essere considerato come colui che ha fatto en-

trare nell’ambiente 3D molte delle intuizioni dei fratelli Whitney. Anche Latham è un ricercatore dell’IBM, in questo caso inglese, ed è un ar- tista che vive un’epoca differente, quando la tecnologia della grafica computerizzata è già molto più evoluta rispetto al periodo di attività dei fratelli Whitney. Latham lavora, insieme a un altro ricercatore, Stephen

2 Una panoramica completa delle opere di questo autore è presente sul suo sito:

Todd, a un software che invece di modellare, produce le forme: un programma, appunto, generativo (per cui, per un certo periodo, si è co- minciato a parlare di Generative Art), mentre Latham preferisce usare il termine di Organic Art.

Il riferimento all’organico sposta in una prospettiva molto più consapevole un discorso già abbozzato nelle sperimentazioni dei fratelli Whitney, spingendolo in avanti alla conquista della terza dimensione, e, come abbiamo visto accadere spesso in questo settore, spostandolo ancora più alla radice, nell’esplorazione di forme sintetiche che simula- no i fondamenti della vita. Il fattore nuovo introdotto da questo modo di produrre le immagini con il computer è la casualità, simile a quella dei frattali: ovvero la gestione di infinite probabilità di comportamento delle singole particelle.

Anche nei video di Latham (pochi, in realtà, essendo l’artista inglese impegnato anche su altri fronti, come le illustrazioni e le vi- deoinstallazioni interattive) il punto è il protagonista delle forme che compaiono, con una grande differenza rispetto ai quadri geometrici in movimento dei fratelli Whitney: qui il punto è una sfera, e tutto è tridimensionale, materico. Si tratta di oggetti e non più di segni grafici. Il senso di organicità deriva anche e soprattutto da questo, e dall’idea che l’immagine finale è il risultato di un processo di crescita, e il prodot- to di un equilibrio, comunque armonico, fra ordine e disordine.

A Sequence from the Evolution of Form, del 1986, è un breve ma

folgorante video in cui l’animazione astratta conquista lo spazio tridi- mensionale. Il titolo stesso indica una temporalità che il medium video non può visualizzare pienamente: quest’opera è una sequenza, solo un frammento di un organismo in crescita perenne; all’osservatore è concesso vedere solo un abbozzo di una forma che ha una sorta di “vita propria”, indipendente da qualsiasi supporto di registrazione. L’inizio del video, in realtà, sembrerebbe una genesi vera e propria: dal nero dello sfondo (una scelta costante nell’animazione astratta in generale) una serie di particelle dalla superficie metallica fluttuano in un movimento apparentemente caotico ma che le fa convergere verso il centro dello schermo, come se fossero risucchiate da una forza centripeta. Le par- ticelle sono visibili perché riflettono una debole illuminazione laterale, per cui l’inizio del video si presenta come una sorta di “notte dei tempi” dalla quale sorgono numerose piccole sfere che stanno per creare un ordine di cui si intuisce solamente una vaga forma. Questo gruppo di particelle ruota intorno a un asse, ed è subito ben visibile che la forma “in nuce” si muove in un ambiente tridimensionale.

Queste cellule creano forme mobili, legate insieme come fossero dei tentacoli metallici, e sono connesse alla struttura più semplice della vita: la spirale. In realtà, fra riferimenti alla forma della conchiglia, del- la doppia elica del DNA, del polipo, della stella marina ecc., il mandala sembra un orizzonte simbolico citato quasi obbligatoriamente. Ma nelle varie intersezioni metamorfiche che la forma, nella sua danza, offre agli occhi dello spettatore, si susseguono riferimenti geometrici più semplici e antichi come la croce e il cerchio. Tutto parte dal centro e si evolve verso l’esterno, con un continuo moto circolare su vari assi, un moto che dà allo spettatore la sensazione contraddittoria che l’oggetto, evidentemente metallico e quindi artificiale, in realtà si muove di vita propria, quasi volan- do senza peso, offrendosi allo sguardo da tutti i lati possibili.

Nel frattempo le particelle, da blu scuro, diventano viola e poi rosse, ad anticipare l’evoluzione “finale”, almeno per la linea temporale proposta nel video, della forma, sui bordi della quale crescono altre “creature” fatte di cellule tentacolari minuscole che si sovrappongono alla figura principale, complessificandola ancora di più, ma proponendo come soluzione formale ultima l’ennesima spirale. Il senso di ambiva- lenza del materiale di questa “creatura” deriva anche dal fatto che i singoli oggetti, o parti di essi, che man mano crescono e muoiono in un’incessante rotazione, attraversano letteralmente le figure già cri- stallizzate, in una costante ambiguità fra solido e liquido.

A Sequence from the Evolution of Form è una tappa importante

sorta di ordine artificiale che richiama forme della natura, è una spinta stilistica che Latham intuisce essere essenziale per l’estetica digitale ed è un’idea che verrà copiata, omaggiata in vario modo per molti anni a seguire. I frattali già avevano suggerito questa idea formale ma Latham aggiunge una fascinazione in più: l’idea della superficie fredda, artificiale, fatta di punti-sfere che si snodano e creano forme sinuose in continuo movimento. Questo oggetto metallico si muove e cresce: in una parola, vive.

Ma questo video lavora anche su un’altra contraddizione forma- le interessante: l’idea che l’astrazione sia una combinazione di figu- re geometriche semplici appartiene in maniera intrinseca alla storia della pittura, a Vasilij Kandinskij e ai suoi epigoni, ma l’avvento della tridimensionalità conferisce a queste figure qualcosa di materico, di “pesante”. Sono degli oggetti, appunto, ma sono immersi in un nero quasi amniotico che annulla la percezione di distanza dello sguardo e di grandezza delle forme (potrebbero essere molto piccoli ma anche enormi, come nelle opere dei fratelli Whitney), e nonostante ostentino una materialità dura e pesante (il metallo) sembra che fluttuino leggeri e si muovano senza peso nello spazio. Pur nella loro apparenza ma- teriale, queste figure appaiono come fantasmi di oggetti: li simulano fedelmente, ma c’è qualcosa che nega profondamente la loro natura oggettuale. La relazione ambigua fra materiale e immateriale è una co- stante nell’astrazione digitale, e in generale nell’immaginario digitale, che più simula la realtà oggettuale e più se ne distanzia, data la natura friabile e mercuriale delle sue immagini.

Il riferimento al maestro dell’arte astratta ha in questo caso no- tevole importanza. Nei suoi appunti preparatori a un ciclo di lezioni, il pittore russo scrive nel 1932:

Passaggio al nostro tempo e oltre. Scoperte astronomiche (tele- scopio), evoluzione e scoperte nei campi della biologia, della fisio- logia (recentemente) e della psicologia (microscopio). Molti centri, formati a loro volta da sistemi (nebulosità, sistemi stellari, sistemi solari, strutture a spirale ecc. = tessuti negli esseri viventi: dise- gno dei sistemi astronomici e struttura del tessuto connettivo del ratto: sono identici) si formano nuovi legami cosmici: strutture complicate, celate, policentriche, tensioni in tutte le direzioni, ele- menti invisibili ma percepiti ecc.3

La computer grafica astratta, in modo più convincente rispetto a quella cinematografica, invera alcune delle intuizione del fondatore

dell’arte astratta: l’ambivalenza fra macro e microambiente; la simili- tudine fra le immagini che la scienza carpisce dalla natura e le “nuove immagini” del computer; la centralità della figura della spirale; insom- ma, si addentra in quell’idea che l’astrazione non è altro che la tensione verso la visualizzazione di una struttura interna delle cose, simile su tutti i livelli della natura, dal cosmo ai tessuti animali. E questo video di Latham inaugura un filone, che perdura ancora oggi, di ricerca di “tracce di vita” all’interno della macchina-computer.