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Capitolo I: L’innovazione sociale: concetti e teorie

4. Definizioni e dimensioni: verso un’epistemologia dell’innovazione sociale

4.7 Le “api” e il triangolo sociale

Data la complessità che contraddistingue l’orizzonte di partecipazione dei diversi soggetti al processo di innovazione sociale, ci si deve interrogare su quali rapporti si instaurino tra i vari attori a livello territoriale. Un aspetto essenziale riguarda la governance territoriale. Governance e innovazione sociale, infatti, sono due concetti che si influenzano vicendevolmente: “the dynamics between social innovation and governance are twofold. Firstly, the development of socially innovative practices influences governance through the creation of new mechanisms for the provision of resources, the creation of new collective actors and the influence exercises by actors on formal mechanisms of decision-making. In this sense, social innovation allows for new ways of conceptualizing and approaching policy problems that go beyond analyses centred on the individual, such as providing capabilities to individual citizens. (…) Secondly, governance structures and dynamics have an influence on the capacity of different actors to develop socially innovative practices (Garcia, Pradel, Eizaguirre, 2013, p.155).

Come abbiamo visto nella parte relativa alle dimensioni dell’innovazione sociale, una delle sue caratteristiche principali riguarda la capacità di migliorare le relazioni territoriali tra gli attori sociali e di promuovere delle forme di governance partecipativa e collaborativa (Kropp, 2016).26 In riferimento al legame tra governance e innovazione sociale, Castro-Spila e Unceta, (2016) identificano tre tipologie principali: la ‘governance sociale’, che si riferisce al tipo di partecipazione (formale o interattiva) del gruppo sociale interessato all’interno di un progetto specifico, la ‘governance inter organizzativa’, che si riferisce al livello di diversità tra i membri che cooperano all’interno del progetto e, infine, la ‘governance sostenibile’, che sposta l’attenzione sulla capacità del progetto di attivare delle nuove forme organizzative durevoli e sostenibili nel medio-lungo periodo.

25 Il concetto di società civile è stato definito in diversi modi a seconda degli autori di riferimento. Tra questi, si

citano Marx e Hegel, che descrivono la società civile come una serie di relazioni di tipo materiale ed economico che sono posizionate in contrapposizione allo stato, o la prospettiva dei pensatori liberali, come Alexis de Tocqueville, che relazionava la società civile alle organizzazioni volontarie e le associazioni (Swyngedouw, 2009). All’interno di questo lavoro, tuttavia, si è deciso di adottare l’interpretazione di società civile proposta da Gramsci (1971), il quale la considera uno delle tre componenti che costituiscono la struttura ed il contenuto della società (insieme allo Stato e al mercato).

26 Questo aspetto, come vedremo nel secondo capitolo, dove si rifletterà sul rapporto tra innovazione sociale e

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Questo aspetto si situa nella più generale presa di coscienza che le relazioni tra le tre componenti del triangolo ‘stato-mercato-società civile’ stanno mutando nel tempo. Swyngedow (2009) fa risalire questi mutamenti a tre tipi di riconfigurazioni. Per quanto riguarda i rapporti tra società civile e mercato, già a partire dagli anni Sessanta del Novecento, emerge un racconto contro-egemonico, attraverso la nascita e la diffusione di alcuni movimenti sociali, critico verso l’approccio fordista e, più in generale, verso l’espansione del capitalismo. I rapporti tra economia e stato, invece, sono stati profondamente modificati dall’espansione stessa del capitalismo, sempre più presente al di là dei confini nazionali all’interno di organizzazioni transnazionali, provocando imprevedibili processi di deterritorializzazione e di ri- territorializzazione (Raffestin, 1984). Infine, rispetto ai rapporti tra stato e società civile, si assiste ad una riorganizzazione dello stato in risposta ai due fenomeni appena citati e ad una crisi interna in termini di crescente burocrazia e di diminuzione delle risorse economiche e finanziarie disponibili. Sempre secondo Swygedouw (2009), questi mutamenti avrebbero avuto delle conseguenze tangibili al livello della governance, soprattutto in termini di ridimensionamento della stessa sotto forma di rete orizzontale e condivisa. L’accento è posto in particolare sulla partecipazione e sull’inclusione di tutti gli attori sociali nella governance territoriale - che assume delle forme ibride - e che operano seguendo une “meta-governance” (Jessop, 2002), ossia un framework di riferimento per il coordinamento specifico tra attori privati, pubblici e società civile.

All’interno di questo scenario, lo stato rimane il soggetto centrale della governance, anche se alcune funzioni o linee di intervento vengono esternalizzate ad altre organizzazioni private o del terzo settore. Ciò comporta che le relazioni tra gli attori del territorio diventano più frequenti e tendono ad assumere una forma reticolare (Castells, 2002) e più inclusiva. Talvolta, alcuni soggetti precedentemente esclusi dal processo decisionale nell’ambito delle politiche sociali e dello sviluppo locale acquisiscono la possibilità di esprimersi e di decidere (empowerment). L’innovazione sociale, nella sua forma più auspicabile, si presenta spesso accanto a delle forme di democrazia partecipativa, di coproduzione dei servizi di interesse sociale e dei beni comuni (Ostrom, 1990, 2010; Rifkin, 2015) e di co-costruzione delle politiche locali (Klein et al., 2014). Quest’ultima riguarda la partecipazione diretta degli attori sociali - e soprattutto della società civile organizzata attorno a dei movimenti sociali - e l’elaborazione

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delle politiche pubbliche a livello istituzionale, mentre la coproduzione dei servizi concerne la creazione e l’implementazione di servizi a livello delle organizzazioni.27

Nella sua analisi tra le diverse forme di governance e la relazione tra queste ultime e l’innovazione sociale, Lévesque (2014), contrappone la tradizionale amministrazione pubblica e la New Public Management ad una nuova forma che viene definita ‘Public Value Management’. Essa prevede un’idea di servizio pubblico co-progettato, co-costruito e co- prodotto da diversi attori territoriali, in contrapposizione alla visione neoliberista della New Public Management, concentrata sulla privatizzazione dei servizi, sulla deregulation e sull’introduzione dei principi di mercato all’interno delle dinamiche di governance. Al contrario, l’innovazione collaborativa (Nambisan, 2008) generata da una governance partecipata, si genererebbe dall’inclusione di tutti gli stakeholder del territorio, da una visione condivisa del valore generato, dalla valorizzazione di diversi tipi di creatività e capacità e dall’inclusione dei conflitti e dei compromessi sociali.

I risultati di questo processo possono essere di vario tipo. Da un lato si evidenzia la positività dell’inclusione di più soggetti all’interno delle dinamiche di governance territoriale e l’aumento della loro capacità di voice e delle loro possibilità di azione. Le persone escluse possono quindi rivendicarsi su questo nuovo orizzonte egualitario e prendere la parola, e ciò contribuisce a pluralizzare lo spazio pubblico (Klein, Laville, Moulaert, 2014). Diverse ricerche (Tremblay, Pilati, 2013) hanno confermato l’importanza dell’inclusione di tutti i soggetti territoriali, ivi compresi i cittadini, all’interno dei processi decisionali, al fine di promuovere innovazione sociale e sviluppo sostenibile del territorio. Imprese, società civile e stato metterebbero in comune le loro capacità specifiche nel risolvere i problemi sociali (Howaldt, 2016), creando sinergie, nuove strategie e metodologie di lavoro condivise e, eventualmente, co-producendo nuovi servizi e co-creando delle policy nei settori specifici (sanità, sviluppo turistico, innovazione civica, inserimento lavorativo, ambiente, condizioni abitative etc.) e migliorando la coesione sociale del territorio (Hamdouch, Ghaffari, 2016). In questo contesto, forte è il richiamo al principio di ‘sussidiarietà orizzontale’ (Antonini, 2000; Donolo, 2005; Brunetta, Morono, 2011; Bifulco, Facchini, 2013), che riguarda la cooperazione pubblico-privato nella fornitura di beni pubblici. In questo modo, il focus viene spostato sulle risorse locali e sulle competenze degli attori socioeconomici del territorio, mentre la governance viene ridefinita in senso pluralistico e più partecipativo.

27 Come vedremo, quando si parlerà del rapporto tra innovazione sociale e trasformazione sociale, il primo

elemento riguarderà il mutamento a livello istituzionale (co-costruzione delle politiche pubbliche), il secondo il mutamento a livello organizzativo (coproduzione dei servizi).

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Dall’altro lato si evidenziano una serie di criticità che non devono essere sottovalutate dai policymakers che si occupano di innovazione sociale e civica. Swyngedouw (2009), elenca alcuni dei potenziali limiti delle conseguenze dell’innovazione sociale al livello dei mutamenti della governance del territorio, chiamandola un “giano-brifonte”. Tra le principali criticità, l’autore cita la poca trasparenza dei processi partecipativi, la tendenza ad includere sempre gli stessi soggetti del territorio, creando nuove marginalità rispetto ai soggetti che non possiedono gli strumenti o l’esperienza per intervenire28, la costituzione di nuove forme di potere in termini di relazioni sociali tra le tre componenti del triangolo, la considerazione del mercato come nuovo potere istituzionale ed, infine, la deresponsabilizzazione dello stato rispetto ai cittadini (Swyngedouw, 2009; Baker, Mehmood, 2013).

A questa nuova responsabilizzazione del privato e della società civile, infatti, non deve corrispondere una graduale de-responsabilizzazione della componente pubblica e una progressiva privatizzazione dei servizi sociali (Mingione, 2016). Lo Stato rimane una componente essenzial all’interno del processo di creazione e di diffusione di innovazione sociale: “l’instance sur les réponses créatives à la crise, générée à la base par les acteurs sociaux, ne doit pas faire oublier l’importance de l’État et des instances macrosociales, ainsi que leurs responsabilités, afin d’éviter que les innovations ne se tournent contre les travailleurs et les citoyens” (Klein, Roy, 2013, tratto da Klein et al., 2014, p.37). Esso non dovrebbe quindi approcciarsi all’innovazione sociale considerandola un’occasione per risparmiare risorse in un contesto di crescente austerità. Nel rapporto tra Stato, società civile ed imprese, ciò che cambia è il ruolo che viene ad assumere l’istituzione pubblica (Alberio, Tremblay, 2014): non più controllore ma facilitatore di iniziative socialmente innovative che mirano ad allargare la presenza dei cittadini all’interno dei processi decisionali e alle dinamiche di sviluppo, considerando non solo gli aspetti economico-finanziari ma anche e soprattutto la dimensione sociale ed ambientale (Tremblay, Fournis, 2016). Lo Stato di tipo provvidenziale lascia quindi lo spazio ad una nuova architettura istituzionale in cui “le nouvel régime de gouvernance inclurait une pluralité d’acteurs et de ressources (une économie plurielle dans le cadre d’une solidarité plus ancrée dans les communautés, d’où l’emploi des termes mixed economy et welfare pluralism)” (Lévesque, Lajeunesse-Crevier, 2014, p.243). Un’azione pubblica alla ‘terza via’ (Giddens, 1998), incentrata, dunque, sul ruolo della società civile e su un’economia

28 Alcuni autori (Christiaens, Moulaert, Bosmans, 2007) sottolineano, infatti, come non sempre una governance di

tipo partecipativo e all’apertura alla società civile del processo decisionale legato alle politiche locali veicoli un processo di tipo inclusivo. In alcuni casi, infatti, questo tipo di mutamento porta alla legittimazione dei rapporti di potere e alla creazione di nuovi tipi di esclusione sociale, conferendo la capacità di voice a determinati gruppi di cittadini e creando nuovi tipi di marginalità.

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plurale. Nell’ambito dello sviluppo territoriale, ad esempio, abbiamo visto che, anche se la scala locale rimane il contesto adeguato d’intervento, sono comunque necessarie delle risorse esterne, tra cui le risorse statali (Klein, 2014). In secondo luogo, il maggiore interesse dell’impresa privata nei processi di sviluppo locale e nelle politiche sociali non deve seguire un’impostazione di tipo neoliberista, tendenzialmente privatizzante, ma deve garantire un’accessibilità allargata a tutte le fasce della popolazione e la presa in considerazione della dimensione sociale e ambientale delle proprie scelte economiche, considerando sia le esternalità positive, sia quelle negative. Ritornando alla metafora delle “api” riportata nel Libro Bianco sull’Innovazione Sociale (Murray, Mulgan, Caulier-Grice, 2010), tale processo richiede “un'alleanza tra il basso e l'alto e tra quelli che noi chiamiamo 'api' (gli individui creativi con idee ed energie) e gli alberi (le grandi istituzioni con il potere e i soldi per far sì che le cose accadano realmente)”.

5. Dalle origini al mutamento sociale: come nasce, come si diffonde e come…muore