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Capitolo II: Verso un paradigma alternativo di sviluppo

2. Dallo sviluppo allo sviluppo territoriale

2.1 Lo sviluppo territoriale integrato

Nonostante le differenze in termini di attori coinvolti e di risorse utilizzate, i modelli di innovazione territoriale proposti nel paragrafo precedente presentano degli aspetti comuni. Tra questi, la centralità del territorio all’interno dei processi di sviluppo, la necessità di comprendere le relazioni esistenti tra gli attori economici e la dimensione istituzionale (come la cultura, le reti, i processi di apprendimento etc.) e le dinamiche di creazione dell’innovazione e della conoscenza, lo scambio di know-how e, più in generale, la complessità delle dinamiche legate allo sviluppo. Allo stesso modo, questi modelli presentano alcuni limiti comuni. In primo luogo, nonostante essi considerino il ruolo centrale della componente istituzionale all’interno delle dinamiche di innovazione territoriale, quest’ultima continua a essere concepita solamente come elemento funzionale alla competitività economica dei territori (Moualert, Sekia, 2003). In secondo luogo, e come diretta conseguenza della prima affermazione, possiamo notare che, nonostante venga introdotta la dimensione istituzionale, lo sviluppo è in questi modelli ancora prevalentemente associato alla crescita economica. In terzo luogo, i modelli territoriali spiegati nel capitolo precedente si presentano come dei modelli lineari, dove la prospettiva analitica e quella normativa si fondono per presentare un processo di innovazione razionale e organizzato in maniera efficiente (Moulaert, Mehmood, 2008). Infine, l’innovazione territoriale viene primariamente associata all’innovazione tecnologica, lasciando poco spazio ad altri tipi di innovazione come quella sociale o quella civica. Un esempio è dato dalla rilevanza associata, in alcuni di questi modelli, all’area ricerca e sviluppo, alla trasmissione del know-how aziendale e all’innovazione nelle tecnologie utilizzate, mentre mancano i riferimenti alla portata politica e sociale dei processi innovativi. Secondo gli approcci finora presentati, dunque, competitività territoriale, crescita economica e innovazione tecnologica rimangono i tre elementi centrali dello sviluppo territoriale. Tuttavia, come sottolineano Moulaert e Nussbaumer (2005, p.46), “we argue that territorial development and innovation should be conceived and implemented on the basis of a broader existential ontology in which the (market) economic rationale and technological innovation are only supporting rationales”.

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In alternativa a questi modelli, lo sviluppo territoriale integrato costituisce un approccio più complesso e onnicomprensivo. Anche se sono stati proposte diverse visioni di sviluppo alternative ad una visione eccessivamente riduzionista dello stesso – si pensi, ad esempio, allo sviluppo sostenibile, all’economia sociale, alla ‘stakeholder governance’ – è necessario riflettere sulla possibilità di individuare un approccio complessivo che consideri parallelamente la dimensione ambientale, sociale, politica ed economica dello sviluppo. Se, infatti, ognuna di queste proposte ha il pregio di sottolineare la necessità di considerare altre dimensioni del territorio oltre a quella economica, manca una visione d’insieme che permetta di integrare questi elementi all’interno di un approccio strutturato. In questo caso, “the scientific challenge is to confront these views and integrate various dimensions of development into balanced policy approaches” (Ivi, p.48).50

Lo ‘sviluppo territoriale integrato’ mira a superare una visione meramente economicista dello sviluppo locale per promuovere una prospettiva più onnicomprensiva e allargata dello stesso. Una visione integrata dello sviluppo, infatti, considera anche le dimensioni non- economiche del territorio e analizza tutti gli elementi che lo compongono, non solamente quelli direttamente collegabili alla competitività territoriale. Il concetto di IAD (‘Integrated Area Development’) si muove in questo senso. Esso è stato teorizzato verso la fine degli anni Novanta come risposta al dibattito internazionale rispetto allo sviluppo di alcune aree metropolitane europee (Moulaert, 2000; Moulaert, Ailenei, 2002).

In realtà, lo sviluppo territoriale integrato, più che corrispondere ad un modello analitico e normativo specifico, afferisce ad un insieme di approcci, a loro volta tra loro integrati, che presentano delle caratteristiche precise. Essi “si basano su insiemi coordinati di politiche che integrano diversi settori (casa, lavoro, servizi, ecc.) in interventi multidimensionali in cui viene promosso il coinvolgimento attivo dei destinatari delle politiche. Accanto a questo e al contenuto primariamente sociale degli interventi, il terzo elemento che contraddistingue questo approccio è una visione ampia dello sviluppo umano, in cui trovano spazio bisogni di riconoscimento, emancipazione, empowerment. Infine, (…) i programmi di sviluppo integrato favoriscono un approccio alternativo per politiche locali di sviluppo che affrontino

50 A questo proposito, citiamo il contributo di alcune analisi dello sviluppo regionale di stampo istituzionalista

(Moulaert and Mehmood, 2008), come la Scuola Storica Tedesca, che hanno contribuito all’analisi delle relazioni tra Stato ed economia e sul radicamento culturale delle organizzazioni socio-economiche, nonché alla concettualizzazione spaziale e territoriale dello sviluppo (Schmoller, 1905). Ricordiamo anche il contributo di Mydral con il concetto di ‘causazione circolare cumulativa’ (1957), che spiega i disequilibri regionali se lo sviluppo è guidato solamente dalle forze di mercato; di Perroux (1983), che sostenne l’importanza delle politiche pubbliche per lo sviluppo regionale; dei geografi radicali (Massey, 194; Lipietz, 1977) che evidenziano il legame tra le strutture spaziali delineate da strategie economiche e politiche e le diseguaglianze territoriali.

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specificamente i processi di esclusione e marginalizzazione sociale e, riconoscendo le determinanti locali di tali processi, agiscano con interventi sia sulle persone che sulle aree in cui essi si manifestano in maniera più acuta” (Vicari Haddock, Moulaert, 2009, p.35). Elementi quali la governance, la soddisfazione di necessità e bisogni non ancora soddisfatti, il settore della creatività e della cultura, le dinamiche sociali e politiche, la formazione e l’ambiente, ritornano al centro delle riflessioni relative ai processi di sviluppo.

Inoltre, la dimensione spaziale nello sviluppo territoriale integrato ci indica che lo sviluppo è “embedded” (Polany, 1944; Granovetter, 1973), radicato nel territorio. Esso avviene quindi all’interno di un contesto specifico, caratterizzato da determinate prerogative sociali, politiche ed ambientali - e quindi, non solo economiche. Secondo questa prospettiva, ciò che deve essere preso in considerazione nell’analisi dello sviluppo del territorio e dell’innovazione sono proprio le strutture relazionali che esistono tra gli attori locali su varie scale e tra questi ultimi e gli attori esterni al territorio, nonché le dinamiche istituzionali, come abbiamo visto nei modelli di innovazione territoriale precedenti. Inoltre, unitamente agli aspetti sociali ed istituzionali del territorio, anche la dimensione culturale assume un valore centrale nello sviluppo. Infatti, il “richiamo a una definizione più ampia del concetto di sviluppo chiama in causa necessariamente una concezione della sfera culturale e simbolica che contenga una pluralità di culture e di modi di vita (Vicari Haddock, Moulaert, 2009, p.49).

Questo aspetto si lega, ad esempio, con la visione culturalista dell’approccio delle capabilities e al concetto di riconoscimento, presentati nei paragrafi 1.2, 1.3 e 1.4 di questo capitolo. Per l’analisi dei processi di sviluppo sarà quindi necessario comprendere il territorio osservandone i valori condivisi, le identità locali, l’accesso alle risorse ed i conflitti esistenti e\o eventuali, l’eterogeneità in termini di attitudini e comportamenti rispetto a questioni come la partecipazione, la cooperazione, l’economia sociale, la divisione del lavoro, etc. Emerge, qui, una visione di sviluppo altamente complessa, in cui lo spazio, le relazioni sociali, la cultura e le dinamiche istituzionali vanno a completare il quadro dello sviluppo territoriale integrato, rispetto al quale la crescita economica diventa una delle componenti, e non la componente essenziale. Come ricordano Moulaert e Mehmood (2008, p.218), quindi, “ces structures, en collaboration avec les reseaux qui incarnent leurs micro-dynamiques, deviendraient alors ‘enculturées’, dans le cadre du renouveau que l’Economie politique culturelle a apporté à l’analyse sociale en s’interessant au role de la culture, del’identité et du discours, et à la manière dont ils affectent les forces sociales, les agences stratégiques et les processus sociaux".

In Italia, un esempio di sviluppo territoriale integrato è costituito dai GAL, i ‘gruppi di azione locale’, che pongono al centro della governance territoriale l’ente locale. La formazione dei

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GAL è stata facilitata, dal punto di vista istituzionale, dalla legge Bassanini (1997), dalla riforma del titolo V della Costituzione del 2001, dal federalismo fiscale e da altre misure politiche volte alla promozione di una sussidiarietà non solo verticale ma anche orizzontale (Tafuro, 2013). I GAL possono essere considerati delle organizzazioni che, almeno a livello locale, promuovono uno sviluppo integrato del territorio. Essi si basano sull’importanza della dimensione locale per i processi di sviluppo, ma anche delle risorse e delle relazioni tra livello locale e livello sovralocale. I GAL, inoltre, considerano lo sviluppo come un processo che va ben al di là della mera crescita economica, coinvolgendo anche la sfera sociale ed ambientale dello stesso. Il territorio non viene più concettualizzato come un elemento passivo all’interno di queste dinamiche, ma come un contesto complesso e attivo, caratterizzato da risorse specifiche che vanno mobilitate per promuovere uno sviluppo più equo e responsabile (Ibidem). I GAL si inseriscono pienamente all’interno del modello dei Sistemi Locali Territoriali (SLoT), che considerano la centralità della rete degli attori locali e del capitale territoriale (Dematteis, 2003). “Con il modello SLoT, quindi, si descrivono le modalità di funzionamento dell’organizzazione locale (sistema), si individua lo stato dell’agire collettivo di un territorio in base ai legami sociali e territoriali esistenti, valutando l’eventuale possibilità di attivare i legami mancanti o rafforzando quelli esistenti per costruire un sistema di governance efficace capace di arricchire il capitale territoriale locale” (Tafuro, 2013).

I GAL costituiscono un interessante esempio nazionale che ben descrive l’idea di sviluppo territoriale integrato. Tuttavia, quest’ultimo non deve essere scambiato come un modello di sola crescita endogena. È sbagliato, infatti, pensare che le risorse e le dinamiche che lo contraddistinguono provengano esclusivamente dalla scala locale. Al contrario, nello sviluppo territoriale integrato sono presenti le relazioni che si vengono a instaurare tra dimensione locale e sovralocale, le interazioni con i movimenti transnazionali, l’utilizzo di risorse esogene e l’attuazione di politiche di sviluppo multiscalari. Questi elementi devono essere naturalmente confrontati con quelle che sono le specificità locali e le traiettorie storiche del territorio. Come abbiamo ricordato sopra, infatti, uno degli aspetti innovativi di questo approccio è proprio quello di adottare una prospettiva multiscalare (Moulaert, 2016), considerando sia la realtà locale, sia le relazioni tra quest’ultima e gli attori e le forze sovralocali (che siano regionali, nazionali o globali). Su un piano analitico, dunque, si devono considerare sia le specificità del territorio, le strutture spaziali esistenti a scala locale e le traiettorie storiche seguite, sia le connessioni tra il territorio ed il contesto esterno.

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- visione complessa e multidimensionale delle dinamiche di sviluppo

(superamento di una prospettiva riduzionista dal punto di vista economico); - analisi della dimensione locale, insieme alla dimensione sovra-locale;

- ruolo centrale della dimensione spaziale nei processi di sviluppo

(embeddedness);

- attenzione alle tematiche relative al rapporto tra ambiente e sviluppo (sostenibilità);

- focus sulle strutture relazionali ed istituzionali presenti sul territorio; - considerazione dei problemi e delle necessità emergenti;

- promozione di una governance aperta e partecipata;

- mobilitazione del capitale umano e sociale locale (sia individuale, sia collettivo); - centralità del ruolo della cultura e dell’identità locale.

Come emerge chiaramente da questi punti, uno sviluppo territoriale così inteso presenta molti elementi in comune con il concetto di innovazione sociale. In particolare, la comprensione delle relazioni tra i soggetti individuali e collettivi presenti sul territorio, la questione della governance partecipata, la necessità di rispondere ai problemi emergenti o non ancora soddisfatti dallo Stato e\o dal mercato, ricordano le tre dimensioni riportate da Moulaert in riferimento al concetto stesso di innovazione sociale. Inoltre, da questa prima analisi emerge, di nuovo, il legame tra processi di sviluppo, dinamiche innovative e territorio. Indagheremo questi aspetti nel prossimo paragrafo, unitamente ad altre considerazioni relative al rapporto tra innovazione sociale e sviluppo territoriale.