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Capitolo I: L’innovazione sociale: concetti e teorie

5. Dalle origini al mutamento sociale: come nasce, come si diffonde e come…muore

5.1 L’innovazione sociale è individuale o collettiva?

Poiché nella prima parte di questo lavoro si è deciso di adottare una prospettiva interdisciplinare, che consideri l’approccio territoriale unitamente ad aspetti legati ad altri approcci simili, per analizzare la portata dell’innovazione sociale utilizzeremo un continuum che presenta, ai due estremi, la dimensione individuale e la dimensione collettiva.

La dimensione individuale è fortemente legata alla figura dell’innovatore sociale. In questo caso, infatti, nonostante i risultati delle sue azioni possano avere delle conseguenze sia sul piano individuale che collettivo, la dinamica innovativa si origina a partire da un soggetto specifico. Un autore fondamentale per l’analisi teorica dell’innovazione sociale concepita secondo questa prospettiva è, come abbiamo visto precedentemente, Schumpeter (1935), il quale si focalizza sulla figura dell’imprenditore innovativo che, grazie a delle qualità specifiche di tipo personale e professionale, riesce ad avviare dei processi di evoluzione che portano alla creazione di ‘nuove combinazioni’, opponendo una concezione dinamica ad una visione stazionaria e passiva dell’economia (Howaldt, 2016). Posta al centro dell’analisi dell’economista, la figura dell’imprenditore innovativo , “nuota controcorrente per cambiare la via” (Schumpeter, 1935, p. 114) grazie a determinate caratteristiche privilegiate che non tutti gli individui possiedono: “…l’exécution de nouvelles combinaisons est une fonction particulière, un privilège de personnes bien moins nombreuses que celles qui extérieurement en auraient la possibilité, et souvent de personnes à qui parait manquer cette possibilité” (Ivi, pp. 115-116). La figura

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dell’imprenditore di tipo schumpeteriano si attualizza nei cosiddetti ‘changemakers’, degli individui particolarmente attivi sul territorio (Morgan-Trimmer, 2013) che, adottando spesso un approccio business-oriented ma comunque rivolto alla risoluzione di problemi sociali emergenti, mettono in pratica delle azioni socialmente innovative (Camps, Marques, 2014). Talvolta consiglieri delle decisioni politiche in ambito sociale e culturale, questi agenti del cambiamento rappresentano delle figure emblematiche legate ad una prospettiva piuttosto individualista dell’innovazione sociale. Spesso rappresentano il punto di partenza da cui emerge il processo innovativo descritto da Schumpeter, anche se, in un secondo momento, questa forza al contempo “distruttrice e creatrice” può espandersi lungo il reticolo sociale. Questo processo si concentra quindi sull’agente del cambiamento e sulla diffusione dell’innovazione sociale grazie ai dei legami ‘bonding’ e ‘bridging’ (Putnam, 2004) che vengono sviluppati a partire dal capitale culturale e sociale posseduto dall’agente stesso. La prospettiva basata sulla dimensione individuale dell’innovazione sociale è centrata su compromessi che portano, da una parte, verso la responsabilità sociale d’impresa (Zamagni, 2006; La Rosa, Scidà, 2008; Paltrinieri, Parmiggiani, 2008), il societing (Fabris, 2008; Arvidsson, Giordano, 2013) e, più in generale, una serie di azioni che considerano l’implicazione sociale dell’impresa; dall’altra a modelli di business sociale (Richez-Battesti, Petrella, 2016).

Figura 3: L’innovazione sociale tra dimensione individuale e dimensione collettiva

Le altre due concezioni di innovazione sociale qui proposte, sono legate alle nozioni di ‘solidarietà filantropica’ e di ‘solidarietà democratica’ (Laville, 2014, pp. 12-13). Sul continuum qui presentato, la prima concezione si colloca a metà tra la dimensione individuale e quella collettiva, mentre la seconda rappresenta in maniera più completa la dimensione collettiva dell’innovazione sociale. La solidarietà filantropica è tipicamente connessa alla figura dell’imprenditore sociale e ad una visione di tipo assistenzialista nei confronti della fornitura dei servizi sociali e della soddisfazione dei bisogni non ancora risolti da parte del mercato e\o dello Stato (Murray, Mulgan, Caulier-Grice, 2010). Nonostante il fatto che, anche in questo

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caso, la maggior parte delle innovazioni sociali provengano da un imprenditore sociale o da un gruppo di imprenditori sociali, l’obiettivo della dinamica innovativa è primariamente collettivo: “la perspective philanthropique vise largement l’individu et concerne des actions qui intervient dans les conditions de vie des groupes et influent sur leurs capacités à créer de la richesse” (Laville, 2014, p. 12). Si evidenziano, quindi, la centralità di valori quali l’altruismo e l’assistenzialismo di tipo quasi paternalistico, secondo il quale gli indigenti, gli esclusi e gli emarginati devono essere aiutati da coloro che hanno i mezzi ed il potere per farlo (Ivi, p.49). Questa prospettiva è sviluppata ulteriormente da Goldsmith, Georges e Burke (2010), che introducono la figura dell’’imprenditore civico’; esso assume il ruolo di facilitatore dello sviluppo di un territorio e di una comunità e contribuisce a creare sinergie tra il settore pubblico, quello privato e quello civile. La ‘solidarietà democratica’, invece, si lega ad una concettualizzazione dell’innovazione sociale come fonte di democratizzazione dell’economia e della società (Laville, 2016). In questo caso, la prospettiva adottata è totalmente di tipo collettivo, diversamente dalla solidarietà filantropica che attribuisce le diseguaglianze sociali alla sola responsabilità individuale. La solidarietà democratica propone quindi una visione dell’innovazione sociale basata sulla coesione sociale, poiché, in questo caso, il capitale sociale permette di costruire dei legami sociali rovinati e sfaldati dalle politiche neoliberiste.

L’innovazione sociale, dunque, può essere al contempo individuale e collettiva, può nascere a partire dall’azione di un attore socioeconomico particolarmente innovativo come dall’azione comunitaria, può avere effetti più o meno diffusi sul territorio e si espande secondo processi reticolari diffusi. Tuttavia, a nostro avviso, la dimensione collettiva rimane fondamentale nell’analisi dell’innovazione sociale radicata in un determinato territorio, costituito da una serie di relazioni sociali e di individui che condividono norme sociali e valori specifici. Queste forme di intervento si riferiscono ad un ordine che potremmo definire meta-politico, ossia alla dimensione collettiva e culturale dell’innovazione sociale. All’interno di questa prospettiva, l’orientamento valoriale costituisce un elemento essenziale al fine di comprendere le motivazioni che stanno alla base dell’agency individuale e collettiva (Vicari Haddock, Moulaert, 2009; Hillier et al., 2004). Per questo motivo, una questione cruciale “diventa la legittimazione di un sistema di valori, su cui si regge l’effettivo funzionamento dell’organizzazione sociale, che sia al contempo fondato sulla verità, cooperativo e socialmente non coercitivo” (Donati, 1978, p.76).

A nostro avviso, quindi, la dimensione collettiva dell’innovazione sociale resta una caratteristica fondamentale affinché essa possa assumere un ruolo di rilievo all’interno dei processi di sviluppo territoriale e, eventualmente, di mutamento sociale. In realtà, il

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riconoscimento del processo innovativo come processo collettivo trasformativo era già stato definito da Akrich, Callon e Latour (1988) come ‘turbillonaire’ (‘turbinoso’). Tale modello è stato poi ripreso dagli studiosi che hanno applicato un approccio territoriale all’innovazione sociale. Come spiega Lévesque (2016) utilizzando i concetti di “prossimità geografica, organizzativa ed istituzionale”, il territorio locale è costituito da una serie di attori individuali e collettivi in continua negoziazione. Essa può generare delle forme di resistenza o, talvolta, di compromesso sociale, ponendo le basi per una vera e propria trasformazione sociale: “en effet, la proximité institutionnelle suppose des compromis entre acteurs individuels et collectifs (…). Avec une triple proximité aux contours géographiques variables, un territoire acquiert la capacité non seulement de s’adapter au changement, mais aussi d’innover, voire de se transformer pour répondre à des visées d’intérêt général correspondant aux périmètres de solidarité ainsi construits” (Ivi, p. 263). In questo modo, le competenze e le esperienze degli individui e delle collettività locali agiscono direttamente sulle problematiche sociali, diventando una fonte preziosa di innovazione che permette l’integrazione dei processi collettivi di riflessione comunitaria e di condivisione dei saperi (Klein et al., 2016, p. 406). Emerge, secondo questa prospettiva, una nuova visione del sistema collettivo, intesa come superamento del dualismo tra pubblico e privato, in grado di fondare concretamente la partecipazione condivisa nel risolvere delle situazioni relative alle problematiche del territorio. L’innovazione sociale, infatti, nella sua dimensione collettiva, è strettamente legata alla nozione di ‘democrazia dal basso’ (Brecher, Costello, Smith, 2001). La democrazia diventa così la fase in cui alla responsabilità individuale si trasforma gradualmente in responsabilità collettiva, prendendo coscienza sempre più attiva della presenza e del significato dell’alter nel mondo sociale.