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Capitolo II: Verso un paradigma alternativo di sviluppo

1. I diversi approcci allo sviluppo: da crescita economica a concetto complesso e

1.5 La questione della sostenibilità

Il concetto di libertà è centrale nell’approccio delle capacità. Quelle che Sen definisce ‘libertà sostanziali’ - ossia una serie di opportunità di scegliere e di agire - permettono di realizzare delle combinazioni di funzionamenti, che non sono altro che capacità. Le capacità, dunque, non sono solo delle caratteristiche innate - che possono determinare naturalmente i percorsi di vita di una persona - ma anche delle caratteristiche e abilità acquisite o sviluppate nel tempo grazie all’interazione con dei contesti economici, familiari, sociali e politici specifici. Queste capacità vengono definite da Sen come ‘capacità interne’. Sen individua a questo proposito cinque tipi di libertà, tra loro interconnesse: le ‘libertà politiche’ – come i diritti civili, la possibilità di criticare le autorità, la censura etc.-, le ‘infrastrutture economiche’ – intese come le possibilità date agli individui di utilizzare risorse economiche per consumare, produrre e scambiare -, le ‘occasioni sociali’ -ossia gli assetti che la società si dà in materia di scuola, sanità e simili -, le ‘garanzie di trasparenza’ e la ‘sicurezza protettiva’ - intesa essenzialmente come protezione sociale, soprattutto delle fasce più deboli (Sen, 2000). Secondo Nussbaum (2012, p.33), inoltre, la centralità del concetto di libertà all’interno dell’approccio della capabilities “è connessa al tema del rispetto per il pluralismo di differenti concezioni della vita, secolari e religiose, e quindi all’idea di liberalismo politico”.

La concettualizzazione dello sviluppo come libertà elaborata da Sen (2000) ha portato l’economista indiano a teorizzare il concetto di ‘libertà sostenibile’ (Sen 2002), intesa come la possibilità delle persone di poter godere di crescenti gradi di libertà e capacità senza compromettere la capacità delle generazioni future di godere degli stessi, o maggiori, gradi di libertà. Tale visione non è esente da critiche. La definizione di sostenibilità di Sen, infatti, è stata dichiarata eccessivamente antropocentrica (Demals, Hyard 2014), a differenza della definizione di sostenibilità sviluppata a partire dal Report “Our Common Future” (1987), che pone sullo stesso piano, al meno dal punto di vista teorico, la sostenibilità sociale, economica ed ambientale. L’approccio di Sen alla sostenibilità, inoltre, farebbe riferimento solo alla

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dimensione valoriale attuale, senza considerare che le preferenze individuali possono cambiare nel tempo (Inglehart 1982; Norton, Costanza e Bishop, 1998, D’Eramo, 2017).47

Nonostante, quindi, il tema della sostenibilità sia stato affrontato più volte da Anand e Sen (1994, 2000) e Sen (1995, 2004, 2005, 2009), recentemente altri autori hanno indagato il rapporto esistente tra l’approccio delle capacità ed il paradigma dello sviluppo sostenibile (Ballet, Dubois, Mahieu 2003; Lehtonen 2004; Deneulin 2009; Demals, Hyard, 2014; Poli 2015).48 Tra questi, uno dei contributi più influenti è quello di Wolff e De-Shalit, i quali, nel loro famoso libro “Disadvantage” (2007), propongono dei nuovi concetti che rafforzano l’approccio delle capacità in un’ottica sostenibile, come la nozione di ‘capability certainty’ (Wolff, de-Shalit 2007), ossia la sicurezza di poter usufruire e godere delle capacità acquisite nel tempo.49 Secondo questa prospettiva, “una politica pubblica non deve limitarsi a garantire alle persone una capacità, ma deve farlo in modo tale che esse possano contarci in futuro” (Nussbaum, 2012, p.48). Più tardi, Sen (2009), descriverà l’ambiente non solo come risorsa economica, ma come insieme di opportunità di valore che possono essere gestite e colte dagli individui all’interno dei processi di sviluppo. Per concludere, il dibattito che lega la teoria delle capabilities a quello sullo sviluppo sostenibile potrebbe essere considerato un punto di partenza per superare i limiti osservati dalla comunità scientifica internazionale rispetto al concetto di ‘sostenibilità’ (Bignante, Celata, Vanolo, 2014), e in particolare in termini di superamento di un concetto retorico, poco pragmatico e talvolta eccessivamente conservatore. Allo stesso tempo, l’introduzione del tema della sostenibilità all’interno dell’approccio delle capacità, fornirebbe delle linee di azione utili per garantire le capacità nel lungo periodo. Come riporta Nussbaum (2012, pp.155-156), infatti, “chiarire bene in che misura contino gli interessi delle generazioni successive è della massima importanza se l’approccio vuole avere qualcosa da dire sulla questione ambientalista, specialmente da quando la questione del contare e dello scontare

47 L’idea di sviluppo umano sostenibile ha, naturalmente, dei forti legami con il concetto di ‘sviluppo sostenibile’,

che trova le sue radici nel dibattito ambientalista sorto già intorno agli anni Sessanta del Novecento. Tale dibattito è stato elaborato a partire da due considerazioni sullo sviluppo inteso come mera crescita economica: “da un lato il riconoscimento dell’esauribilità delle risorse del pianeta rivelò tutte le frizioni fra le esigenze dello sviluppo economico (in quella particolare accezione del termine – crescita economica) e quelle della salvaguardia del pianeta, e dall’altro lato a causa dell’emergere di formulazioni alternative, dal basso, del concetto di svilppo” (Bignante, Celata, Vanolo, 2014, p.59).

48 Uno spunto interessante legato alla questione della misurazione dello sviluppo è fornito da Costantini e Monni

(2005), i quali introducono il concetto di ‘Sviluppo Umano Sostenibile’. L’ISUS conterrebbe al suo interno, oltre agli indicatori dell’ISU, anche altri indicatori riferiti al tema della sostenibilità come, ad esempio, le emissioni giornaliere, l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti per ettaro etc.

49 Nel loro libro, Wolff e De-Shalit (2007) propongono altre nozioni interessanti, come quella di ‘funzionamento

fecondo’ (‘fertile functioning’) e di ‘svantaggio corrosivo’ (‘corrosive disadvantage’), che si riferiscono rispettivamente alla possibilità di promuovere delle capacità correlate o, al contrario, di comprometterne delle altre.

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viene così approfondita negli studi sul rischio e sull’incertezza, oltre che nei campi correlati dell’economia ambientale. La qualità dell’ambiente sarebbe importante anche se il nostro obiettivo fosse solo quello di supportare le capacità delle persone attualmente in vita, ma l’argomento diviene ben più potente se si prendono in considerazione le generazioni future. Quindi è importante definire il modo giusto per farlo – un impegno per i ricercatori di domani”.