• Non ci sono risultati.

Capitolo I: L’innovazione sociale: concetti e teorie

5. Dalle origini al mutamento sociale: come nasce, come si diffonde e come…muore

5.2 Il processo di diffusione dell’innovazione sociale

Il processo di diffusione dell’innovazione sociale è molto complesso. Questa complessità è dovuta a diversi fattori. In primo luogo, troviamo un elemento intrinseco alla stessa dinamica innovativa. In mancanza di determinate precondizioni, infatti, il processo di diffusione dell’innovazione non potrà espandersi né all’interno del contesto territoriale di riferimento - coinvolgendo attori tra loro diversi e portando, eventualmente, ad un cambiamento sistemico, né al di fuori del territorio specifico, aumentando la propria scala d’azione. Tali precondizioni sono: la presenza di un quadro istituzionale nazionale e sovranazionale ben articolato e attento alle condizioni di vita di tutti i gruppi sociali, un sistema di redistribuzione di risorse e responsabilità equilibrato, la volontà politica di lottare contro le discriminazioni a tutti i livelli

54

e, infine, l’incoraggiamento, soprattutto a livello locale, dello sviluppo delle competenze professionali, della solidarietà, della cooperazione, e della diffusione e condivisione delle conoscenze (Mingione, 2016, p.45). A queste precondizioni, prettamente di natura politica, Kropp (2016, p.215) ne aggiunge altre due, di natura socio-culturale, che riguardano, da una parte, la presenza di narrative territoriali condivise che rinforzano il consenso locale e l’intenzione di agire in modo cooperativo per un fine comune; dall’altra, un buon meccanismo di coordinamento tra le tre parti della società, ossia tra la solidarietà civile, lo spirito imprenditoriale e la definizione di regole29. Solamente a partire da queste precondizione si delinea un contesto politico e socioculturale adeguato all’espansione dell’innovazione e ad un eventuale mutamento sociale.

Un ulteriore aspetto riguarda l’eterogeneità degli attori che intervengono all’interno delle dinamiche innovative, sia livello di creazione, sia a livello di diffusione. Il fatto che l’innovazione sociale si possa originare a partire da istanze private o provenienti dalla società civile e che poi si diffonda anche grazie all’intervento pubblico e istituzionale, complica la cornice attraverso la quale osservare il processo di diffusione dell’innovazione sociale.

Le innovazioni sociali, inoltre, non seguono sempre uno stesso percorso, proprio perché si originano a partire da bisogni e da aspirazioni specifiche. Ciò permette di trovare delle soluzioni innovative e creative che rispondono a diversi problemi sociali come, ad esempio, l’esclusione di gruppi sociali o l’esclusione urbana (Bergamaschi, Colleoni, Martinelli, 2009), l’accesso ai servizi sanitari o ai servizi di cura, l’inquinamento atmosferico, l’emergenza abitativa etc.

Infine, in linea con un approccio all’innovazione sociale di tipo territoriale, il processo di diffusione deve essere analizzato come site-specific, come dipendente da una serie di caratteristiche socio-culturali, ambientali, politiche ed economiche che contraddistinguono un determinato territorio.

Nonostante queste premesse, diversi autori hanno provato a proporre degli ideal-tipo di modelli di diffusione dell’innovazione sociale. Tra questi, riteniamo particolarmente interessante sia il modello di Murray, Caulier-Grice e Mulgan (2010), sia quello di Klein (2014). Entrambi i modelli si focalizzano sulle dinamiche che originano l’innovazione sociale, per poi procedere con le dinamiche evolutive e di diffusione e, infine, di trasformazione sociale tramite l’innovazione.

29 Forte è il richiamo alla governance territoriale partecipata e alla necessità di coordinare i bisogni, le relazioni e

le modalità di azione della società, intesa come un insieme di attori sociali (stato, imprese e società civile) presenti in un dato contesto territoriale (Moulaert et al., 2013).

55

Il modello di Murray,Caulier-Grice e Mulgan (2010) costituisce una prima proposta di modellizzazione del processo di diffusione dell’innovazione sociale.

Figura 4: Il processo di diffusione dell’innovazione sociale secondo Murray, Caulier-Grice, Mulgan (2010).

Esso è strutturato secondo sei fasi fondamentali, non sequenziali, che partono dai ‘suggerimenti’ legati all’innovazione sociale e giungono ad un eventuale ‘cambiamento sistemico’.

La prima fase, quella dei ‘suggerimenti, delle ispirazioni e della diagnosi’, prende avvio a partire da un determinato problema, spesso legato a fattori quali una crisi economica e\o finanziaria30 o dei tagli della spesa pubblica, che costituiscono l’origine di un percorso di riflessione sulle problematiche e, in un secondo momento, sulle possibili soluzioni da sviluppare al fine di risolvere il problema iniziale (fase delle ‘proposte e delle idee’). Durante la terza fase, le proposte valide vengono testate sotto forma di ‘prototipi ed esperimenti’: questo è il momento in cui il processo di diffusione dell’innovazione sociale passa dalla forma riflessiva alla forma pratica, portando ad un rinforzamento delle coalizioni e ad una risoluzione dei conflitti emersi durante le fasi precedenti. La quarta fase, quella delle ‘conferme’, implica un miglioramento di tipo qualitativo dell’idea iniziale di innovazione sociale, la sua accettazione sociale e gli sforzi al fine di giungere ad un equilibrio in termini di sostenibilità economica e finanziaria da parte dell’azienda, dell’impresa sociale o dell’associazione di beneficienza. L’innovazione sociale viene così accettata all’interno dell’organizzazione e si espande (“scaling”), divenendo un modello di successo, sia attraverso l’emulazione, o uno

30 Forte è il richiamo alle teorie regolazioniste presentate nella prima parte di questo lavoro, che fondano, assieme

alla teoria dei movimenti sociali, l’orizzonte teorico di riferimento per l’analisi dell’innovazione sociale qui proposta.

56

scambio graduale di conoscenze e competenze (fase dell’’organizzazione e diffusione’). Infine, dopo essere stata applicata, accettata e espansa, l’innovazione sociale può portare ad un’ultima fase, che viene definita come il momento del ‘cambiamento del sistema di riferimento’, in cui le innovazioni sociali possono portare ad un mutamento di alcuni elementi del sistema, quali il modello economico, le leggi e le regolamentazioni, le relazioni sociali e così via.

Il modello di Klein (2014, p.127-132), elaborato sulla base dello studio di diversi casi di innovazione sociale, si discosta leggermente da quello di Murray, Caulier-Grice e Murray. Il geografo canadese associa il processo di diffusione dell’innovazione sociale ad una sorta di ‘dinamismo locale’, in grado di condurre, talvolta, ad un processo ascendente di trasformazione sociale. Come l’autore sostiene (ivi, pag.127), "ce modèle souligne les moments stratégiques dans lesquels les organisations publiques, privées et sociales doivent intervenir afin d’appuyer ce processus”. Presenteremo, quindi, le fasi indicate da Klein che rivelerebbero “l’effetto strutturante dell’azione collettiva locale” (p.128).

Figura 5: Il modello di diffusione di Klein (2014)

. Prima fase: Iniziativa Locale. Questa fase riguarda il lancio di un’iniziativa locale, intesa come un progetto che può essere creato da un leader o da un cittadino (o da un gruppo di leader o un gruppo di cittadini). Il progetto, come abbiamo visto, può essere riferito a diversi ambiti di intervento e, talvolta, può ricollegarsi a dei progetti implementati precedentemente. Gli attori sociali che ideano il progetto in questa fase lavorano sulla legittimità del progetto stesso e della loro figura, al fine di essere riconosciuti come leader da parte della collettività locale e dei

57

soggetti esterni e di stimolare l’appoggio delle organizzazioni-chiave, in quanto il supporto da parte dell’amministrazione pubblica non è sempre presente.

. Seconda fase: Mobilitazione delle Risorse. Le risorse possono essere sia di tipo esogeno, sia di tipo endogeno, e si riferiscono alla dimensione umana, organizzativa e finanziaria utile per ideare e implementare il progetto. Inoltre, gli attori sociali devono essere in grado di utilizzare in maniera efficiente le risorse pubbliche disponibili, se presenti, e di attirare del capitale privato, pur mantenendo una coerenza verso l’interno e verso l’esterno. Questo processo può avere l’esito di facilitare un accrescimento del sentimento di appartenenza territoriale e del miglioramento delle relazioni tra gli attori del territorio. Si genera, quindi, una sorta di solidarietà locale fondata, da una parte, sulla ricerca di supporto pubblico e privato, dall’altra, sulla mobilitazione delle risorse disponibili nel territorio per poter proseguire con il progetto specifico.

. Terza fase: Coscienza Territoriale. Questa fase prevede la trasformazione del sentimento di appartenenza territoriale in ‘coscienza territoriale’. Il processo innovativo stimola la collaborazione tra gli attori locali, generando un sentimento di appartenenza degli stessi al territorio. Questa “nuova” coscienza territoriale si diffonde poi nelle organizzazioni coinvolte in modo durevole, porta alla risoluzione di eventuali conflitti tra gli attori e genera un sentimento di azione condivisa per il bene comune. Si originano, quindi, delle dinamiche di rete e di partenariato, all’interno delle quali gli attori agiscono congiuntamente per il bene della collettività. Questa capacità istituzionale degli attori e delle organizzazioni coinvolte valorizza il progetto iniziale e gli conferisce potere (concentrazione ed empowerment).

. Quarta fase: Apprendimento collettivo e mutamento istituzionale. Il progetto assume una valenza istituzionale grazie ad una dinamica di apprendimento collettivo e promuove una governance partecipata su scala locale. L’esperienza di innovazione sociale può portare allo sviluppo di nuovi progetti, all’interno di un processo circolare di apprendimento continuo da parte degli attori sociali.

Klein (2014, p.133) suggerisce che, talvolta, “ce dynamisme peut avoir un effet sur son environnement, c’est à dire modifier le cadre institutionnel et organisationnel local, et contribuer à la redéfinition des politiques publiques en matière de développement”. Naturalmente, non tutti i casi di innovazione sociale portano a questo esito: talvolta, infatti, le iniziative rimangono dei progetti isolati che non riescono ad attivare dei processi di apprendimento collettivo e ad avere degli impatti durevoli sul territorio a livello societario. Altre volte, l’innovazione sociale si ferma al livello di imprese private e, nonostante il frequente coinvolgimento di risorse collettive, le sue conseguenze rimangono valide solo sul piano privato

58

e sono limitate ad un target molto specifico. Al contrario, quando l’innovazione sociale riesce a mobilitare le risorse endogene, già presenti nel territorio, in concomitanza con delle risorse esogene, che provengono da soggetti esterni o da una scala spaziale più ampia, si possono attivare dei processi di mutamento organizzativo ed istituzionale che portano, in un secondo momento, ad una vera e propria dinamica di trasformazione sociale, come vedremo nel proprio paragrafo.

Osserviamo, tra il primo modello ed il secondo modello di diffusione dell’innovazione sociale, alcune differenze sostanziali. Nel primo modello, infatti, l’innovazione sociale nasce a partire dall’iniziativa di un’azienda, di un’impresa sociale o di un’associazione, mentre nel secondo modello è soprattutto all’interno della società civile che si originano i processi innovativi. L’accento posto sui cambiamenti organizzativi piuttosto che su quelli istituzionali, osservabili solo nell’ultima fase, inquadra il primo modello all’interno di un approccio, se non di riduzionismo economico, prettamente legato agli effetti dell’innovazione sociale in termini di efficacia ed efficienza organizzativa. Questo approccio si avvicina molto a quello dei management studies, presentato nel paragrafo 4.3.

Nel secondo modello, invece, è soprattutto a partire dalla società civile che provengono le istanze all’innovazione e al cambiamento, suggerendo un approccio più onnicomprensivo delle dinamiche innovative a livello territoriale. Se, infatti, non si esclude che l’innovazione sociale possa provenire anche dal settore privato, dal privato sociale o, talvolta, dallo stato, è a partire dai problemi emergenti che vengono percepiti soprattutto all’interno della società civile che si concentra il processo di diffusione In altre parole, l’innovazione sociale non nasce sempre e comunque dal basso per poi dirigersi verso l’alto, ma nella società civile sono presenti una serie di elementi fondamentali per il processo di nascita e di diffusione dell’innovazione sociale stessa, come i fattori culturali (valori, norme, concetti etc.), i movimenti sociali, i conflitti tra i gruppi e gli arrangiamenti sociali, bisogni e competenze condivise, etc.

Il richiamo al mondo economico è forte anche quando si osservano le fasi di diffusione dell’innovazione del primo modello. L’utilizzo di termini quali “prototipi e test” o l’attenzione posta sulla sostenibilità economica dell’organizzazione, vengono sostituiti, nel secondo modello, con l’apprendimento collettivo che scaturisce da una visione dell’innovazione sociale come dinamica che interessa l’intera collettività degli attori sociali, originatosi dallo sviluppo di una forte coscienza territoriale fino alla condivisione di obiettivi condivisi per promuovere lo sviluppo territoriale grazie ai processi innovativi.

Nel secondo modello, infine, le dinamiche di diffusione vengono viste all’interno di una sorta di ciclo dell’innovazione: ogni innovazione sociale, una volta diffusa, può portare

59

all’emergere di nuove problematiche sociali e ad un nuovo processo innovativo. Nel modello di Murray, Caulier Grice e Mulgan, invece, il processo innovativo sembra avere una forma a spirale e, almeno apparentemente, non sembra esserci una continuità tra innovazioni sociali diverse.

In entrambi i modelli, tuttavia, sono presenti degli aspetti comuni. Il primo aspetto riguarda la necessità di considerare il contesto ed il territorio in cui si sviluppa il processo innovativo come un insieme eterogeneo di attori che possono avere degli obiettivi tra loro diversi, un orizzonte culturale differente, così come delle differenti modalità di azione volte alla risoluzione dei problemi. Come viene riportato in entrambi i modelli, infatti, il processo innovativo non è esente da conflitti, che possono sorgere tra movimenti sociali, gruppi sociali o tipologie di attori diversi, ma che possono svilupparsi anche all’interno dello stesso gruppo sociale o della stessa organizzazione. I conflitti sono quindi considerati una parte integrante delle dinamiche innovative, e vengono risolti, all’interno del primo modello, attraverso la messa in pratica e l’evoluzione del progetto di innovazione sociale; nel secondo modello tramite la trasformazione del sentimento di appartenenza territoriale in coscienza territoriale.

Il secondo punto di incontro tra i due modelli, e forse quello più evidente, è rappresentato dal risultato potenziale del processo innovativo. La trasformazione sociale, o cambiamento del sistema, è presentato dagli autori come un possibile esito della dinamica innovativa. Sia che l’innovazione sociale nasca all’interno della società civile e venga poi supportata da parte di una vasta rete di attori del territorio, sia che essa si sviluppi all’interno di un’impresa e rientri, in un secondo momento, a fare parte dell’uso comune, essa può portare ad un mutamento sociale. Naturalmente, gli autori ricordano come questo esito sia possibile ma non automatico, e che molte volte l’innovazione sociale non si espande su larga scala ma rimane circoscritta all’interno di un determinato gruppo, oppure perde il suo potenziale trasformativo a causa di una eccessiva istituzionalizzazione o, al contrario, di una sua scarsa diffusione. Vediamo, dunque, quando l’innovazione sociale diventa trasformazione sociale e su quali aspetti essa agisce nel caso di un mutamento sistemico, riportando anche qualche esempio significativo già consolidato.